APPUNTI PER UNA TEORIA ED ETICA DELLA CONOSCENZA MURATORIA

APPUNTI PER UNA TEORIA ED ETICA DELLA CONOSCENZA MURATORIA

di

Giuseppe Schiavone

  1. Le vie della ricerca

2.1. La via delle scienze fisiche

Le scienze fisiche hanno come oggetto di ricerca la natura, ivi compreso l’ uomo nella sua dimensione di essere di natura, considerato cioè metodologicamente come struttura bio-psichica (escludendo la sua dimensione spirituale, che è oggetto di altra ricerca). Si rivolgono alla realtà visibile, fenomenica; alle cose percepibili dai sensi direttamente o attraverso sofisticate strumentazioni.

Il metodo proprio delle scienze fisiche procede attraverso l’osservazione e l’ analisi di un oggetto (il fenomeno è da studiare), indipendentemente dal soggetto. Perciò tale metodo si dice oggettivo, sperimentale, analitico, impersonale.

Consiste nell’investigazione analitica e sperimentale di un fenomeno e nella ricerca della sua causa fisica (ad esempio, lo studio della caduta dei gravi e la scoperta della legge di gravità).

Per i corretti esiti scientifici di questa ricerca è necessaria la competenza tecnica, ma non l’affiatamento etico, che non incide sul procedimento, né sui risultati della sperimentazione. Semmai qui l’etica subentra nella fase di utilizzo degli esiti della ricerca medesima, ma non durante il suo svolgimento.

Lo sviluppo della scienza prevede l’uso metodico della verifica (attraverso la ricostruzione sistematica del fenomeno e l’accertamento veritativo d’ogni procedimento); l’accrescimento dei poteri dell’uomo (che si realizza congiuntamente, per un verso, con l’ ampliamento della conoscenza, per altro verso, con le conseguenti applicazioni tecnico-pratiche); l’ obiettività e l’ impersonalità della ricerca; I ‘ accettazione del carattere puramente strumentale e funzionale delle ipotesi e delle teorie, le quali sono accolte senza settarismo e, quando l’ interesse della ricerca lo esiga, abbandonate con disinvoltura, serenamente.

La verifica sperimentale si dispiega per il tramite di alcuni fondamentali passaggi metodologici, consistenti:

1) nella raccolta di numerosi materiali provenienti dall ‘osservazione accurata del comportamento del fenomeno (o dei fenomeni) in esame;

2) nel mettere a confronto detti materiali, ovvero nel procedere nella loro descrizione (indicando non le proprietà essenziali di una cosa, ma i caratteri estrinseci, anche se propri, e tali da permettere di distinguerla dalle altre), sia in rapporto al già conosciuto sia in rapporto a ciò che non si conosce;

3) nel catalogarli e riordinarli secondo tavole di classificazione;

4) nel ricercare le costanti e le cause specifiche dei fenomeni in oggetto;

5) nello scartare e annotare a parte le variabili, risalendo al motivo di tale incostanza;

6) nell ‘enunciazione di un’ ipotesi in grado di dare la spiegazione, eventualmente inserendola anche in nuovo sistema interpretativo;

7) nella verifica dell ‘ipotesi;

8) dopo di ciò, se il passaggio “7” risulta positivo, ovvero confermato, si ha la spiegazione del comportamento necessario del fenomeno, cioè la formulazione dei principi generali e, quindi, della legge; se, viceversa, il passaggio “7” risulta negativo, ovvero non verificato ma falsificato, bisogna tornare al punto di partenza “1 ” e ricominciare.

Ciò implica: a) il principio di autocorrezione permanente, ovvero il riconoscimento della scienza come un processo essenzialmente auto-emendabile, per cui nessuna sua proposizione (comprese quelle relative alle nozioni di base e compresi i principi stessi del metodo) è data per definitivamente accertata;

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  1. b) il principio di interdipendenza tra il momento dell’elaborazione razionale dei dati; c) il principio di applicabilità tecnica, in forza del quale il progresso della conoscenza scientifica non è separabile da quello dei mezzi tecnici, in particolare degli strumenti necessari alla sperimentazione.

Alle origini, nella Grecia del VI sec. a.C., scienza e filosofia nacquero come un’unità indistinta, ma i progressi ulteriori della ricerca scientifica e il presupposto antimetafisico delle filosofie moderne hanno portato alla distinzione delle discipline che dalla filosofia via via si sono differenziate e alla circoscrizione di due diversi ambiti: 1) quello delle scienze naturali e matematiche; 2) quello delle scienze umane o dello spirito.

Tale distinzione comporta la classificazione delle scienze (individuazione della specificità d’ ogni scienza e dei loro possibili rapporti di dipendenza e di correlazione) e la diversificazione e specializzazione del metodo proprio d’ogni campo di ricerca.

Da qualche tempo si parla pure di inter-discipline (come la fisico-chimica, la biofisica, la biochimica, ecc.), che si inseriscono tra le discipline tradizionali. Anch’esse, comunque, sono obbligate ad avere un loro specifico metodo di ricerca, che è dato dal risultato della coniugazione di più metodi.

La conoscenza scientifica, nel tempo, è venuta mutando in rapporto all’evoluzione delle scienze e della filosofia. Il modello classico della scienza come vera e propria “filosofia naturale”, e cioè come conoscenza delle essenze e delle relazioni d’interdipendenza necessaria fra le cose, ha subito nel corso del pensiero moderno molteplici revisioni riduttive (da Bacone a Newton, da Hume a Kant, dal positivismo al neopositivismo). La descrizione razionale del “come” dei fenomeni è apparsa sempre più chiaramente l’ unico obiettivo possibile dell ‘indagine scientifica, mentre la risposta al “perché” ha perduto a poco a poco rilevanza o è stata addirittura dichiarata priva di senso, specie quando essa comporti il ricorso a entità occulte o a ipotesi inverificabili (o apparentemente inverificabili secondo i metodi d’indagine ufficialmente accreditati). La preoccupazione di evitare ogni infiltrazione di assunti dogmatici (e metafisici) ha avuto come suo esito estremo la riduzione della scienza a sistema di convenzioni, stabilite secondo criteri economici o funzionali (Poincaré, Le Roy, Mach, Bergson, Croce, con intenti accentuatamente limitativi; mentre sul piano del formalismo neopositivistico, Carnap, Neurath, Reichenbach, Morris, ecc.).

Recentemente però, la nascita delle geometrie non-euclidee, la definizione dei limiti della meccanica classica e soprattutto il principio di indeterminazione hanno offerto argomenti suggestivi anche a chi ha voluto mettere l’accento sul fatto che sia i postulati sia gli esiti delle scienze non sono per nulla da considerare definitivamente veri, ma anzi aventi permanenti caratteri di incertezza: C’è, in questa visione meno trionfalistica della scienza, il presupposto teorico che esistano forme di conoscenza altra (ovvero di conoscenza alternata), come l’ intuizione, il giudizio storico e simili, fornite di un contenuto globale che la scienza deve ammettere di non possedere, impostata com’è sull’analisi del “particulare”.

In questo quadro, è perciò probabile che le conoscenze umane di ogni tipo debbano essere accolte senza pregiudizio, quanto meno come provvisori tentativi e fallibili congetture. Così come la superiorità critica dello scienziato (si da essere più vicino alla figura del saggio) debba consistere nella sua capacità di trarre tutte le conseguenze dell ‘ accettazione di un tale limite, fino all ‘ affermazione di un ‘ apertura e di una tolleranza nei confronti di tutti i “metodi” e “forme di conoscenza”, purché metodologicamente corretti e rigorosamente controllati nella loro individuale specificità, ovvero nel loro intrinseco logos.

2.2. La via religiosa

La via religiosa (detta anche “via umida”) in senso proprio si basa sulla trasmissione della rivelazione della volontà divina attraverso canoni dottrinari. Perciò non richiede una personale ricerca razionale, un approfondimento scientifico del fatto religioso, anzi bandisce la ragione, ch’è sostituita dalla fede. “Credo quia absurdum” diceva Tertulliano. Perciò questa via è dogmatica, monoculturale, spesso intollerante.

Eliminando la ragione (che peraltro è propria dell’essere razionale), essa s’appalesa come via devozionale: Per cui la tensione verso la conquista di stati di perfezione superiori avviene attraverso la fede e l’imitazione di un modello esemplare, per esempio la vita di un santo, soprattutto quella di Cristo (imitatio Christi). Cerca di purgare la psiche con tecniche di pentimento o confessionali. E’ espiatoria. Il fedele si affida a Dio, si mette nelle sue mani; si pone in posizione passiva, di fiducia cieca, di attesa paziente. Vive nel mondo cercando di non essere del mondo. Pratica la mortificazione della carne e dell’ anima, per eliminare le passioni. Pratica I ‘ astinenza, i fioretti, la supplica. Chiede l’ intervento divino su di sé, senza cercarlo in sé. Il soggetto, pertanto, non cresce di per sé, ma in virtù della grazia; o, in subordine, in forza della legittimazione (assoluzione) che gli dà il suo sacerdote (il confessore). Perciò il soggetto non è mai autonomo, ma sempre sottomesso. •

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