UN PASSATO ‘SU MISURA’

UN PASSATO ‘SU MISURA’

La lettura del Libro delle Costituzioni del pastore Anderson (vedi il capitolo Dalla Massoneria operativa a quella speculativa) consente di verificare direttamente la genesi del primo nucleo di fatti e personaggi storici curiosamente collegati e di vere e proprie leggende su cui tanto si sarebbe sbizzarrito l’immaginario massonico. Nel Libro la storia della Massoneria costituisce un’estesissima prefazione al vero e proprio testo statutario, ripreso, con delle semplificazioni, dagli antichi regolamenti delle corporazioni di lapicidi e muratori.

Allegoria della geometria in un’incisione del 1500, che ne sottolinea lo stretto collegamento con l’arte del costruire. Il richiamo a Pitagora, agli Egizi e ai Caldei come ‘antefatti sapienziali’ della storia della Massoneria mira a ribadire questo collegamento.

Applicando la propria erudizione a una materia già in parte creata da chierici medioevali per sostanziare il prestigio dei Massoni operativi, Anderson ipotizza che questi ultimi, senza soluzione di continuità, avessero segretamente preservato dall’oblio un patrimonio di conoscenze sublimi rivelate all’umanità primitiva, poi sviluppate nell’antico Oriente e giunte, grazie a loro, in Occidente. Nella galleria dei personaggi costituenti gli anelli di un’ininterrotta catena occulta figurano tra l’altro Pitagora, che sarebbe stato tributario della sua sapienza agli Egizi e agli Ebrei della cattività babilonese, i Magi Caldei, ma soprattutto Salomone. Questi sarebbe stato il più fulgido esempio di quegli antichi monarchi che accordarono sempre la loro protezione all’Arte Reale, come Anderson definì la Massoneria, che aveva potuto toccare la perfezione «per l’intervento di Dio nella costruzione dell’Arca dell’Alleanza e del Tempio di Salomone».

Una delle tre monumentali porte di accesso al grande cortile esterno del Tempio di Salomone, secondo una ricostruzione fatta in base a elementi ricavati dalla Bibbia. Per quanto nella cultura massonica il Tempio sia collegato all’eredità delle maestranze che provvidero alla sua edificazione e ancor più a quella dei Liberi Muratori medioevali, l’eredità più profonda, metastorica e universale «è quella dell’uomo alla ricerca della verità, dell’homo religiosus nel senso più autentico» (M. Moramarco).

Al forte richiamo a uno scenario veterotestamentario, alla figura di Salomone e all’immagine suggestiva del Tempio si collega la leggenda di Hiram, fondamentale per la comprensione del mondo simbolico massonico. La Bibbia racconta nel Libro primo dei Re che Hiram regnava su Tiro, nel Libano, e che dette un valido aiuto a Salomone in materiali edilizi e operai specializzati per la costruzione del Tempio. Nel Libro secondo delle Cronache un altro Hiram, figlio di una vedova della tribù di Neftali (i Massoni si definirono Figli della Vedova), abile «nel tradurre in realtà qualunque progetto artistico gli fosse affidato», è inviato dall’omonimo re di Tiro a Salomone perché cooperi alla costruzione del Tempio, in cambio del grano, dell’orzo, dell’olio e del vino pattuiti. La leggenda adotta questo nome per il Maestro dei lavori del Tempio, su mandato del re.

Ogni giorno Hiram, durante la pausa del pranzo, ispezionava il cantiere. In una di queste occasioni gli venne tesa una trappola da tre muratori nascosti nel Tempio quasi ultimato, per estorcergli la parola d’ordine segreta con cui chiedeva e otteneva il salario adeguato alla sua carica. Poiché si rifiutò di rivelarla e tentò di fuggire, venne ucciso presso la terza porta del Tempio, dopo essere stato colpito sia presso la prima sia presso la seconda, perché le tre porte del Tempio erano presidiate dai tre complici.

La scala delle virtù, da un manoscritto del XII secolo. È qui ripreso e reso esplicito uno dei possibili significati della visione biblica della scala di Giacobbe (Genesi 28, 10-14; 16-19). Anche i Massoni inglesi interpretano i gradini della scala di Giacobbe come la rappresentazione delle virtù umane, in particolare la Fede, la Speranza e la Carità, cioé l’Amore, che prova la sincerità della Fede e dà alimento alla Speranza. Ma la scala di Giacobbe suggerisce anche «l’idea, a quanto pare antica come l’umanità stessa, di un luogo sacro dove i muri e le leggi del mondo temporale possono dissolversi» (G. Campbell). In questo senso il simbolo si rivela affine a quello del Tempio.

Gli assassini nascosero temporaneamente il corpo di Hiram sotto dei calcinacci, e a mezzanotte lo recuperarono, per dargli sepoltura su una collina poco distante. Salomone, impensierito per l’assenza del suo architetto, incaricò quindici ‘buoni Fratelli’ di cercarlo. Costoro, temendo che Hiram avesse rivelato la parola d’ordine segreta, decisero che l’avrebbero rimpiazzata con la prima parola che fosse pronunciata dopo il ritrovamento di Hiram. La scoperta del cadavere fu casualmente possibile perché uno dei quindici fratelli, sedutosi per riposare su un tumulo, notò che la terra era stata smossa di recente. Messisi così a scavare, trovarono il corpo in una fossa che misurava sei piedi verso est, sei piedi verso ovest e sei in profondità. Andati subito a riferire l’accaduto a Salomone, ricevettero l’ordine di tornare a recuperare il corpo, perché potesse essere solennemente sepolto nel Sancta Sanctorum del Tempio. Quando uno dei quindici afferrò un braccio del corpo di Hirani per estrarlo dalla fossa, gli restò la carne in mano e si udì distintamente una voce che diceva Mac-Benac, divenuta da quel momento, come era stato stabilito, la nuova parola segreta del Maestro. Per recuperare poi il corpo un altro fratello gli si distese sopra e gli passò un braccio dietro la schiena. Fu così che lo sollevò mano contro mano, guancia contro guancia, piede contro piede, ginocchio contro ginocchio e mano contro la schiena: i cosiddetti ‘cinque punti del Maestro’.

Ipotesi su un possibile significato cosmico remoto delle due colonne, ricordate anche nel Libro dei Re come quelle che Salomone fece erigere nel portico dei Tempio di Gerusalemme e assunte nella simbologia massonica. Nell’osservazione rituale del Sole nel corso dell’anno il ‘costruttore sacro’ si poneva di fronte al Sole levante (est) «su uno scranno posto in un luogo preciso e invalicabile. Egli seguiva gli spostamenti progressivi del sorgere del Sole all’orizzonte, fra i due limiti estremi raggiunti nei solstizi d’inverno e d’estate. Si segnavano sul terreno questi due punti essenziali con due pali… o ancora, nei templi più elaborati, con due colonne» (G. de Champeaux e S. Sterckx). Da ciò si ricava il concetto di ‘limite’, abbinato nel Tempio massonico, che è insieme il simbolo e l’edificio ove ha sede la loggia, a quello di ‘infinito’ (la volta del cielo, riprodotta dal soffitto).

Questa leggenda, che in relazione ai cosiddetti ‘gradi superiori’ si è arricchita di altri ulteriori particolari, dà la spiegazione di parecchi rituali delle cerimonie massoniche. In proposito bisogna ancora insistere sul fatto che tutto il simbolismo massonico, e quello biblico in particolare, abbina elementi derivati dalla tradizione operativa (per esempio Hiram come l’architetto consapevole di svolgere un compito sacro) con risonanze misteriosofiche di varia origine. Così il Tempio, Salomone o ancora l’immagine potente della scala di Giacobbe, cara alla Massoneria dì tradizione anglosassone, costituiscono al di là dell’identità storica degli stimoli esotericamente offerti all’adepto affinché vi colga il messaggio utile alla sua evoluzione spirituale, indipendentemente dall’interpretazione filologica, pur sempre ‘essoterica’ e cioè non iniziatica, che ne possano dare gli esegeti della Bibbia.

Questa voce è stata pubblicata in Lavori di Loggia. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *