Dal Tempio della Loggia al Tempio nella Loggia
GIOVANNI GIGLIUTO
“Egli sa [Dio onnipotente, n.d.r.] che non ho scritto le mie osservazioni né per amore di una lode umana, né per il desiderio di una ricompensa temporale, che non ho nascosto nulla di prezioso o di raro per malizia o gelosia, che non ho passato sotto silenzio nessuna cosa, riservandola per me solo, ma per accrescere l’onore e la gloria del Suo Nome ho voluto venire incontro alle necessità e aiutare il progresso di un gran numero di uomini”.
TEOFILO, Traité de divers arts (sec. XII)
“Nihil sub sole novi!
In questi pensieri, dunque, non vi può essere nulla di nuovo… Essi sono un rosario di cose eterne.
Se in questo rosario si trovano rose non mie, non sono state rubate, sono venute da sé e qui riportate per forza analogica e non volutamente. Non ho avuto nessuna preoccupazione per i pensieri già detti da altri, e ciò perché non esiste in questi scritti alcuna vanità individuale”.4(ARA, Massime di scienza iniziatica)5“Uno studioso serio si deve sempre chiedere se la ricerca che conduce aggiunge davvero al mondo qualcosa di nuovo, di importante, di utile, anche e soprattutto se è un qualcosa di portata minima. Riflettere sulla formazione del sacro, sulle origini delle case di Dio, ripercorrere il sentiero dell’uomo che si stupisce davanti alle prime cose del mondo e le esplora e le patisce, e risponde al male costruendo templi, forgiando simboli che adeschino la divinità e la saldino alla sua anima e alla sua terra, credo che serva a qualcosa. Forse perché ci stiamo davvero accorgendo che pochi intorno a noi vivono nel sacro e ne sono scossi (e qualcosa di profondamente radicato nella nostra epoca ce ne fa addirittura diffidare); forse perché quando entriamo in un luogo considerato sacro non sentiamo più nulla del brivido dei tanti prima; forse perché iniziamo a percepire distintamente l’assenza di centro, la mancanza di punti di riferimento, di provenienze lontane e fertili; forse perché è interrotto il filo che ci ha condotti qui. Forse”1.
LA LOGGIA
Ricorderemo qui di seguito molto brevemente – soprattutto a noi stessi – che “loggia” era uno spazio coperto adiacente la costruzione, e serviva a conservare gli utensili oltre che a fornire momentaneo riparo agli operai. Questo non significa ch’era un semplice capanno degli attrezzi, poiché aveva ben più altre e significative funzioni.
“La Loggia dei liberi muratori tardo medievali ha sempre avuto – salvo per alcune corporazioni – il carattere della precarietà, nei pressi del ‘cantiere’ dove si edificava la Cattedrale od il Palazzo; ma, come già abbiamo sostenuto, il locale della ‘Loggia’ non ebbe solo funzione tecnica, come luogo per il calcolo, la raccolta dei progetti architettonici, il deposito degli strumenti”2.
Era il luogo dove il Maestro Architetto, coadiuvato dai maestri del cantiere, riceveva gli aspiranti lavorieri per l’assunzione. Questa avveniva dopo un’attenta tegolatura3 e consacrata dipoi nella costruenda cattedrale o, in mancanza, in una chiesa con una messa4.
Era altresì il luogo deputato alla pianificazione dei lavori e a quello delle promozioni, gli avanzamenti di carriera. Questi venivano concessi se non dopo un lungo apprendistato – sotto la stretta osservanza di Maestri5 all’uopo deputati.
1 GIACOLETTO PAPAS V., op. cit., p. 7.
2 E: BONVICINI, Esoterismo nella massoneria antica, vol. 2, Roma 1993, p. 167.
3 Cioè l’accertamento della valentìa che ogni aspirante dichiarava d’avere. Accertamento che avveniva in
un luogo coperto: la loggia, appunto. Dal latino TÈGULA D TÈGERE D coprire.
4 Tralasciamo, volutamente, l’accettazione degli Apprendisti in quanto merita tutto un discorso a parte.
5 E per questo chiamati Sorveglianti.
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L’aspirante presentava, accompagnato dal suo sorvegliante, un capo d’opera ad una
commissione, per l’occasione riunita, formata dal Capo Cantiere (Maestro Architetto) e
suoi pari. Una volta che il lavoro veniva giudicato positivamente, il lavorante veniva
avviato ad un lavoro più qualificato (e qualificante) e assegnato ad altro maestro che
vigilava sui suoi progressi. Gli venivano impartiti – centellinandoli e ripetendoli – le
istruzioni (insegnamenti) circa il nuovo tipo di lavoro. L’avanzamento – dopo che in
Loggia con un particolare rituale – veniva per così dire sacralizzato, partecipando ad
una Messa cristiana (anche pubblica). Durante lo svolgimento del rituale
d’avanzamento venivano comunicati (svelati) al lavorante – con la consegna al segreto –
parole, segni e toccamenti, atti a far si che tutti i costruttori (muratori) d’Europa lo
riconoscessero e lo accogliessero con la nuova qualifica6. Il Maestro Architetto si
riuniva assieme ai capomastri per discutere – e risolvere – gli eventuali problemi
riscontrati nella esecuzione del progetto di costruzione.
Pensiamo che sia inutile rimarcare che la cattedrale era costruita – almeno nelle
intenzioni – a Gloria di Dio7 e per la salvezza delle anime8.
Da quanto accennato, risulta ictu oculi che la funzione della Loggia era, per così
dire, propedeutica9 alla costruzione del tempio, cioè della Cattedrale.
Per la massoneria moderna, troppo spesso – per non dire nella quasi totalità delle
volte – “Loggia” è sinonimo di “Tempio”. Questo è errato e allo stesso tempo esatto. Da
un punto strettamente storico – s’è già detto dianzi – “loggia” è un corpo separato dal
tempio-Cattedrale e semmai può essere assimilata alla sala dei passi perduti: locale di
riunione degli operai di diversi paesi, e che non aveva bisogno di misurazione10 e che
quindi si poteva stare in libertà.
Da un punto di vista, ci si passi il vocabolo, iniziatico poiché i lavori sono
A_G_D_G_A_D_U_, tutte le espressioni (teoriche e pratiche) devono perciò
assumere un carattere sacro, hanno bisogno dunque di uno spazio bene definito per
essere sacralizzate: il Tempio.
IL TEMPIO
Il Tempio come summa delle misure, delle conoscenze non solo materiali ed
esteriori, ma soprattutto interiori.
“A tutte le latitudini, un tempio rappresenta il luogo di congiunzione tra il
cielo e la terra, il riflesso del mondo divino. Esso riproduce la creazione del mondo
e si trova dunque legato alla cosmogonia (sistema di formazione dell’universo).
Esso diviene la porta verso un altro mondo. Sintesi del macrocosmo, il tempio è
anche l’immagine del microcosmo, poiché rappresenta insieme il Mondo e
l’Uomo”11.
6 Viene spontanea la domanda: Chi ha codificato queste “parole, segni e toccamenti”? Quando e dove ciò
è avvenuto? Che queste risposte siano parte della parola perduta?
7 A _G _D _G _A _D _U _
8 Per il bene dell’umanità.
9 (peopaideùH) D I (paideùH) = io istruisco.
10 Passi = unità di misura.
11 I. MAINGUY, Simbolica massonica del terzo millennio, Roma 2004, p. 68.
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Il Tempio come immagine del divino dunque, dei luoghi del divino12 – tanto cari
alla dottrina ecclesiastico-religiosa – come traguardo a cui tendere, ma anche come
luogo interiore dove accogliere13 il dio – la scintilla divina – che è in noi.
“Ma cos’era questo templum? All’epoca degli etruschi e dei romani il
templum era un circolo simbolico, sacro, che i sacerdoti descrivevano nell’aria,
mentre essi, dal centro, osservavano il volo degli uccelli per trarne i presagi. In
seguito, mentre materialmente ne nasceva il tempio architettonico anch’esso
circolare, spiritualmente, e in senso traslato, da tale attività divinatoria è nato il
circolo invisibile, l’orizzonte interiore”14.
Il Tempio come luogo interiore, dove la mente, l’anima e lo spirito si incontrano
in una intima connessione. Un non-luogo (àtopon) e allo stesso tempo centro dell’essere
e del Tutto.
“E allora vediamo che il luogo sacro è prima di tutto un luogo della mente,
un posto dell’anima, una regione dello spirito umano.
[…] Il luogo sacro è prima di tutto un luogo del pensiero che, tramite il
simbolo e per concezione sul simbolo, trova da abitare presso la realtà. Si
manifesta, prende corpo, si anima di materiali, cresce su se stesso, per poi
articolarsi in geometrie sempre più complesse.
[…] E’ come dire che il tempio è un luogo sacro proprio perché trascina
l’uomo, consapevole del suo costitutivo carattere mortale, fuori dal tempo,
emancipandolo dalla sofferenza e dal terrore della fine. Il simbolo di dio diventa la
sua casa”15.
Il Tempio come recinto sacro, come luogo sacro in cui il progetto del lavoro, i
lavori eseguiti e quelli che ci si apprestava a fare, erano consacrati al Grande Architetto,
vero Gran Maestro della confraternita. Si assumeva così l’impegno di eseguire i lavori
con la massima attenzione e perizia: con devozione.
Ognuno era quindi chiamato a svolgere il proprio compito – dal più umile al più
creativo – con la stessa intensità e professionalità, poiché la sacralità, o meglio
l’avvenuta sacralizzazione dell’impegno lavorativo, metteva tutti i lavorieri allo stesso
livello di dignità: diversi nelle mansioni, uguali nel fine.
Dunque, il Tempio ove incontrare, trovare altri uomini che hanno lo stesso fine, la
stessa mèta, che hanno lo stesso sentire.
“Ogni aspirante massone, varcando la porta del Tempio, cerca dei fratelli:
potremmo anche dire che cerca antiche parentele dell’anima, appartenenti alla
genealogia delle sue vite anteriori”16.
Riteniamo quanto mai opportuno chiarire che il Tempio massonico non riproduce
il Tempio di Salomone, né da un punto di vista architettonico – ché invece ricalca
quello delle Cattedrali – né dal punto di vista simbolico in quanto, checché ne dicano i
12 La Gerusalemme Celeste.
13 Dal lat. collìgere D collèctum D raccogliere presso di sé, ricevere. E questo ci riporta all’immagine
simbolica della semina, della raccolta dei fiore o dei frutti, fatta in un campo.
14 S. PANUNZIO, Contemplazione e simbolo, vol. I, Roma 1975, p. 42.
15 GIACOLETTO PAPAS V., ‘prefazione’ in A. Pagliero, Dal simbolo al tempio, Torino 2002, p. 5-6.
16 B. NARDINI, Misteri e dottrine segrete, Firenze 1988, p. 279.
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puristi della massoneria, il Tempio di Gerusalemme è legato alla leggenda di Hiram.
Questa fu introdotta nel sistema massonico con l’invenzione del grado di ‘Maestro’ da
parte della massoneria anglosassone17.
“E’ abbastanza curioso il constatare che la leggenda d’Hiram, quale è
rappresentata nelle nostre Camere di mezzo, sembra essere stata ignorata dalla
Libera Muratoria professionale. […] Il manoscritto chiamato Regius o di Halliwel
(circa 1390) non ricorda né Hiram Abif e nemmeno il Tempio di Salomone”18.
Non è poi inutile rimarcare le differenze tra il modo di costruire i Templi, e
nell’architettura romanica e nell’architettura – dispregiativamente chiamata – gotica19.
La prima “si basava sul principio statico di masse voluminose che erano
contrastate e sorrette da altre masse dalla notevole gravità”. Le volte di queste
costruzioni essendo pesantissime, scaricano il loro peso in diagonale, non in verticale,
per tale motivo hanno bisogno di muri di sostegno molto spessi, atti a contrastare le
notevoli spinte ribaltanti delle volte stesse. Poiché questi muri dovevano essere
necessariamente pesanti e resistenti, diventava problematico aprire delle finestre, per tal
motivo le cattedrali romaniche sono degli edifici molto bui. All’esterno queste chiese
hanno un aspetto sì solido e massiccio da sembrare quasi delle fortezze, all’interno si
compongono di spazi silenziosi ed oscuri.
Ciò ci suggerisce l’immagine simbolica della orizzontalità della quantità.
Immagine che dovrebbe essere se non antitetica, quanto mai lontana dal sentire
massonico. La quantità presuppone un ammasso più o meno eterogeneo di persone o
cose a discapito della qualità20. E’ la concezione della divisione di tutto in maggioranza
e minoranza, un asservimento dei pochi ai molti. Orizzontalità come appiattimento
coercitivo ad una qualche volontà superiore (la volta). La perdita dell’individualità per
diventare massa – che non significa affatto tornare all’Unità.
Poca luce filtra dall’esterno, si utilizza – se c’è – qualche lume dall’interno. E’
l’immagine della staticità, della passività21, ma anche del raccoglimento che aspetta un
segnale – se mai arriverà – per ravvivarsi.
L’architettura gotica, invece, colpisce subito per la sua maestà e insieme
dinamicità, per la grandiosità e per le altezze, con le sue linee lanciate verso il cielo
sembra sfidare la legge di gravità. La materia viene trasfigurata: la pietra si trasmuta in
qualcos’altro, come se la sua pesantezza si trasfigurasse in leggerezza.
Qui anche la più grande invenzione dei romani – l’arco – viene per così dire
esaltato, portato alla massima espressione. Da ponte che congiunge, che mette in
comunicazione una sponda con l’altra, qui si spinge verso l’alto come a toccare il cielo.
17 “Questo grado non fu introdotto che più tardi, non per iniziativa autonoma della Gran Loggia di
Londra, ma da alcune singole Logge. L’evoluzione si compì lentamente e solo nel 1738 la Gran Loggia di
Londra accettò e sanzionò ufficialmente quest’introduzione”. V. VANNI, L’essenza e le origini della
Massoneria, Firenze 2002, p. 105.
18 E. GOBLET D’ALVIELLA, Le origini del grado di Maestro nella Libera Muratoria, Carmagnola 1989, p.
61.
19 Il termine è stato coniato nel Rinascimento dal Filarete e Antonio Manetti, per esprimere un giudizio
negativo su un’arte ritenuta barbarica. Per loro, e per Vasari, l’aggettivo gotico era un dispregiativo con
cui indicare ciò che non era in sintonia con la tradizione antica.
20 Citiamo solo a mo’ d’esempio i partiti politici, le varie associazioni culturali o di impegno sociale:
come dire, più si è meglio è.
21 Da non intendersi in senso negativo o dispregiativo ma come speculare ad ‘attività’.
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Nell’arco a tutto sesto (romano) l’altezza di questo è sempre pari alla metà della
sua larghezza; in un arco a sesto acuto (gotico) l’altezza di questi è sempre superiore
alla metà della sua larghezza, ma di una quantità che può essere variabile. Questo
permette di alleggerire i muri, svuotarli quasi, e sostituirli con grandi vetrate policrome.
In tal modo la luce dilaga dentro la costruzione: la leggerezza della luce contro la
pesantezza della materia. E’ l’evidente simbolo della qualità che supera la quantità, che
la trasmuta.
Similmente alla Cattedrale gotica, anche il Tempio massonico è inondato di luce:
non ha tetto, la sua volta è quella stellata del cielo. E nel suo interno la luce è
mantenuta: il massone chiede e riceve la luce, il MV istruisce i FFr_ con il lume della
propria scienza muratoria, Il M_V_ insieme al 1° e 2° Sorv_ sono le tre luci, etc.
Esso è simile alla Cattedrale anche per altezza: dalla terra al cielo, così recitano i
catechismi massonici.
E’ questo il vero sentire massonico: il crescere, l’innalzarsi in modo armonico –
seguendo l’alchimica legge delle bilance – usando pietre opportunamente squadrate,
forse diverse per composizione ma uguali – ripetiamo – per fine, ogni pietra come
contrappeso dell’altra, ogni Fratello sostiene l’altro per raggiungere altezze
inimmaginabili, senza però compromettere la staticità dell’insieme.
Se poi associamo il Tempio massonico all’Uomo, dovremmo considerarne i
molteplici aspetti, le varie analogie, ma soprattutto dovremmo porre attenzione ai rituali
di apertura e di chiusura dei lavori. Questi ci svelano la tecnica muratoria per la
realizzazione della Grande costruzione o Grande opera.
A cosa corrispondono nell’uomo, i dignitari di Loggia? Cosa rappresenta,
nell’uomo, il Maestro delle cerimonie? E il primo e il secondo Sorvegliante? E il
Maestro Venerabile?
Certo non è questo il grado d’istruzione adatto, né sarebbe tantomeno utile al
momento accennarne anche per sommi capi. Siamo consapevoli che ciò creerebbe più
confusione che altro. Ci auguriamo allora che stuzzichi una sana curiosità a tutti quei
Fratelli che cercano di portarsi quanto più avanti nel sentiero che porta alla Conoscenza.
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