Il miglior discorso del mondo di Josè Mujica, presidente dell’Uruguay
Discorso tenuto dal Presidente dell’Uruguay Josè Mujica al G20 in Brasile nel giugno 2012
Povero non è chi possiede poco, ma veramente povero è chi necessita infinitamente tanto, e desidera, desidera, e desidera, e desidera sempre di più
Pepe Mujica, noto come “il presidente più povero del mondo”, ha attualmente 77 anni, vive nella sua casa modesta, devolve il 90% del suo stipendio in beneficenza. E’ stato in carcere 14 anni come oppositore del regime.
Il discorso di Josè “Pepe” Mujica al G20 tenutosi in Brasile
“Un grazie particolare al
popolo del Brasile, ed alla sua Signora Presidentessa, Dilma Rousseff.
Grazie anche alla sincerità
con la quale, sicuramente, si sono espressi tutti gli oratori che mi hanno
preceduto.
Come governanti, tutti
manifestiamo la profonda volontà di favorire gli accordi che questa nostra
povera umanità sia capace di sottoscrivere.
Permettetemi, però, di pormi
alcune domande a voce alta.
Per tutto il giorno si è
parlato di sviluppo sostenibile e di affrancare, dalla povertà in cui vivono,
immense masse di esseri umani. Ma cosa ci frulla per la testa ?
Pensiamo all’attuale modello
di sviluppo e di consumo delle società ricche?
Mi domando: che cosa
succederebbe al nostro pianeta se anche gli indù avessero lo stesso numero di
auto per famiglia che hanno i tedeschi?
Quanto ossigeno ci resterebbe
per respirare ?
Più francamente: il mondo ha
le risorse materiali, oggi, per rendere possibile che 7 od 8 miliardi di
persone possano sostenere lo stesso livello di consumo e di sperpero che hanno
le opulente società occidentali ?
Sarebbe possibile tutto ciò
?
Oppure, un giorno, dovremmo
affrontare un altro tipo di dibattito ?
Perché siamo stati noi a
creare la civiltà nella quale viviamo: figlia del mercato, figlia della
competizione, che ha portato uno sviluppo materiale portentoso ed esplosivo.
Ma l’economia di mercato ha
creato la società di mercato che ci ha rifilata questa globalizzazione.
Stiamo governando noi la
globalizzazione oppure è la globalizzazione che governa noi ?
E’ possibile parlare di
fratellanza e dello stare tutti insieme, in un’economia basata su una
competizione così spietata ?
Fino a dove arriva veramente
la nostra solidarietà ?
Non dico queste cose per
negare l’importanza di quest’evento, al contrario.
La sfida che abbiamo davanti
è di una portata colossale, e la grande crisi non è ecologica, ma è politica!
L’uomo non governa oggi le
forze che ha sprigionato, ma sono queste forze che governano l’uomo … ed anche
la nostra vita !
Perché noi non siamo nati
solo per svilupparci.
Siamo nati per essere
felici.
Perché la nostra vita è breve
e passa in fretta.
E nessun bene vale come la
vita, questo è elementare.
Ma se la vita ci scappa via,
lavorando e lavorando per consumare di più, il vero motore del vivere è la
società consumistica, perché, di fatto, se si arresta il consumo, si ferma l’economia,
e se si ferma l’economia, spunta il fantasma del ristagno per tutti noi.
E’ il consumismo che sta
aggredendo il pianeta.
Per alimentare questo
consumismo, si producono cose che durano poco, perché bisogna vendere tanto.
Una lampadina elettrica non
deve durare più di 1000 ore, però esistono lampadine che possono durare anche
100 mila o 200 mila ore!
Ma questo non lo si può fare
perché il problema è il mercato, perché dobbiamo lavorare e dobbiamo sostenere
la civiltà dell’usa e getta, e così restiamo imprigionati in un circolo
vizioso.
Questi sono i veri problemi
politici che ci esortano ad incominciare a lottare per un’altra cultura.
Non si tratta di immaginare
il ritorno all’uomo delle caverne, né di erigere un monumento all’arretratezza.
Però non possiamo
continuare, indefinitamente, a lasciarci governare dal mercato, dobbiamo
cominciare ad essere noi a governare il mercato.
Per questo dico, con il mio
modesto pensiero, che il problema che abbiamo davanti è di carattere politico.
I vecchi pensatori, Epicuro,
Seneca o finanche gli Aymara, dicevano: “povero non è colui che ha poco, ma
colui che necessita tanto e desidera sempre di più e di più”.
Questa è una chiave di
carattere culturale.
Per questo saluterò di buon
grado gli sforzi e gli accordi che si faranno, e come governante li sosterrò.
So che alcune cose che sto
dicendo, possono urtare.
Ma dobbiamo capire che la
crisi dell’acqua e del clima non è la causa.
La causa è il modello di
civiltà che abbiamo messo in piedi.
Quello che dobbiamo cambiare
è il nostro modo di vivere!
Appartengo a un piccolo
paese, dotato di molte risorse naturali.
Nel mio paese ci sono poco
più di 3 milioni di abitanti. Ma ci sono anche 13 milioni di vacche, tra le
migliori al mondo, e circa 8 o 10 milioni di meravigliose pecore.
Il mio paese è un
esportatore di cibo, di latticini, di carne.
E’ una pianura e quasi il
90% del suo territorio è sfruttabile.
I miei compagni lavoratori,
hanno lottato molto per ottenere le 8 ore di lavoro.
Ora hanno conseguite le 6
ore lavorative.
Ma quello che lavora 6 ore,
poi cerca il secondo lavoro, per cui lavora più di prima.
Perché? Ma perché deve
pagare una quantità enorme di rate: la moto, l’auto, e paga una rata ed
un’altra e un’altra ancora, e quando decide di riposare … è oramai un vecchio
reumatico, come me, e la vita gli è volata via.
E allora uno si deve porre
una domanda: è questo lo scopo della vita umana?
Queste cose che dico sono
molto elementari: lo sviluppo non può essere contrario alla felicità.
Lo sviluppo deve favorire la
felicità umana, l’amore per la terra, le relazioni umane, la cura dei figli,
l’avere amici, l’avere il giusto, l’elementare.
Perché il tesoro più
importante che abbiamo è la felicità!
Quando lottiamo per
migliorare la condizione sociale, dobbiamo ricordare che il primo fattore della
condizione sociale si chiama felicità umana!
Grazie !”