Dalle “Inutili invocazioni di Psiche a Cerere e Giunone ”
Intanto Psiche continuava ad andare alla ricerca dello sposo, vagando giorno e notte da un luogo all’altro, con l’animo affranto, e con la speranza sempre più ardente di riuscire se non a intenerirlo con le carezze che sa fare una moglie, almeno ad ottenerne il perdono supplicandolo come una schiava.
Vide un tempio sulla cima di una montagna scoscesa e si disse: “Chissà che lassù non abiti il mio signore?”.
Subito diresse i suoi passi verso quel luogo, frettolosamente, perché sebbene fosse sfinita per le interminabili fatiche, era tuttavia animata dal desiderio e dalla speranza.
Così, superati rapidamente i colli più alti, si avvicinò al tempio. Qui vide delle spighe di grano, parte legate in covoni, parte intrecciate in ghirlande; e inoltre vide delle spighe d’orzo. Vi erano anche falci e tutti gli attrezzi che servono alla mietitura; ma sparsi dovunque alla rinfusa, come avviene nelle ore più calde quando vengono gettati qua e là dai mietitori.
Psiche con grande diligenza li mise in ordine, ciascuno al suo posto, perché pensava di non dover trascurare i templi e le cerimonie religiose di nessuna divinità, ma anzi di dover conciliare a sé la benevola misericordia di tutte.v
Apuleio. “Amore e Psiche ” VI, l.
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Interea Psyche variis iactabatur dies noctesque, mariti vestigantionibus inquieta animo, tanto cupidior iratum licete, si non uxoriis blanditiis lenire, certe servilibus precibus propitiare.
Et prospecto templo quodam in ardui montis vertice: “unde autem, inquit,scio an istic meus degat dominus?” Et ilico dirigit citatum gradum, quem defectum prorsus adsiduis laboribus spes incitabat et votum.