IL FLAUTO MAGICO: Una Favola “Egiziana” di
Francesco Rampini
Una delle arie più famose del Flauto, “die Strahlen der Sonne”, verso la fine dell’Opera, recita quanto segue
“La Luce del Sole ha scacciato la notte, distrutto il Potere carpito dagli ipocriti.
Oh Iniziati, salute a Voi!
La notte avete attraversato.
Grazie a te, Osiride! Grazie a Te, Iside!
Ha vinto lo spirito forte! qui la bellezza e la saggezza siano a premio coronate con una ghirlanda immortale!”
Come si può ben rilevare da queste poche parole, si può facilmente dedurre che tutto il contenuto dello Zauberfloete si impernia su: un’iniziazione
• un concetto di contrapposizione tra Luce e Tenebre
• un Premio per aver compiuto “l’Opera”; forse, il raggiungimento dell’Immortalità.
E’ quindi evidente che ci si trova di fronte ad un’opera molto complessa, che, nella migliore tradizione di tutti i racconti iniziatici, si presta a molteplici chiavi di lettura.
Vediamo pertanto di capire di cosa parla lo Zauberfloete, e, in questo nostro excursus ci soffermeremo ad esaminare, in pratica, solamente gli aspetti massonici dell’Opera, tralasciando altri importanti elementi, quali quelli riguardo il Teatro, la Musica ed il contesto Storico-Sociale che pure hanno avuto un’importanza elevatissima sulle fortune della stessa.
Nel 1600 in Germania, e più precisamente nel Palatinato, venne allo scoperto un movimento che è poi divenuto la vera e propria pietra angolare di tutto il sistema iniziatico occidentale: la Confraternita dei Rosa+Croce.
Questi signori pubblicarono due manifesti, la Confessio e la Fama Fraternitatis, con i quali resero pubblici i loro intenti di costruire una nuova civiltà, fondata su valori diversi risptto a quelli sino ad allora vigenti: volevano un modo in cui ci fosse, tutto sommato, più uguaglianza e dove gli individui fossero valutati per ciò che valgono, piuttosto per ciò che socialmente rappresentano. Fino ad arrivare al concetto di realizzare una comunità di Terapeuti i quali, in possesso della Medicina Ermetica, fossero in grado dare all’Umanità quel sollievo, materiale e spirituale che, anche in quei tempi, non le avrebbe di certo nuociuto. Numerose pubblicazioni fecero seguito a questi manifesti (tanto per ricordare un titolo: “le Nozze Chimiche di Valentino Andreae) nelle quali venivano, seppure in modo allegorico e simbolico, sviluppati gli stessi temi e proposte anche vie “operative”.
Queste idee “rivoluzionarie” trovarono ampio consenso in tutta la migliore cultura Europea (dal precursore Paracelso, all’ alchimista inglese John Dee) e sfociarono, uscendo dalla Torre di Avorio di estrema riservatezza in cui sino ad allora si erano arroccate, in una corporazione di mestiere che, come tutte le corporazioni, all’epoca stava praticamente morendo: la corporazione dei Muratori. E da ciò è nata la moderna Massoneria, almeno come oggi viene comunemente intesa.
Il concetto base di tutta la filosofia Rosa+Croce era insito in una “lettura” attenta ed articolata di tutta la Tradizione Occidentale, e quindi spaziava da una reintepretazione del Cristianesimo ad una valutazione diversa, più esoterica, del movimento templare, ad un utilizzo di tutta la terminologia errnetica del Rinascimento (Ficino, Leonardo), unitamente all’uso di “chiavi” alchemiche care alla tradizione medioevale, fino ad uno studio dell’antico Egitto, considerato come la base dell’edificio iniziatico su cui, poi, tutti gli altri hanno costruito. Ed è proprio quest’ultimo aspetto che a noi interessa.
La Massoneria del 1700 non era “giovane” come una superficiale analisi storica potrebbe indurci a credere.
Il 1717 rappresenta solo la formalizzazione di un atto amministrativo; la Gran Loggia d’Inghilterra, costituitasi in quell’anno, poteva finalmente parlare in nome e per conto di tutte le logge Inglesi, cosa ben diversa, questa, dal possedere un deposito tradizionale che risale a tempi ben anteriori . Un interesse sempre crescente per la cultura misterica riferita all’Antico Egitto e molte pubblicazioni in materia portano la firma di grandi Massoni dell’epoca.
Il Barone Ignaz Edler von Born, che è utile citare come esempio in quanto fondatore e Maestro Venerabile della Loggia “Zur Waharen Eintracht” -alla Vera Concordia- che Mozart frequentò sin dal 1784, pubblicò su una rivista massonica un saggio intitolato “Sui Misteri Egiziani”, che mirava, in breve, a ricondurre le origini della Massoneria ai riti arcani delle confraternite sacerdotali dell’Antico Egitt0 .
In Inghilterra, nel 1783, il Gran Maestro della contea del Kent, parlava diffusamente di tutta la conoscenza egiziana e, nello stesso periodo, Giuseppe Balsamo, Conte di Cagliostro, fondava a Parigi un ramo Massonico ispirato ad Iside; poco dopo ripete l’iniziativa a ove la presenza del Vaticano gli risulta fatale: viene arrestato ed imprigionato a San Leo, ove muore prematuramente, prima che Napoleone fosse andato personalmente a liberarlo, non senza prima aver dovuto subire una campagna diffamatoria ed infamante .
Già nel 1731 1’Abate Jean Terrasson pubblica a Parigi “Sethos” e nelle logge Massoniche questo romanzo sarà uno dei testi studiati con attenzione per tutti i significati connessi con i segreti iniziatici dell’Antico Egitto.
Il romanzo, che si sviluppa attraverso una trama molto complessa e ricca di significati simboilici, si inserisce con forza nel contesto della cultura europea sia come fonte di ispirazione per la Massoneria, che all’Egitto già riconduceva molti dei suoi Riti, sia per quei compositori, come Mozart nel suo Zauberfloete, che espressero con una o più opere il proprio affascinamento ed interesse per l’antica civiltà egizia.
Il problema vero, in tutto questo contesto di valorizzazione dell’Antico Egitto come fonte di sapienza millenaria, è di capire come questa corrente di profondi e, certamente, anche seri studiosi, potesse affermare qualcosa circa la cultura iniziatica egiziana; basti pensare che le prime informazioni certe pervenute riguardo al tutto sono relative agli studi di Champollion, effettuati durante e dopo la prima campagna napoleonica in Egitto, studi che, come noto, hanno portato alla completa traduzione della scrittura geroglifica e quindi alla comprensione certa almeno della cultura egiziana
5
Poiché esistono numerose corrispondenze tra quanto effettivamente risultato dall’esame storico scientifico dell’antico Egitto e quanto non si sarebbe potuto sapere (ma che comunque si affermava) è ragionevole presupporre che esista una tradizione orale, tramandata nei secoli in parte “da bocca a orecchio” e, per altri versi, anche da complicati e, spesso, oscuri rituali, che ha conservato lo scheletro di determinati insegnamenti e che ha consentito, quindi, ad una cultura millenaria di sopravvivere, nella coscienza collettiva, attraverso i secoli.
E’ in questa corrente di pensiero, sviluppatasi in un’epoca relativamente poco conosciuta, anche
all’interno della stessa Massoneria, che, quasi certamente, un gruppo di persone non del tutto ben identificate, hanno scritto un libretto fantastico, quasi una fiaba: lo Zauberfloete.
E’ infatti difficile credere a quanto viene indicato sul frontespizio dell’opera “…libretto di Emanuel Shikaneder”.
Questi è un massone, seppure certi suoi atteggiamenti un po’ troppo disinvolti lo abbiano fatto allontanare anzitempo dall’Istituzione. Shikaneder non risulta essere mai stato un intellettuale né prima del suo incontro con Mozart (a cui deve tutta la celebrità che nel corso dei secoli si è guadagnato), né tantomeno dopo la morte dell’Amico, in quanto ha finito la sua carriera nel più modesto dei modi, rappresentando e cantando opere sempre di scarso valore, e per di più completamente al di fuori da ogni corrente di pensiero iniziatico dell’epoca.
Lo stesso Mozart non sembra avere -almeno leggendo le numerosissime lettere che ci ha lasciato e facendo riferimento a quanto traspare dalla puntigliosa e dettagliata biografia che Paumgartner ci ha consegnato- quello “spessore” inziatico e capacità di concepire dettagli di estrema complessità che l’Opera invece contiene. Mozart è entrato in Massoneria nel dicembre del 1784 e pochi mesi dopo ha avuto il passaggio a Maestro. E’ difficile, quindi, pensare che, ionostante l’indubbio ed incredibile genio musicale, abbia potuto in pochi anni assorbire una mole di conoscenze tali da consentirgli la realizzazione della struttura narrativa e la manipolazione della simbologia nel Flauto.
Sappiamo, però, per certo, che il von Born, Maestro Venerabile della Loggia cui Mozart appartiene, è un uomo di profonda cultura sia per quanto riguarda l’Egitto, sia per ciò che attiene alla tradizione Ermetico-Alchemica, di cui il libretto del Flauto è ampiamente intriso. E’ quindi molto probabile che la stesura del testo sia avvenuta a più mani, in modo da farne un qualcosa di “perfetto”, che fosse un vero e proprio testo massonico da lasciare in eredità ai propri Fratelli.
Lo stesso Mozart, dopo la rappresentazione del Don Giovanni a Praga, aveva promesso ai Fratelli di questo Oriente, per ringraziarli di quanto avevano fatto per lui, un’opera ad alto contenuto massonico.
Promessa, a quanto pare, ampiamente mantenuta.
Il Flauto Magico è l’ultima opera compiuta che Mozart abbia scritto.
Iniziato nel 1791, lo ha portato a termine, dopo interruzioni, ripensamenti ed entusiasmi di ogni genere (basti ricordare solo la Clemenza di Tito rappresentata a Praga nell’Agosto e l’indimenticabile Requiem, lasciato incompiuto) nello stesso anno, pochi mesi prima della sua morte.
Tutto il Flauto rappresenta, almeno a prima vista, tutto un collage di elementi testuali, scenici e musicali legati al mondo massonico, ma in un prosieguo vedremo come questa sia solo una prima chiave di lettura e che altre cose sono contenute in questa Opera.
Prima di analizzare però lo svolgersi della vicenda, diamo una breve occhiata all’Overture, che presenta alcuni aspetti degni di nota.
Contrariamente a quanto fatto per il Don Giovanni, in cui l’overture è stata scritta alla fine dell’opera (e quindi riprende in modo quasi pedissequo il tema della scena finale), nel nostro caso la stessa è un vero e proprio proemio, un’anticipazione di ciò che ci attenderà in tutto il corso del Flauto. Anzitutto la tonalità: Mi bemolle, tonalità preferita da Mozart per tutte le composizioni massoniche.
L’attacco è significativamente solenne: cinque accordi ritmati con il tempo:
0 – 00 – 00 (uno – uno/due – uno/due)
La ritmazione del tempo è tipica della Massoneria e, nella fattispecie, sta a rappresentare una unità inserita in un doppio binario, cioè un principio maschile, attivo, che viene messo in relazione con un principio doppio femminile, ottenendo così il numero 5, che è il numero tradizionalmente assegnato all’uomo, inteso come unità vivente, pensante, attiva.
A metà dell’Ouverture, avviene poi un fatto unico: un accordo pone apparentemente fine alla stessa ma, subito dopo, attaccano tre accordi che vengono ripetuti per tre volte (in totale abbiamo quindi 9 accordi distribuiti in sei battute). Dal cinque, quindi, si passa al nove. Dall’uomo inteso come essere pensante (e per questo caduco), si passa all’Uomo inteso come iniziato, come realizzato, come Illuminato.
Vediamo adesso di inquadrare la Storia nella sua stretta essenza.
Come in tutti i libretti ed i romanzi di appendice degni della migliore tradizione, anche qui abbiamo tutta una serie di Personaggi-Chiave, che sono:
Lui, l’Eroe e Lei, la fanciulla rapita, e quindi necessariamente da salvare la Madre di Lei, che soffre perché non ha più la figlia e il Rapitore, cioè il Cattivo i Personaggi “Minori” che ruotano attorno ai Protagonisti e la Storia, in sé, è quella di Lui che, sollecitato dalla Madre, deve salvare la Fanciulla dalle grinfie del Rapitore.
All’apparenza, quindi, siamo immersi nella più trita e scontata banalità.
All’inizio del secondo atto, però, ci accorgiamo che il Cattivo, non è in reâltà tale e che la la Cattiva (vera) è in effetti.Madre della Fanciulla rapita
Quindi: un vero e proprio rovesciamento di fronte!
Immaginiamoci il povero Eroe in che guaio si è andato a mettere, in che situazione complicata si trova ove niente è certo e scontato, ove le Tenebre diventano Luce ed il Perfido diventa il modello di una perfetto comportamento.
Che le cose però non siano cosi semplici, ce ne rendiamo subito conto all’inizio dell’Opera, senza dover attendere il Secondo Atto: l’Eroe, messo di fronte alla prima difficoltà reagisce in maniera poco ortodossa.
Non trova meglio da fare che svenire.
Ma procediamo con ordine.
L’opera inizia con T’amino, il nostro eroe-protagonista, che si trova in un bosco, tra rocce e terreni accidentati, abbigliato “con un costume giapponese”; ha con sé un arco, peraltro privo di frecce, e sta cercando di sfuggire ad un enorme serpente.
Inseguito dal rettile, il povero Tamino sembra molto spaventato e, in effetti, come sopra accennato, dopo aver invocato l’aiuto degli dei, sviene. Subito dopo, tre Dame (che ben presto si scoprirà appartengono all’entourage di Astrifiammante, la Regina della Notte) armate ciascuna di un giavellotto d’argento, uccidono, molto provvidenzialmente, il serpente; poi, un poco dispiaciute di lasciare un giovane così bello (con un po’ di civetteria ciascuna di esse avrebbe gradito di restare lì, nel luogo dell’uccisione del Serpente, a “proteggere” il Principe svenuto), vanno tutte insieme ad avvisare la loro Regina dell’accaduto.
Chi è Tamino? L’Opera lo definisce come un Principe, ma se giudichiamo da come ci si presenta, il nostro Tamino non fa certo, svenendo in questo modo, senza nemmeno accennare ad una difesa d’ufficio, la figura dell’eroe, almeno come questo viene comunemente inteso e siamo abituati a vedere.
Ed è proprio da questo sconcertante inizio che la nostra vicenda Incomincia a delinearsi.
Proprio in questo momento si intuisce un “percorso simbolico” che ha sempre affascinato l’Umanità, ma che solo pochi uomini hanno avuto il coraggio di percorrere fino in fondo.
Tamino da uomo comune diverrà, infatti, nel prosieguo dell’opera, un iniziato e come tutti gli iniziati deve innanzi tutto “morire” per rinascere ad una nuova vita e questa nozione della morte, come
7
momento determinante nella propria evoluzione, che la Massoneria applica a diversi avanzamenti di grado, è anche parte integrante di ogni religione (sembra che nemmeno il Cristianesimo ne sia escluso, se correttamente interpretiamo le parole di San Paolo, quando dice “Voi siete morti e la vostra vita rinasce in Gesù Cristo”).
Tamino, però, in questa fase, non riesce a reggere all’angoscia del pericolo e quindi non ha apparentemente un grande successo nella prima inconsapevole prova che ha dovuto superare. Con questo svenimento, comunque, Tamino, ci segnala il momento della sua trasformazione.
In questo momento Tamino rappresenta l’uomo comune che di fronte alle forze della natura e quindi di fronte alla vita stessa (simboleggiata dal serpente) si trova impreparato, non ha i mezzi e le capacità di reazione. Ma Tamino è anche il Predestinato; è l’uomo che vive per i suoi dubbi, per le sue incertezze ma che ha chiaro dentro di sé un ideale di perseguimento del Bene, del Vero e del Bello. E’ l’uomo disposto a sacrificarsi per un nobile ideale ed a sacrificare tutto per il raggiungimento di un suo obiettivo.
Le tre Dame della Regina della Notte rappresentano, con la Regina stessa, che ne è la figura emblematica, l’aspetto più complesso e completo proprio delle forze della natura, e le tre Dame riescono a controllare ed a neutralizzare con facilità il Serpente in quanto appartenenti alla stessa forza operante.
In questo inizio dell’Opera così singolare veniamo quindi subito in contatto con le realtà della vita che tutti i giorni incontriamo e che nella loro complessità mettono l’uomo in situazioni spesso difficili affinché lo stesso sappia trovare, da sé stesso, quella forza e quell’amore che saprà portarlo fuori dai pericoli, dalle difficoltà, in breve: fuori da quella che Dante chiama ” la Selva Oscura”.•
(Fine I parte)
Oggi perdono a tutti coloro che mi hanno offèso.
Dono il mio amore a tutti i cuori assetati, sia a quelli che mi amano… che a quelli che non mi amano. Sarò un pescatore di anime.
Prenderò l’ignoranza degli altri nella rete della mia saggezza e la offrirò al DIO degli dèi… perchè la trasformi.
Voglio irradiare Amore e Benvolere verso gli altri per aprire un alveo che consenta all’amore di Dio, Grande Architetto dell’Universo, di giungere a tutti.
So di essere tutt’uno con la luce della tua bontà.
Concedimi di essere un faro per coloro che sono sballottati sul mare della sofferenza.
Sono un semplice servitore, pronto a porgere il mio aiuto a tutte le menti in difficoltà col mio modesto consiglio… col dono di una verità che risana e… con l’umile saggezza raccolta nel santuario del silenzio.
La mia massima ambizione è quella di erigere in ognuno che incontro …. il TEMPIO …del silenzio dell’anima.
( Yogananda Paramahansa )