MASSONERIA E MASSONI ITALIANI DAL 1815 AL 1851

Trionfo  ligure  e  Amici Veri dei Virtuosi, all’obbedienza del G. O. di Francia.

di

Luigi Polo Friz

 

Si dibatte da anni, e si continua a farlo, sulla presenza o meno della Massoneria in Italia come Istituzione fra il 1815 e il 1860 e sulla sua eventuale partecipazione al processo risorgimentale. Nel 1925, con un sincronismo non programmato, si sono contrapposti sul tema un massone, Giuseppe Leti l e un antimassone, Alessandro Luzi0 2 . Il primo ha pervicacemente attribuito iniziazioni non provate, oppure ha anticipato arbitrariamente date di iniziazione di personaggi che hanno effettivamente preso parte ai moti risorgimentali, giungendo a soddisfare così in senso positivo al quesito posto. Abbarbicandosi altrettanto tenacemente a tesi precostituite ed utilizzando argomentazioni faziose, il secondo è giunto a conclusioni opposte.

 

La realtà che emerge allo stato dell ‘ arte è quella abbracciata, del tutto fortunosamente, da Luzio. Ciò non tanto per i supporti sui cui si è basato questo autore, che sono di una fragilità estrema. In assenza assoluta, per lo meno fino ad oggi, di documenti che consentano di far sfociare il dibattito verso conclusioni alternative, la situazione non può essere forzata più di quel tanto. Nel periodo in discussione non v’ era una Massoneria organizzata a livello nazionale. La stessa coscienza di un ‘ Italia unita tardò a prendere l’abbrivio. E’ tuttavia fuori dubbio che lungo la Penisola erano attive Logge clandestine, in alcuni casi tollerate perché frequentate prevalentemente o esclusivamente da cittadini di altre nazioni, a volte riconosciute da Grandi Orienti stranieri.

All’ultimo gruppo appartengono la Trionfo Ligure di Genova e la livornese Amici Veri dei Virtuosi3, legate al Grande Oriente di Francia (G.O.F.), fino al 1862 la prima, a tutto il 1870 la seconda. A posteriori per gli storici questa circostanza si è di-

mostrata particolarmente felice. Le Carte del G.O.F. sono state custodite fino a tempi recenti dallo stesso Grande Oriente, per essere poi conferite alla Bibliothèque Nationale di Parigi, che le ha collocate in un Fondo Massonico . La corrispondenza delle due Logge, le richieste di diplomi per passaggio ai gradi superiori e i piè di lista che ogni anno esse dovevano inviare a Parigi si sono miracolosamente conservati, non avendo subito le traversie di materiale analogo appartenente alle Logge italiane devote ad Obbedienze nazionali. In particolare la consultazione delle richieste di diplomi ed ancor più dei piè di lista ci ha riservato una piacevole sorpresa: ogni nome elencato, e globalmente nel periodo ‘francese’ gli affiliati delle due Officine si aggirarono intorno a 550 unità, è affiancato nella maggioranza dei casi da quello della data e della Loggia di iniziazione. Ciò ci ha consentito, congiuntamente al contenuto di altri documenti provenienti dalla stessa fonte e alla modesta saggistica già nota sull’ argomento, di allargare consistentemente lo spettro fin qui noto delle Officine che hanno operato nel nostro Paese durante il periodo della Restaurazione e di ricostruire con ragionevole completezza la storia delle due Logge menzionate.

Quando, nel 1859, venne costituita a Torino la Ausonia, precorritrice dell ‘odierna Massoneria italiana, i suoi membri, in particolare Livio Zambeccari, si preoccuparono subito di andare alla ricerca di altre Logge, o addirittura di un Grande Oriente italiano. “Unfratello disse di credere che in Genova esistesse una Loggia sotto il titolo di Unione dei Cuori”, che ad una più approfondita indagine non risultò ancora regolarmente costituita. Si parlò di Logge di Levante e di Ponente, “cioè Sarzana, Lerici, Spezia, Savona e Nizza”, già in rapporto tra loro per formare un Grande Oriente italiano, ma anche queste notizie non trovarono conferma. Venne menzionata quasi di sfuggita la Trionfo Ligure, che avrebbe meritato un’ attenzione di gran lunga maggiore. L’indagine sul suo conto non era stata superficiale, considerato che si era perfino saputo il nome del Venerabile, “un negoziante, certo Sig. Francesco Cipollina”. Dovette incutere rispetto il fatto che si trattava di Loggia “regolarmente costituita sotto il Grande Oriente di Parigi”, e così questo importante canale di informazione si inaridì subito.

La Trionfo Ligure iniziò i suoi lavori il 21 giugno 1856. Per qualche anno operò tranquilla, sotto la guida piuttosto personalizzata di Cipollina, che la considerò sempre cosa sua. Il 31 dicembre 1860 la Loggia deliberò di fondare a Livorno la Amici Veri dei Virtuosi. I dignitari eletti tre giorni dopo erano gli stessi della Trionfo Ligure, in contrapposizione al fatto che esiste un elenco di fondatori completamente diverso. Il 5 ottobre il Capitolo genovese, costituito in maggio, formalizzò al G.O.F. la richiesta di creare una Loggia filiale a Livorno e il 25 febbraio successivo ebbe luogo la cerimonia di insediamento. Nelle elezioni del 12 giugno 1861 nessuno fu confermato.

Numerose prove indicano che la Amici Veri dei

 

Virtuosi esisteva almeno dal 1859. Nella corrispondenza con Parigi i suoi membri lo ribadirono più volte. Propendiamo a credere che essa abbia chiesto aiuto alla Trionfo Ligure per regolarizzare la sua posizione, venendo accolta con diverso spirito rispetto a quello auspicato.

Ottenuto il riconoscimento da Parigi, rispetto alle entità massoniche emergenti nel neocostituito Regno d’Italia, la Amici Veri dei Virtuosi si sentì subito rinvigorita ed aumentarono le attese della casa madre. Ebbe anch’essa un Capitolo e nell’aprile 1863 appoggiò le sue aspirazioni per ottenere un Supremo Consiglio delineando una breve storia della Massoneria in Livorno, “la sola città che [in Italia], tra il 1815 ed il 1859 non sia rimasta senza Logge Massoniche”. Dopo il 1815 i membri della Napoleone costituirono la Fratellanza e la Progresso. A qualche anno di distanza la seconda fondò la Minerva, che nel 1842 assunse il nome di Livorno. Da questa Loggia nel 1850 sorse l’Amicizia. Nel 1855 se ne staccò un ramo, nucleo di una nuova Progresso, quasi subito trasformatasi nella Unione, ancora esistente all ‘ epoca del racconto.

In presenza di rare fonti questo riassunto sarebbe stato già prezioso. Esso mostra che dal 1815 al 1860 almeno sette Logge hanno svolto una attività nel capoluogo labronico l .

Non è detto che la narrazione del Venerabile della Amici Veri dei Virtuosi sia fedelissima, tenuto anche conto dell’ obiettivo a cui mirava. Fortunatamente, come abbiamo anticipato, altri documenti della stessa fonte lo integrano e lo affinano. V1 sono menzionate dieci Logge locali, che ebbero vita tra il 1815 e il 1860. In questo lasso di tempo quindi a Livorno operarono complessivamente diciassette Logge simboliche. Oltre a quelle menzionate, esse sono: Amici Concordi (1839-1840), Amici Costanti (1818-1858), Amici Riuniti (1840), Amici Veri Virtuosi (1836-1860), Avvenire (1845), Felice (1817), Fratelli Concordi (1840), San Giovanni (1830-1858), Unitaria (1868), Uniti Concordi ( 1840 -1845). Abbiamo inoltre individuato sette Officine superiori.

Rispondendo ad una lettera del G.O.F., che probabilmente lamentava eccessivo autoritarismo riguardo alla conduzione della Loggia, nel settembre 1858 Cipollina si giustificò affermando che originariamente essa “si componeva in prevalenza di capitani marittimi, iniziati in tutti gli Orienti del globo”. Era stato quindi impossibile “avere degli ufficiali stabili in permanenza”. Entrambe le dichiarazioni erano vere. Risulta dai piè di lista menzionati. Ma il Venerabile continuò ad attingere a questa categoria. A sette anni dalla fondazione dell ‘ Officina vi apparteneva il 50% dei fratelli. Viene da chiedersi fino a che punto tale situazione fosse casuale. Era gente sempre in giro per il mondo, che quindi non esercitava pretese sulla conduzione della Loggia.

Cipollina non godeva della stima di tutti gli affiliati. Carlo Masmejan, un orologiaio che svolse un ruolo importante nel Gran Consiglio del Grande Oriente Italiano (G.O.I., emanazione della Loggia Ausonia), riunì un gruppo di dissenzienti per tentare di sollevarlo dall’incarico. Scrisse di lui a Parigi che era un routinario, che ignorava il vero spirito della Massoneria e procurava il disordine nelle finanze. Per screditarlo aggiunse che “in Brasile faceva il falegname ed ora era commerciante di cappelli di paglia e di giocattoli”, ma non fu ascoltato. Insieme ai compagni di avventura gli toccò rinunciare a frequentare la Loggia ll Il Venerabile aveva controbattuto con pesanti accuse, ad esempio incolpando uno dei contestatori della “sottrazione della cassa”. Proseguì imperterrito nel suo cammino, anche perché ritornando dal Sud America, dove era stato iniziato alla Perseveranza di Bahia, si era ritrovato in Patria con un nucleo abbastanza consistente di fedelissimi massoni, vecchi compagni di emigrazione, che appoggiavano ogni sua azione.

Nel 1860 pervenne ai Genovesi una circolare del Grande Oriente Nazionale d’Italia sedente in Torino (poi G.O.I.). Datata 3 giugno, “invitava tutte le Logge sparse sulla superficie della cara Patria a volersi riunire con il neocostituito organismo onde formare quella unificazione tanto bramata da tutti i veri Italiani, senza dipendere da Grandi Orienti Muratori dell’Universo”. Cipollina non rispose. Chiese a Parigi numerose promozioni fino al 18mo grado, esplicitando anche il desiderio di avere per sé il 33mo. Dopo un rifiuto secco, insistette: “Come, a chi se non? Abbiamo perfino fondato una Loggia a Livorno, abbiamo la sicurezza di istallarne a Napoli, in Sicilia, a Firenze, a Milano. Alleghiamo l’inVito di un nuovo Grande Oriente a Torino, che abbiamo rifiutato per fedeltà al Grande Oriente di Francia e non abbiamo promozioni !” Il ricatto era palese, ma non ebbe alcun esito.

Nel luglio del ’62 la Trionfo Ligure prese atto del riconoscimento del G.O.I. da parte del G.O.F ma ribadì la sua fedeltà. In quella circostanza comunicò al Grande Oriente transalpino di aver “affiliato l’ illustrefratello generale Garibaldi, 3 0 , come membro effettivo della Loggia, e di aver chiesto al Capitolo di conferirgli il 18mo grado; era suo desiderio che fosse promosso al 33mo grado. La “domanda di aumento di salario” per il Nizzardo fu inviata a Parigi in ottobre. Il Gran Maestro, maresciallo Magnan, fece rispondere, forte degli statuti, che promozione di tale importanza richiedeva che il candidato si recasse a Parigi. Erano tempi in cui l’Eroe dei Due Mondi aveva altri pensieri e l’episodio non ebbe seguito.

A fine marzo 1863 Cipollina decise di aderire al torinese G.O.I.. Era un uomo stanco. Il 17 marzo 1864, a soli 52 anni, passò all ‘Oriente Eterno. Aveva avuto un’ esistenza avventurosa, non sempre fortunata. Cercò rifugio nell’Ordine. Così nel 1882, mentre era Venerabile Gregorio Ordufio, la Loggia decise di staccarsi dal Grande Oriente “e rimase libera e indipendente”. In questo modo pensava di liquidare le diatribe sorte con Michele Barabino, suo ex Venerabile promosso al 30mo grado e accusato di colpe di vario genere in due corpose circolari. La decisione non fu duratura. Dopo una breve dipendenza dal Supremo Consiglio di Torino, la Trionfo Ligure fu di nuovo inclusa nell’elenco delle Logge del Grande Oriente d’Italia. Stando alle commemorazioni è da presumere che vi rimase felice e contenta fino ai giorni nostri.

Liberatisi della Trionfo Ligure, che liquidarono ringraziandola frettolosamente e che nel decennio che seguì non venne mai più menzionata, i Livornesi si dedicarono immediatamente ad un’attività febbrile. Li guidò Fortunato Piperno, massone di vecchia data e uomo ambiziosissimo. Per evidenziare l’urgenza di avere un Capitolo, il Venerabile scrisse al G.O.F. che “massoni irregolari avevano fondato un Grande Oriente italiano. Avevano creato una società rivoluzionaria militante sotto il velo della Massoneria, continuavano la guerra al G.O.F. e distribuivano diplomi. Si sarebbero recati in Francia per cercare di visitare Logge regolari e forse lo stesso G.O.F., per far vedere che erano stati riconosciuti”. L’ arruffato resoconto non produsse un ‘ impressione favorevole. A Parigi in questa occasione si dimostrarono assai bene informati; dall’Italia ricevevano, infatti, rapporti regolari sul còmportamento della Amici Veri dei Virtuosi da Louis Haymann 1 3 Garante d ‘Amicizia del Maestro riferì che “la Loggia era composta per la massima parte di Israeliti, liberi da poco di aver visitato una Loggia irregolare a Firenze, dove ci si occupava di formare un Grande Oriente Italiano”. Secondo Haymann “Coen non aveva commesso nessun errore e la sua posizione andava rivista. Piperno era un semplice facchino”. Non aveva nulla da dire contro quella professione rispettabilissima, “ma il Venerabile non poteva pretendere maggiori riconoscimenti di quelli che aveva già avuti”. Par di capire che Piperno stesse tentando anch’egli la scalata al massimo grado del Rito Scozzese. Nell’ottobre del ’60 anche la Amici Veri dei virtuosi ricevette la circolare del G.O.I.. Si limitò a darne comunicazione a Parigi. In Loggia serpeggiava il malcontento. Nel dicembre dell’anno successivo Giuseppe Leone, Venerabile durante il biennio anteriore al riconoscimento del G.O.F., protestò assieme ad altri “contro l’atteggiamento dei nuovi venuti, che avevano emarginato gli anziani nelle ultime elezioni”.

Il 1862 fu caratterizzato da segnali contrastanti. Moisé De Castro inviò rapporti a Parigi in una veste non meglio identificata. In febbraio era molto preoccupato, perché tutto andava male, molti volevano sottomettersi al G.O.I., anche perché il G.O.F. non si faceva mai vivo . In effetti i contatti con ifratelli del Grande Oriente sedente in Torino si moltiplicarono e se ne ebbero anche riflessi ufficiali. In marzo, ad esempio, insieme alla Amici Veri dei Virtuosi, l’Amicizia, la Garibaldi e l’ Unione firmarono un appello a Magnan perché intercedesse per la grazia in favore di alcuni militari condannati a morte dal Governo pontificio. Si può dire che da quel momento e a più riprese lungo il decennio, nella Loggia livornese l’adesione o meno al G.O.I. fu il tema dominante nella lotta fra opposte fazioni.

Nuovo Venerabile era stato eletto Israele Costa, un cinquantenne professore di lingue, favorevole al cambio di obbedienza. I capi delle altre fazioni in cui era divisa I ‘ Officina reagirono rivolgendo autonomamente numerosi quesiti a Parigi. Rivendicando la trentennale fedeltà, Anselmo Carpi non usò metafore: “Se la Amici Veri dei Virtuosi passa al G.O.I. posso formare una Loggia all ‘ obbedienza del G.O.F. ?”. Piperno ed altri scrissero: “Non abbiamo trovato ragionevole rinunciare così brutalmente ad una posizione… Non abbiamo voluto precipitare una risoluzione perché siamo dell ‘ opinione che la Massoneria non ha nazionalità; perché, secondo noi, il G.O.I. non è completamente costituito, visto che è diviso in due parti, Torino e Palermo, alle quali se ne aggiungerà forse una terza, a Genova, perché a Livorno ci sono diverse Logge che lavorano sotto il G.O.I., ciascuna con viste diverse, qualcuna con opinioni esaltate e forse socialiste. Noi che siamo liberi e favoriti da un Capitolo che ci mette nell ‘ onorevole posizione dei gradi superiori, non troviamo conveniente di scendere al livello delle altre Logge, sottomettendoci ad un cosiddetto Capitolo capricciosamente organizzato, Capitolo che non è nemmeno ammesso negli statuti del G.O I Infine, e questo per noi è importante, noi consideriamo la vostra lettera indirizzata al G.O.I. come una semplice corrispondenza e non come un riconoscimento ufficiale”. Piperno e compagni conclusero: “Se la maggioranza della Loggia deciderà di passare al G.O.I., questa determinazione sarà per noi obbligatoria? Possiamo opporci come fondatori? Potremo continuare a lavorare alla vostra obbedienza, con lo stesso nome, conservando il Capitolo? Potremo eventualmente appartenere a due Grandi Orienti ?”

Un altro messaggio fu spedito da un gruppo capeggiato da Gabriele Paz. Anch’ esso insisteva sul fatto che “il G.O.F. li aveva onorati di un Capitolo e che quindi non trovavano logico rinunciare a questo privilegio ed ai loro gradi”. La lettera chiudeva con propositi non lontani dalle precedenti: “E’ possibile fondare a Pisa un ‘ altra Loggia all ‘ obbedienza del G.O.F.?” Durante il secondo semestre del 1862 gli incontri con i fratelli del G.O.I. si concretizzarono nella concessione di patenti RosaCroce a Pacifico Pacifici, Neri Fortini, Casanova Verano e Giuseppe De Zugni, appartenenti a Logge di quella obbedienza.

In ottobre venne comunicata al G.O.I. una strana decisione, quella di affiliarsi alla Amici Veri dei Virtuosi di Pisa, una Loggia appena istituita dal G.O.I., il quale, dopo due mesi, annunciò invece: “La benemerita Amici Veri dei Virtuosi di Livorno è stata accolta alla nostra obbedienza” e nel febbraio confermò di averne avuto l’assenso dal G.O.F.. Pubblicò anche un atto di sottomissione di settefratelli, poi diventati dodici, reso poco chiaro dalla stampa, che mutilò una parte del testo originale. Erano dei dissidenti o rappresentavano effettivamente la Loggia? Gabriele Paz presenziò ufficialmente all’Assemblea di Firenze del 1863, promossa dai Torinesi del G.O.I., partecipando attivamente ai lavori. Ciò potrebbe far propendere per la seconda ipotesi. Ma in questa storia le cronologie si sovrappongono e si inseguono disordinatamente. Solo un mese dopo il G.O.F. concesse alla Amici Veri dei Virtuosi di rimanere alla sua obbedienza.

Israele Costa, rieletto Venerabile per il 1863, e che aveva probabilmente cambiato idea riguardo al G.O.I., in aprile insistette perché venisse concesso ai Livornesi un Consiglio Kadosh. In quel momento la Loggia aveva 75 membri ed il Capitolo 39: “I massoni in possesso del 30mo grado c’erano, ma non era facile provarlo, considerato che avevano dovuto operare nell’ ombra, distruggendo i documenti per ragioni di sicurezza”. Il G.O.F. assentì e l’ I l novembre 1863 gli fu spedito il verbale di insediamento. Era una concessione rilevante. In passato solo due centri ne avevano beneficiato: Orano e Montevideo. Con il nuovo organismo il nucleo massonico che ruotava intorno alla Loggia acquisiva poteri assai vicini a quelli di una Comunità autonoma. Inoltre la capitale francese era lontana e modeste erano le possibilità di controllo del G.O.F. sul suo operato. A spingere i Parigini a tanta generosità possono essere state le voci che nel frattempo aveva attanagliato il G.O.I., con Filippo Cordova dimissionario. Comunque sia, questo evento riaggregò gli affiliati e consentì alla Loggia di riprendere un assetto stabile.

La Amici Veri dei Virtuosi, ultima testa di ponte italiana dell ‘ Obbedienza d’ oltralpe, cominciò ad informare sistematicamente il G.O.F. sui disordinati movimenti massonici della Penisola, strumentalizzando sempre le notizie con obiettivi propri. Il 26 aprile 1864, poco prima dell ‘ Assemblea che avrebbe dato vita al Grande oriente d’Italia, non ne fece mistero: “Sarebbe di somma utilità colpire il momento, fondare varie Logge simboliche e capitolari sotto la vostra obbedienza. Noi avremmo il mezzo di costruire quattro Capitoli, in quattro diverse città, con persone ragguardevoli, di tutta probità e di assoluta rispettabilità. Questo desiderio, questa proposta muove principalmente dal concetto di contrapporre con forze maggiori una barriera contro il raggiro degli agitatori, di riunire buoni elementi con persone di rango elevato, di abbattere e sventare il raggiro alimentato dai fautori di una politica esaltata, di allontanare il possibile caso che quel partito, nella prossima seduta convocata a Firenze per il 15 del prossimo mese di maggio, possa pervenire alla elezione di un Gran Maestro del colore esaltato o a qualche provvisorio provvedimento nel senso di un concetto sovversivo e preparatorio delle loro vedute”.

L’ultima infornata di notizie fu spedita il 19 ottobre. E’ un tentativo di apparire aggiornati su una materia di cui ormai sfuggivano gli aspetti sostanziali:

Non v’è niente di buono, se non il disordine assoluto che si mantiene, se non è aumentato, nelle idee sovversive. E’ perciò dimostrato che Cordova per primo, e gli altri dopo, non potevano con i loro principi concorrere nel partito di esaltazione, né avevano i mezzi efficaci per reprimerlo. Garibaldi è dimissionario. Si dice anche che Francesco De Luca occupa provvisoriamente questa funzione. Altri affermano che sia Ausonio Franchi. Si dice anche che Garibaldi, nuovamente impegnato, accetterà la Gran Maestranza. In ogni caso manca assolutamente nelle Logge italiane l’ ordine e l’ intelligenza.

La Concordia di Firenze si è divisa. Aurora, Garibaldi e Unione di Livorno si sono riunite, ma i migliori fratelli sono in sonno. A Pisa l’Azione e Fede si è fusa con la Galileo, ma molti fratelli si sono allontanati e sono diventati membri attivi della nostra Loggia in buon numero. A Lucca la Loggia agisce con indipendenza assoluta. In questo stato di cose è naturale che non ci sia risparmiato il più grande disprezzo. Ci chiamano francesi, non massoni e ci guardano come dei rinnegati.

A questo punto il G.O.F. comprese che laAmici Veri dei Virtuosi era completamente isolata dal sistema e che le sue informazioni erano diventate inattendibili. Dopo l’ Assemblea fiorentina del 1864, che aveva visto il disciogliersi spontaneo del G.O.I., era stato fondato il Grande Oriente d’Italia, che aveva subito preso contatto con i Francesi. Lodovico Frapolli , massimo interprete della Massoneria italiana in quegli anni, aveva eletto la Francia a sua seconda Patria da quando vi aveva completato gli studi all’ Ecole des Mines, nel 1842. Ora viaggiava spesso da Torino a Parigi ed aveva frequenti contatti diretti con gli alti dignitari del G.O.F.. Nel marzo 1865 il Bulletin du Gran Orient pubblicò due pagine estratte da un suo scritto, Une voix, dimostrando di aver seguito assai da vicino gli avvenimenti e di averne apprezzata I ‘ evoluzione.

Il Venerabileeletto per il 1864, Gabriele e Gabriello De Paz, aveva 66 anni. Nativo di Livorno, si dichiarava possidente, sotto-cancelliere e segretario del Concistoro israelitico. Era stato iniziato nel 1817 alla Felice, promosso dopo un anno Rosa-Croce dal Capitolo dellaAmici Costanti; I’ omonimo Sublime Consiglio gli conferì il 30mo grado nel 1839. Considerati gli ostacoli ad operare in una Loggia prima del 1860, aveva alle spalle un invidiabile curriculum iniziatico. Poteva trarne autorevolezza; se ne giovò invece per condurre i lavori con piglio autoritario, arrivando a chiedere poteri eccezionali a Parigi contro la minoranza che lo infastidiva. Il suo regime si consumò attraverso ammutinamenti, ribellioni, scissioni e dimissioni. Persino i fragili rapporti intrattenuti con le altre Logge locali vennero interrotti. Nel solo 1865 ifratelli che abbandonarono laAmici Veri dei Virtuosi furono in grado di fondare due Logge, che si sottomisero immediatamente al Grande Oriente d’Italia. De Paz ridusse allo stremo gli organici della loggia e delle Officine superiori che facevano perno su di essa. Al punto che, all’inizio del ’65, il Sublime Consiglio di Kadosh non poteva riunirsi “perché non era più in numero”. Nel 1866 rassegnò le dimissioni. Per perderne la memoria ifratelli rimasti ne cancellarono il nome dal piè di lista. Con ritmi annuali gli succedettero Angelo Alvarenga, negoziante, Giovan Battista Bianco, ingegnere, Alessandro Broglio, negoziante, e Antonio Mangini, avvocato. Nessuno di loro seppe trovare un giusto equilibrio fra le diverse anime dellaLoggia. Parve che Luigi Tognocchi, eletto nel 1871, fosse più adatto al compito. Professore contabile, dalla corispondenza che intrattenne con Frapolli sembra un brav’ uomo. Era appena rientrato in Italia dopo 22 anni di esilio, aveva fondato a Livorno una scuola di commercio e di lingue, ma il non avervi “voluto insegnare, né far insegnare quel maledetto catechismo … era stata causa della perdita di tutti i suoi scolari”. Si contentava ora di un qualsiasi posto di “magazziniere” in qualche branca della Stato, pur di avere un mezzo di sostentamento.

Trascorso qualche mese dall’elezione lo colpirono gli strali del professore Atanasio Bracci Gambini, che in una circolare a stampa lo accusò di aver provocato le dimissioni di Giugni e di Chambion da membri d’onore, di aver fatto per la Loggia abbonamenti a libri che poi tratteneva, di aver contratto debiti che non rimborsava, di aver introdotto donne ai lavori massonici e via dicendo. Essendo Tognocchi ex prete, spretato dal 1846, a Bracci Gambini sembrò di bollarlo duramente chiamandolo “confessore, presbiteriano e neo-pastore valdese” 18. Rieletto nel febbraio 1872, subito dopo il vecchio, irriducibile Anselmo Carpi gli rimproverò una gestione dispotica, avente per solo obiettivo l’adesione al Grande Oriente d’Italia. Il 16 marzo Tognocchi pronunciò un discorso sulla tomba di Mazzini, non sappiamo a quale titolo, considerato che di lui non vi sono tracce né nel Protocollo della Giovine Italia, né negli Scritti editi ed inediti. Qualche giorno prima l’ Oratore della Loggia, Gustavo Sevievi, reclamò perché il Venerabile aveva aperto i lavori senza la consueta convocazione “Alla Gloria del Grande Architetto dell’Universo”. Il 13 marzo Tognocchi scrisse a Frapolli di “aver dato le dimissioni, anche nella speranza che la Massoneria italiana si risollevasse”. Negli atti della Trionfo Ligure non abbiamo scorto alcun atteggiamento politico. La Amici Veri dei Virtuosi si arroccò invece sempre su posizioni moderate. Bisogna tuttavia tener presente il fatto che l’interlocutore con il quale assunsero questo atteggiamento, il G.O.F. era emanazione di un potere costituito. Il Gran Maestro Magnan era stato nominato per decreto dal Capo dello Stato, Napoleone III. L’ opportunismo può quindi aver giocato un ruolo rilevante per la conservazione di privilegi tanto accanitamente difesi.

Dalle fonti citate e da altre sparse abbiamo ricostruito un elenco parziale degli affiliati che frequentarono la Trionfo Ligure e la Amici Veri dei Virtuosi. Le due Logge avevano in comune la dislocazione in una città portuale, che ebbe un sicuro influsso sulla loro composizione. Per il resto ognuna possedeva caratteristiche distinte. Nel caso della prima, per 110 su 140fratelli abbiamo individuato le professioni: il 60% erano capitani di mare, il cui afflusso fu dunque inesauribile; seguono per il 25% i negozianti, mentre il residuo 10% è ripartito in una decina di categorie, una delle quali con un solo componente, I ‘ecclesiastico Domenico Migliarucci . La situazione della Amici Veri dei Virtuosi è più variegata. Dei 350 membri sui quali abbiamo fatto rilevamenti il 40% è costituito da negozianti.

 

 

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