L’esame di coscienza del Massone
Venerabile Maestro, cari Fratelli,
un giorno bussai anch’io alle porte dell’Istituzione, ritenendo utile inserirmici, per migliorare la mia intellettualità. Ho cercato, sollecitato solo dal mio desiderio di conoscere. La mia ricerca era ed è indirizzata, come penso succeda a molti, all’introspezione, a trovare i principi regolatori della vita, quella vita interiore alla base ì pregevoli risultati.
Questo processo avviene con l’aiuto dei fratelli, con gli insegnamenti indirizzati all’elevazione di ogni uomo, e culminati nella saggezza. Ho trovato, nei lavori dei fratelli, idee, simbologie, formalità e procedure tradizionali, virtualità e potenzialità atte a ordinare il mentale e l’intelletto verso quei principi che cerco. Non ho ancora trovato, però, quelle risposte sostanziali o, meglio, essenziali, che però potrei trovare
in seguito; è infatti per questo che continuo a frequentare l’Istituzione; durante i lavori emergono disquisizioni ideologiche che sospingono alla superficie convinzioni personali, la cui validità può essere messa in discussione, accettata o respinta con approvazioni o critiche sempre costruttive. Il vero senso dell’esistenza di un’Istituzione come la Massoneria è senza dubbio quello di confrontarsi coni fratelli, imparare l’autocritica, la riflessione, rinunciare ai propri irrigidimenti individuali.
Questo Magistero della Massoneria, però, è attualmente, secondo me, soffocato dai fumi del cosiddetto progresso, e ha perso di vista il compito di insegnarci a ricostruire il nostro Tempio personale, secondo l’ottica del G.’. A ‘..D.’.U.’. La stessa Tradizione Salomonica, di cui peraltro il massone moderno mette in dubbio le origini, se addirittura non le nega totalmente, tra manipolazioni dei rituali e della relativa simbologia, in favore di un progresso e di un evoluzionismo che hanno la pretesa di spiegare tutto e a tutto sostituirsi scientemente, compresa l’origine divina di tutte le cose, questa Massoneria che mira sempre più alle distinzioni umane anziché a quelle spirituali, è sempre più vittima delle spire del mondo profano e dei suoi impegni, non in quanto Istituzione Divina, ma in quanto composto di massoni. Io penso che ogni loggia, in generale, debba dare, in quanto assemblea, qualcosa, un soffio forse, che provoca reazioni nella coscienza del massone, inducendolo a comprendere, a elaborare, ad ampliare e in seguito a restituire questo qualcosa con validi risultati per se stesso e per chi gli sta attorno. Nel mio caso considero questo soffio uno stimolo personale per una sacra lotta ai fini della ricerca dei veri valori dentro me stesso e nei miei fratelli, a cui compete maggiormente la funzione, oltre che la responsabilità, di un’equa distinzione tra un iniziato e un profano. Non mi considero un fratello esimio e integerrimo, sono però certo della mia onestà d’intenti nei confronti della loggia e nella qualità della ricerca da me perseguita. La nostra loggia ha prospettive di ricerca esoterica, sebbene molti lavori suoi abbiano deviato non poco da tali prospettive. Pare quasi che la paura di affrontare argomenti non aventi attinenza con il materialismo o sganciati dalla realtà moderna, respinga e accantoni tutto ciò che sa d’esoterismo da vicino e da lontano. Ci si potrebbe allora chiedere quali rimedi a tutto ciò? Io credo che vi sia già implicitamente una risposta, il timore della quale, però, la fa ignorare o accantonare. Nei rituali e nella simbologia, avremmo quanto ci occorre e anche di più; basterebbe solo, invece di alterare tutto per comodità al fine di adattarlo ai nostri intelletti come errate affermazioni di evoluzionismo, trasparenza, progresso e cambiamenti, adattare invece i nostri intelletti a tutto quanto è già appannaggio tradizionale dell’Istituzione. Il credente vero, qualsiasi fede professi, facendo riferimento a una tradizione e alla relativa rivelazione profetica, non riterrebbe scandalosa o sacrilega una riedizione riveduta e corretta, e in ogni caso non ispirata dai testi sacri ai quali si riferisce, adattai anziché compresi per farli quadrare con la mentalità dell’epoca e all’epoca stessa? Sono dunque scritti come gli Antichi Doveri, le Tavole Smeraldine, il Poema Regio, i Manoscritti o il Manava Dharmasastra, che i massoni ben posseggono, a essere privi d’insegnamenti, oppure siamo noi che in questi antichi e altissimi documenti tramandatici non siamo capaci di vedere questi simboli e insegnamenti e altresì di interpretarli?
Tempo fa, senti un fratello affermare che non si possono spiegare i simboli; evidentemente l’informazione sua in merito era tale per cui mancò di considerare che in realtà la loro funzione, di per se già implicita, è proprio la spiegazione di particolari realtà che ci consentono la ricongiunzione con esse, dato che, fra l’altro, il significato di simbolo, nonché la sua funzione, è proprio “ciò che unisce”.
Dovremmo forse condannare tutto quanto è appannaggio tradizionale
dell’Istituzione e costruirne uno nuovo ed affermare che l’abbiamo fatto noi?
Se la risposta a tale interrogativo fosse affermativa, addio allora ai sani e onesti principi di ricerca della Luce, che si propongono tutti coloro che chiedono di far parte dell’Istituzione.
TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’. L. Orlnd,