Nel rituale di Apprendista della Gran Loggia Simbolica Unita (rituale che è stato “restaurato” su basi tradizionali: documenti operativi, Illustrations di William Preston, catechismi massonici del ‘700, ecc.) il simbolismo muratorio è tornato ad assumere un ruolo dominante. Per questo, l’idea di Loggia prevale su quella di Tempio. Per noi, cioè, Loggia designa tanto la unità di lavoro dei Liberi Muratori quanto il luogo in cui essi si riuniscono, l’elemento antropico e quello topico costituendo un’unica realtà, come è richiesto dall’assioma esoterico universale, secondo cui il “sacro” si trasmette dalla mente agli oggetti e da questi alla mente in guisa circolare e senza soluzione di continuità. Il locale della Loggia, in quanto consacrato, resta un “Tempio”, ma la sua configurazione deve rispecchiare quella della Loggia, ovvero di un luogo in cui i Liberi Muratori si preparano al lavoro, si comunicano reciprocamente i risultati conseguiti, raccolgono e conservano gli utensili, tramandano le storie e i miti della propria Arte, si ricreano in frugale convivio, ecc. Perciò la Loggia non può avere “per soffitto il cielo”, ma al contrario deve essere dotata di una valida copertura, affinché “pioggia, neve o grandine non possano penetrare in essa”; non a caso, nel rituale di apertura dei lavori, il 1 0 Araldo squadra la Loggia ispezionando il soffitto. In realtà, l’idea del soffitto uranico è premassonica: molti antichi Templi erano – come d’altra parte l’etimologia greca della parola indica – semplici recinti aperti verso l’alto. Nella tradizione massonica anglosassone, il cielo stellato compare nel tracing board (quello che noi chiamiamo “quadro di Loggia”) in grado di Apprendista, strettamente collegato, peraltro, al simbolo biblico della Scala di Giacobbe, lungo la quale salgono e scendono gli angeli. Come ben illustra il rituale Emulation, se si considera l’universo come un Tempio, il cielo stellato ne rappresenta il “canopy” (il baldacchino, la volta). Questo è tutto: per quanto riguarda il soffitto della Loggia, nelle sedi massoniche inglesi e americane esso viene decorato nei modi più diversi, non infrequentemente con figurazioni geometriche. Ma la celestialità è, per cosi dire, sempre in agguato. Il cielo ispira idee di universalità, verticalità (ascesa), liberazione, perfezione, mistero e trascendenza: idee tipicamente massoniche L’azzurro, con il bianco e l’oro, costituisce il corredo cromatico primario della Massoneria. Perciò anche nelle Logge
della GLSU, segnatamente nei percorsi di istruzione simbolica, dobbiamo conservare l’impregnazione celestiale, anche se siamo liberi di decorare il soffitto con il cielo stellato o in altro modo. Ed ecco, allora, uno strumento formidabile di avvicinamento al mistero stellare: una lettera di Giuseppe Mazzini all’amica Matilda Biggs, in data 24 agosto 1856. In queste parole, che affidiamo alla meditazione dei Fratelli senza alcuna ulteriore annotazione, c’è vera contemplazione, in senso tanto etimologico quanto esoterico: l’uomo si fa tempio con le stelle, in una ineffabile unità. “Guardate mai le stelle, Matilda ? Non sentite (. . . ) che esiste un sacro vincolo misterioso fra voi ed esse ? Non sentite che il senso di Bellezza che vi pervade è un soffo d’affetto, è il pegno dell’Unità dell’Universo, la prova che v’è un’Armonia fra la vostra vita ed esse, un accordo che noi sentiamo ora confusamente, come un suono proveniente da un’arpa eolica, ma che ci giungerà sempre più distinto a mano a mano che c’innalzeremo ? Esse sono ai vostri occhi semplici punti luminosi: nulla di speciale, nulla di molto bello in se stesse; e tuttavia, ci riempiono di strani pensieri, di desideri, di tristezza, di aspirazioni; ci parlano di cose infinite; ci fanno errare in un labirinto di Poesia divina, vaga, indefinita, e tuttavia potentemente reale. Ci ispirano pensieri, idee, spesso la calma. C’è qualcosa di comune fra noi e loro. E in certi momenti io le vedo (. i) come le pietre miliari della Vita; come fari di terre lontane, che saranno le nostre dimore in successivi stadi della nostra vita. Noi intendiamo l’unità del mondo; non possiamo fare a meno di sentirla nei nostri momenti migliori e quindi più possenti, più intellettuali E l’Unità dell’Universo come può essere un fatto, divenire un fatto, se non la conquistiamo praticamente, se non ne prendiamo poco a poco possesso ? Sì, le stelle sono nostre: sono le dimore della nostra vita. Noi le attraverseremo: e quelli che ci precedono le attraversano