L’antenato digitale
di VIVIANA PONCHIA
Roma, 21 novembre 2016
– A 80 ANNI non poteva fare tutto da solo. Diceva che gli scappava la schermata, che il suo indice era abituato a schiacciare e con il pollice non ci faceva niente. La prima volta di mio padre con uno smartphone fu la notte di Natale. Nessuno si rendeva conto che quel regalo avrebbe cambiato per sempre il suo rapporto con le dita e con il mondo. Scivolava, letteralmente, sulla plastica illuminata, come un bambino al debutto sugli sci. I nipoti misero una sua foto attonita sul profilo di WhatsApp, chiarirono che telefonare era l’ultima della funzioni. Diventò una questione d’onore. A forza di smanettare a casaccio, fra messaggi vuoti e chiamate partite per sbaglio, scoprì Google. Per settimane andò a zonzo sulla città atterrando sui tetti delle case dove aveva abitato. Imparò a conoscere i versi della bestia e i suoi bisogni. Oggi è il primo a mettere mano alla fondina quando scatta una vibrazione. E bisogna vedere la sua faccia quando dice: sono gli amici della Peppa, manca il quarto.
SE L’ANIMALE tace si preoccupa. E’ capace di staccarsi da un rigore del Toro per controllare se c’è campo. Scatta foto a gatti randagi e graffiti arguti, le inoltra e pretende commenti. Controllare un figlio a zonzo nella Rete è difficile, con un genitore anziano è impossibile. Il nativo digitale cammina su sentieri fatti apposta per lui, non ne conosce altri. Suo nonno arriva dalla preistoria delle comunicazioni e fa dei limiti strutturali un trampolino verso l’ignoto, come quando dimentica di staccare i dati mobili a Parigi, ignora il wi- fi e paga il suo andare a zonzo sui tetti delle città come una crociera. In lui si misura la potenza transgenerazionale della connessione, il bisogno ormai primario di stare come un ragno in agguato nella ragnatela del web. Non so prima come facessi, confessa. Come i figli un po’ più avvantaggiati di lui, come i nipoti che fino a un anno fa rimproverava. Al mattino il primo pensiero non è più il caffelatte ma l’incursione nel suk virtuale dove predicatori, saltimbanchi e guaritori hanno già iniziato lo show. E’ stato la gioia dei concessionari, anche con lo smartphone pretende il massimo. Non vale dirgli che quell’affare è tarato sui neuroni di un bambino. Lo trova stimolante, lo vuole carico come una colt. Tradisce anche lui il vecchio giocattolo, la tv. Che sta allo smartphone come l’oratorio alla casa di tolleranza.