ORAZIONE PER ELEVAZIONE AL GRADO DI MAESTRO dei Fratelli C. A. C. e E. C.
‘Uno che diventa due, che si sdoppia come insegnano i sacri testi. La realizzazione pratica l’abbiamo avuta oggi. Un rito ha dato luogo a due entità uguali ma distinte, ed è per questa ragione che mi avvicino ad esse separatamente.
Caro fratello C. A., la tua permanenza nel grado di compagno ti può essere sembrata, secondo il nostro grado di imperfezione, forse piuttosto lunga, mentre, se visto in un’altra ottica, è
stata, né più né meno, della durata giusta e perfetta Il nostro grado di non perfezione non conta, è piuttosto fondamentale quello che doveva essere e che è stato.
Non eri ancora maturo alla morte. Avevi alla data del febbraio di quest’anno, ancora tanta voglia di ricacciarla.
Le ragioni? Dopo la mia tavola sulla morte mele avevi espresse tu stesso:
_ insoddisfazioni di ciò che si è, di ciò che sì è stato, di ciò che si è fatto, di ciò che non si è fatto, di ciò, di ciò, di tanti, di troppi di ciò.
– la paura: palese e/o mascherata, del ridicolo, del dolore, di tante cose, di troppe cose.
– non accettazione e comprensione della parola definitivo
– quando la morte verrà, noi non cì saremo. Non saremo consapevoli o coscienti di esserlo: se così fosse saremmo vivi.
– quando saremo morti non sapremo di esserlo. Il sasso sa di essere sasso?
– l’unica cosa che ci potrà far vivere è il ricordo in chi rimane: ma vivremo solo in quell’attimo e solo nelle forme-pensiero.
La vita eterna: la voglia di non morire. Il rischio di una grande confusione semantica in cui un non problema come questo rischia di diventare un puro gioco di società.
Vita e morte sono in realtà la stessa cosa, è la nostra incapacità di sintesi che ci obbliga a sdoppiare ciò che è uno. Noi siamo contemporaneamente la vita è la morte, il nostro maya comporta un continuo alternarsi delle due fasi sino al momento in cui non vivremo più e non moriremo più.
Sarà, quel momento, lo stato in cui queste due antinomie non avranno senso, in cui la parola troppo si annullerà nel poco, il definitivo nel provvisorio, in cui il sasso saprà di essere sasso.
Non è la verità quello che ho detto. E’, molto più semplicemente, non quello che penso, ma quello che sento.
Sappi accettarti per quello che sei; unico ed irripetibile!
Caro fratello E.,
la morte in un certo senso ricorda il buio, la notte, un certo senso di paura e la voglia di trovare un aiuto, un riparo, in definitiva un asilo.
Chi cerca questo ultimo asilo, non è sovente lontano dalla morte civile, da quel distacco non voluto e, perché no, qualche volta voluto, da quello cheli circonda, da quello che li ha circondati.
Tu hai frequenti occasioni, negli Asili Notturni, di toccare con mano le loro illusorie realtà.
Il campionario di umanità – senza distinzione di età, di religione, di colore della pelle – di coloro che fruiscono degli asili, può o indurire la nostra pelle, o coinvolgerci.
Tutte e due queste reazioni rischiano però di velare i nostri occhi per cui possiamo non distinguere più l’illusorio dal reale.
Le possibili diverse posizioni della squadra e del compasso ci aiuteranno a comprendere lo spessore dei veli sui nostri occhi.
Scherzosamente ……. Non dimenticare che sei un fratello particolarmente fortunato perché pochi possono vantarsi di essere saliti al grado di maestro dopo solo due settimane dal loro ingresso in una loggia.
Benvenuto fra noi come fratello e come maestro