XX SETTEMBRE 1970

XX SETTEMBRE 1970

(Per una ricorrenza qualsiasi della data storica).

Evento conclusivo.

La storia di ciascun popolo e dell’umanità non ha mai conclusioni, perché, nell’alternarsi

delle vicende che accompagnano l’evoluzione civile, è presumibile che, finché durerà il genere

umano, procederà sempre un domani che superi la crisi dell’oggi. Questo si può prevedere che

succederà indefinitamente.

Ma, come negli anelli di una catena di cui non conosciamo né il principio né la fine, così, da

quando la Preistoria e la Storia con documenti vari vengono conosciute non solo dagli studiosi, ma

dagli uomini di cultura, è tutto un seguirsi di vicende, delle quali si ricercano le cause, lo

svolgimento e la conclusione. Per non parlare che dei due grandi avvenimenti più recenti, abbiamo

assistito al principio della 1 Guerra mondiale nel 1914 e alla sua fine nel 1918, poi al principio della

II Guerra mondiale nel 1939 e alla sua fine nel 1945.

Ora, se fermiamo l’attenzione sul nostro Risorgimento, lasciando stare le pure

importantissime manifestazioni Carbonare e mazziniane, che precedettero le guerre vere e proprie,

dobbiamo considerare come principio dell’indipendenza e dell’unità nazionale il 1859 con

l’annessione della Lombardia e come svolgimento il 1860-61 con l’annessione delle regioni

dell’Italia centrale e, ancor più, con la spedizione dei Mille e la conquista della Sicilia e dell’Italia

meridionale; infine il 1866 con l’occupazione del Veneto (la Venezia Giulia e la Venezia Tridentina

rimasero ancora sottomesse all’ Austria e furono redente nel 1918).

Quale cittadino italiano, qualunque opinione politica seguisse, qualsiasi fede religiosa

professasse, potea considerare chiusa la fortunata epopea risorgimentale col 1866? E Roma? Roma

posta geograficamente nel centro della penisole, gloriosa per l’antica civiltà pagana, destinata, per le

condizioni e la vasta estensione dell’impero romano, a diventare il centro della cristianità, Roma,

legata ai tentativi sanguinosi, ma non inutili, di Aspromonte e Mentana, auspicata da Mazzini centro

dell’Umanità fraternamente concorde? Poté il potere temporale della Chiesa, poterono le armi

francesi ritardare il compimento dell’unità nazionale, ma non impedirlo; la fatalità storica doveva

preparare, proprio con la guerra della Prussia contro la Francia, la realizzazione del sogno secolare,

placare finalmente le anime di tutti i martiri e soddisfare l’aspirazione di tutti i cittadini degni di

questo nome.

L’evento storico avvenne il XX Settembre 1870.

Valore ideale dell’evento.

Il XX Settembre segna la grande data di liberazione e di conclusione della causa nazionale,

quale fu intesa nei secoli da Dante, da Machiavelli, dall’Alfieri, per non citare che pochi tra

moltissimi; da quel giorno ha inizio la potenza ideale dell’Italia tra le nazioni civili; essa durerà

finché questa data sarà ricordata, finché ci saranno spiriti liberi, che la celebreranno come sacra e

che alla celebrazione di essa richiameranno tutti i cittadini, di tutte le tendenze, invitandoli allo

studio della storia, a rendersi conto delle cause dei fatti determinanti nella vita del popolo italiano e

di tutti i popoli, a considerare infine quali importanti eventi presenti e futuri sono compresi in

questo avvenimento che noi persistiamo a considerare non italiano, ma universale.

Per comprendere questo basta considerare le origini ideali del nostro Risorgimento:

dapprima l’attività della Carboneria e della Giovine Italia, rivolte a dirimere tutti gli impedimenti

interni ed esterni al raggiungimento della libertà, tra questi ultimi, l’azione insistente della Chiesa,

palesemente contraria alla guerra contro l’Austria e all’unità della patria; poi il movimento con il

suo più grande rappresentante, Camillo Cavour, che qui non si vuoi ricordare come l’abile

diplomatico, che preparò la Il Guerra dell’indipendenza, ma come il difensore dell’indipendenza

dell’autorità civile da quella religiosa, dello Stato dalla Chiesa. Hanno bensì potuto Mazzini e

Garibaldi e i loro seguaci essere scomunicati, essere dichiarati nemici della religione e condannati

dalla Chiesa ed avversati da pavidi governi, difensori di privilegi dinastici e di caste, ma essi

rappresentarono storicamente la più pura espressione della tradizione repubblicana, liberale italiana.

Che cosa significa oggi la data del XX Settembre? È troppo poco considerarla soltanto come

la data di creazione della naturale, definitiva capitale d’Italia e come la fine del potere temporale

della Chiesa; essa significava e nel momento in cui avvenne e in seguito e significa oggi ancora

alcunché di più profondo e di più storicamente grandioso: la necessità che le due Autorità siano

assolutamente distinte nelle loro mansioni, una rivolta alle cose del ciclo, l’altra a quelle della terra,

cioè della libera manifestazione del pensiero in campo civile, senza che impedimenti dogmatici

passino con imposizione assoluta dal campo della fede a quello della scienza, della cultura, della

ricerca della verità, insomma della soddisfazione di quella innata curiosità di sapere, che sola

permette e facilita il continuo miglioramento umano. Di qui derivano conseguenze ben più gravi

nella vita degli uomini e nella risoluzione di problemi un tempo nemmeno concepibili: i problemi

economici e sociali, che si sono presentati alla libera discussione e che dalla libera discussione

hanno trovato e ancora troveranno nuove soluzioni e perfezionamenti.

Se lo Stato è libero e non è influenzato da forze estranee, può procedere avanti e contribuire

alla formazione di una compagine di cittadini coscienti, rispettosi delle leggi, conoscitori dei diritti e

dei doveri; se al contrario la spada si congiunge col pastorale, anzi se quella, rappresentata dalla

legge civile, è sopraffatta da questo, come è accaduto pertutti i secoli passati, accade quello che di

necessità significa l’estremo decadimento.

Annebbiamento religioso e politico.

La festa del XX Settembre fu abolita. In Italia, dove ogni occasione invita a feste ed a

vacanze scolastiche, sovente anche ad interruzione del lavoro normale, dove anche le ricorrenze

tristi, per superficialità e abitudini goderecce, si trasformano in feste, la festa della raggiunta unità,

che non poteva accompagnarsi con vacanza scolastica, è stata abolita, perché, con sofistica

interpretazione, è stata considerata come manifestazione antireligiosa, mentre in realtà ha voluto

significare condanna del nepotesimo, dell’affarismo, della confusione della religione con la politica,

di un predominio temporale più che a guidare i credenti verso concezioni sublimi di fede, a

soffocare le coscienze con la superstizione e il terrore.

Ora pare che l’abolizione della festa del XX Settembre rappresenti la realtà di questi nostri

tempi, nei quali dominano il materialismo, la violenza, l’avidità di facili guadagni, la corruzione e

l’immoralità privata e pubblica. Sarebbe ingiustizia affermare che la Chiesa di Roma sia la causa di

tutti questi mali, ma essa che potrebbe con tanta autorità esercitare un benefico influsso a

raddrizzare le inclinazioni perverse contribuisce potentemente al dilagare dei mali che lamentiamo,

che diventano ogni giorno più gravi e preoccupanti

Non mancano certo frequenti inviti alla virtù, anzi tutte le pubbliche manifestazioni con

encicliche, sermoni, prediche e quotidiani discorsi sono di incitamento alla purezza di sentimenti e

della condotta, ma che valore hanno o possono avere, quando la pratica è in contrasto? Purtroppo

per attrarre moltitudini da manovrare a scopi politici ed interessi economici, si fa concorrenza a quei

partiti, che palesemente materialisti si proclamano, si attirano giovani ed anziani, promettendo e

concedendo loro passatempi, talvolta grossolani. L’edonismo sostituisce lo spiritualismo e gli

allettamenti e gli incentivi non differiscono molto da quelli che di mezzi goderecci si servono a

scopo di lucro.

È contro questo decadimento che il XX Settembre deve rimanere come indice di

rinnovamento morale e civile, come sintomo di correzione del malcostume, come volontà di dare

allo Stato la facoltà e la responsabilità della direzione di governo, senza interferenze minacciose e

umilianti.

Noi che siamo amanti della patria e che per vederla degna di salire più alto ci rifacciamo

sempre alle origini risorgimentali, noi, che, quando abbiamo veduto traditi quei principi e soffocata

con la dittatura la libertà, non abbiamo esitato a reagire con la fiducia che, caduto il regime, si

sarebbe aperta una nuova era di dignità e di sincerità, desideriamo che non vi sia contrasto tra la

predicazione patriottica e la pratica. Così, quando vediamo solennemente celebrati gli anni che

prepararono l’indipendenza e cancellata la festa del XX Settembre, affermiamo che tale condotta è

incoerente e dubitiamo che le manifestazioni coreografiche prevalgano sul valore educativo che

quel ricordo deve avere particolarmente nella formazione della gioventù. Pertanto domandiamo che

non si attenda il XX Settembre 1970 per provare a noi stessi e agli altri che l’Italia è matura per più

alti destini e che gli Italiani non studiano il loro passato per deriderlo e distruggerne i fondamenti,

ma per fare che i discendenti siano degni degli avi e che, come tanto sono progrediti nelle

applicazioni

della tecnica, altrettanto siano consapevolmente uniti nella difesa dei principi di libertà e di

indipendenza civile.

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