ETICA E BIOTECNICA

Etica e Biotecnica

Il secolo ventesimo si è chiuso all’insegna di una annosa polemica:i limiti etici della scienza.
La famosa affermazione di Galileo “Eppur si muove” fa ormai parte del più modesto dei bagagli culturali. Solo che la problematica odierna è ancora più sofisticata e non per questo meno violenta.
A una parte vi è la scienza che afferma l’essere consentito tutto ciò che è possibile, dall’altra parte, la Chiesa non ammette tutta questa libertà. Invero vi sarebbe una terza ipotesi.
E’ fuori di dubbio che dalla ricerca biologica sono venuti e possono ancora venire soluzioni utili; si pensi per un solo attimo al settore farmaci.
Quindi il problema etico non è la scienza in sé e per sé, ma la sua applicazione.
Su questo punto la reazione della Chiesa cattolica è stata molto blanda, si pensi alla famosa pillola per non avere gravidanze indesiderate.
Stiamo entrando così nel campo minato della manipolazione genetica che spazia dalla flora alla fauna. Esistono piante selezionate da millenni di evoluzione naturale.
E’ lecito intervenire per renderle più robuste, più sane, più prolifiche, senza neppure sapere quale potrà essere l’impatto di tale manipolazione sulla flora e segnatamente sull’ambiente umano?
Ancora di più, è lecito intervenire sull’uomo sulle sue cellule germinali, cioè su quelle cellule che trasmettono la discendenza?
Senza nulla volere togliere né a Darwin, né a Dio (evoluzione creatrice), il problema è intrigante e non può essere risolto né con l’etica, né con la scienza baconiana e riduzionistica, ma con un minimo di buon senso e senza porre pregiudizi alla scienza, intesa come ricerca pura, perché questo sarebbe il modo più sbrigativo per il fallimento della scienza, ma senza dare neppure l’estro ad interessi egoistici.
Così posta la questione diventa palese che veniamo a trovarci di fronte ad un terribile caso di coscienza in cui la Chiesa cattolica ha tutto il diritto di esprimere la propria opinione, senza tuttavia coartare quella dei credenti o non credenti, perché se ciò facesse, finirebbe con il negare lo stesso concetto di libero arbitrio.
Tanto più che in punto di fatto esistono alcuni problemi di non facile soluzione sotto il profilo etico. Per i testimoni di Geova, una semplice trasfusione di sangue è un grave peccato, non parliamo poi di una operazione chirurgica.
Con il trapianto degli organi poi, entriamo in un campo minato.
Nessun dubbio, sotto il profilo morale, che un povero disgraziato abbia tutto il diritto di morire intero e non a rate.
Teoricamente però, è possibile donare il fegato a uno, il cuore ad un altro, i reni, i polmoni e le cornee ad altri ancora. Pare possibile donare anche un arto, chissà poi perché non è ancora possibile donare i testicoli.
Così posta la questione vi è tanto da rabbrividire, sembra di essere entrati nella macelleria degli orrori.
Però è da prendere in seria considerazione anche l’altro aspetto della vicenda umana.
Un poveraccio a cui la natura è stata matrigna, ha la possibilità di sopravvivere mediante il trapianto di uno di tali organi mal funzionanti.
Che fare? Quale è l’aspetto etico preminente? Scelta individuale veramente difficile questa, anche per lo stesso paziente a cui è stato trapiantato un organo.
Sicuramente, a meno che uno non sia dotato di un egoismo incommensurabile, non deve essere proprio piacevole sentire battere nel proprio petto un cuore che è appartenuto ad un altro essere umano.
Ma la bagarre furibonda si sta scatenando a proposito della maternità assistita, cioè a proposito della fecondazione artificiale.
Scherziamo, qui ci va di mezzo la credibilità della Bibbia.
Lasciamo perdere, altrimenti ritorniamo ai tempi di Galileo e comunque l’identità biologica, il DNA non c’entrano proprio niente.
Quanti sono i trovatelli, i figli di nessuno nel mondo.
L’impossibilità di trovare un ascendente, non significa affatto che il trovatello non abbia un proprio DNA, una propria identità biologica.
Il vero problema per un cattolico è di altra natura. Ai fini del diritto alla vita di ogni essere umano, quale valenza ha un bambino concepito in vitro, amato, coccolato, intensamente voluto, al cospetto di un povero esserino buttato sulla strada per cui la vita, anziché un dono divino è un castigo.
Allora si può dire che l’una e l’altra sono vite che vanno tutelate e protette, che il metodo di concepimento normale è quello tradizionale, ciò non toglie che a livello delle conoscenze attuali è possibile concepire con altre tecniche.
Poi la scelta finale è individuale nel senso che ciascuno ha una ampia gamma di opzioni: accettare la infecondità, adottare un bambino, ricorrere alla maternità assistita. Intervenire su un problema che riguarda la scelta individuale significa porre un grave limite al libero arbitrio.
Vi è però da segnalare che la scienza non è la natura (o Dio) e quindi non crea dal nulla proprio nulla, ma così come l’arte può solo imitare la natura.
In conclusione, alla scienza è dato costruire modelli e tecnologie mutevoli nel tempo, la fede può dare qualche cosa di più: il miracolo.
Si rifletta per un solo istante a certe guarigioni improvvise e imprevedibili; chissà quali misteriosi e insondabili meccanismi biologici si scatenano all’interno dell’organismo, chissà quali anticorpi agiscono per debellare il male?
A questi inquietanti interrogativi la scienza non sa dare una risposta, la fede si: Dio! Magari fra mille anni la scienza potrà dare una risposta esauriente al fenomeno, così come abbiamo appreso che con i tuoni Giove non ha nulla in comune e che viceversa si tratta di un fenomeno naturale di scontro tra particelle negative e particelle positive.
Chiarimento esauriente questo, ma che non cambia di un millimetro la sostanza delle cose. Gli antichi attribuivano a Giove il fenomeno, la scienza lo attribuisce alla natura.
Se non è zuppa è pan bagnato. A meno che la perfezione della meccanica celeste, la complessità e precisione matematica della fisica e delle scienze biologiche non si vogliono attribuire al caso.

Onofrio Pace

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