Tavola su Etica
Premessa.
I temi dell’Etica, con le sue implicazioni di carattere economico, politico e, soprattutto, sociale, sono stati oggetto di studio ed analisi da parte di filosofi e intellettuali fin dai tempi dell’antichità.
Quale presunzione, quindi, poter solo pensare di poterne parlare in maniera esaustiva in questa mia Tavola.
E tuttavia, cari Fratelli Scozzesi, una piccolissima finestra su questi temi ritengo di poterla aprire, questo sì, se non altro per farne stimolo per le vostre riflessioni così come lo sono stati per le mie.
Nel linguaggio corrente ai termini Etica e Morale è spesso attribuito, ma a torto, lo stesso significato.
In effetti, si può dire che il concetto di “Etica” assorbe quello di “Morale”, così come potrebbe dirsi che il concetto di “Religiosità” assorbe quello di “Religione”, come il Fratello Spinelli ha voluto ricordarci in una Sua recente, splendida Tavola (1).
Pertanto, mentre il concetto di Etica riveste un carattere Universale, perché i suoi Princìpi attengono all’Uomo in quanto tale, la Morale, viceversa, potremmo dire che sia “figlia del suo tempo”, posta cioè all’interno di precisi contesti spazio-temporali, contestualizzata.
All’interno di questo dualismo anche l’Enciclopedia Treccani, che definisce L’Etica “in senso ampio, quel ramo della filosofia che si occupa di qualsiasi forma di comportamento (gr. ἦθος) umano, politico, giuridico o morale; in senso stretto, invece, l’Etica va distinta sia dalla politica sia dal diritto, in quanto ramo della filosofia che si occupa più specificamente della sfera delle azioni buone o cattive e non già di quelle giuridicamente permesse o proibite o di quelle politicamente più adeguate”.
Mi sono volutamente astenuto dallo scrivere sull’Etica Massonica, o per il Massone, perché altri Fratelli lo hanno già fatto, in modo specifico, bene e meglio di quanto potrei farlo io.
E d’altra parte, di richiami ai valori Etici sono impregnate le nostre Costituzioni, i nostri Regolamenti e Rituali.
E’ ai valori Etici che noi Massoni uniformiamo il nostro agire quotidiano, o almeno ci sforziamo di farlo. Perchè l’opera incessante di sgrossamento della nostra “pietra grezza” per farne pietra cubica, pietra angolare o pietra di volta per edificare il nostro Tempio Interiore e dell’Umana Famiglia, non può non riconoscere all’Etica il più valido dei presupposti.
L’Etica: Concetti ed implicazioni
I temi dell’Etica (dal lat. Ethĭca e dal greco E’thos) sono stati al centro degli studi e delle riflessioni da parte dei più grandi filosofi, da Socrate ad Hans Kung nostro contemporaneo, passando per Platone, Aristotele, Pitagora, Machiavelli, Kant, Hegel, Schopenhauer, Nietzsche e Weber, giusto per citarne alcuni tra i più conosciuti ed autorevoli.
Sebbene sia stato Aristotele il primo filosofo ad introdurre il termine Etica, associandolo a quella parte della filosofia che si occupa del costume, del comportamento umano, è tuttavia Socrate ad essere unanimemente indicato come il padre fondatore dell’Etica, della quale ha una visione antropologica (da àntropos, uomo) in quanto incentrata proprio sul comportamento umano. Per Socrate, comportamento Etico e comportamento Virtuoso sono la stessa cosa.
L’Etica, a suo dire, non è insegnabile agli allievi e compito del filosofo, casomai, è quello di aiutarli nel partorirla da soli; da ciò, probabilmente, la scelta di trasmettere solo per via orale i propri insegnamenti, massonicamente diremmo “da bocca a orecchio”.
E’ il suo discepolo Platone che, più di altri, ce ne tramanda il pensiero e l’agire nei propri scritti: così fa nei Dialoghi e nel Gorgia e, ancor più, nell’Apologia, dove Socrate parla in prima persona ed a propria difesa durante il processo che lo vedrà, alla fine, condannato a morte.
Anche Pitagora, come Socrate, attribuisce all’Etica una connotazione molto conoscitiva e definisce “virtuoso” colui che possiede la sapienza, in particolare il matematico.
Kant, nel definire razionalmente i presupposti dell’agire morale dell’uomo, parla di un’Etica del tutto svincolata da ogni finalità esteriore ed impostata su un rigoroso senso del dovere e del rispetto delle altrui libertà. Ho trovato interessanti i concetti che Egli esprime in relazione al rapporto tra Etica e Politica, così come ho avuto modo di approfondire più avanti, nella parte dedicata a tale binomio.
Max Weber pone l’argomento dell’Etica in termini dualistici (2) e contrappone l’Etica dei Princìpi, che trova le sue basi sulle nostre convinzioni, religiose ma non solo, all’Etica delle Responsabilità, strettamente connessa all’agire umano e che tiene conto, contrariamente alla prima, delle conseguenze che da tale agire derivano. Un’Etica, quella dei Princìpi, che potremmo definire apolitica, contemplativa, immutabile, che si nutre e vive in funzione delle proprie convinzioni, contrapposta alla Seconda, l’Etica delle Responsabilità, che muta col tempo, che si adegua – tipico dell’agire politico – ai cambiamenti del contesto socio-economico in cui si vive.
Per Weber, come sottolinea Bruno Accarino (3), “L’uomo moderno è, per eccellenza, un individuo eticamente inadeguato e sempre alla ricerca di un senso: il suo rapporto con il mondo lo colloca in una posizione permanentemente deficitaria. Al contadino che muore sazio di vita, come Weber scrive con citazione biblica e con esplicito riferimento ad Abramo, si prospetta un compimento terreno, cioè una perfectio; di contro, all’individuo immerso nella modernità, si prospetta la perfettibilità. Il contadino – che, aggiungo, trascorre la sua vita in “simbiosi” con la terra che lavora e dalla quale ne trae i frutti per il sostentamento proprio e dei suoi cari – non diversamente dall’eroe guerriero, non è in cerca di orizzonti trascendenti rispetto al suo arco di vita e non pone, né a se stesso né al mondo, interrogativi di “senso”, mentre la modernità è segnata dalla tensione all’auto-perfezionamento”.
Etica ed Economia
Hans Kung (4), teologo svizzero dissidente e filosofo anch’egli, affronta, tra gli altri, anche temi e problematiche connesse alla crisi dell’economia mondiale, dopo il fallimento del paradigma liberista, secondo il quale il mercato si regola da sé e da sé trova il suo equilibrio, grazie all’incontro della domanda e dell’offerta ed al libero movimento dei capitali, senza alcun intervento – che anzi non deve assolutamente esserci – da parte dei Governi sull’economia e nella finanza.
Kung, in pratica, evidenzia la necessità di percorrere una “terza via” in campo economico, quella dell’economia “responsabile, giusta”, dopo il fallimento di entrambi i modelli comunista e capitalistico.
Egli afferma testualmente che senza un “Ethos comune, un’Etica mondiale per questa società e questa economia mondiale a cui tutte le Nazioni e i gruppi d’interesse si sentano vincolati, non esiste una via sostenibile per uscire dalla crisi planetaria” e ciò “può condurre l’umanità alla catastrofe”.
E ancora, ci dice, “Prima viene l’Etica, poi la politica, quindi l’economia”, secondo la dottrina Aristotelica classica. “Né all’economia né alla politica, quindi, spetta la preminenza, bensì alla dignità inviolabile dell’Uomo, che va sempre rispettata, ai diritti e doveri fondamentali che fanno parte del Suo, essere Uomo. Ci può essere una politica indipendente dagli interessi economici, ma nessuna politica svincolata da norme etiche”.
E’ nel contesto illustrato da Hans Kung che si colloca, se vogliamo, il nascere e lo sviluppo della “Banca Etica”, che ha una forte caratterizzazione cooperativistica e persegue princìpi etici quali la sobrietà, la partecipazione, l’equità, l’efficienza, per un uso responsabile del denaro, che deve essere raccolto tra i risparmiatori col fine esclusivo di finanziare organizzazioni che operano nel settore ambientale, della cultura e della cooperazione internazionale.
E’ sulla scia di tale sensibilità che molte aziende medio-grandi si stanno dotando di un Codice Etico al quale uniformare le proprie azioni, sia nei confronti dei clienti “interni” (colleghi o collaboratori), che “esterni” (fornitori, consulenti, ecc) come spesso si dice in gergo. Un Codice, insomma, capace di fare di stimolo all’adozione di comportamenti virtuosi, giacché gli obiettivi aziendali possono, e devono, essere perseguiti tenendo conto anche delle aspettative e degli interessi rilevanti dal punto di vista sociale.
Questo ci introduce a quella che gli anglosassoni definiscono Corporate Social Responsibility, ossia la Responsabilità Sociale delle Imprese, a proposito della quale la Commissione Europea così si è espressa (5): “La crisi economica e le sue conseguenze sociali hanno scosso in certa misura la fiducia dei consumatori come anche la fiducia nelle imprese. L’attenzione del pubblico si è rivolta, quindi, ai comportamenti delle imprese sul piano sociale ed etico. Rinnovando ora gli sforzi per promuovere la RSI, la Commissione intende creare condizioni favorevoli per una crescita sostenibile, un comportamento responsabile delle imprese e una creazione di occupazione durevole nel medio e lungo termine”.
Riporto volentieri, perché si pone l’accento sull’Uomo in quanto tale e correttamente definita, a mio avviso, la misura nella quale l’Uomo sta all’Etica anche in campo economico, il contributo fornitoci da Papa Benedetto XVI° che, nella Lettera Enciclica “Caritas in Veritate” firmata il 29 Giugno 2009 tra le altre cose afferma:
“L’economia ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento; non di un’etica qualsiasi, bensì di un’etica amica della persona. Oggi si parla molto di etica in campo economico, finanziario, aziendale. Nascono Centri di studio e percorsi formativi di business ethics; si diffonde nel mondo sviluppato il sistema delle certificazioni etiche, sulla scia del movimento di idee nato intorno alla responsabilità sociale dell’impresa. Le banche propongono conti e fondi di investimento cosiddetti «etici». Si sviluppa una «finanza etica», soprattutto mediante il microcredito e, più in generale, la micro finanza. È bene, tuttavia, elaborare anche un valido criterio di discernimento, giacché si nota un certo abuso dell’aggettivo «etico» che, adoperato in modo generico, si presta a designare contenuti anche molto diversi, al punto da far passare sotto la sua copertura decisioni e scelte contrarie alla giustizia e al vero bene dell’uomo”.
In altri termini, mi viene da pensare, l’Imprenditore non può essere solo “Chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”, come in maniera “asettica” ce lo descrive il legislatore (art. 2082 c.c.) ed in cui il termine “professionalmente” mira a sottolineare, appunto, il “fine di lucro” che sottende all’esercizio di tale attività.
Viceversa, a mio avviso, l’agire imprenditoriale deve assumere anche dei connotati “etici”, perché alla massimizzazione del profitto e/o alla creazione di valore per imprenditori ed azionisti si pervenga attraverso il bilanciamento degli interessi degli altri soggetti (stakeolders) con i quali egli si trova a interagire, avendo a cuore e la dignità delle persone e salvaguardandone la sicurezza negli ambienti di lavoro.
Etica e Politica
Sul binomio Etica-Politica si era già espresso (San) Tommaso D’Aquino, nel commentare l’etica aristotelica e quella nicomachea (6).
Così come ce ne parla Angel Rodríguez Luño (7), per Tommaso D’Aquino l’Etica politica si occupa delle azioni realizzate dalla società politica nella misura in cui dirige e regola gli atti attraverso i quali la società politica dà a se stessa una forma e una organizzazione costituzionale, giuridica, amministrativa, economica, sanitaria, ecc.
Ancora Tommaso, parlando di filosofia morale, scrive “Et inde est, quod moralis philosophia in tres partes dividitur… Quarum prima….vocatur monastica….Secunda …..vocatur oeconomica….Tertia ….vocatur politica», associando, pertanto, l’etica politica all’etica personale ed all’etica familiare, ed attribuendo ad ognuna di esse una propria specificità.
Ciò in contrapposizione, quindi, col pensiero aristotelico, per il quale l’etica politica è un calco esatto dell’etica personale. La perfezione etica dell’uomo si esprime esaurientemente nella politicità e quindi, dalla conoscenza di ciò che rende buona e felice la vita dell’individuo, dipende la conoscenza di ciò che rende buona e giusta la polis: le virtù etiche sono criterio e scopo anche delle leggi politiche. Uomo buono e buon cittadino si identificano, nel senso che l’individuo, in quanto è ordinato alla propria perfezione, è ordinato alla polis.
Così fa Immanuel Kant, quando scrive il “Progetto per una pace perpetua” (8) all’indomani del Trattato di Pace di Basilea della primavera del 1795 tra la Prussia, suo paese natìo, l’Olanda e soprattutto la Francia, rivoluzionaria ed Illuminista come a lui piaceva.
In tale opera, caratterizzata anch’essa da una forte impronta illuminista e per ciò stessa volta all’ottimismo, il filosofo da una parte, enuclea una serie di Articoli, Provvisori e Definitivi, atti a garantire una pace duratura tra i popoli e, dall’altra, affronta il rapporto tra politica e morale ed individua due diverse e contrapposte tipologie di politici:
il Politico Morale, che si muove con prudenza e che, legiferando nel rispetto dei princìpi morali, è certo che tali leggi esplicheranno la loro efficacia, anche se non sempre nell’immediato, in quanto universali;
il Moralista Politico, ossia colui che la morale se la costruisce ad hoc e la assoggetta ai propri fini o, a suo dire, alla Ragion di Stato.
Tornando ai giorni nostri, anche Norberto Bobbio (9) affronta i temi politici in rapporto alla Morale, contestualizzandoli, e scrive che “Per quanto, dunque, la questione morale si ponga in tutti i campi della condotta umana, quando è posta nella sfera della politica, assume un carattere particolarissimo. In tutti gli altri campi, la questione morale consiste nel discutere quale sia la condotta moralmente lecita e, viceversa, quale sia illecita…. Quando si parla di morale in rapporto alla politica, ci si riferisce alla morale sociale e non a quella individuale, alla morale cioè che riguarda azioni di un individuo che interferiscono con la sfera di attività di altri individui e non a quella che riguarda azioni relative, per esempio, al perfezionamento della propria personalità, indipendentemente dalle conseguenze che il perseguimento di questo ideale di perfezione possa avere per gli altri. L’etica tradizionale ha sempre distinto i doveri verso gli altri dai doveri verso se stessi. Nel dibattito sul problema della morale in politica vengono in questione esclusivamente i doveri verso gli altri”.
Etica e Società
Al di là delle enunciazioni, anche squisitamente filosofiche, fin qui esaminate, è certamente nel campo Sociale che i princìpi etici dovrebbero trovare il proprio humus per una naturale applicazione.
Perché l’Etica attiene all’Uomo in quanto tale, senza alcun attributo di sesso, razza, religione che lo distingua o lo dissoci da altri uomini.
L’Uomo che uniforma il proprio agire quotidiano ai valori etici è per ciò stesso un Uomo solidale, sensibile ed attento anche ai bisogni degli altri, prima ed in aggiunta, che a quelli propri. Un Uomo che sa essere tollerante con chi esprime idee diverse dalle proprie o professa questa o quella religione.
Un Uomo che guarda ed è attento ai propri doveri, prima che a rivendicare questo o quel diritto.
Ed un Uomo siffatto, a mio modo di vedere, non può non avere una visione laica della propria vita e dei rapporti, in qualunque campo, che vuole intessere con gli altri uomini.
Laico lo Stato, quindi, e improntate alla laicità anche le Leggi che lo regolano, se si vuole che esse assumano i caratteri dell’Universalità piuttosto che della parzialità. E ciò è tanto più vero e necessario nella società di oggi, multietnica, multirazziale e multireligiosa, internettiana e fortemente globalizzata, dove lo sviluppo tecnologico, in primis quello informatico, assume caratteri a dir poco esasperati.
Da ciò l’esigenza, avvertita da molti, della cosiddetta Tecnoetica, con la quale si intende attribuire anche alla tecnologia ed al progresso tecnologico una dimensione etica.
Come ci riferisce José M. Galvan (10), una Tecnoetica che non va confusa con la “deontologia delle professioni”, che riguarda specificamente l’agire “libero e responsabile” dei professionisti, ma che si colloca su un piano più ampio rispetto a questa, tesa com’è, cito testualmente, “ad illuminare qualsiasi attività tecnica, in quanto può avere una risultante finale positiva per la persona, e la tecnica stessa, nel valore oggettivo dei sui prodotti.”
In questo contesto anche la Bioetica, ossia lo sviluppo e l’applicazione della tecnologia nel campo delle scienze biologiche e della pratica medica, che sul piano etico, se si guarda al nostro Paese, continua a dividere laici e cattolici circa i limiti e le regole che ricercatori e medici debbano darsi nel campo delle modificazioni genetiche, o più in particolare, della procreazione assistita, che rendono per così dire “artificiosi” i processi generativi.
Conclusioni
Siamo certamente concordi nel ritenere che il profondo degrado che caratterizza la società in cui viviamo trae origine dalle mancanza, o perdita, di quei valori etici che neppure la famiglia e la scuola, che in passato ne erano le depositarie, sembra siano più capaci di trasmettere.
La negativa congiuntura economica, dalla quale il nostro Paese e diversi altri dell’area mediterranea fa fatica ad uscire, ha creato un solco sempre più profondo tra chi sta bene e chi non, fin quasi a rendere marginale la consistenza delle “classi medie”, da sempre motore ed impulso per lo sviluppo economico e sociale dal 18° secolo in avanti.
Di fronte a questo disagio economico e sociale in cui versa da anni una parte significativa della popolazione la classe politica, se da una parte evidenzia la propria incapacità ad individuare ed adottare misure efficaci a contrastare la crisi, dall’altra si mostra sovente spregiudicata ed arraffona, ladrona ed avvezza al malaffare.
Cos’è allora che non funziona? Non funziona il “sistema”, come spesso ci capita di dire? O sono le Regole che ci siamo dati ad essere deficitarie, insufficienti od inefficaci? Bastano le denunce? Come se ne esce?
Nessuno, ed io men che meno, può avere la risposta per tutto. E tuttavia, se il nocciolo del problema, come ho già detto, sta nella mancanza di Valori Etici fondanti della convivenza civile, da una parte, e nell’assenza o inefficacia di regole, in primis nella Pubblica Amministrazione, dall’altra, è presumibile pensare che le azioni da intraprendere dovrebbero muoversi in una duplice direzione:
da una parte, vanno educate le coscienze ai valori etici, nella Famiglia in quanto nucleo costituente di qualsiasi società e nella Scuola, perché ritorni ad essere, come lo era una volta, la fucina nella quale formare i “buoni” cittadini di domani. Una scuola nella quale “Educazione civica e morale” ritorni a essere la prima delle materie d’insegnamento, come con gradita sorpresa mi è capitato di leggere nella mia pagella di 2^ elementare (anno 1963) ancora gelosamente custodita da mia madre;
dall’altra, pur senza mettere in discussione – ed in qualche caso dovremmo – l’adeguatezza delle norme giuridiche che ci siamo dati per regolare qualsiasi rapporto all’interno della sfera pubblica e privata, vanno invece riviste le “regole” che dovrebbero disciplinarne il funzionamento, ripensando in maniera seria ed efficace quel sistema di “pesi e contrappesi” come si suol dire, dove chi è chiamato a disporre delle risorse pubbliche sia sottoposto a controlli e verifiche da parte di altri, con un sistema di audit che operi a più livelli, di modo che non solo chi “fa” ma anche “chi controlla” sia a sua volta “controllato” gerarchicamente da altri. E ciò, non dopo avere individuato differenti livelli di “autonomia di spesa” da assegnare, gerarchicamente, ai funzionari pubblici. Così come andrebbe pure previsto, per le spese di un certo rilievo ed all’interno dell’iter autorizzativo, anche il parere preventivo e vincolante di organi di controllo “collegiali”, ai quali rappresentare la spesa in termini di necessità (circa i benefici attesi), urgenza (perché le risorse sono scarse) e, last but not least, copertura finanziaria.
Un “senso etico” dell’agire umano che deve investire, non solo la sfera pubblica ma anche quella privata, perché ognuno di noi è chiamato a dare il proprio contributo, nei limiti delle proprie attribuzioni e responsabilità, al perseguimento del bene comune. Perché non c’è dato di denunciare e basta le responsabilità di altri.
Voglio finire questa mia Tavola con le parole di Ernesto Nathan, fervente mazziniano, Gran Maestro del GOI dal 1896 al 1903 e poi dal 1917 al 1919, e Sindaco di Roma dal 1907 al 1913, la cui biografia e il cui pensiero sono stati oggetto di recente rivisitazione in occasione della inaugurazione a Roma del Centro Polifunzionale del GOI e del Nuovo Tempio Massonico (11).
Parole, o testamento ideologico mi verrebbe da dire, nelle quali ognuno di noi non fa fatica a identificarsi, nel nome di quell’etica laica che riconosce l’autonomia di ciascun individuo e la sua capacità di autodeterminarsi, nel rispetto delle leggi dello Stato, consapevole delle conseguenze che dal suo agire derivano e delle quali si assume la piena responsabilità.
Così il Fratello Nathan:
” Non ha limiti il nostro rispetto per la Chiesa, come per ogni convinzione religiosa, quando rinunci a usurpazioni di pubblico dominio.
L’Italia che sogno è una Italia con la sola scuola pubblica, quella statale, dove non venga insegnata, neppure facoltativamente, una religione, perché chi ne sente la necessità si rivolga alla sua Chiesa.
L’Italia che sogno è dove la scienza sia il grande pilastro per l’Umanità, integrante nella vita culturale. Quando vogliono far tacere la scienza ogni uomo libero ha un preciso dovere schierarsi apertamente e decisamente a suo favore.
L’Italia che sogno è un’Italia dove il concetto che il dolore sublimi la vita venga respinto decisamente perché è innanzitutto una bestemmia contro la Divinità.
L’Italia che sogno è una Italia che riconosca il legittimo diritto di morire quando la malattia è devastante e non vi sono speranze di guarigione.
L’Italia che sogno è una Italia dove incontrandosi tutti si sorridano e si stringano la mano nel nome della tolleranza, della ragione, della coscienza, ma soprattutto dell’amore”.
Anch’io sogno un’Italia ed un Mondo così!
Bibliografia
- Claudio Spinelli, Religione e Religiosità ……”, Gradus n.86 Aprile-Giugno 2014
- Max Weber, Saggio Tra due leggi, 1916.
- Bruno Accarino, Ordinario di Filosofia all’Università di Firenze
- Kung, Onestà, Perché l’economia ha bisogno di un’Etica, Rizzoli, 2011.
- Comunicazione n. 681 del 2011 al Parlamento Europeo, punto 1.3.
- (San) Tommaso D’Aquino, In decem libros Ethicorum Aristotelis ad Nicomacum Expositio
- Angel Rodríguez Luño, La specificità dell’etica politica
- Kant, Progetto per una pace perpetua, 1795
- Norberto Bobbio, MicroMega 4/1986
- José M. Galvan, La tecnoetica, Conferenza Firenze 21.6.2003
- Erasmo, 3-4 Febbraio 2014 “Apre Casa Nathan”
Fr. R.M.