PENSIERO LAICO ED ESOTERISMO IN G. BRUNO

PENSIERO LAICO ED ESOTERISMO IN G. BRUNO

Giuseppe Schiavone

Vi sono delle sconcertanti e profonde analogie e convergenze, tra il pensiero di

G.Bruno e quello massonico, che a mio modesto avviso consentono di riconoscere al

grande filosofo rinascimentale un ruolo di feconda anticipazione dell’ideologia  massonica settecentesca. Tali analogie e convergenze si collocano anzitutto nei capisaldi fondamentali

di un paradigma filosofico di transizione tra magia e scienza che si richiama

a queste esigenze: il superamento e il rifiuto della tradizione filosofico-religiosa, aristotelico-

scolastica,

La critica della religione cattolica e di qualunque altra religione confessionale e dogmatica

in nome di una religiosità naturale e di una difesa della libertà di coscienza e di

una concezione laica della vita e della società.

ll recupero del filone esoterico di derivazione medio platonica, neo platonica e neo pitagorica

che costituisce una sintesi tra via razionale e via sapienziale.

Il recupero e la rivalutazione, della magia in funzione della critica all’aristotelismo e della preparazione della rivoluzione scientifica.

Cercherò ora di analizzare brevemente nel contesto del pensiero bruniano

l’articolazione dei nodi concettuali enunciati:

In primo luogo, come è stato ricostruito in una magistrale ricerca di F.A.Yates,

G.Bruno accusa il Cristianesimo di aver negato e aver combattuto la «buona religione»

rappresentata dalle dottrine contenute nel Corpus Hermeticum, da lui intese come una

«religione della mente»» e come valida alternativa all’intolleranza e al dogmatismo. La

sua proposta è quindi di chiara impronta neopagana e si configura come una conferma,

e insieme come una missione, della validità e attualità, in opposizione alle Chiese cristiane,

della tradizione ermetica propria di quel Corpus attribuito alla leggendaria figura

di Ermete Trismegisto. La contrapposizione che Bruno indica tra tale filone tradizionale

ed il Cristianesimo è intesa sia in senso religioso che etico: «Le tenebre – egli scrive

nello Spaccio della bestia trionfante – sì propineranno  alla luce, la morte sarà giudicata

più utile che la vita, nessuno alzerà gli occhi al cielo + il religioso sarà stimato insano,

l’empio sarà giudicato prudente, il furioso forte, il pessimo buono. E credetemi

che ancora sarà definita pena capitale a colui che s’applicherà alla religion della mente

perché si troveranno nove giustizie, nuove leggi nulla si troverà di santo, nulla di religioso:

non si udirà cosa degna di cielo o di celesti. Solo angeli perniciosi rimarranno,

li quali meschiati con gli uomini forzeranno gli miseri all’audacia di ogni male, come fosse giustizia; donando materia a guerre, rapine, frodi e tutte altre cose contrarie

all’anima e giustizia naturale: e questa sarà la vecchiaia e il disordine e la irreligione

del mondo». Sembra che con queste parole Bruno abbia descritto la sua battaglia sino

al martirio contro l’intolleranza, l’immoralità e l’ingiustizia della Chiesa in nome di una «religione della mente», naturale e filosofica atta a tutelare oltre alla verità anche i valori etici e sociali .

Ma per comprendere questo impostazione del problema è necessario accennare în  breve alla fonte cui  si richiama G.Bruno. Si tratta del Corpus hermeticum attribuito alla figura leggendaria di Ermete Trismegisto ossia al dio egiziano Thoth, ma in realtà redatto da vari autori tra il ll e il IV secolo d.c. di chiara ispirazione platonica e medio platonica e con qualche influenza neopitagorica. ll suo nucleo concettuale di chiara derivazione da Plotinio, Porfiro e Giamblico consiste in una teoria dell’Assoluto come Uno ed ineffabile da cui per successive emanazioni derivano il Logos, L’intelletto demiurgico, l’Uomo incorporeo, L’intelletto dato all’uomo e, infine, il cosmo celeste e terrestre. Di fondamentale importanza è il principio della luce che è Dio ed è in Dio e ha la funzione di ordinare la realtà nel suo complesso. Appare superfiuo notare come questo strutturale richiamo alla luce e all’illuminazione è proprio di tutti gli orientamenti mistico esoterici, di cui il Corpus hermeticum è una fonte primaria. Altra caratteristica essenziale è costituita dal concepire la salvezza dell’uomo, dopo il degrado e la caduta nella natura materiale , in senso intellettualistico e non fideistico: è l’intelletto che permette all’uomo di conseguire la gnosi ossia una sapienza esoterica e soteriologica che gli consente il ritorno a Dio come tappa finale del processo di liberazione dalla materia e dalla finitudine.

Un ‘altra fonte diretta di Bruno è il pensiero di M. Ficino, che lo influenza senza per questo che sia lecito negare l’originalità bruniana, come accadde malauguratamente ad Oxford nel 1583 dove i dotti maestri dell’università lo accusarono di aver plagiato Ficino. La differenza tra i due pensatori è infatti radicale pur nel comune richiamo all’ermetismo. Ficino, infatti, sostenne la piena conciliabilità tra le dottrine del Corpus hermeticum e quelle cristiane mentre Per Bruno (come già si è detto) vi è tra esse una rigida opposizione . Ficino tentò, in alternativa alla tradizione scolastico-aristotelica, una sintesi di platonismo, neoplatonismo e cristianesimo, in cui il filone magico ermetico assume un rilievo dominante. Egli infatti ritenne che Ermete Trismegisto, come Orfeo (il leggendario autore degli Inni Orfici di derivazione stoica e alessandrina) o come Zoroastro (a cui erroneamente Giorgio Gemisto Platone, attribuì gli Oracoli Caldaici, di chiara ispirazione neoplatonica e neo pitagorica e con forte coloritura magica, di probabile attribuzione a Giuliano il Teurgo) appartenesse al novero dei «prisci theologi» e fosse pertanto un profeta al pari di Mosè dal quale avrebbero tratto ispirazione Pitagora e Platone preparando il cammino alla Rivelazione cristiana. È chiaro, quindi, che la concezione bruniana rappresenta un vero e proprio capovolgimento di quella ficiniana poiché nega senza riserve ogni rapporto di continuità tra ermetismo e cristianesimo, non limitandosi a rifiutare il tomismo quale fondamento filosofico teologico della religione cristiana ma giungendo sino a una netta preclusione verso il cristianesimo stesso proponendo come scelta alternativa una religiosità «laica» naturale , strettamente ancorata alle tematiche neoplatoniche. Non vi è tuttavia alcun dubbio che il carattere laico del pensiero di Brunosia circoscritto al rifiuto delle religioni confessionali e dell’intolleranza nei confronti della li- bertà di coscienza, senza per questo rinunciare ad una autentica e profonda religiosità. La relazione tra uomo e Dio è infatti un esigenza irrinunciabile ed un nodo centrale della concezione bruniana: ma si tratta comunque di una «religione della mente» ossia

di una religione filosofica che avendo l’ermetismo come supporto, non è patrimonio

comune bensì privilegio iniziatico. È una connotazione, quindi , di natura strettamente

aristocratica, riservata a chi è stato iniziato alla luce, al culto della sapienza e

all’esercizio dell’intelletto.  In questo senso Bruno è nella linea di Platone, di Plotino e

di Proclo nel rivendicare la sapienza come una condizione elitaria, di non facile acquisizione.

Va inoltre precisato che l’ermetismo non è qualcosa di oscuro e di irrazionale, ma costituisce

bensì l’apice del sapere contemplativo razionale .

ll punto di incontro tra la speculazione filosofica e la via sapienziale magico esoterica

si registra nell’attribuzione del carattere infinito a tutta la realtà: se Dio, come Principio

primo, è Causa infinita, infinito deve necessariamente essere anche l’effetto. La natura

infinita non solo è di pertinenza dell’ordine cosmico ma anche di ogni forma di vita.

Da ciò discende pertanto anche la conseguente eternità e immutabilità dell’essere in

tutte le sue forme. Non si tratta, tuttavia, di un ritorno a Parmenide poiché la metafisica

bruniana ha una connotazione essenzialmente dinamica e non statica € confluisce in

una conclusione inequivocabilmente panteistica. Non è comunque un panteismo naturalistico,

come grossolana identificazione di Dio e del mondo, poiché nell’infinito articolarsi

dell’infinita realtà e degli infiniti universi permane fissa e irriducibile la distinzione

tra causa ed effetto.

Particolare importanza assume nell’ermetismo bruniano la dimensione magica. Ed è

merito innegabile di G. Bruno aver percorso una via originale rispetto a quella degli

altri pensatori umanistico-rinascimentali. Possiamo brevemente accennare alle teorie di

Ficino, Pico della Mirandola, Patrizi, Reuchlin, Paracelso, Fracastoro, Agrippa, Cardano,

Della Porta a conferma della tesi interpretativa che intendiamo proporre .

M. Ficino distingue tra magia naturale e magia profana: una lecita e fondata

sull’ordine ontologico, l’altra illecita e perversa. La magia naturale si richiama a due

concetti metafisici di origine neoplatonica: l’organicità del reale e l’universale animazione

del mondo. Essa pertanto consiste nel «connettere le cose inferiori alle superiori»

rispettando l’ordine cosmologico e traducendolo nell’arte magica al fine di ottenere benefici

per la vita umana. Sotto questo aspetto anche fa medicina è connessa è simile alla

magia e pertanto non vi è alcuna incompatibilità della pratica della magia con la religione

cristiana.

Pico della Mirandola, anch’egli fedele alla tradizione ermetica (non solo e non tanto del

Corpus hermeticum. quanto soprattutto della Cabala sintesi di datazione medievale di

teorie mistico-teologiche ebraiche ed ellenistiche) difende la magia ritenendola pienamente

conciliabile con il Cristianesimo. Più orientato verso una piena rivalutazione del

corpus hermeticum e degli Oracoti Caldaici contro l’aristotelismo da lui ritenuto una

filosofia irreligiosa. al fine di realizzare quella docta religio che già aveva auspicato e

programmato Ficino, Francesco Patrizi pur conservando nel contesto delle dottrine ermetiche

il filone magico né lo approfondisce né lo privilegia.

Si richiama direttamente a Pico delta Mirandola J. Reuchlin, che ripropone la cabala

come vera teologia e vera filosofia in quanto atta a penetrare il linguaggio simbolico

che permea l’ordine ontologico e ad operare attraverso la magia un  accostamento tra

soprasensibile  e sensibile atto a generare prodigi e miracoli. Nel filone del pensiero

magico va senz’altro collocato anche Paracelso, che iniziò comunque nonostante

’adesione alla magia o forse grazie anche scientifico alla magia, un indirizzo autenticamente della medicina. La sua iatrochimica, la sua concezione della malattia, il rifiuto dell’interpretazione demonologica del disturbo mentale, costituirono, infatti, nel comune rifiuto dei modelli di Avicenna e Galeno una tappa forse più avanzata della iatromeccanica di Borelli, Bellini, Malpighi e Baglivi derivata dal meccanismo di Cartesio. In realtà vi è nella sua costruzione teorica un intreccio non facilmente dipanabile di motivi astrologici ed ermetici, con intuizioni riconducibili alla rivoluzione scientifica cinquecentesca e seicentesca.

Un altro significativo esempio di commistione di filosofia, magia e medicina è dato da Gerolamo Fracastoro, che diede una spiegazione al contagio e ai rilievi epidemiologici di carattere teorico speculativo ispirandosi alle categorie cosmologiche dell’attrazione e della ripugnanza.

Di estremo interesse per la sua capacità di recupero e di rinnovamento della tradizione

ne filosofica delia magia, sulla base del parallelismo tra macrocosmo e microcosmo, del concetto dell’anima come «copula mundi» (Ficino), della vita cosmica e dell’organicità del reale come interconnessione tra tutti i suoi gradi e, soprattutto sulla centralità dell’uomo tra mondo intelligibile e mondo sensibile, La magia viene così in- tesa come la «scienza più perfetta» în quanto, nata dalla conoscenza dell’intreccio e delle correlazioni ontologiche, può agire sulle forze vitali dell’universo e può procedere ad operazioni prodigiose. La magia coincide pertanto con la sapienza nella sua forma Più elevata ed ha un carattere rigorosamente iniziatico, come nella tradizione ermetica. Minore importanza hanno certamente Girolamo Cardano e Giovan Battista Della Porta, entrambi sostenitori della magia come autentica e superiore sapienza. In entrambi vi è una confusa commistione di scienza e pensiero magico, non senza intuizioni di note- vole rilievo in ambito medico e cosmologico, Questi brevi cenni sulla magia rinascimentale tendono a confermare la recente inter- pretazione degli epistemologi e storici della scienza più accreditati sulla fecondità della tradizione magico-ermetica ai fini della nascita e dello sviluppo della rivoluzione scientifica. D’altronde è stato giustamente osservato che vi sono profondi influssi dell’ermetismo in Tycho Brahe, in Keplero e in Copernico; come pure vorrei sottolineare che la teoria ficiniana dello spiritus (teoria presente con diverse modulazioni in Erasistrato, Galeno, Cardano e Telesio). elemento di mediazione specie nell’ambito della conoscenza sensibile tra due sostanze tra loro ontologicamente distanti e contrapposte (nel senso del dualismo platonico anima-corpo) viene ripresa da Cartesio, con la modificazione concernente la natura materiale (sebbene di una materia sottile ed aeriforme) degli spiriti animali e da Willis per una spiegazione meccanicistica dei fenomeni neuropsicopatologici mediante il concetto di anomalia del loro moto. ll contributo di G. Bruno al passaggio dalla magia alla scienza è comparativamente di gran lunga più fecondo e originale, benché meno appariscente rispetto a quello dei pensatori rinascimentali ricordati precedentemente. I! suo, infatti, è un tentativo di conferire fondamento filosofico sia all’ermetismo e al sapere iniziatico, sia alla nuova conce- zione eliocentrica di Copernico. I fondamenti teorici di questo suo programma speculativo, religioso ed etico Possono venir sintetizzati nei seguenti riferimenti teorici: la concezione dell’essere come Uno-Tutto. Si tratta di una concezione metafisica estremamente complessa e sofisticata poiché è ben lontana dall’assumere un significato di indistinzione e di uniformità come invece accade nelle forme rozze di panteismo, La categoria che consente di conferire una diversa accezione all’immanentismo bruniano è infatti quella di causa e la distinzione ontologica tra Dio (causa) e mondi (effetto) è dicale ra- e incontrovertibile . ll rapporto tra la Causa prima infinita e l’effetto infinito è

quindi essenzialmente quello neoplatonico classico {Plotino e Procto) dell’emanazione

necessaria connessa a quella del ritorno (che, a sua volta, costituisce il fondamento

dell’etica e della religione).

Non vi è dunque identità tra Dio e il Mondo: «Io dico scrive Bruno- Dio tutto infinito,

perché da sé esclude ogni termine ed ogni suo attributo è uno ed infinito; e dico Dio

totalmente infinito poiché tutto lui è in tutto il mondo ed in ciascuna sua parte infinitamente

e totalmente: al contrario dell’infinità de l’universo, la quale è totalmente in

tutto, e non in queste parti che noi possiamo comprendere in quello»

L’adesione alla teoria eliocentrica di Copernico, che si spiega sia come traduzione in

termini astronomici e cosmologici della versione metafisico-teologica del simbolismo

del Sole e della Luce proprio della tradizione ermetica, sia come conseguenza e/o concordanza con la tesi dell’infinità dell’universo. Una corretta interpretazione dell’eliocentrismo di Bruno non può consistere essenzialmente ed esclusivamente né in

una accezione scientifica né in una accezione magico-esoterica. Credo, invece, che la

via indicata e percorsa da G. Bruno sia quella propriamente filosofica come mediazione e  fondamento sia della scienza che del sapere ermetico.

L’intreccio e l’interazione tra sapere filosofico e sapere magico-ermetico. È evidente la

distinta funzione nel sistema della costruzione filosofico_metafisica, come sapere quadro che circoscrive e unifica, rispetto alla simbologia magico-esoterica, che solo apparentemente si presenta come autonoma. In realtà ci sì trova di fronte ad una complessa

gnoseologia che comporta la valorizzazione, ma insieme la consapevolezza dei limiti, della razionalità pura.

Bruno è cioè profondamente persuaso che la fiducia nel valore della scienza e della filosofia

sia correlativamente disgiungibile da una fede dogmatica nella loro assolutezza.

I limiti del sapere filosofico e scientifico hanno la loro causa nella natura infinita di Dio

e dell’universo, Vi è quindi spazio per un approccio diverso e ulteriore, quello ermetico-

iniziatico che mediante un linguaggio simbolico, parallelo gnoseologico della

struttura della realtà, colga i gradi dei processi ontologici e le loro connessioni.

D’altronde un pensatore come Bruno strettamente collegato al neoplatonismo pagano e cristiano (da Plotino, a Proclo allo Pseudo Ermete Trismegisto, allo Pseudo Dionigi

l’Areopagita, al Cusano e al Ficino) ha presumibilmente intuito che corollario strutturale della tesi dell’ineffabilità dell’Uno e della teologia negativa, è la mediazione tra via apofatica e catafatica costituita dalla sapienza magico-iniziatica. E ciò consente, a mio avviso, di attribuire all’adesione bruniana alla magia un significato originale e pienamente moderno pur nella sita continuità storico-filosofica con la tradizione.

Da queste premesse esposte in forma forse troppo sintetica – e di ciò mi scuso – sì possono trarre delle conclusioni interpretative che confermano la validità di un richiamo

massonico a G. Bruno, anche al di là della sua eroica testimonianza di martire della libertà

di coscienza. A lui si deve infatti riconoscere il ruolo di precursore non solo per l’esempio di alto valore etico di lotta contro l’intolleranza, ma anche guida dottrinarie ancora per alcune linee straordinariamente attuali, Si tratta, precisamente della rivendicazione di una religione senza dogmi e al di fuori delle Confessioni e di una valorizzazione della sapienza iniziatico esoterica, come via privilegiata di accesso alle pieghe più intime della realtà.

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