Di tutto il sistema Lurianico ( Rabbi Luria -Ari il Leone 1534 – 1572 ) è diffusamente noto soltanto lo schema chiamato
“L’Albero della Vita”. Egli esamina invece molti concetti del pensiero mistico giudaico con la tecnicmaieutica del porre domande pertinenti, ma provocatorie. Inoltre da una spiegazione ben specifica del modo di agire delle forze spirituali, in un suo senso del tutto particolare. Cercheremo di esaminare pi profondamente qualche concetto della Cabala. Non si pensi di apire con questo l’ultima Porta della Conoscenza, e di accedere cosi alla Verità. Nella Cabala si parla sempre soltanto di proposte e di ipotesi,che sono da verificare innanzitutto alla luce della conoscenza in generale e poi nella propria coscienza.
L’approccio a tale comprensione consiste necessariamente in un continuum di esperienze fìsiche , intellettuali e spirituali , ricavate da fonti diverse in un lungo periodo di tempo, oltre che di illuminazioni vere e proprie. Il desiderio dell’uomo di comprendere la sua posizione nel mondo e la sua relazione con il Creatore é universale, sebbene si manifesti nella vita pratica in modi diversi, la via della Cabala é una via specificamente adatta alle mentalità scientifiche e mistiche contemporaneamente. Storicamente la Cabala è un Corpus di opere che può ben essere considerato come l’esoterismo giudaico.MTratta dell’ intersezione delle forze cosmiche spirituali e la loro relazione con l’uomo, del concetto di Creazione e delle su conseguenze nella vita. La parola stessa, Cabalà, esprime un’idea di ricezione attraverso la tradizione (infatti il verbo ebraico Le-Kabel signifìca Ricevere), tramandata da generazione in generazione, e ricevuta dagli ebrei come parte della rivelazione del Sinai. L’opera principe della Cabala è lo ZOHAR, un lungo trattato scritto in aramaico, che si presenta come un commentario ai cinque libri di Mosè. La Cabala o Albero
della Vita è la struttura e il diagramma più noto e importante nella dottrina cabalistica, che non può essere considerata come una branca qualunque delle scienze umane, ma è la ” Scienza della Vita e della Morte”. Studiandola l’uomo Mcomincia a comprendere le leggi sacre che governano l’Universo, il suo ruolo, la sua missione nella Vita L’Albero della Vita descrive,la via che unisce ilNCreatore al creato, l’InfinitoNcon il finito, il PerfettoNcon l’imperfetto, l’Eterno Mcon l’ impermanente .NÈ una fonte costante d’ispirazione per chiunque ricerchi la verità interiore, ed è il cuore della tradizione misterica occidentale. Seguendo tale Mvia potremo espandere la consapevolezza al di la dei confini che tutt’ora la restringono e la angustiano. L’Albero Sephirotico è l’insieme degli insegnamenti rivolti a farci conquistare e mostrarci il dono più importante, l’eternità della vita, della consapevolezza. La rappresentazione dell’Albero della Vita è un disegno schematico costituito da dieci entità, chiamate Sephiroth, disposte lungo tre pilastri verticali paralleli: tre a sinistra, tre a destra e quattro al centro. Il pilastro; centrale si estende al di sopra e al disotto degli altri due. Le Sephiroth non rappresentano solamente importanti concetti metafisici, ma anche situazioni pratiche Med emotive che ognuno di noi attraversa nella vita di ogni giorno: sono infatti dieci stazioni che unificano la complessità della vita umana. Il loro studio esprime la tecnica, i procedimenti operatori, con cui l’Assoluto o Verbo Creatore condiscende alla Sua creatura per innalzarla a sé.
Secondo gli insegnamenti dei Maestri, l’Albero della Vita è il programma secondo il quale si è svolta la creazione dei mondi, è il piano usato da Dio per rivelare la Sua infinita potenza creatrice, è il cammino di discesa lungo il quale le anime e le creature hanno raggiunto la loro forma attuale. Esso è anche il sentiero di risalita lungo il quale l’intero creato può ritornare al traguardo a cui tutto anela: l’unità perfetta presente all’interno del grembo del Creatore” secondo una famosa espressione cabalistica.
L’Albero della Vita è la scala di Giacobbe, la cui base è appoggiata sulla terra e la cui cima tocca il cielo. Lungo di essa gli angeli salgono e scendono in continuazione, insieme alla consapevolezza degli esseri umani. Suo tramite scende il nutrimento energetico che ha origine nei campi di Luce Infinita che circondano la creazione, restringendosi e suddividendosi fino a raggiungere gli esseri che ne hanno bisogno per sostenersi in vita. Lungo di esso salgono le preghiere e le forme di coscienza di coloro che cercano Dio,
per esplorare reami sempre più vasti e perfetti dell’Essere. Secondo lo ZOHAR (Libro dello Splendore), la
grande novità che l’Albero della Vita ha rivelato nei mondi è la presenza di tre pilastri o vie, grazie alle
quali il mondo viene unito alla MATKALA, la Bilancia superna, sede di tuttol’equilibrio e l’armonia.
Senza tale connessione il mondo non può raggiungere l’eternità, ma deve subire ciclicamente delle
distruzioni catastrofiche. Lo Zohar parla di due creazioni: la prima è chiamata “stare in piedi su di una
gamba sola” e si riferisce ad una situazione nella quale le dieci potenze cosmiche, le Sephiroth, si trovano disposte’lungo una sola linea, ciò è simbolo di instabilità e provvisorietà, cosi come un essere umano non può stare a lungo in piedi appoggiandosi su di un’unica gamba, anche la prima creazione era temporanea e impermanente. Viceversa, esiste una seconda creazione, modellata secondo l’Albero della Vita e la Bilancia superna. I suoi pilastri le conferiscono stabilità, durata e solidità. La sua continuità si estende all’infinito, e permette al mondo di vincere la legge dell’entropia, che nell’essere umano significa la morte.1 tre pilastri dell’Albero della Vita corrispondono alle tre vie iniziatiche: Facile (destra) Difficile (sinistra), Regale (centro). mediana ha in sé la capacità di unificare gli opposti. Tuttavia anche le altre due vie sono ugualmente portanti e sante, e nessuna creatura può fare a meno di muoversi lungo tutte e tre. Se privato del pilastro centrale l’Albero diventa quello della conoscenza del bene e del male, dal quale proveniva il frutto che portò la morte in Adamo e nel genere umano. L’insegnamento principale contenuto nella dottrina cabalistica dell’Albero della vita rimane quello che, data una qualsiasi coppia di opposti, è sempre possibile trovare un terzo fattore equilibrante, che li integri in un insieme coerente.
Il discorso vale soprattutto per le componenti maschilee femminile della coscienza umana, ma anche per ogni qualsiasi coppia di opposti, sia dal mondo fisico che in quello psicologico come pure in quello spirituale. Spiegano i cabalisti che il motivo principale per cui Adamo ed Eva si lasciarono ingannare dal serpente va rintracciato nel fatto che il loro rapporto non era ancora perfetto. Il peccato di Adamo consiste nell’aver dedicato la sua attenzione e interesse alla dualità e alla separazione, senza prima aver portato tale unità all’interno della sua relazione con Eva. in altre parole Adamo avrebbe dovuto prima di tutto cibarsi dell’Albero della Vita, e solo in seguito di quello della conoscenza. cosi avesse fatto, il primo frutto l’avrebbe irrobustito a sufficienza da far sì che il secondo sarebbe stato innocuo.
Dopo aver perso lo stato paradisiaco del Giardino dell’Eden, l’umanità non ha più accesso diretto all’Albero della Vita, l’unica vera risposta ai bisogni di infinità, di gioia e di eternità che ci portiamo dentro.
Nella nostra esperienza quotidiana, le due polarità fondamentali dell’esistenza, interagendo continuamente
tra di loro, danno luogo ad una moltitudine di espressioni via via sempre più complesse. L’Albero della Vita esemplifica tale mutevole realtà in dieci componenti principali, chiamate SEPHIROT.
Esse sono l’origine di interi settori del creato, sia nel mondo fisico, che in quello psicologico, che in quello
spirituale. Il primo esempio di divisione in dieci ci viene dalla stessa Scrittura, che nel Sefer Bereshit (Libro dalla Genesi) nomina dieci volte la frase: “va- yomeElohim” (E Dio disse,,,). Ad ognuna di queste espressioni seguì la creazione di dieci diversi gruppi di entità ciascuna corrispondente ad una particolare Sephirah dell’Albero della Vita.
Osservando l’universo fisico, un primo esempio di come L’Albero della Vita sia il piano secondo il quale
la creazione è avvenuta, ci viene dalla struttura stessa del sistema solare. Al suo centro c’è il Sole, che rappresenta la Sephirah chiamata KETER o CORONA, la più alta dell’Albero, dalla quale proviene la luce che
riempie e vitalizza tutte le altre. I nove pianeti chegirano intorno al Sole rappresentano le altre nove
Sephiroth.
Nello studiare le caratteristiche di ciascuna di esseè possibile vedere emergere una spiccata similitudine
con le caratterstiche astronomiche e astrologiche possedute dal pianeta corrispondente. Si noti come
la struttura dell’Albero già conteneva il posto per i trepianeti più lontani dal Sole, scoperti solo di recente.
Nel caso in cui la scienza rivelasse l’esistenza di un altro pianeta, esso si collocherà al posto dell’undicesima
Sephirah, chiamata DA’AT o CONOSCENZA, una misteriosa Sephirah che pur avendo un ruolo importantissimo nell’Albero non è tuttavia contata insieme alle altre. Nell’ambito umano le dieci Sephiroth
sono dieci stadi della consapevolezza individuale, o le “dieci potenze dell’anima”.
Al primo posto in alto troviamo la condizione per altro raramente sperimentata, di totale trasfigurazione di sé stessi nel trascendente (Keter – Corona). Vi sono poi due forme diverse di conoscenza intellettuale (Chokhmà e Bina, Sapienza e Intelligenza), corrispondenti ai due modi diversi di percepire la realtà, tipici dei due emisferi cerebrali: il primo più artistico e intuitivo, il secondo più logico e razionale. Dopo ciò, vi sono dall’opposizione fondamentale tra CHESED o AMORE e GHEVURAH o FORZA. Queste due Sephiroth corrispondono alla forza dell’attrazione e a quella della repulsione, all’amore e al suo opposto. Infine l’ultima Sephirah (Malkhut – Regno) corrisponde ad uno stato psicologico molto vicino alle contingenze del mondo fisico e delle, sue necessità.
Cercheremo di capire meglio di cosa si parli quando si nomina la parola “Sephiroth”. È questo uno deconcetti più importanti della Cabala, il più popolare e noto tra tutti i concetti di questa disciplina così complessa. La prima delle dieci Sephiroth, contando dal basso, è Introduzione alla Cabala
Malkhut, il Regno. È la stazione di partenza nel cammino di risalita lungo la via dell’Albero della Vita,
per ritornare al luogo ove il potere della morte cessa completamente. Agli inizi Malkhut è solamente una
sensazione di mancanza, di vuoto, di dipendenza e di passività, è la stazione finale della discesa del flusso
luminoso, è il luogo dove il processo deve capovolgersi, e dove le creature devono imparare a trasformare il
desiderio di ricevere in desiderio di dare. Malkhut è per eccellenza la Sephirah “femminile”, il
culmine di ogni processo di ricezione, pur essendo la più bassa e “povera” delle Sephiroth ha un ruolo fondamentale e insostituibile, in quanto raccoglie in sé il significato profondo di tutto l’Albero della Vita.
Pur essendo YESOD al di sopra di MALKHUTH, esso è chiamato “il fondamento”, poiché Mlkhuth
da sola non potrebbe sostenersi. Yesod è il canale nel quale confluiscono tutte le diverse energie e le luci
provenienti dalle varie Sephiroth dell’Albero della Vita, è che le unifica e le concentra, prima di farle
scendere dentro i recipienti inferiori.
Yesod è la prima (dal basso) di un gruppo di sei Sephiroth che costituiscono tutt’insieme il mondo dell’emotività, nelle sue varie tonalità e componenti. Esse sono: Chesed (amore), Ghevurà (forza), Tifereth
(bellezza), Netzach (vittoria), Hod (splendore), Yesod (fondamento). La Cabala dice che esse esemplificano
tutta la possibile gamma delle emozioni umane.
Continuando a percorrere la via della crescita spirituale, il cammino di risalita dal luogo della morte e dell’oscurità a quello della vita e della Luce infìnita, arriviamo alla Sephirah HOD. In Hod siamo animati dal desiderio di trovare la comunità a cui apparteniamo, qui i discepoli si riuniscono intorno al Giusto che genera un tipo particolare di energia. Ciò avviene soltanto se l’amore e l’amicizia controbilanciano le spinte centrifughe che inevitabilmente si creano tra i vari membri di un gruppo. Inoltre, Hod è quel tipo di luce e di energia particolare che esce dalle mani del Gran Sacerdote, tese a benedire il suo popolo, o del maestro mentre sta dando l’ordinazione o l’iniziazione al discepolo. L’Albero della Vita contiene una serie quanto mai vasta di dinamiche interattive tra le varie Sephiroth, sia se considerate nel loro insieme, sia se suddivise in coppie o in triadi.
NETZACH e HOD sono una di tali coppie fondamentali, in quanto si trovano sullo stesso livello e sono posti
l’uno a destra e l’altro a sinistra. Ciò significa che esse posseggono qualità polari e mutuamente integrative.
NETZACH significa ETERNITA’, e consiste nella capacità dell’anima di dare continuità nel tempo alle emozioni positive, la prima delle quali è l’amore. L’altro significato del nome Netzach è: VITTORIA,
possiede infatti sia il senso di ETERNO che di VINCERE. La Vittoria è il premio della perseveranza, della
fedeltà ai propri impegni morali e spirituali, e la vittoria contro la morte stessa.
Dopo HOD e NETZACH, continuando la nostra ascesa lungo l’Albero della Vita, arriviamo alla Sephirah più
centrale, al suo stesso cuore: TIFERETH. la bellezza. Essa è posta a metà del cammino: è il giusto mezzo,
a metà strada tra alto e basso, tra destra e sinistra, è la constatazione e la rivelazione della profonda bellezza Insita nella creazione e quindi nel suo Autore.
Le sette Sephiroth inferiori sono emozioni dell’anima, Tifereth è il sentimento-emozione che il cuore prova
nel l’osservare, nell’ammirare e nel vivere la bellezza.
La Sephira immediatamente al di sotto di Tifareth è Yesod, il Fondamento e la Verità. Dunque Tifereth è la
Bellezza fondata sulla Verità. Le prossime due Sephiroth che esamineremo, GHEVURAH (Forza) e CHESED (Amore) costituiscono una coppia altamente complementare, una essendo il braccio sinistro e l’altra il braccio destro dell’Albero della Vita. Forza e Amore sono le due emozioni basilari
dell’anima. L’importanza del loro interagire si può dedurre dalla metafora che afferma che queste due Sephiroth,sono le due ali dell’essere umano, ciò che lo rende simile agli angeli. Ghevurà è una prova iniziatica molto severa e difficile, è l’accorgersi di essere saliti in alto, è la paura di compiere uno sbaglio che ci faccia cadere rovinosamente, poiché nel cammino spirituale più si cresce e più aumentano le responsabilità. Ghevurà è tutto ciò che pone un limite all’espansione e alla crescita indiscriminata.
nasconde e oscura, nega, giudica e punisce, nulla viene dato gradualmente ma ogni cosa va guadagnata
con fatica e sforzo. Con CHESED raggiungiamo la sesta delle emozioni dell’anima, l’ultima partendo da Yesòd. L’Amore è la forza d’attrazione che tende ad avvicinare e ad unificare a dispetto delle differenze e delle divisioni, è l’elemento fondamentale dell’esistenza, il donare gratuitamente se stessi, è il principio su cui il cosmo intero è basato e trae l’esistenza.
Dopo Chesed, lungo il cammino di risalita dell’Albero della Vita, entriamo in un regno completamente diverso: quello della Triade superiore. BINA è il senso discriminante e indagatore, che permette la percezione dell’intelligenza operativa che anima la realtà naturale, è l’intelligenza di pianificare e di effettuare un processo mirante non solo alla liberazione dell’anima del corpo e dei desideri fisici, ma a trasformare la materia intera in una dimora per il divino “costruendola” in un modo
ben specifico, secondo le istruzioni Divine. La felicità è la caratteristica costante dell’operare di Bina. Essa è madre, è il pensiero che controlla le emozioni, non reprimendole, ma generandole e dirigendole, come una
madre che dà la vita ai suoi figli, li nutre e li educa. Bina è la decisione consapevole di amare ciò che è
bene e di respingere ciò che è male. CHOKMà è la Sephira che si trova all’origine del lato destro dell’Albero della Vita. Bina rappresenta uno stato al di sopra della percezione diretta, Chokhman sottolinea tale trascendenza, inaccessibile al comune intelletto umano, per questo motivo la sapienza è il più raro e prezioso dei doni. Chokhmà è la rivelazione improvvisa e brevissima di una luce, di un’idea troppo potente se essa colpisce direttamente il cervello. È un attimo di visione della verità superiore, Chokhmà é infatti la velocità.
Con DA’AT arriviamo ad una stazione molto misteriosa della nostra ascesa lungo l’Albero della Vita. Pur essendo chiamata “conoscenza” Da’at e ben lungi dall’identificarsi con ciò che i vari tipi di culture umane, intendono con questo concetto. Da’at è una sephira molto paradossale, poiché pur facendo parte dell’Albero della Vita non viene contata con le altre. Dice il Libro della Formazione “dieci e non nove, dieci e non undici”. La presenza di Da’at contraddice la dichiarazione del Libro della Formazione. Com’è possibile che pur avendo detto che le sephirot sono solo e soltanto dieci ne
salti fuori un’undicesima? La risposta alla domanda va trovata nel fatto che Da’atnon è una sephira vera e propria ma soltanto d’unione di tutte le altre. Ogni sephira è costituita da un recipiente che ospita un tipo di luce particolare. Da’at non ha un recipiente suo proprio, ma utilizza quello di Bina. Per questo che “conoscenza” (Da’at) e “intelligenza” (Bina) sono sinonimi. Quando Da’at non funziona in modo sufficiente, la conoscenza cessa di essere unificatrice. Dell’Albero della Vita si dice che era “nel mezzo del giardino”, e dopo di esso si fa menzione dell’Albero della Conoscenza . La differenza tra i due non è così grande. Essi sono vicini: l’Albero della Vita ha la sephira
Da’at rettificata, e funziona su tre pilastri. Il pilastro centrale offre la mediazione continua tra ogni tipo di
opposti , permettendo il riciclaggio dell’energia e il suo Introduzione alla Cabala periodico rinnovamento. L’Albero della Conoscenza del Bene e del Male invece ha solo due colonne, destra e sinistra, la conoscenza è separatrice, il giudizio è la forza dominante. Gli opposti non possono integrarsi e le sephirot restano isolate le una dalle altre. Se Da’at ha dei difetti abbandona il pilastro centrale e si ritira a sinistra nella sephira Bina. Privata della sua radice più importante, la colonna centrale cessa di funzionare.
Keter è troppo in alto per poter far sentire i suoi effetti sul resto dell’Albero, se non tramite Da’at. Il peccato di Adamo-Eva consiste nell’aver preposto la conoscenza separatrice a quella unificatrice.
Siamo così arrivati al culmine del percorso di risalita dell’Albero della Vita, più alta e più perfetta.
Alla radice superiore dell Albero ogni altra sephira è un misto di luce e oscurità, KETER è pura luce.
Keter é il serbatoio di luce infinita che alimenta tutto il creato, la totalità dell’essere, la somma di tutta
l’esistenza e di tutta la non-esistenza. Keter è nel Super-cosciente, onniveggente ed onnicomprensiva,
è il Divino in noi, fiume di energia positiva prodotto dalle buone azioni, dalle lodi e dalle preghiere che
gli esseri umani rivolgono a Dìo, è la sorgente della Luce Diretta che rinnova e mantiene l’intera creazione
istante per istante, e gioisce delle buone azioni e delle preghiere di quelli che sono coscientemente
sulla via del Ritorno e si sono caricati del giogo del Regno dei Cieli.
In Keter non c’è alcuna forma, né movimento, ma soltanto pura Esistenza, Coscienza e Beatitudine.
La mente umana non conoscendo alcun modo di esistere che prescinda dalla forma e dall’attività,
non può formulare nessun concetto adeguato ad uno stato di completa passività, senza forma e tuttavia ben distinto dal Non-Essere.
Questo sforzo va fatto, se non vogliamo rimanere confinati in una perpetua dualità dove Bene e Male si trovano in eterno conflitto. Dobbiamo raggiungere Keter e completare la Grande Opera.
Le buone intenzioni hanno scarso peso nella bilancia della Giustizia Cosmica, saremo riconosciuti e potremo
entrare nel Palazzo del Re soltanto quando sarà completa la Grande Opera. Non esiste Grazia nella Giustizia Perfetta, tranne quella che ci dà il permesso di provare sempre di nuovo.
Gli Apocrifi di Tommaso Se c’è un testo, tra quelli scoperti nella biblioteca
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