IL TEMPIO DI FIRENZE

Mitologia e Massoneria, il Tempio Lando Conti di Firenze nel Palazzo Altoviti-Valori

 

Breve storia del palazzo

 

Il palazzo si trova sul Decumano Maximo (direzione Est-Ovest) dell’antica colonia romana di Florentia e fu costruito nel XVI secolo. Al suo posto c’erano una serie di case appartenenti a Rinaldo Di Maso degli Albizi al quale fu confiscato l’intero patrimonio immobiliare perché si era schierato contro Cosimo il Vecchio de’ Medici. Il tutto fu poi riacquistato dal suo parente Lucantonio di Niccolò degli Albizi che lo tenne fino al 1536. Verso la fine del XVI secolo, Baccio Valori, nuovo proprietario, decise un radicale restauro del grande palazzo. La famiglia dei Valori ne conservò la proprietà fino alla morte dell’ultimo erede della dinastia che si estinse nel 1687. Passò quindi nelle mani di Luigi Guicciardini, che a sua volta ristrutturò il palazzo per adeguarlo al suo gusto personale e a quello della nobiltà del tempo. Nel 1707, alla morte di Luigi Guicciardini, sua figlia Virginia, unica erede del patrimonio, portò il palazzo in dote al marito Giovan Battista Altoviti.

Le 15 erme poste all’esterno sono “I Visacci”, strane figure in marmo, omaggi alla memoria di celebri personaggi toscani. Tra questi si trovano i ritratti di Dante, Boccaccio, Petrarca, Alberti, Guicciardini, Vespucci. Il popolino, non sapendo chi rappresentassero queste figure e giudicandole alquanto brutte, chiamò questo palazzo “Dei Visacci”.

Dopo avere varcata la porta del primo piano, ci troviamo davanti alla galleria, dove gli affreschi raccontano l’apoteosi della famiglia Guicciardini con una chiara allusione al faticoso percorso seguito dalla stessa famiglia prima di raggiungere quella virtù a coronamento della propria esistenza terrena, come indicato nel cartiglio: “Hoc Virtutis Opus” – cioè “Questa è l’opera della virtù” – e il cammino verso la virtù è rappresentato nei cartigli proprio come il percorso che noi massoni intraprendiamo fin dalla cerimonia iniziatica. Comincia con il motto “la virtù è fuggire il vizio” per proseguire con: “le lusinghe del vizio resistendo devi fuggire”. Il percorso allegorico continua con una frase ermetica: “viaggio irrealizzabile per raggiungere la virtù”. Quindi: “getta le fondamenta della vera felicità”, perché: “alla fine delle fatiche l’inizio della felicità”, vale a dire: è soltanto alla fine che tu “sarai in grado di conoscere la virtù”.

E adesso arriviamo al Tempio in cui siamo, dedicato al nostro compianto Fratello Lando Conti, sindaco di Firenze e barbaramente ucciso dalle Brigate Rosse. Questo Tempio massonico è considerato tra i più belli e significativi dell’Oriente Toscano, dove le figure mitologiche affrescate, quelle scolpite, gli altri simboli e le stesse insegne massoniche, sembrano dialogare con uno stesso linguaggio. L’affresco della volta è di Matteo Bonechi ed è stato dipinto nel 1715.

Personalmente mi sono reso conto che, quando siamo dentro questo Tempio, la concentrazione che assumiamo e che diventa necessaria per il proseguo dei nostri Lavori rituali, spesso non ci permette di osservare adeguatamente le opere d’arte che ci circondano. Per questo mi sono permesso di fare qualche accenno e di dare alcune tracce, che hanno molto in comune con il nostro esoterismo massonico e fare sì che ognuno di noi possa sentirsi come parte di un tutto, di questa bellezza, nella certezza di far nascere in noi quella curiosità che, anche lei, fa parte del nostro essere massoni.

Mitologia e Massoneria

 

Diceva il nostro Fratello scrittore Denis Roman che “La Massoneria è l’arca vivente dei simboli”, ma, aggiungo io, che lo è anche per quanto riguarda la mitologia.

 

 

La mitologia greca è piena di dei ed eroi appartenenti alla cultura religiosa del loro tempo che incarnavano qualità e vizi comuni a tutti gli esseri umani. Ma era proprio attraverso questi miti che i greci spiegavano i comportamenti degli uomini e le caratteristiche del mondo che li circondava. Questi racconti avevano sempre, alla fine, una morale e spesso raccontavano la lotta tra il bene e il male. Per quanto ci riguarda da vicino, quante volte ci siamo detti che la leggenda – o per meglio dire il mito – di Hiram ci insegna valori etici immortali attraverso esempi o personaggi. Noi sappiamo bene che, ancora oggi, quei valori devono essere seguiti, se vogliamo diventare migliori o essere di esempio per il mondo esterno.

Poi ci fu l’avvento del Cristianesimo che soppresse e addirittura cancellò in brevissimo tempo l’intera mitologia greco-romana abbattendo i templi pagani ed edificando al loro posto le chiese cristiane.

Quando, dopo il Medio Evo, la civiltà occidentale iniziò a risorgere e a ristrutturarsi, lo fece principalmente attraverso la riscoperta delle civiltà classiche e, nel secolo dell’Illuminismo, ovvero dell’esaltazione della ragione e della scienza come unici strumenti che potevano liberare l’uomo dall’ignoranza e dal giogo della Chiesa, il Neoclassicismo ripropose la scoperta del bello, nella ricerca dell’armonia, delle proporzioni, degli equilibri guardando all’arte antica dei greci e dei romani.

Il cristianesimo, questa volta, non riuscì ad ostacolare la popolarità dei miti e, con la riscoperta delle antichità classiche avvenuta nel Rinascimento, queste divennero una delle fonti di ispirazione principale per poeti, pittori e artisti. A partire dai primi anni di questa epoca personaggi come Leonardo da Vinci, Michelangelo e Raffaello ritrassero scene pagane tratte dalla mitologia greca insieme ai più convenzionali temi cristiani. I miti greci influenzarono anche poeti come il PetrarcaDante e Boccaccio.

Addirittura all’inizio del secolo di cui stiamo parlando, l’avvento del Romanticismo segnò uno scoppio di entusiasmo e di attenzione per tutto ciò che era greco inclusa, ovviamente, la mitologia.

Arriviamo quindi ai nostri giorni ed al luogo in cui ci troviamo che, appunto, è il risultato di quella complessa trasformazione che ho raccontato prima.

 

 

L’affresco della volta

 

Devo subito dire che, per ragioni di tempo e di spazio, bisogna prescindere dai criteri architettonici e di prospettiva usati dall’eccellente pittore, nonché dai complessi restauri, concentrandoci solo sui significati allegorici e mitologici delle rappresentazioni pittoriche e degli stucchi che non possono essere subito interpretabili dagli occhi di un profano (parlando in questo caso, di qualcuno che non conosce la materia). Si nota subito che tutte le figure dell’affresco sono come immerse in un mondo magico, quasi incantato, dove esse convivono con animali feroci e animali da pascolo, mentre le tante nuvole contribuiscono a farci sembrare sotto una volta celeste, come fosse un cielo aperto.

 

 

Non scenderò volutamente nella storia dei singoli miti, sul come si sono formati o sulle loro molteplici variazioni, sarebbe oltremodo lungo, mi limiterò a evidenziare nel soffitto i personaggi componenti questo splendido giardino incantato, questa casa spirituale, questo sacro Olimpo. Tutti e sottolineo tutti, hanno il loro significato nascosto, esoterico che spesso si sposa con quello della Massoneria. Cominciamo a evidenziare sul soffitto le divinità delle quali la Massoneria ha fatto i suoi più importanti Simboli: Eracle, Afrodite e Athena.

 

Eracle, l’Ercole dei romani, simbolo della forza:

 

La figura di questo personaggio è raffigurata nel soffitto del nostro Tempio in un modo molto particolare, direi anche piuttosto raro nelle rappresentazioni mitologiche. Eracle è quel fanciullo neonato che sta succhiando il latte dal seno di Era, la moglie di Zeus. La cosa potrebbe sembrare molto strana, dal momento che Eracle era il figlio illegittimo che Zeus aveva concepito con l’inganno insieme alla bella e virtuosa Alcmena. Fatto è che Era non sapeva chi fosse il bambino che lei stessa aveva raccolto abbandonato in un prato (con la complicità di Zeus e Athena), quindi lei, la dea delle partorienti, lo avvicinò al suo seno, ma questi gli si attaccò con una forza tale, che la stessa Era, dal dolore, lo strappò via da sé. In quel modo uno spruzzo del latte uscì dal suo seno andando a formare in cielo la Via Lattea. Questo ci fa capire quale era il modo di spiegare le cose per chi viveva 2/3000 anni fa e come si cercasse di dare una spiegazione ai fenomeni naturali senza poterne conoscere il vero significato che si è scoperto scientificamente solo molti secoli dopo.

Fu proprio per la vendetta della stessa Era, tradita dal marito, che il nostro mitico eroe dovette affrontare tutte le 12 fatiche, che, prese singolarmente, hanno un profondo significato esoterico. Ma nonostante tutto quello che aveva passato al termine dei suoi sforzi, la moglie di Zeus non aveva ancora colmato il suo odio e fece in modo che, inconsapevolmente, Eracle infilasse una camicia che, appena indossata, cominciò a dilaniare le sue membra, rendendolo pazzo di dolore. Non sopportando più gli atroci tormenti sul suo corpo, costruì con le sue mani una catasta di legna e, salendoci sopra, vi fece appiccare il fuoco. In mezzo alle fiamme rimbombarono tuoni e fulmini, e una nuvola coprì il corpo dell’eroe, che fu raccolto dal carro di Athena e portato sull’Olimpo dove, la stessa Era finalmente, lo accolse tra gli immortali.

Alle sovrumane imprese di Eracle, spesso compiute come sfida alla morte, si può quindi attribuire un significato morale che supera quello immediato di semplice narrazione di gesta eroiche. La storia di questo antico figlio del sommo Zeus è la metafora delle prove del Sentiero Iniziatico. Ercole è chiunque lotti con i problemi della vita, affrontando con coraggio i compiti del proprio destino, sopportando pene e tribolazioni, ma ci fa anche pensare che alla fine ci sia sempre la speranza di una ricompensa. La sua vita finisce nel tormento, il suo corpo brucia, ma il suo spirito, la sua anima vanno in cielo e Zeus lo fa diventare immortale.

Le interpretazioni allegoriche del mito abbondano e, con l’avvento del Cristianesimo, questo subisce una straordinaria metamorfosi: quella che vede Ercole come figura di Cristo che lotta contro il demonio e muore soffrendo per poi risorgere. E’ questo il motivo per cui ritroviamo l’eroe nei dipinti delle catacombe, oppure scolpito sulle porte di bronzo della Basilica di San Pietro a Roma o in quelle di San Marco a Venezia

Ercole raffigura l’Uomo, quello di ieri, di oggi ed anche del domani. E’ questa la vera, unica, importante forza dei miti e dei simboli: l’Immortalità.

 

 

 

 

Afrodire, la Venere dei romani dei romani, simbolo della bellezza

 

Nella mitologia greca il Caos è la personificazione dello stato primordiale di vuoto, buio, anteriore alla creazione, quel luogo primigenio della materia informe e rozza, come ci racconta lo scrittore Esiodo. Ma, in questo “nulla”:

“Ad un certo punto la luce avanzò gradatamente dall’oriente e nella spessa coltre delle nubi si notava un cielo più chiaro e cominciava a stagliarsi, ancora informe, la massa montuosa dell’isola di Cipro e nel mare, fin allora invisibile, si avvertiva il rumore delle onde con qualche vago luccichio. Ma la luce ben presto avanzò a fiotti, la­cerò le nubi, si precipitò attraverso gli squarci ad invadere terra e mare, a restituire i colori e le forme alle cose. Un miracolo si compiva infine: in mezzo ad essi, ritta in una conchiglia di madreperla, amman­tata da un’onda di capelli d’oro e da una nube di morbidi veli, emerse la bellissima Afrodite, dagli occhi azzurri, dalla dolce voce e dal sorriso pieno d’incanto”.

E’ questo il racconto mirabile che ci fa Esiodo – il maggior autore latino della mitologia- talmente entusiasmante che ci fa pensare inevitabilmente alla luce che squarcia le tenebre, il bene che vince sul male, il bianco sul nero, la notte sulle tenebre, l’ordine sul caos. Il suo influsso aiuta a sviluppare nell’individuo la percezione della propria bellezza interiore e il senso dell’armonia.

Afrodite pur essendo la sposa di Efesto, ebbe diversi amanti, soprattutto il dio Ares, dal quale ebbe numerosi figli e tra questi ci furono Armonia e Eros il figlio alato che vediamo emergere dalla nuvola bianca.

 

Athena, la Minerva dei romani, simbolo della Sapienza

 

Platone spiega la parola Athena come “mente di dio”. Cioè Athena è un modo di pensare e di vivere, una guida interiore.

Tutta la mitologia ed il significato esoterico di questa divinità ruota intorno alla sua nascita. Narra il mito che, agli inizi, Zeus non aveva in sé la saggezza che si addice ad un re, ma ogni volta che doveva decidere qual­che cosa, si rivol­geva alla dea Metis, la quale era, al contrario, tutta saggezza e prudenza e gli dava preziosi consigli. Così avvenne che Zeus s’innamorò della sua consigliera e volle farla sua sposa, ma il Fato aveva stabilito che, se da Metis fosse nato un figlio di sesso maschile, questo sarebbe stato il re di tutti gli dei, così come era già accaduto per Urano prima e Crono dopo. Allora Zeus, temendo di essere spodestato, come seppe che la moglie attendeva un bambino, per impedire la temuta profezia e nello stesso tempo per tenere sempre con sé la sua preziosa consigliera, la ingoiò, dopo averla trasformata in una goccia d’acqua. In questo modo Metis continuò, dall’interno del suo sposo e re, a consigliarlo, indicandogli il bene e il male.

Ma l’espediente di Zeus non valse ad arrestare la gesta­zione di Metis e, quando il tempo fu trascorso, venne l’ora del parto. Non era però Metis che soffriva all’avvicinarsi dell’even­to, bensì Zeus e fu Metis stessa che, dall’interno del corpo del suo signore, gli suggerì il da farsi. Subito Zeus invocò a gran voce Efesto, il dio dei metalli e delle officine.

Come questo giunse sulla vetta dell’Olimpo, il re degli dei gli ordinò di fendergli il cra­nio con la scure, ed ecco che dalla fenditura balzò fuori una figura alta, solenne, armata di scudo, elmo e lancia, bellis­sima nel corpo e nel volto, con occhi grandi e dallo sguardo severo ed insieme sereno. Dal cervello di Zeus era nata Athena.

Il frutto dell’olivo, che Athena dona alla città di Atene quale simbolo di pace dopo la competizione con Poseidone, alimenta le lampade, quindi illumina il buio. Ma, dal simbolo della luce fisica, si può passare alla riflessione della luce interiore. Era una dea molto riflessiva, cauta e per noi è l’equivalente di chi ha dei dubbi, che sono poi i fondamenti di ogni Conoscenza.

 

Ci sono molte altre figure divine che sono state affrescate sulla volta del Tempio, fra queste vorrei farvi osservare:

 

Zeus, (purtroppo è la figura meno visibile) il signore degli dei olimpici e di tutto il genere umano. Qui si vede poco perché l’affresco è danneggiato proprio al centro della volta;

Demetra-Cerere, la seminatrice, colei che aveva iniziato la Grecia il culto dei Misteri Eleusini, qui tiene in mano le spighe di grano simbolo di fertilità e di rinascita;

Apollo, il dio della medicina, ma anche del sole, protettore della musica e della poesia simbolo a sua volta della bellezza e della gioventù.

Efesto-Vulcano, colui che, per ordine di Zeus, modellò l’argilla per plasmare la donna, creatura bellissima ma che fu foriera di non pochi problemi agli uomini. E’ lo sposo legittimo di Afrodite, dio del fuoco e dei metalli.

Pan, il signore dei boschi e dei campi, la personificazione della natura selvaggia; protettore degli armenti ma anche colui che poteva incutere la paura (panico).

Ganimede, qui insieme ad Ebe, il fanciullo amato e quindi rapito da Zeus, coppiere degli dei, raffigurato nell’atto di versare il nettare o ambrosia;

Dioniso-Bacco, che nacque due volte. La divinità meno aristocratica e più vicina al popolo, Dio del vino e dell’ebrezza, il dio più misterioso e originale, irrazionale e istintivo del mondo antico, ma anche un dio iniziatico, dal momento che, chi era partecipe ai suoi misteri, poteva sperare in una eterna beatitudine. Era lo fece catturare dai Titani che lo fecero a pezzi. Dal suo sangue nacque l’albero del melograno, la cui simbologia è per noi molto cara.

Il piccolo Ermes-Mercurio: il messaggero degli dei, con il caduceo, simbolo di pace e di amicizia, ma anche di armonia e di equilibrio. Dio dei commercianti, dei viaggiatori, ma anche dei ladri.

Era-Giunone, dea protettrice dei matrimoni e delle nascite, nonché la sposa “ufficiale” di Zeus, è la divinità più positiva dell’Olimpo. Qui, come già detto, la dea allatta Eracle il cui nome significa appunto “La gloria di Era”.

Tutte le 9 Muse, tra le quali si riconosce Euterpe, “colei che rallegra” musa della musica, mentre tiene in mano il suo doppio flauto (Aulos) e anche Erato musa del canto che ha in mano i due Crotali;

Ares-Marte dio della guerra, con elmo e scudo, che si diceva fosse il padre di Romolo e quindi trasmetteva alla città di Roma, un’aurea di divinità.

 

 

 

Gli stucchi

 

 

Gli stucchi sono di Giovanni Martino Portogalli e sono del 1717, lo stesso anno della fondazione della prima Loggia Inglese, mentre sappiamo che, tra le prime Logge costituite in Italia, ci fu quella di Firenze nel 1731.

“Eros che svela a Diana l’amore di Atteone”

Questo stucco mi ha incuriosito non poco dopo che ne avevo appreso il significato. Ho sempre saputo che il mito greco dei personaggi qui rappresentati racconta che un giorno Atteone, famoso cacciatore, vagando per i boschi si fosse imbattuto, per puro caso, nel luogo dove Diana (Artemide) stava facendo il bagno nuda. Vedendosi osservata, la dea fu presa da una rabbia estrema e trasformò Atteone in un cervo. Praticamente il cacciatore fu trasformato in preda e subito i suoi stessi cani gli saltarono addosso e lo sbranarono. Questo racconta il mito greco classico e per me la storia contrastava con la scultura che noi possiamo vedere, cioè una dea che si mostra tutt’altro che crudele, anzi, felice, sorridente, ritratta con una sfumatura sensuale alla notizia portata da Eros. Poi, facendo un po’ di ricerche, ho elaborato un’altra supposizione: in età rinascimentale, come ho già detto, un po’ tutti i miti greci vennero attualizzati, in pratica riscritti e adattati alle circostanze e ai gusti del committente dell’opera. In questo stucco Diana, la dea che disdegnava l’amore e voleva rimanere per sempre vergine, si trasforma nel suo esatto opposto e la dea della caccia diviene un’allegoria del desiderio sessuale.

Evidentemente questo stucco doveva avere un preciso significato (che non scopriremo mai) per la famiglia che lo aveva commissionato.

 “Il tempo che scopre la verità”

Il significato di questa rappresentazione è: “Per quanti sforzi si faccia per celarla, presto o tardi una menzogna viene sempre smascherata, portando alla luce la verità”. Era un modo di dire molto antico, già diffuso tra gli antichi romani. “Il tempo scopre la verità”, scrive per esempio lo stesso Lucio Anneo Seneca. Insomma, la verità viene sempre a galla e le bugie, come usiamo dire anche oggi, “hanno le gambe corte”.

Anche in questo caso si capisce che questo stucco, come il precedente, deve aver avuto un interesse molto particolare riferito alla committenza.

 

 

Alcune riflessioni

 

 

Noi, in quanto iniziati e ancora di più perché appartenenti al RSAA, non possiamo e non dobbiamo dimenticarci del nostro passato e questo significa anche conoscere e saper interpretare i miti greci, che sono la base della nostra cultura, le nostre radici lontane, quelle che ci hanno permesso di formulare il nostro pensiero collettivo.

D’altra parte, come dicevo all’inizio, sappiamo anche che tutta la Massoneria fa riferimento ad una leggenda mitologica: quella di Hiram, che ci accompagna dal grado di Apprendista fino al XXXIII grado del R.S.A.A. ed anche oltre.

Sappiamo poi che, nel XXXII grado ci vengono ricordati i “Maestri Grandi Iniziati del Passato” e il rituale ci dice che sono tutti discepoli di un’Unica Ricerca Universale, quella della Verità. Si tratta di 12 personaggi, alcuni esistiti realmente (Confucio, Pitagora, Platone, Gesù, Maometto), altri sono figure mitologiche nate dalla fantasia popolare (Rama, Krishna, Budda, Orfeo). Anche gli dei olimpici, quasi tutti rappresentati sulla nostra volta, erano 12 ed anche loro, per chi sapeva interpretarli, potevano e possono aiutare nella ricerca della Verità

Le tornate che si susseguono all’interno di questo tempio, sia dell’Ordine, ma ancor più del R.S.A.A., come ben conosciamo, sono ricche di significati allegorici riferiti alla costruzione del nostro Tempio interiore e, volgendo lo sguardo verso l’alto, sembra proprio che tutte le figure mitologiche, vogliano assistere e condividere con noi i nostri Lavori e il nostro modo di operare. Con il loro sorriso, la loro evidente serenità, il senso di armonia, pare che ci stiano aspettando, custodi silenziosi di quel Real Segreto che noi, Sublimi Principi, stiamo cercando di completare dentro di noi.

 

M.’.    L.’.  XXXIII   Maggio 2023

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