SOGNO e ANGOSCIA

 

di

Saverio Di Landro

Sul campo di battaglia stavano per aprirsi le ostilità. Gli eserciti si fronteggiavano in una guerra fratricida.

Nel primo schieramento spiccava la figura di Arjuna.

Egli pensò:

  • “Stavolta dovrò combattere contro i miei cugini, e non so neanche il perché”. All’improvviso, mentre fervevano i preparativi, Arjuna fu assalito dai dubbi e scoprì che non c’era odio nel suo cuore.

Fu allora che una violenta angoscia si impadronì di lui:

  • “E’ finita! L’ora della battaglia sta per scoccare, e io confrontarmi coi fratelli. Ne riconosco i volti, anche in lontananza. Mi sono familiari da quand’ ero bambino, e ora dovrei deturparli !” L’ eroe rifletté sull ‘ esito della battaglia.
  • “Se anche scampassi alla morte – pensò – il rimorso non mi darebbe tregua. I miei giorni sarebbero segnati, e non potrei dimenticare l’ assassinio dei consanguinei. D’ altra parte, non posso sottrarmi ai miei doveri di guerriero”.

Dilaniato dai conflitti, Arjuna era molto confuso. All’improvviso, tra il polverone e le uniformi, gli parve di scorgere una luce… e in quell’istante, come per incanto, cominciò a sognare.

“Non sono desto, mi sembra. E forse non mi trovo più sul campo di battaglia. Qualcuno mi viene incontro: ne intravedo a malapena le fattezze”

Un auriga si avvicina all’ eroe. A un certo punto fu perfettamente riconoscibile: era il dio Krishna, musicista e seduttore di vergini, nelle notti estive. In quell’istante, prodotto dall’immaginazione del guerriero, Krishna andava ad ammonirlo, penetrando nei suoi sogni.

  • “Tu…esisti veramente?”, domando Arjuna.
  • “Nobile soldato, hai compiuto imprese valorose, ma la tua comprensione è scarsa. Vedo che non riesci a distinguere la realtà dall’ illusione”, gli rispose il dio.

Il guerriero, dominato dall’ angoscia, non riuscì ad afferrare il senso del discorso.

  • “Ma allora dimmi perché sei venuto a visitarmi, abbandonando la terra dei tuoi pari?”
  • “Mi sono accorto che eri in difficoltà: stavi per cedere le armi”
  • “E’ vero. Secondo te, non dovrei farlo?”
  • “No di certo. O meglio, è una questione più complessa”
  • “Dovrei forse combattere i fratelli, sparsi in questa regione?”
  • “Coloro che tu chiami fratelli sono ombre. Ne più né meno come me, che ti parlo come a un figlio” – “Cosa vuol dire? Spiegati meglio”, gridò Arjuna, sentendo crescere l’angoscia nel suo cuore.
  • “Intendo dire che il mondo è un grande sogno, una bolla di sapone prodotta dal gioco di un fanciullo. Osserva meglio queste truppe, eroe: sono illusioni. Fratelli o cugini – 0 come tu vuoi chiamarli – non hanno consistenza.

Arjuna non riusciva a capire e pensava che Krishna volesse tendergli una trappola.

  • “Non mi incanti. Non sono una di quelle giovinette che seduci col tuo flauto. La tua musica non fa breccia nel mio spirito!”
  • “11 tuo spirito! Se tu conoscessi la profondità, penseresti diversamente” – “E come?”

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  • “Concedimi la tua fiducia! Solo così potrai imparare”

Arjuna, rifletté sul suggerimento di Krishna, ma non per paura di combattere. Non voleva sottrarsi alla lotta, lui. Il suo problema era un altro, e si accorse che il Dio lo aveva messo a fuoco. Ma allora perché non fidarsene, nonostante certa fama?

  • “E va bene! Mostrami dunque una nuova prospettiva, creatura del sogno e del delirio”
  • “Ora ci siamo! Non sei più il bimbo capriccioso, che ha paura di cambiare! Così mi piaci, ora possiamo dialogare”

Ma Arjuna era ancora triste:

“Per quanto mi sforzi di ascoltarti, come faccio a fidarmi, se mi esorti a combattere? Se i miei avversari sono fantasmi esangui, dovrei scagliarmi contro di loro con tutte le mie forze! Questo si evince dalle tue parole. E con queste premesse non potrai avere udienza dal mio cuore!” La replica del Dio non si fece attendere.

  • “Sei un guerriero, adatto alla lotta. Per coltivare il fisico trascurasti lo spirito. Ma ora ci sono io a mostrarti nuove vie. Non voglio spingerti alla lotta, ma neppure alla fuga. Voglio soltanto dirti che I ‘ azione può essere compiuta in vari modi. Puoi donare la morte o la vita ai tuoi cugini, non importa! A me preme soltanto come consideri il tuo fare”
  • “Voglio insegnarti il non attaccamento al frutto delle azioni: ricorrendo ad un esempio, poiché ti ostini a non capire!”

Col volto contratto in una smorfia, tra lo stupore e la perplessità, Arjuna ascoltava attentamente.

  • “Creature di ogni tipo vengono a trovarti in sogno: uomini, donne, mostri e animali. E ti girano intorno, talvolta con sguardi minacciosi. Ma tu non te ne curi, e seguiti a dormire. Permetti loro di rincorrerti, salvo sopprimerne qualcuno per antipatia. In fondo tu sai che sono ombre, perciò non ti prendi la briga di combatterli. Ti curi forse di abbracciare una vergine nei sogni ? Voglio dire che la desideri o provi repulsione, solo finché non sai che è un ‘illusione. Ma quando ti svegli non resti insoddisfatto, se ti ha negato dei baci! Altrimenti saresti uno sciocco. Perché allora non agire così anche nel sogno della vita, e su i campi di battaglia?”

Le parole di Krishna erano convincenti e dettate da una grande saggezza. Nel cuore di Arjuna prese corpo un dubbio atroce: il Dio era frutto della sua fantasia o esisteva realmente? E chi parlava in quel modo edificante: la sua coscienza o una creatura autonoma, in forza di se stessa? Ma dopo tutto I ‘interrogativo era superfluo: meglio continuare ad ascoltare Krishna, mentre il Dio illustrava lo scopo della vita.  “Nobile condottiero, agisci pure come meglio credi: il mondo è un gran sogno, creato dalle nubi del pensiero. Ma evita di attaccarti alle tue azioni, e reputale un gioco da bambini. Come dei dadi si procede a caso: a volte si ha un risultato, a volte un altro. E l’esistenza difetta del suo senso”

Arjuna chissà perché, sentiva diminuire la sua angoscia. Come le parole di Krishna avessero il potere di calmarlo. Mentre la sua fiducia verso il Dio cresceva, l’eroe prese ad interrogarlo:  “Se ho ben capito, vuoi liberarmi dal male, oltre che dal bene?” Krishna si affrettò a rispondere:

“Proprio così, illustre guerriero. Entrambi sono perniciosi ed infettano la mente. L’osservazione non vale soltanto per il bene o il male, ma per qualsiasi altra contrapposizione. Non tenere in conto le seguenti coppie: vita/morte, bellezza/bruttezza, giovinezza/vecchiaia, salute/malattia. E scorgerai una realtà diversa!”

Dal tuo sguardo vedo che mi capisci. Le mie parole ti entrano nel cuore. Meglio così: arriverò al nucleo dottrinale. Ma intanto, nell’ attesa, preparati alla spontaneità: Come un bambino che non sappia cosa fare; come uno sciocco che ignori dove andare. In questo modo vedrai con altri occhi l’ Universo!

Esistono tre strade, illustre condottiero. Ma non devi percorrerle tutte: di fatto, si addicono a persone differenti. Esse furono istituite per permettere a chiunque di sotto il velo reale. E all ‘illusione di mostrare le sue spoglie! Cominciamo dalla via dell ‘ azione. Forse quello che più ti interessa, sebbene finora tu l’abbia fraintesa. Come percorrerla? Accantona le ricchezze mondane, perché non è con queste che la troveresti. Piuttosto considera il tuo corpo come un membro del divino e affidagli il controllo. Agisci senza attaccamento, spontaneamente, per scoprire l’universo. In un modo qualsiasi: mangiando, bevendo, respirando, camminando o riposando. In ogni caso, non curandoti degli esiti, con

le tue azioni, tu resti sulla via. Sappilo: solo l’atto responsabile si compie con naturalezza. Privo di desideri, e di passioni, bandirai dalla vita il tumulto e la rivolta. Sarai appagato dalla tua persona, senza mai frugare altrove. E solo allora, pur soddisfatto, mancherai di dilatare il tuo egoismo.

La seconda è la via della conoscenza. Devi imparare, eroe, che il mondo ha un’ altra faccia. Come nel caso della luna, la puoi vedere solo con la sapienza. Non intendo la pura erudizione, frutto di uno studio libresco. Le scritture sono un prodotto umano, che distoglie dal mondo dello spirito. Non potrai mai capire, finché ti attacchi alle parole altrui ! Nel tuo cuore, però, risiede una grande conoscenza, e solo tu puoi accedervi, in forza della volontà. “Sono pronto?” ti chiedi, e solo tu sai la risposta. Scrutando nei meandri del tuo animo vi scopri la saggezza per comprendere perfettamente il mio discorso. E sei in grado di affrontare ogni difficoltà, ben saldo nella tua posizione. Perché ti accorgi di aver creato tu gli ostacoli, nonché i mezzi per rimuoverli. La via della conoscenza esige fiducia in se stessi per scorgere il divino che sonnecchia nello spirito.

. Tu sei un guerriero e la via dell’ azione ti è familiare, a patto di adottare certe precauzioni. Ma anche sulla via del conoscere incederai tranquillo facendo leva sul tuo cuore. Non cercare l’esterno, dunque, e abbandona altri modi di pensare. Istruisci te stesso, coltivando i messaggi dello spirito. E rallegrati dei fallimenti, quanto dei successi. Nessun dualismo ti contaminerà, mentre attingi al tuo pozzo del sapere. L’autocontrollo sarà la tua misura, in una mente sgombra. E ti renderai conto di sapere già tutto. Senza lacune, riapprenderai la perfezione. Infine, quando avrai percorso il sentiero completo, scoprirai che gli opposti non esistono. Non distinguerai la conoscenza dall ‘ azione e neppure – ascolta! – l’ignoranza della conoscenza.”

Il guerriero aveva ascoltato attentamente, In particolare, era stato colpito dalla conclusione del discorso.

“Così le due vie alludono a una stessa meta?” – domandò.

  • “Ma certo” – rispose il Dio – “esse sono diverse solo in apparenza.”
  • “Sono curioso di apprendere la via della rinuncia, altrettanto interessante, suppongo. Avrei anche qui qualche prerogativa?”
  • “Sicuramente. Sebbene essa possa sembrarti la più distante. La rinuncia indica, ancora una volta, lo stesso traguardo. Vale a dire l’ esito di un percorso, in fondo, non si abbandona mai il punto di partenza. Rifletti, bene, illustre condottiero: per capire hai bisogno di cambiare la tua mentalità. Diversamente, impegolarti in queste vie, non ti servirà a nulla. Lasciami celebrare la terza di esse, dunque, che come le altre attende l’uomo adatto.

Il fruitore della terza via dell’azione è il guerriero accorto: di quella della conoscenza, lo studioso consapevole. Permettimi ora di accennare al religioso eretico, ovvero all’immorale che gronda di morallta.

Vedendo che Arjuna rimaneva perplesso, Krishna modificò il tono del discorso prefiggendosi una maggiore semplicità.

  • “Rinunciare non si significa starsene a meditare in una grotta! Rinunciare significa agire con naturalezza, ignorando il bene e il male. E’ difficile intendere certi presupposti e infatti gli asceti flagellano se stessi. Rinuncia la chiamano, nella loro ignoranza! Il martirio non porta da nessuna parte. Serve solo a distruggere il corpo. E il corpo, nobile guerriero, ci guida alla liberazione. Perciò, non disprezzarlo, ma limitati a rinunciare al godimento. E sappi che non ti vieto il piacere, bensì l’ attaccamento.

Sin dall’inizio accennai a questa via. Ecco perché dovrebbe esserti chiara. Non si tratta di non far, niente, aspettando a braccia conserte, che la morte ci strappi dall ‘involucro terreno! Altrimenti questa sarebbe la pista più agevole, del tutto adatta ai pigri. Assumi dunque le movenze del loto, il quale, pur sguazzando nel fango serba la sua purezza. E da tutti ammirato, per livida bellezza che si eleva sulla sporcizia di ogni tipo!

Arjuna coltivava un dubbio basilare e domandò al suo interlocutore:

  • “Mi stai dicendo che non esistono il peccato e il merito, buone e cattive azioni? Ma allora, come potrei osservare il mondo in questa prospettiva?”

Krishna avvertì la sincerità della domanda, e disse:

  • “E proprio questo che ti si chiede, nobile guerriero: di guardare con gli stessi occhi il brahmano erudito e la bestia più immonda. Infatti, finché ti curi di distinguerli, non cogli l’unità delle cose. Né squarci il

velo delle molteplici apparenze. Sospendi dunque ogni discriminazione, per amore della rinuncia! In fondo rinuncia e azione sono parole equivalenti che alludono ad una stessa realtà, suggellata dal divino!

Ora Arjuna sapeva quali percorsi seguire per travalicare le apparenze. Tuttavia non riusciva a capacitarsene: sognava o era sveglio. Chiese a Krishna un segno tangibile della sua presenza.

“Non capisci ancora chi sono? E’ strano. Chi meglio di te potrebbe saperlo? Del resto, poiché insisti, accennerò alle mie qualità.

Dal mio corpo nasce l’universo, con la luna e suoi soli. Ogni volta che ti affacci al mondo e il mio volto che osservi. Io produco le creature e al tempo stesso le accompagno alla morte. In un ciclo eterno, imperituro, ne dirigo gli intenti. Esse sono vuote e vacue, come città di geni. celesti, miraggi e allucinazioni. Tu mi interroghi sulla mia identità, ma prima dovresti specchiarti, nelle acque dei ruscelli per contemplare le tue sembianze, cioè le mie, nelle immagini riflesse. E anche nelle parole, mi troveresti: nel suono om, principio e fine di ogni cosa.

Invece sei confuso: dubiti di me, benché io ti sia apparso. E in questo modo ti perdi nelle creature, irretito dalla bellezza. Solo perché il tuo cuore si rivolge ad altre deità. Allora sappilo, con le tue invocazioni, e sempre a me che rendi omaggio. Puoi appellarti a Visnù o a Shiva: troverai soltanto me, in ogni angolo dell’universo. Mettiti all’opera, nobile guerriero: squarcia il velo reale, per scorgere I ‘ unità del multiforme. E destati dal sonno.

Arjuna rifletté a lungo su queste parole, e a un certo punto, di colpo, cominciò a capire. Fu un’esperienza straordinaria.

“Avverto nuove vibrazioni nel mio corpo, e riesco a percepire l’unità del cosmo. Sono io a produrre Krishna, il dio flautato: condividiamo tutti un’ unica matrice! Grazie all ‘ angoscia ho attinto alla realtà. E nella debolezza ritrovai I ‘oggetto del mio amore. Benché in fondo non l’ avessi mai lasciato.

In quell’istante Arjuna amò Krishna con tutto il cuore. E offri la sua devozione alla creature, tralci di una stessa vite! L’eroe si preparava ad abbeverarsi ad una fonte inestinguibile. L’esaltazione del momento, sul campo di battaglia, lo aveva inebriato. Così si armò di tutto punto, per saggiare la propria forza nei conflitti interiori e scopri un nuovo campo di battaglia, mentre fuori imperversava una lotta che non lo riguardava più.

Fu allora che, schivando le lance dei nemici, impegnati in una causa inconsistente, Arjuna si destò al mondo. •

 

 

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