SULLA SIMBOLOGIA ALCHEMICA DEL GABINETTO DI RIFLESSIONE
L’iniziazione é stata definita come “il processo destinato a realizzare psicologicamente nell’individuo il passaggio da uno stato dell’ essere giudicato inferiore, a uno stato superiore“, con la trasformazione da “profano” ad “iniziato”.
Il Guénon ne definiva analogamente lo scopo nei termini di superamento dello stato individuale umano rendendo effettivamente possibile il passaggio agli stati superiori dell’essere, conducendolo, per mezzo del rito iniziatico, al di là di ogni condizionamento.
Una realizzazione quindi puramente interiore, la realizzazione di una possibilità che l’individuo ha in sé allo stato potenziale e virtuale.
Mircea Eliade, nel suo studio “Nascite Mistiche”, a proposito dei cosiddetti riti d’ingresso, ne riconosceva la continuità a partire dai più antichi rituali tribali, immutati nel tempo e tutti connotati dalle medesima successione operativa costituita da reclusione, prove iniziatiche, morte e risurrezione, rivelazione di una dottrina segreta, insegnamento di parole speciali.
Così per gli indigeni australiani, a tutt’oggi, l’essenziale era e resta la custodia dei riti legati ai chirunga, gli oggetti lasciati dagli esseri primordiali (i “dema“) che esistevamo ai tempi dei miti e l’istruzione morale e sociale che il candidato riceve dopo i riti.
In moltissime società segrete primitive era abitualmente presente una interpretazione simbolica dei riti iniziatici rappresentanti morte e resurrezione; in Melanesia, ad esempio, il candidato che lasciava la famiglia per essere iniziato veniva pianto come morto.
L’iniziazione può quindi definirsi come la forma immanente della modalità partecipativa dell’uomo al Trascendente.
Precisa ulteriormente il Guénon come insegnabile sia unicamente il metodo preparatorio atto ad ottenere lo stato da realizzare interiormente, essendo il segreto iniziatico, per sua natura, inesprimibile; soltanto l’iniziazione può dare accesso alla sua conoscenza.
Non a caso Aristotele scriveva, a proposito dei misteri Eleusini “non imparare, ma provare“.
Attraverso l’iniziazione, dunque, l’essere si realizza in modo autentico, facendo passare le sue qualità latenti dalla potenza all’atto; il suo carattere é la “permanenza”; uno stato che, raggiunto, niente potrà più cancellare. Perciò Pitagora insegnava ai suoi adepti: “ora siete epopti, e vedrete la Luce per sempre”.
Parte fondamentale della ritualità iniziatica sono i simboli: ogni rito possiede, in ciascun elemento costitutivo, un significato ben preciso ed ogni simbolo, inversamente, come sottolinea il Guénon, produce su colui che medita con la disponibilità necessaria un effetto assolutamente confrontabile a quello del rito.
La parte iniziale della ritualità é costituita generalmente da operazioni destinate a dare all’individuo una sensazione di morte seguita da una risurrezione, una “seconda nascita”.
Il rito inizia generalmente con un viaggio nelle tenebre: diceva già Plutarco che “l’anima al momento della morte prova la stessa impressione di coloro che si avvicinano ai grandi misteri“. E’ l’ “oltre” che, nel suo significato più profondo, costituisce il senso nascosto del rito: ciò che é impenetrabile all’umana esperienza, la risalita verso la Luce, l’illuminazione.
Abbiamo visto come tale schema fondamentale, la “discesa” e la “risalita”, espresso con una moltitudine di simboli diversi ma nel contempo analoghi, abbiamo visto come possa applicarsi ad un gran numero di culture rituali, in sostanza alla Tradizione, scaturente dalla medesima sorgente: si pensi ad esempio al mito egiziano di Osiride, ai misteri di Dioniso, il Dio indo-ariano Div-an aosha della bevanda dell’immortalità, ai misteri Frigi di Atti e Cibele, ai misteri di Eleusi, all’orfismo ed al pitagorismo, al culto di Mitra, ai riti dei gruppi iniziatici gnostici, all’esoterismo islamico ed in particolare agli Ismailiti, alla tradizione iniziatica medioevale (qabbala’h, catari, templarismo), all’esoterismo indiano e tibetano, fino (in tempi più recenti?) alla tradizione massonica.
Le fasi dell’iniziazione, su altra scala, riprodurrebbero simbolicamente anche quelle del processo cosmogonico (nascita dell’universo), l’organizzazione del buio e del caos primigenio attraverso la Luce, il grande respiro da e verso il principio primo.
In tale senso e simbolicamente il processo di purificazione dell’essere che “muore” ai suoi desideri profani é volto al perfezionamento, al compimento della Grande Opera dell’Alchimia Spirituale; all’illuminazione, che conferisce i mezzi per ritrovare la “Parola Perduta”; alla reintegrazione su scala individuale e cosmica, unione di micro- e macrocosmo, unione degli opposti principi.
Desideriamo ora approfondire ulteriormente alcuni elementi simbolici della prima parte del rito dell’iniziazione, momento fondamentale ed ineluttabile per il successivo prosieguo, con particolare riferimento a spunti propri della tradizione massonica.
Momento fondamentale, si diceva: se tale fase non é compiuta é completamente inutile procedere oltre. Non a caso, infatti, é detto che “…bisogna per prima cosa che il corpo sia disciolto, che le Porte siano aperte, affinché la Natura possa operare…“; “…non è possibile che si faccia nessuna generazione, senza corruzione…“; “…abbi cura che il congiungimento del Marito con la sua Sposa, non si faccia che dopo aver tolto i loro abiti ed ornamenti, tanto dal viso che da tutto il resto del corpo, affinché essi entrino nella tomba così puliti come quando vennero al mondo. E non sarà che dopo aver distrutto l’edificio interiore ormai degradato, che l’Apprendista potrà ricostruire sulle sue rovine, ripartendo su di una via completamente nuova per lui“; “…tu saprai allora che tutto il Magistero consiste in una dissoluzione prima, ed una coagulazione poi…“.
Tutti gli elementi dell’Opera sono presenti, in potenza e simbolicamente, nel gabinetto di riflessione: da un punto di vista alchemico questa é la fase della Putrefazione, l’inizio dell’Opera, simbolizzata dal Caput Corvi nei lavori del Fulcanelli e qui sottolineata dalla presenza dello scheletro, il colore nero dell’Opera.
Qui inizia, come detto, la dissoluzione, operata dal Vetriolo Filosofico.
E’ scritto che “esistono due vetrioli o piuttosto il vetriolo può presentarsi sotto due forme, il Vetriolo Puro ed il Vetriolo Impuro o volgare…” . Come affermò anche Paracelso vi è in tutte le cose l’Anima di ciò che è conosciuto come Elemento Predestinato. Questo Elemento Predestinato si compone di Sale, di Zolfo e di Mercurio, ed è immerso e disseminato in una massa formata di flemma e terra morta, dannata; ciò ci dà il Corpo, tale e quale lo vediamo.
Se nell’Alchimia fisica supponiamo di sopprimere questa flemma o terra morta, avremo il Vetriolo Puro, la base dell’Opera Ermetica, la Materia prima dell’Arte. È il Sale che, per una serie di operazioni, prenderà la forma del Mercurio o Fuoco Segreto – piccola luce nel gabinetto di riflessione che, in potenza, rappresenta lo spirito universale chiuso in seno alle tenebre metalliche, scintilla di vita chiusa in tutto ciò che è allo stato naturale primitivo. Per un’intima unione tra Fisso e Volatile, ci darà lo Zolfo, la Calamita Filosofica che attrae lo Spirito Universale.
Questa serie d’ Operazioni è racchiusa nella frase: “Visita Interiora Terrae, Rectificando, Invenies Occultum Lapidem” definizione d’un procedimento alchemico interiore ben conosciuto dai qabbalisti, riassunto poi in V.I.T.R.I.O.L.
S’intravede quindi come deve svolgersi la prima operazione d’Alchimia Spirituale: nel silenzio e nella solitudine, via che conduce alla Conoscenza del mondo, inizia l’Interiorizzazione alla ricerca del Sé, la putrefazione nel gabinetto-Athanor, luogo del cambiamento e della fase iniziale della rigenerazione e della trasformazione, rappresentata qabbalisticamente dal numero sette, la falce.
Ma, in senso filosofico, l’Athanor é anche lo stesso Uomo, in cui si compie l’elaborazione delle virtù, al fine giungere – nel microcosmo – al compimento della Grande Opera, il perfezionamento dell’Uomo Morale.
È dunque in questo senso, secondo i mistici, che bisogna intendere queste parole: “Poiché l’Opera è con voi ed in voi, in modo che, trovandola in voi stessi, dove è continuamente, voi l’avrete così sempre, in qualsiasi parte voi sarete, sulla terra o sul mare”. Ed é in seno all’Athanor, dalla co-distruzione dell’Oro e dell’Argento dei Saggi che nasce la Crisopea: “Omnia ab uno et in unum omnia“, “tutto è nell’uno e l’uno è in tutto”. Tutte le cose provengono dallo stesso germe ed esse sono state tutte generate dalla medesima Madre.
Si evince che tutto ciò che è presente quaggiù, è di origine divina, ma prigioniero di un mondo grossolano; degenerato e sminuito nelle proprie possibilità spirituali, può pretendervi di nuovo e quest’ Opera di rigenerazione si chiama “Reintegrazione”.
E come dallo Zolfo e dal Mercurio dei Saggi nascerà, venuto il momento, l’Uovo Filosofico, la Pietra al Rosso, la Crisopea, così nasce nell’Anima dell’uomo questo Athanor, l’Illuminazione Totale, elemento decisivo della Reintegrazione, e questo termine ultimo dell’Opera ha per nome: “LUCE DIVINA”.
F. G.