LA TEORIA DEI METALLI

LA TEORIA DEI METALLI

        L’Alchimia Metallurgica

Il tentativo di dare sistemazione teorica alle osservazioni risultanti dalle pratiche estrattive e metallurgiche dell’ antichità sfociò in una teoria della formazione dei metalli nelle miniere che aveva sullo sfondo la dottrina, di origine presocratica, della formazione di tutte le cose concrete (mixtum) dai quattro elementi, che avrebbe invece caratterizzato la più generale teoria della materia alchemica. Si ritenne, infatti, che i metalli si formassero per la congelazione, nel ventre della terra, di due vapori di origine elementare: caldo/secco, identificato con la componente sulphur; freddo/umido, identificato col nome di mercurius. La loro composizione secondo proporzioni diverse darebbe origine alla diversità dei singoli metalli. Tale teoria, soltanto accennata da Aristotele nelle Meteore, venne sviluppata da autori posteriori ed in particolare da Avicenna , il cui scritto meteorologico, De congelatione et conglutinatione lapidum, tradotto nel XII secolo venne ritenuto inizialmente opera dello stesso Aristotele. Questa dottrina dava un fondamento teoretico alla convinzione tradizionale che i metalli fossero come embrioni a stadi diversi di maturazione, che giustificava la ricerca della produzione alchemica della perfezione dei metalli. Infatti, essa rendeva comprensibile la prassi operativa fondata sulla constatazione che è possibile, mediante l’ uso del fuoco, far perdere ai metalli le caratteristiche fisiche che li connotano, riducendoli in uno stato liquido considerato la loro materia prima attraverso il quale, con opportune tecniche di lavorazione (amalgami) si possono ottenere nuovi corpi metallici (in realtà leghe) con diverse caratteristiche fisiche (colore, lucentezza, peso, resistenza alla corrosione). Tali tecniche erano il portato di secoli di metallurgia tradizionale, e questo fa sì che testi di alchimia come quello di Geber latino costituscano anche una documentazione preziosa della metallurgia antica e medievale. L’ applicazione di esse a fini alchemici mira a produrre leghe metalliche che abbiano alcune caratteristiche fisiche dell’ oro (in particolare il colore e la resistenza alla corrosione), attraverso la produzione di agenti capaci di tingere quantità rilevanti di metalli, preparati attraverso serie più o meno standard di operazioni. Per gli alchimisti che lavorano sulla base della teoria zolfo-mercurio permane tuttavia un problema di fondo: la formazione dei metalli nelle miniere è infatti considerata opera del freddo (congelazione), mentre l’ alchimista ha a sua disposizione per produrre tale effetto il calore del fuoco (cottura). Da tale problema, evidente ad esempio nella riflessione mineralogica di Alberto Magno, prende il via un settore importante della riflessione sul rapporto arte-natura. La teoria dei metalli, espressa nell’alchimia metallurgica in termini che possiamo considerare proto-chimici, si presta inoltre ad una formulazione in linguaggio allegorico, che inizia a diffondesi in testi del tardo Duecento e soprattutto del secolo successivo e che costituisce uno dei fattori di svolta e di complessificazione della tradizione alchemica, accentuandone il legame con la problematica religiosa della salvezza.

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