NASCITA DELLA MODERNA MASSONERIA

NASCITA DELLA MASSONERIA MODERNA

 

 

L’uomo è sempre stato un costruttore e in nessun luogo ha svelato se stesso in modo più significativo che nelle sue costruzioni. Quando ci troviamo dinanzi ad esse – si tratti di una capanna di fango, della casa di un abitante delle scogliere, di una Piramide, del Partenone o del Pantheon – ci sembra di leggere nella sua anima poiché le sue costruzioni rivelano un senso dell’invisibile, le sue speranze, le sue paure, le sue idee, i suoi sogni… hanno sempre un riferimento al sacro, ricorrente in ogni tradizione a partire dall’Antico Egitto fino ad arrivare alle Corporazioni muratorie di età romana (collegia fabrorum) che mantennero la peculiarità di attribuire carattere di sacralità ai suoi membri, agli attrezzi di lavoro e all’Arte che veniva tramandata all’interno della stessa, come è anche attestato dalla simbologia rimasta a testimonianza di antichi riti muratori di morte e di rinascita.

 

Questa forte tradizione muratoria nata in seno ai collegia frabrorum non si perde con la caduta dell’impero romano, anche se per molti secoli sembra tacere. Alle soglie del secondo millennio, infatti, riappare con ancor maggior fulgore, nell’Europa cristiana con l’edificazione di chiese e cattedrali ad opera di liberi muratori che tali erano, pare, in forza di una bolla papale che concedeva loro il privilegio di muoversi liberamente per tutto il continente.

 

Fieri e gelosi di questa libertà così rara e inusitata in quei tempi di servitù e vassallaggio, i maestri muratori dell’XI costituirono vere e proprie gilde indipendenti dalle autorità e, al loro interno, ogni gilda veniva strutturata in tre gradi: gli apprendisti, che imparavano l’arte osservando e preparando i materiali; i compagni d’arte, che operavano fattivamente nell’edificazione delle opere; infine i maestri, che progettavano e sovrintendevano ai lavori.

 

Col passare del tempo, poi, molte gilde accettarono al loro interno anche membri non addetti al mestiere muratorio così che la   Operativa divenne lentamente sempre più ricca di elementi prettamente speculativi, spesso protetti dalla gilda stessa poiché portatori di una cultura non pienamente legittimata dagli ambienti ufficiali. Anche gli eredi della tradizione sapienziale rinascimentale si rifugiano nelle Logge muratorie, rendendole progressivamente delle vere e proprie Accademie in cui studiavano ritualità iniziatiche, arcane proporzioni numeriche tramandate dai Maestri Costruttori, ma anche antiche conoscenze alchemico-esoteriche di svariati Ordini cavallereschi.

 

Se le radici della Massoneria speculativa possono, quindi, farsi risalire all’innesto nelle corporazioni muratorie medievali di elementi ermetici e rosacruciani, la nascita della Massoneria moderna ha una data ben precisa: il 24 giugno 1717, con il costituirsi a Londra della prima Gran Loggia. In realtà, per comprendere come un episodio in fondo banale – il raggruppamento di quattro Logge che decidono di costituirsi in Gran Loggia – sia potuto assurgere a fatto di rilevanza universale, bisogna far riferimento a quel particolare momento storico e culturale che si stava maturando, soprattutto in Inghilterra, tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo con l’avvento della seconda rivoluzione inglese e dei suoi valori di liberalismo politico-economico che sono tutt’oggi alla base della nostra civiltà.

 

È in questo identificarsi con quel clima culturale di “progresso” e di cosmopolitismo che la Massoneria propugna i principi cardine della libertà e della tolleranza, sicché l’uomo, liberato dalla schiavitù politica, dal fanatismo e dai pregiudizi, grazie alla Ragione, sarebbe potuto pervenire alla costruzione di un mondo migliore.

 

La Gran Loggia, dopo un primo periodo di stasi, si sviluppò rapidamente (nel 1725 si contavano 64 Logge) anche oltre l’Inghilterra. La prima notizia di un massone italiano, dopo la stesura delle Costituzioni di Anderson, si ha nel 1732, anno in cui, alla data del 4 agosto, il poligrafo Antonio Cocchi vergò nel suo diario d’essere stato iniziato in Loggia, a Firenze e da ciò possiamo dedurre che a quella data erano già attive delle logge in Toscana.

 

Per la verità la diffusione dovette essere in quel periodo assai rapida anche altrove, se nel giro di pochi anni abbiamo notizia di logge a Napoli, Verona, Roma, Firenze, Livorno, Pavia, Padova, Torino, Modena. La composizione sociale era per lo più di estrazione borghese o nobiliare, come anche in Inghilterra e in Francia: militari, magistrati, funzionari di corte, ecclesiastici vicini al giansenismo, liberi professionisti, commercianti, studiosi ed eruditi si riunivano nelle logge, attratti dall’ideologia liberale e dalle aspirazioni livellatrici ed egalitarie delle logge inglesi, ma anche dal fascino della riscoperta di definizioni e di ritualità di cui si era perso da secoli il ricordo.

 

 

Storia della Gran Loggia D’Italia

 

La Gran Loggia D’Italia si formò nel 1910 sotto la guida dell’allora Luogotenente Sovrano Gran Commendatore Saverio Fera da un nucleo del Supremo Consiglio di Rito Scozzese Antico ed Accettato che il 24 giugno 1908 aveva lasciato il Grande Oriente d’Italia. All’origine della profonda divergenza, la mancata approvazione al parlamento del Regno d’Italia di una regolamentazione della istruzione religiosa nelle scuole elementari.

 

In realtà, da sempre all’interno del Gran Oriente d’Italia che raggruppava tutte le Logge del territorio nazionale esistevano due tipologie di linee rituali che convivevano: quella del Rito Simbolico propugnata dai massoni più sensibili all’impegno politico e i seguaci del Rito Scozzese Antico e Accettato che erano, invece, profondamente convinti che la massoneria dovesse essere unicamente una società iniziatica ed esoterica, votata, perciò, solo alla crescita di determinati valori umani.

 

Il contrasto, già vivo, si acuì appunto quando il Grande Oriente d’Italia pretese di imporre ai suoi iniziati che professionalmente erano anche deputati al Parlamento l’obbligo di seguire in politica le proprie direttive, spingendosi fino al punto di colpire quanti non si sarebbero adeguati alle stesse, stringendo accordi elettorali con la parte cattolica.

 

Il conflitto divenne acuto quando esplose il problema dell’insegnamento religioso nella scuola pubblica. Il 21 febbraio 1907, l’on. Bissolati presentò una mozione che tendeva ad affermare il carattere laico della scuola elementare, vietando l’insegnamento religioso e il Gran Maestro Ettore Ferrari si impegnò a fondo per far prevalere codesta mozione, minacciando addirittura l’espulsione dalla Massoneria i numerosi Fratelli che sedevano in Parlamento, eventualmente inosservanti di quell’indirizzo.

 

L’Ordine fu così coinvolto in un’aspra lotta politica, rivelando la sua natura di partito, con un anticlericalismo viscerale, spesso sfociato in ateismo e, ancora più frequentemente, in contenuti blasfemi. Saverio Fera, dal vertice del Rito Scozzese, oppose la libertà di coscienza, con conseguente libertà di voto a favore di tutti i parlamentari. Da qui l’inevitabile scissione fra i due Corpi e l’affossamento del progetto della unificazione dei Riti che aveva tanto affaticato le due anime della massoneria italiana. A seguito di questo evento nacque la Gran Loggia d’Italia che nel 1910 portava il titolo distintivo di Serenissima Gran Loggia d’Italia (S.G.L.D.I.) e già nel 1915 contava più di cinquemila fratelli. Fin dal 1912 la Conferenza Internazionale dei Supremi Consigli di Rito Scozzese, riunita a Washington, la riconobbe come unica diretta discendente del Grande Oriente fondato dal Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico ed Accettato per l’Italia del 1805.

La S.G.L.D.I., come ogni altra obbedienza massonica, fu poi soppressa nel 1925 a seguito della promulgazione della Legge sulle Associazioni del governo di Mussolini. L’Obbedienza rinacque solo il 4 dicembre del 1943 in casa di Salvatore Farina in via Priscilla 56 a Roma, dove fu ricostituito un nuovo Supremo Consiglio ed eletto Sovrano Gran Commendatore p.t. l’avvocato Carlo de Cantellis che rimase in carica fino a quando la Capitale non fu liberata.

Seguirono i confusi anni del secondo dopoguerra, ove Gran Maestri e Sovrani Gran Commendatori si succedettero in un breve lasso di tempo: fra gli altri ricordiamo Pietro Di Giunta, Giulio Cesare Terzani, Ernesto Villa, Domenico Fransoni, Ermando Gatto, Tito Ceccherini. Il 24 giugno del 1962 si riunì a Roma la Grande Assemblea Elettorale che elesse Gran Maestro, con due soli voti contrari, Giovanni Ghinazzi; egli rimase ininterrottamente alla guida dell’Obbedienza fino alla morte, che lo colse il 14 novembre del 1986. Nei suoi ventiquattro anni di mandato Ghinazzi vide fondare 237 Officine, regolarizzarne 14, riemergerne 20. Inoltre, creò dal niente i rapporti fra la Gran Loggia d’Italia e numerose Comunioni straniere.

Il 22 giugno del 1965 la Comunione assunse la denominazione di Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi Muratori (G.L.D.I. degli A.L.A.M.). Nella stessa data fu ufficialmente inaugurata le sede centrale di Roma, sita in Palazzo Vitelleschi in Via San Nicola de’ Cesarini 3, Area Sacra di Torre Argentina.

Alla morte di Giovanni Ghinazzi si susseguirono diverse reggenze durante le quali furono fondate la casa editrice EDIMAI e la rivista ufficiale denominata Officinae, fino all’attuale Sovrano Gran Commendatore Gran Maestro Luciano Romoli, eletto il 30 novembre del 2019. Ciascun Sovrano ha offerto il proprio contributo navigando al meglio in acque spesso travagliate per un antimassonismo da sempre radicato nel Paese.

 

Gran Loggia d’Italia degli

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