IL SOLSTIZIO D’INVERN E IL SUO SIGNIFICATO NEI MISTERI
MASSONICI
Siamo nell’imminenza del Solstizio d’Inverno. Lo svolgersi ciclico
del Tempo nella Natura, che per gli Antichi rappresentava uno dei
significati del serpente cosmico Urobòros, è scandito da due assi
temporali che, rappresentati graficamente, formano la grande croce cosmica. Abbiamo l’asse orizzontale dell’equilibrio equinoziale — all’inizio della primavera e dell’autunno — nei punti nei quali la misura
temporale della luce diurna è uguale a quella della tenebra notturna. Ed abbiamo l’asse verticale rappresentato dai due solstizi: quello estivo nel quale abbiamo temporalmente la massima misura di ore di luce diurna, ma anche, per la massima altezza del Sole sull’orizzonte, la maggior misura di luce e di calore che inondano il nostro emisfero boreale; ed abbiamo al solstizio d’inverno, la massima estensione temporale delle ore di tenebra e il gelo che attanaglia la terra, portando al sonno la vegetazione e anche alcune specie animali. L’ordine cruciale che formano graficamente questi due assi — quello equinoziale e quello solstiziale — dà luogo alle stagioni, attraverso le quali si compie l’alchimia trasformativa della Natura. E sulla base dell’antica sapienza
astrologica alle quattro stagioni venivano fatte corrispondere gli elementi della fisica quattro antica.
Il Tempo, che nel suo incessante, inarrestabile, svolgersi come il
serpente cosmico Urobòros, divora se stesso, nel contempo, come
quello, rigenera se stesso. Nella concezione del Tempo che ne avevano
gli Antichi, concezione attinta all’esperienza spirituale dei Misteri e della Religione Olimpica del Mondo Classico, il Tempo non è lineare e
indefinito, tendente ad un èschaton, ad una “fine dei tempi”. ad un
“tempo ultimo” che esaurirebbe il procedere del tempo, e porterebbe
inevitabilmente ad una “fine del mondo”. Per l’esperienza spirituale e interiore degli Antichi il Tempo — che era una Divinità — era, invece,
ciclico e qualitativamente definito. Non solo, ma proprio per il SUO
carattere ciclico, il Tempo, rigenerando incessantemente se stesso, era altresì l’eterno generatore degli esseri. Per cui attraverso un “eterno
ritorno”, con tutte le sue trasformazioni, la rigenerazione del Cosmo e
degli esseri, in tale visione non era contemplata una “fine del mondo”,
in quanto il mondo — non creato dal nulla, bensì emanato dall’Uno, col
quale era coessenziale e consustanziale — veniva ad essere l’effetto
eterno di una Causa suprema e eterna, incessantemente emanatrice e
generatrice. Questa concezione pitagorica, stoica, platonica, ermetica e misterica del Tempo, giungerà sino al nostro Rinascimento, nel quale
animò la visione filosofica di un Giordano Bruno, il quale cercò — con
un’audacia senza pari — di restaurare l’antichissima religio mentis
dell’Ermetismo alessandrino, pagando col martirio sul rogo questa sua
grande audacia.
Per il mondo antico, medievale e rinascimentale, essendo l’uomo
sulla Terra, in quanto microcosmo, analogo a quello che l’Universo è, in quanto macrocosmo, nella Natura e nel Cosmo, può e deve trovare
l’armonia del proprio particolare essere microcosmico con l’universale
essere macrocosmico. E la Via aurea per inverare una tale armonia era
l’imitazione della Natura, e la partecipazione ai ritmi della Natura, vista
come manifestazione del Divino, dell’Uno. Perché imitare la Natura era
imitare il Divino nel processo di emanazione e generazione del Mondo e della Natura. Da qui,.. le feste che, il. mondo. antico,,. greco, romano,
egiziano, orientale, moltiplicava, e i riti nei quali veniva drammatizzato
il vivente divenire della Natura e del Cosmo.
Nel mondo antico, due momenti molto particolari dell’anno erano
proprio i due momenti solstiziali. Nell’antico Egitto, al solstizio d’estate
si aveva il sorgere eliaco di Sothis, ossia il sorgere ad Oriente della
stella di Sirio in congiunzione col Sole. Sirio-Sothis era la stella della
Dea Iside, personificazione della Natura feconda. Era il giorno in cui il
Nilo cominciava a salire, inondando per una intera stagione col suo limo fecondo, le campagne dell’Egitto.
A Roma, invece, aveva una particolare rilevanza il solstizio
d’inverno, nel quale il Sole sembra quasi fermarsi e la sua luce quasi
estinguersi, per poi riprendere vittorioso il suo corso ascendente con
l’allungarsi delle giornate. In quei giorni a Roma si celebravano i
Saturnalia, festività nelle quali si rievocava la perduta Età dell’Oro,
della quale si attendeva. il ritorno, e addirittura si concedeva una
temporanea libertà agli schiavi — la “libertà di dicembre” — perché nella perduta Età Aurea, quando Saturno regnava con Giano nel Lazio, gli uomini erano tutti liberi e felici. Ne parla. Macrobio, nel IV sec. D.C.,
nei suoi Saturnalia. Il giorno del solstizio, il 21 dicembre, era sacro alla
Diva Angerona, e si celebravano le Angeronalia, feste in suo onore. Essa
era la Dea dell’Iniziazione romana, assieme a Flora, alla dea Tacita, alla
Dea Bona, preposta, questa, proprio alle iniziazioni femminili. Il 25 dicembre. allorché il Sole aveva appena un minimo cominciato ad allungare le giornate, si celebrava il Dies Solis Invicti, il giorno del Sole Vincitore sulla tenebra, e il giorno di nascita del Dio Mithra, preposto ad un genere particolare di Misteri, che assieme a quelli Isiaci ed Eleussini, hanno una notevole affinità con quelli massonici. Soltanto nel 352 d.C., ‘a Roma venne fatto coincidere il Natale cristiano con la Festa della nascita di Mithra nel giorno del Sole Invitto.
Infatti, in Massoneria si celebra la festa di San Giovanni d’Estate,
in prossimità a quel solstizio d’estate’ sacro alla-Dea Iside. E ‘i Liberi
Muratori, in quanto “Figli della Vedova”, sono suoi “figli”. Il Maestro
Venerabile, che in Loggia impersonifica Horus, figlio di Iside vedova,
siede all’Oriente su un “trono”. Ora la parola “Iside” in lingua egizia si
dicè Isit “ che significa “appunto trono ed infatti l’ideogramma che identifica la Dea.
In alcune Obbedienze, e in alcuni Riti, si celebra, o si celebrava —
per esempio nel Rito egiziano del Conte di Cagliostro — anche la festa di San Giovanni d’Inverno, il 27 dicembre. E non è un caso che in loggia la squadra e il compasso — all’apertura di ogni tornata nelle Logge di S. Giovanni, come un tempo erano chiamate — vengano posti sulla pagina del Volume della Legge Sacta, che contiene il Prologo del Vangelo‘ di Giovanni, nel quale si parla della Luce, che splende nelle tenebre, e della Parola creatrice. Nell’Iniziazione massonica, al recipiendario, che viene progressivamente iniziato si trasmettono, appunto Luce e Parola Sacra.
Come nel profondo inverno, al solstizio, il Sole deve rinascere per
portare Luce e Calore vivificante, così l’iniziando, che nel Gabinetto di
Riflessione è ancora immerso nella tenebra è vive il suo solstizio invernale dell’anima, poi ne esce e cerca la Luce che lo trae fuori dalle
tenebre e dal caos. L’iniziando percorre la loggia seguendo il cammino
del Sole, perché egli trova l’ordine, vincendo il caos, proprio “imitando”
il cammino del Sole, e proprio come il Sole al solstizio d’inverno egli
“muore e rinasce”. Dal confronto con le destrizioni contenute nelle
Metamorfosi di Apuleio di Madaura, sappiamo quanto l’Iniziazione
dell’Apprendista sia simile ai Misteri Isiaci.
Il massone nel suo cammino di crescita può trovarsi nuovamente
tra morte e rinascita, e il massone che percorre la loggia da Occidente — dalle tenebre — all’Oriente — alla Luce. Come Hiram e Osiride, muore e rinasce attraversando i solstizi dell’anima.
Alcuni autori, come René Guénon e Oswald Wirth, paragonano
giustamente le due feste solstiziali di S. Giovanni d’Estate e S. Giovanni
‘d’Inverno, ai due volti del Dio Giano, lo janitor, ossia colui che sta
sulla Soglia della Porta dei Misteri, e che può concedere il passaggio a
chi è degno e impedirlo al profano indegno. Ed è significativo che il
giorno di nascita della moderna Massoneria speculativa sia avvenuto nel 1717 proprio nel giorno di S. Giovanni d’Estate, il 24 di giugno.
È auspicabile che ogni Libero Muratore giunga, come il Sole, a
vincere le tenebre, nell’invernale solstizio dell’anima, e a seguire poi il
corso ascendente del Sole, sino alla sua massima luminosità nel solstizio estivo dell’anima.
TAVOLA DEL FR.’. S.A.S.