ell’interesse dei Fratelli (Una Loggia d’istruzione in tempo di guerra) Un racconto di Ruyard Kipling |
Stavo
acquistando un canarino in un negozio di uccelli quando egli mi rivolse per
la prima volta la parola, suggerendomi di comprare un esemplare dal piumaggio
giallo meno brillante. “Il colore viene da quello che mangia”
disse. “E va via, se non si sa come nutrirli. I canarini sono uno dei
miei hobbies”. Uscì dal negozio prima che potessi ringraziarlo. Era un uomo di mezza età, grigio di capelli, con una corta barba nera, e un aspetto molto simile a quello di un terrier Sealyham con occhiali d’argento. Per qualche motivo, il suo volto e la sua voce mi rimasero impressi così distintamente che, alcuni mesi dopo, quando lo urtai su un marciapiede di stazione gremito dai membri di un Club di pescatori in escursione sul Tamigi, lo riconobbi, mi voltai e lo salutai con un cenno del capo. “Ho seguito il suo consiglio, per quel canarino” dissi. “Davvero? Bene” mi rispose cordialmente da sopra la canna da pesca inguainata e appoggiata sulla spalla, prima che la folla ci separasse. Alcuni anni dopo entrai in un negozio di tabacchi, per farmi pulire una pipa, che si era malamente otturata. “Bene! Bene! E il canarino come va?” disse l’uomo dietro il banco. Ci scambiammo una stretta di mano, e domandammo all’unisono: “Qual è il suo nome?”. Lui era Lewis Holroyd Burges, di Burges e Figlio, come avrei potuto vedere sopra la porta, ma il figlio era stato ucciso in Egitto. Aveva i capelli che si erano imbiancati, e gli occhi leggermente infossati. “Bene! Bene! E pensare” disse “tra tutta questa moltitudine di gente, proprio lei doveva riapparire così all’improvviso e in un modo tanto curioso, quando c’è così tanta gente che sparisce per sempre, eh?”. (Fu allora che mi disse della morte del figlio Lewis, e perché il ragazzo era stato battezzato con il nome Lewis.) “Sì. Adesso non è rimasto molto da fare per una persona di mezz’età. Anche gli hobbies… avevamo l’abitudine di andare a pesca insieme. E lo stesso era per i canarini! Li allevavamo per il colore: la nostra specialità era una sfumatura di arancione vivace. Bene! Bene! E adesso dobbiamo localizzare dov’è l’occlusione nella sua pipa”. Si curvò sulla pipa fedifraga, e si mise all’opera con la stessa tranquilla perizia di un chirurgo. Un soldato entrò, disse qualcosa a voce bassa, ricevette risposta, e uscì. “Oggi la maggior parte dei miei clienti sono soldati, e un certo numero di loro appartiene alla Massoneria” disse il signor Burges “Mi si spezza il cuore dare loro il tabacco che mi chiedono. D’altra parte, solo una persona su cinquemila ha un palato educato al tabacco. Certo delle preferenze, ma non un palato educato. Ecco qui di nuovo la sua pipa. Merita un trattamento migliore di quello sinora ricevuto. Vi è una procedura, un rituale in ogni cosa. Le assicuro che sarà il benvenuto, ogni volta che le capiterà di passare qui davanti. Ho un paio di curiosità che forse possono interessarla”. Uscii dal negozio con in corpo il più raro dei sentimenti – la sensazione che è il solo diritto della giovinezza – ovvero che probabilmente avevo incontrato un amico. A poca distanza dall’ingresso fui accostato da un ferito in convalescenza, che mi chiese del negozio di Burges. Pareva che il posto godesse di una certa fama, nel circondario. Feci modo di ritornarvi altre volte, e con una certa frequenza, ma fu solo dopo la terza visita che scoprii come il signor Burges avesse degli interessi nella ditta Ackerman e Pernit, grossi importatori di sigari, e che tali interessi erano giunti a lui tramite uno zio i cui figli adesso vivevano vicino a Cromwell Road, e mi disse che lo zio aveva frequentato la Borsa valori. “Sono un negoziante per istinto” disse il signor Burges. “Mi piace il rituale con cui si servono i clienti. Il negozio mi ha fatto bene. Mi piace fare altrettanto servendomi del negozio”. L’attività era stata iniziata da suo nonno nel 1827, ma gli arredi e le suppellettili dovevano risalire almeno a mezzo secolo prima. I vasi per il tabacco da pipa e da fiuto, rossi e marroni, con corone, insegne dell’Ordine della Giarrettiera e nomi di miscele dimenticate scritte con lettere dorate; i barili levigati di tabacco Orinoco, sui quali sedevano i clienti favoriti, il bancone di mogano, color ciliegia scura, gli scaffali dalle modanature delicate, i contenitori di giunco intrecciato per i sigari, le bilance tedesche montate su argento e il rullo olandese d’ottone e la taglierina per i pani di tabacco, erano tutte cose da desiderare ardentemente. “Non sono poi così male” ammise. “Quel grosso vaso di Bristol non ha compagni, per quanto ne sappia. Quelle otto anfore per il tabacco da fiuto, laggiù sul terzo scaffale, provengono dalla manifattura di Dollin, che nel ’47 lavorava per Wimble; le guardi, sono dei pezzi assolutamente unici. Esiste ancora qualcuno del mestiere in grado di dirci che cosa fosse l’Hollande di Romano? Oppure la miscela di Scholten? Ecco una tabacchiera del tempo di Giorgio I, ed ecco un Luigi XV; cosa sto dicendo? XIII, XIII, naturalmente una grattugia per trinciare il tabacco da fiuto. Erano i ferri del mestiere, ai tempi di mio nonno. E ora dove si possono trovare in giro, al di fuori del Museo Britannico? Chi sa dirmelo?”. Le sue pipe – vorrei che questo fosse un racconto per intenditori – la stupefacente collezione di pipe che aveva in salotto, e per l’occasione ebbi il privilegio di conoscere sua moglie. Una mattina, mentre contemplavo con bramosia uno stipetto per cigarros (badate bene, non sigari), di legno di jacaranda con le placche delle serrature d’argento e manigliette ai cassettini di fattura spagnola, un canadese ferito entrò nel negozio, disturbando il nostro piccolo e felice comitato in riunione. “Senta un po’”, incominciò con voce fragorosa. “È lei la persona a cui devo rivolgermi?”. “Chi l’ha mandata?” domandò il signor Burges. “Uno di stanza a Messines. Ma non è questo il punto! Non ho con me il minimo certificato, o altro pezzo di carta; niente, se mi sono spiegato. Ho lasciato la Loggia dovendo diciassette dollari di arretrati per le iscrizioni. Però quel tipo che era con me a Messines mi ha detto che qui da voi la cosa non avrebbe avuto la minima importanza”. “E aveva ragione” disse il signor Burges. “Ci riuniamo stasera, alle sette”. La faccia dell’uomo si allungò di una spanna buona: “Diavolo!” disse. “Ma io sono in ospedale, e non posso uscire di sera”. “E ogni martedì e venerdì, alle tre pomeridiane” aggiunse prontamente il signor Burges. “Naturalmente dovrà superare un colloquio d’ammissione”. “Penso che non ci saranno problemi, su questo” fu la risposta allegra. “A martedì, allora” se ne andò via zoppicando, e tutto raggiante. “Chi sarebbe?” domandai. “Ne so quanto voi, tranne che deve essere un Fratello. Adesso Londra è piena di Massoni. Bene! Bene! Bisogna fare quello che si può, in giorni come questi. Se oggi pomeriggio viene a prendere il tè da noi, dopo andremo insieme alla Loggia. È una Loggia d’Istruzione”. “Ne sono felice. Qual è la sua Loggia?” domandai, perché sino a quel momento non ne era ancora stato menzionato il nome. “Fede e Opere 5837, il terzo sabato di ogni mese. La nostra Loggia d’Istruzione si riunisce nominalmente ogni giovedì, ma ora i nostri incontri sono più frequenti, poiché in città ci sono molti Fratelli provenienti da altre Logge”. A questo punto entrò un nuovo cliente e io me ne andai, molto interessato dall’ampiezza degli hobbies del Fratello Burges. All’ora del tè era vestito come se dovesse andare al Servizio Domenicale, e al posto degli occhiali d’argento aveva un pince-nez d’oro. Ringraziai la mia buona stella per aver pensato di cambiarmi, indossando panni decenti. “Certo, dobbiamo aver questo riguardo per la Massoneria” disse approvando. “Ogni rituale serve a rafforzare l’animo umano. Per l’uomo il rituale è una necessita ovvia. Più la vita quotidiana è sconvolta, più la gente ricorre al rituale. Comunque da parte mia aborrisco ogni forma di applicazione piatta del rituale. A proposito, le dispiacerebbe darci una mano nel colloquio, se stasera ci sono molti Fratelli provenienti da fuori? Ne troverà alcuni alquanto arrugginiti, ma… è lo Spirito, non la lettera che dà vita. La questione dei Fratelli esterni è molto importante. Vede, adesso ce ne sono moltissimi a Londra, e sono così pochi i posti in cui possono incontrarsi o riunirsi”. “Sei proprio bravo!” disse la signora Burges, porgendogli la custodia del grembiule, chiusa a chiave e con sopra segnate le iniziali. “La nostra Loggia è appena dietro l’angolo” proseguì lui. “Non deve essere troppo critico nei confronti della nostra sistemazione. Un tempo il posto era un garage”. Da quello che riuscii a capire nell’oscurità che tutto mortificava, vagammo passando per una scuderia e un cortile. Il signor Burges mi pilotò, scusandosi di ogni cosa in anticipo. “Non deve aspettarsi..”, stava ancora dicendo, quando salimmo incespicando i gradini di un portico ed entrammo in un’anticamera accuratamente decorata, con appese alla parete delle stampe di soggetto massonico. Notai ai posti d’onore Peter Gilkes e Barton Wilson, padri della pratica dell’Emulation; il Christopher Wren di Kneller; Dunkerley, con sotto il suo ex libris Fitz-George e la banda sinistra sulle armi reali; la caricatura di Wilkes fatta da Hogarth, oltre alla sua Notte di pessima reputazione, e una serie ben incorniciata di Grandi Maestri, da Anthony Sayer in giù. “Questo è un altro suo hobby?” domandai. “No, le cornici no” disse il signor Burges sorridendo. “Dobbiamo ringraziare il Fratello Lemming”. Mi presentò al socio anziano di Lemming e Orton, il cui negozietto è difficile da trovare, ma il cui giudizio e assegni in materia di stampe, godono, invece, di ampia circolazione. “Le cornici sono la cosa migliore” disse il Fratello Lemming, dopo aver ricevuto i miei complimenti. “Ce ne sono altre nel salone della Loggia. Venga a vederle. Lì abbiamo quel grande Desaguliers, che per poco non se ne andava a finire nello Iowa”. Non avevo mai visto il salone di una Loggia così bene arredato. Dal pavimento rivestito di mosaici sino al soffitto appropriato, dai tendaggi ai pilastri, dagli arredi alle sedie, dalle sedie alle luci, per finire alla piccola cantoria finemente intagliata e situata in un angolo della stanza: ogni singolo oggetto era perfetto, sia in sé, sia per quanto riguardava l’effetto generale. Espressi la mia opinione su ognuno di essi, ripetendomi diverse volte. “Le avevo detto di essere un ritualista” disse il signor Burges. “Guardi come sono intagliati quei covoni di grano, e quei grappoli, sugli schienali di queste sedie in cui siedono i Guardiani. Come voleva la vecchia tradizione, prima che fosse rovinata dai mobilieri che servono le Logge massoniche. Ho pescato quella coppia a Stepney, dieci anni fa, proprio nello stesso periodo in cui ho trovato il martelletto”. Era di avorio antico e ingiallito, tagliato in un pezzo unico da una qualche poderosa zanna. “Viene dalla Costa d’Oro” disse. “Laggiù apparteneva a una Loggia Militare, nel 1794, come si può leggere dalla scritta incisa sopra”. “Se la domanda è legittima,” presi a dire “quanto..”. “Ci costò” disse il Fratello Lemming, con i pollici infilati nei taschini del panciotto “un’apprezzabile somma di denaro quando facemmo i lavori nel 1906, anche tenendo conto che il Fratello Anstruther, che era il nostro appaltatore, trovò il modo di tirarsi bellamente fuori dalle spese. Per inciso, mi hanno detto che quel concio là è tutto di marmo di Carrara. Non me ne intendo affatto di marmi. Penso che dalla fondazione ci abbiamo messo dentro… oh, un’altra discreta somma di denaro. Bene, ora andiamo nella sala del colloquio a sentire i Fratelli”. Fui accompagnato in una stanza comoda, sulle cui pareti era posta una fila di cubicoli che avevano tutta l’aria di essere confessionali (mi accertai in seguito che lo erano stati un tempo, quando furono scovati dalle parti di Oswestry, e pagati una somma ridicola). Pochi uomini in uniforme attendevano all’altra estremità della sala. “È solo l’inizio della processione. Il resto si trova in anticamera” disse un dignitario della Loggia. Fratello Burges mi assegnò un discreto cubicolo, dicendo: “Non si sorprenda. Vengono in tutte le condizioni”. Condizioni era parola adatta per descrivere il mio primo penitente, che aveva il capo completamente avvolto da bende: era fuggito da un ospedale per ufficiali, come se fosse evaso da Pentonville. Mi domandò, con parlata scozzese piena di termini profani, come potevo pensare che riuscisse a parlare un uomo cui erano rimasti in bocca solo sei denti, oltre ad aver perso mezzo labbro inferiore. Cosicché scendemmo a un compromesso: mi avrebbe risposto a gesti. Il prossimo – un neozelandese proveniente da Taranaki – capovolse il procedimento, perché aveva un braccio solo e al collo. Diffidai di un enorme sergente maggiore dell’artiglieria pesante, che mi colpì per l’eccessiva e disinvolta loquacità, tanto da mandarlo dal Fratello Lemming nel cubicolo accanto al mio: lì saltò fuori che era stato dignitario supremo di un Distretto. Il mio ultimo postulante mandò all’aria quel poco di serenità che mi era rimasta. Pareva che si fosse dimenticato tutto, proprio tutto. “Non la biasimo” disse alla fine, inghiottendo la saliva. “Se fossi al suo posto mi guarderei bene dall’accettare le mie risposte, ma le do la mia parola che, nella misura in cui ho avuto una religione, la Massoneria è stata tutta la religione che ho avuto. Per amor di Dio, Fratello, lascia che mi sieda di nuovo in una Loggia!”. Quando i colloqui ebbero termine, un Dignitario di Loggia fece il giro dei presenti, con i grembiuli per ciascuno. Niente roba con orpelli vistosi o argentature assortite, ma della seta a coste pesanti con delle nappe e – quando una persona poteva dimostrare di avere il diritto di fregiarsene – livelle di decorosa placcatura. Qualcuno davanti a me strinse una cintura alla vita di una persona tutta rigida e silenziosa, in borghese e con il nastrino dei congedati. “Perdinci! Questa sì che è vita” lo udii pronunciare. Il compagno annuì con un cenno del capo. L’altro esplose improvvisamente: “Ehi! Cosa stai facendo? Smettila! Avevi promesso di non farlo più! Piantala!” e diede un buffetto agli occhi bagnati di pianto del suo compagno. “Lascia che versi un po’ d’acqua” disse un segnalatore australiano. “Non vedi che il povero diavolo è felice?”. Risultò che il Fratello silenzioso era stato vittima dello shock da granata, e che era stato accettato dal Fratello Lemming, avendo l’amico come garante e – cosa che indusse maggiormente Lemming a farlo passare – la minaccia che in caso di rifiuto sarebbe bastata la delusione a provocargli un attacco convulsivo. Così il “traumatizzato” si mescolò felicemente e in silenzio ai Fratelli, evidentemente abituati a scene siffatte. Ci allineammo, secondo le tradizioni in fila per due, quasi cinquanta di numero, ed entrammo nella Loggia accompagnati da quello che credevo essere un armonium, ma che scoprii essere un organo di pregio. Ci volle del tempo prima che tutti ci fossimo accomodati perché dieci o dodici tra noi erano mutilati e dovevano essere aiutati a sedersi su poltrone o chaises longues. Presi posto tra un caporale dei Servizi medici, con un piede solo, e un capitano della Territoriale, che mi disse di aver fatto “baruffa” con una bomba, che lo aveva piegato in due direzioni. “L’esecuzione di Bach che l’organista ci sta dando è di prima qualità” disse estasiato. “Mi piacerebbe conoscerlo. Ai miei tempi premevo anch’io i tasti di un pianoforte”. “Glielo presento dopo la riunione” disse uno dei Fratelli regolari, che sedeva dietro di noi: una persona grassoccia e con una barba a punta, e appartenente alla professione medica, come venne fuori in seguito. “Tutto sommato c’è ben poca gente che suona Bach, non è vero?”. E i due s’immersero subito in una conversazione musicale, che per i non appassionati è altrettanto affascinante di un trattato di trigonometria. Una Loggia d’istruzione è soprattutto una sede in cui sfoggiare il rituale. Essa non può iniziare o conferire cariche, e si limita a organizzare conferenze e a rinfrescare la memoria degli adepti. Il Venerabile Fratello Burges, assiso fulgidamente nella Sedia di Salomone (scoprii in seguito dove fosse stato reperito anche questo oggetto), disse con brevi parole ai Fratelli di altre Logge come la loro presenza fosse gradita, e come sarebbero stati egualmente bene accetti in incontri futuri, e chiese loro di votare la cerimonia che avrebbe dovuto essere attuata per la loro istruzione. Quando la decisione fu annunciata, volle sapere se vi erano dei Fratelli esterni disposti ad assumersi le responsabilità rituali di un Dignitario di Loggia. Protestarono, timidamente, di essere troppo arrugginiti. “È proprio questo il motivo per cui..”, disse il Fratello Burges, mentre l’organo suonava dolcemente Bach. Il mio capitano amante della musica si agitava tutto nella sedia. “Un attimo, Venerabile signore” il dottore grassottello si alzò. “Abbiamo qui tra noi un musicista che ha bisogno di uno strumento e di un’occasione opportuna. Solamente” proseguì con tono colloquiale “gli scalini che portano alla cantoria sono un po’ troppo ripidi”. “Quanto pesa il nostro Fratello?”, disse Fratello Burges con la solennità di un’iniziazione. “Poco più di cinquanta chili” disse il Fratello “mi sono pesato questa mattina, Venerabile signore”. Il penultimo Maestro in carica, che era anche un sergente maggiore di Batteria, attraversò la sala con passo ondeggiante, prese tra le braccia quel peso di piuma, portandolo sopra in cantoria, dove quello scricciolo d’uomo suonava gioiosamente, come un’anima portata di sorpresa in paradiso, mentre l’organista abituale manovrava il mantice. Quando gli esterni furono convinti, dopo molte lusinghe, a fornire i dignitari necessari, si diede l’avvio al ripasso di una cerimonia. Fratello Burges proibì che i membri regolari suggerissero. Gli esterni dovevano farcela interamente da soli, e il sergente maggiore di Batteria, sorpreso a dare una mano, fu allontanato d’autorità, come suggeritore troppo esperto, essendo di rango elevato. Procedettero con fatica, dopo che quell’aiuto fu ritirato. Il caporale, quello dei Servizi medici e senza un piede, seduto alla mia destra si lasciò sfuggire una risatina soddisfatta. “Si trova a suo agio?” gli chiese il dottore. “A mio agio? È come stare in Paradiso, potermi di nuovo sedere in una Loggia. Mi sta ritornando tutto in mente, assistendo ai loro sbagli. Non è che abbia molta religione, ma tutta quella che ho mi viene dalla Loggia”. Riconoscendomi s’imporporò leggermente, come capita a chi si ripeta parlando con la stessa persona. “Sì, ‘velata in allegoria e illustrata con simboli’: la Paternità di Dio e la Fratellanza dell’Uomo; e cosa diamine uno dovrebbe desiderare di più?… Li guardi!” s’interruppe ridacchiando. “Ma vedi un po’! Hanno fatto un bel garbuglio della cosa. Io avrei saputo fare meglio, figuriamoci. Certo, vorrei vedere che non dovessero ripetere tutto!”. Il nuovo organista mascherò il piccolo pasticcio, e la sua musica parve il fruscio di tante ali angeliche. Quando i dilettanti ebbero finito, alquanto rossi e imbarazzati, chiesero che i Fratelli regolari della Loggia mostrassero per prova come andasse eseguita la cerimonia, da loro così abborracciata. Allora compresi per la prima volta di quali significati possa essere investito quel perfetto rituale di parola e gesto. Applaudimmo tutti, in modo particolare il caporale con un piede solo. “Siamo alquanto orgogliosi delle cose che facciamo, e vale la pena di fare del proprio meglio di fronte a un pubblico simile” disse il dottore. Dopo il Maestro fece una breve conferenza sul significato di alcuni simboli e diagrammi dipinti. Il tema era tutt’altro che inedito, ma la sua voce profonda e oratoriale lo rivestì di nuovo interesse. “Stupefacente come persistano queste vecchie intestazioni da quaderno di scuola” disse il dottore. “D’accordo”, l’uomo mutilato d’un piede parlava con cautela, facendo uscire le parole da un angolo della bocca, come un ragazzino in classe, “ma sono proprio queste frasi edificanti che ci vedremo intorno, quando saremo giù all’inferno nel nostro letto di carboni ardenti E dovete credermi! Ne ho infrante abbastanza per sapere. Adesso zitti!,” si piegò in avanti, bevendo ogni parola del discorso. Di lì a poco Fratello Burges toccò un punto che aveva dato origine a qualche divergenza nell’applicazione del rituale. Chiese informazioni. “Ecco, in Giamaica, Venerabile signore”, prese a dire un membro esterno, spiegando come dalle sue parti si era risolto quel particolare. Intervennero un’altra persona e poi un’altra ancora, situate in diversi punti della Loggia (e del mondo) e quando la discussione si fu sufficientemente accalorata, il dottore si allontanò silenziosamente passando accanto alle pareti, e dandoci delle sigarette, da dietro le spalle. “Un’innovazione che può apparire troppo audace” disse, mentre ritornava a sedersi nel posto, alla mia sinistra, lasciato libero dal capitano musicista. “Ma gli uomini non possono parlare seriamente senza tabacco, e poi siamo solo una Loggia d’Istruzione”. “E io ho imparato più in una sera che in dieci anni”. L’uomo con un piede solo si volse verso di noi, cessando per un attimo di interessarsi a un Yeoman in speroni, scuro di complessione e dall’aria acida, che pontificava sul rituale olandese. Il fumo azzurrognolo e le parole aumentavano, mentre l’organo su in cantoria ci benediceva tutti. “Ma è veramente delizioso” dissi al dottore. “Come è incominciato?”. “È stato Fratello Burges. Si era messo a discorrere con le persone che capitavano nel suo negozio, all’inizio della guerra. Ha detto, a noi che ce ne stavamo a sonnecchiare tutti placidi nella Loggia, che ciò di cui quelle persone avevano più bisogno era una Loggia dove potessero semplicemente starsene seduti, ed essere felici: come lo siamo noi adesso. Aveva perfettamente ragione. Stiamo imparando molte cose, in questa guerra. Per un uomo la Loggia è molto più importante di quanto la gente immagini comunemente. Come ha appena detto l’amico alla nostra destra, la Massoneria è l’unico credo concreto di cui ci hanno parlato sin da quando eravamo bambini. Banale o non banale, coincide alla perfezione con come ci hanno insegnato che dobbiamo comportarci”. Sospirò. “E se questa guerra non ha fatto capire, a noi tutti, cosa sia la Fratellanza Umana, allora sono… un unno!”. “Come avete fatto ad attirare la gente?” domandai ancora. “Oh, dissi (come mi aveva suggerito Burges) ad alcune persone ricoverate nell’ospedale qui vicino che avevamo una Loggia d’istruzione, e che loro sarebbero stati i benvenuti. E vennero. E lo dissero agli amici. E gli amici vennero! Questo accadde due anni fa, e adesso funzioniamo come Loggia d’Istruzione per due sere la settimana, con una matinée quasi ogni martedì e venerdì, per quelle persone che non possono avere permessi serali. Certo, la situazione è alquanto curiosa. Non avevo idea di cosa significasse la Massoneria, prima che iniziasse questa guerra”. “Neppure io, sino a questa sera” risposi. “Eppure è abbastanza naturale, se uno ci pensa. C’è Londra – anzi tutta l’Inghilterra – formicolante di Massoni provenienti da ogni parte del mondo, e con nessun posto dove andare. Ebbene, la nostra percentuale settimanale, negli ultimi quattro mesi, di persone visitanti è stata di poco inferiore alle centoquaranta persone. Dividi per quattro, e diciamo che abbiamo trentacinque Fratelli esterni per volta. Il nostro record è di settantuno presenze, ma siamo giunti a far stare dentro ottantaquattro persone, nei banchetti. Può vedere da solo in che razza di buco insignificante siamo sistemati!”. “Anche i banchetti!” esclamai. “Deve costarvi l’ira di Dio. Possono i Fratelli non di questa Loggia..”. Il dottore – faceva di nome Keede – rise. “No, un Fratello esterno non può”. “Ma una persona, dopo un pomeriggio come questo, vuole..”. “Lo dicono tutti quanti. È la difficoltà che abbiamo. Si comportano esattamente nel modo da lei indicato, e si offendono quando non accettiamo le loro offerte”. “Ah, non accettate?” domandai. “Mio caro amico, a che ci servirebbe? Non tutti possono fermarsi al banchetto. Diciamo che vi partecipano cinquanta persone la settimana, quindici sterline, sessanta il mese, settecentoventi l’anno. Quanto pensa che possano valere gente come Lemming e Orton? Ed Ellis e McKnight, quell’uomo lungo e grosso laggiù, loro due che trattano generi alimentari? Per quale somma crede Burges possa compilare un assegno, senza battere ciglio? Non è che adesso lui abbia un motivo per mettere da parte soldi. Le assicuro che non abbiamo scrupoli nel chiedere il contributo dei Fratelli esterni, quando abbiamo bisogno di qualcosa. Altrimenti non potremmo fare quello che facciamo. Ha notato come la Loggia è tenuta: ottoni, gioielli, arredamento, e così via?”. “Davvero, l’ho notato” dissi. “È linda ed elegante come una nave. Uno potrebbe mangiare per terra”. “Bene, venga qui uno di quei giorni in cui non c’è riunione, e troverà facilmente una mezza dozzina di Fratelli, con non più di otto gambe tra tutti, che lustrano e danno olio di gomito e spolverano ogni cosa alla loro portata. Questa primavera ho curato uno, sotto shock da granata, dandogli da lucidare i nostri gioielli. Li ha levigati a tal punto da far quasi scomparire i numeri, ma… gli ha impedito di combattere gli unni mentre dormiva. E quando abbiamo bisogno di Maestri che ci sostituiscano – due matinées la settimana sono piuttosto gravose – possiamo scegliere i nostri P.M. da qualsiasi parte del mondo. I Dominions badano al rituale molto di più di una normale Loggia inglese. Inoltre… oh, la riunione sta per aggiornarsi. Ascolti i saluti, ne vale veramente la pena”. Il colpo secco ed improvviso del grande martelletto ci mise tutti in piedi, dopo qualche ascesa e caduta tra i mutilati. Allora il sergente maggiore di Batteria recitò, con voce acconciamente esercitata, le formule usuali, calde e fraterne, di saluto rivolto a Fede e Opere dalla sua Loggia e Distretto tropicali. Gli altri seguirono senza ordine, con tutte le tonalità possibili, dal grugnito allo squittio. Udii Hauraki, Inyanga Umbezi, Aloha, Luci del Sud (da qualche parte verso Punta Arenas), Loggia dei Rudi Conci (e l’aria ben rude aveva quel Fratello navale proveniente da Terranova), due o tre Stelle di questo o di quello, mezza dozzina di virtù cardinali, variamente disposte, i cui saluti andavano dal Klondyke sino a Kalgoorlie, una Loggia Militare proveniente da un fronte, gettata lì con un severo arrotamento scozzese dal mio amico con il capo avvolto completamente in bende, e poi tutto il resto, mischiato insieme come l’Impero stesso. Proprio alla fine vi fu una certa agitazione. Il Fratello silenzioso aveva incominciato a emettere dei suoni, e il suo compagno cercò di calmarlo. “Lasci che parli! Lasci che parli!” esclamò professionalmente il dottore. L’uomo sussultava tutto e storceva la bocca, e alla fine borbottò qualcosa di non intelligibile anche per il suo stesso amico; infine un P.M. di piccola statura e di carnagione scura si spinse avanti con aria d’importanza. “Tutto a posto” disse. “Vuol dire..” e sparò fuori qualche nome gallese lungo una spanna, aggiungendo: “Significa Pembroke Docks, Venerabile signore. Anche in Galles siamo buoni massoni”. L’uomo silenzioso accennò con il capo in segno d’approvazione. “Certo” disse il dottore, per nulla turbato. “A volte è questo il modo in cui capita. Héspere panta feres, non è vero? La Stella li conduce tutti a casa, non è vero? Devo prendere delle note su questo caso, dopo la Loggia. Ho visto che a lei non interessa la musica” proseguì “ma temo che dovrà sopportarne ancora. È una parafrasi da Michea. È un arrangiamento del nostro organista. La cantiamo come antifona ogni volta che concludiamo una riunione”. Anch’io potei apprezzare quello che seguì. Si limitarono a cantare una mezza dozzina di persone dalla voce esercitata, le quali seguirono una struttura antifonale sino all’ultimo verso, quando intervenne la Loggia al completo. La do come l’ho sentita: Ti abbiamo mostrato, o Uomo, Ciò che è bene. Cosa esige il Signore da noi? O la Coscienza da noi? Ma in modo giusto comportarsi, Ma praticare la misericordia, E con il nostro Dio in umiltà procedere, Come dovrebbe ogni Massone. Uscimmo dalla stanza quando udimmo la musica e le parole cantate con la strana aria dell’Apprendista appena ammesso. Notai che i Fratelli Regolari della Loggia non incominciarono a togliersi di dosso le loro insegne prima dei versi: Grandi Re, Duchi e Signori Le spade hanno deposto. Si mossero verso l’anticamera, adesso approntata per il banchetto, ai versi: Abbiamo al fianco nostro L’orgoglio dell’Antichità, Che rende gli uomini nel loro stato giusti. Il Fratello (un uomo di chiesa dalla grande corporatura) che mi trovai accanto a tavola mi disse come tale ritualità fosse “una cosa esteriormente piacevole e inventata per motivi di vanità”, sulla forza di qualche vecchia leggenda. Formulò l’opinione che la Massoneria dovesse essere considerata alla stregua di “un’astrazione intellettuale”. Un ufficiale del Genio espresse il suo disaccordo, e ci raccontò come in Fiandra, un anno prima, circa dieci o dodici Fratelli avevano fatto una Loggia in ciò che era rimasto di una Chiesa. All’infuori degli “emblemi di mortalità” e di un’abbondanza di grezzi conci, non vi era alcun altro arredo. “Sono sicuro che non ne sentivate affatto la mancanza” disse il religioso. “L’idea dovrebbe bastare da sola, senza troppi fronzoli”. “Ma non fu così”. disse l’altro. “Ci demmo un mucchio da fare, e con del materiale mimetico su cui mettemmo le mani ricavammo le nostre insegne, e con del vecchio metallo ci forgiammo i gioielli. Li conservo ancora. Ci tenne felici per delle settimane”. “La vostra posizione era assolutamente irregolare e non autorizzata. Chi era il vostro Garante?” domandò il Fratello della Loggia Militare. “La Loggia suprema dovrebbe prendere delle iniziative contro..”. “Se la Loggia suprema avesse un minimo di buon senso” s’intromise un soldato semplice tre posti più in su “darebbe il permesso per delle Logge itineranti al fronte, e ci manderebbe anche dei conferenzieri di prima qualità”. “Allora lei conferirebbe le dignità promiscuamente?” disse scandalizzato lo scozzese. “Tutte le volte che una persona ne facesse richiesta, ovviamente. Mezzo esercito ci entrerebbe dentro”. La persona giocò con la sua idea per un certo tempo e dimostrò che, con una somma d’iscrizione ridotta al minimo, la Loggia suprema avrebbe ricavato rendite enormi. “Ritengo” disse pensosamente l’ufficiale del Genio “di poter disegnare un equipaggiamento completo per una Loggia itinerante, che pesi meno di quaranta libbre”. “Avete torto, e ve lo dimostrerò. Ci abbiamo provato anche noi” disse quello proveniente dalla Loggia Militare; e i due ce la misero tutta, discutendo seduti di fronte, ciascuno con il proprio taccuino in mano. Il banchetto era l’essenza stessa della semplicità. Molti dei presenti mangiavano in fretta, in modo da poter ritornare in orario alle loro caserme e ai loro ospedali, però di tanto in tanto un Fratello veniva dall’oscurità esterna, per riempire una sedia o vuotare un piatto. Si trattava di Fratelli che erano venuti in precedenza, e non avevano bisogno di essere esaminati. Un uomo entrò quasi barcollando, con elmetto, fango delle Fiandre, equipaggiamento al completo e tutto il resto: fresco fresco dal treno che lo aveva portato a Londra, in congedo. “Devo aspettare due ore per la coincidenza” spiegò. “Allora mi sono ricordato delle vostre serate. Dio mio, come si sta bene qui!”. “Che treno deve prendere, e da quale stazione?” domandò meticolosamente il religioso. “Molto bene. Cosa prende da mangiare?”. “Qualsiasi cosa, tutto. Ho vomitato nella Manica un mese intero di razioni”. Fece il pieno per dieci minuti, senza pronunciare neppure una parola. Poi, sempre senza parlare, cadde con la faccia in avanti sul tavolo. Il religioso lo prese per un braccio già fiacco e lo pilotò verso un divano, dove il soldato si lasciò cadere, mettendosi subito a russare. Nessuno si prese la briga di voltarsi. “Anche questo è abituale?” domandai. “Perché no?” disse il religioso. “Stasera tocca a me svegliare quelli che devono prendere il treno. In queste occasioni non rispettano il mio abito sacerdotale”. Mi voltò l’ampia schiena e continuò la discussione intrapresa con un Fratello di Aberdeen, via Mitilene, dove, nel tempo libero lasciatogli dal dragaggio mine, aveva elaborato una teoria completa delle rivelazioni di San Giovanni l’Evangelista, quando era nell’isola di Patmos. Io caddi nelle mani di un sergente-istruttore dei mitraglieri, di professione designer di moda femminile. Mi disse che le donne inglesi, considerate come categoria generale, “perdono nei corsetti quello che guadagnano nei vestiti”, e che “Satana in persona non può salvare una donna che indossa dei corsetti da trenta scellini sotto un abito da trenta ghinee”. A questo punto, e con mio grande rammarico, gli attaccò un bottone uno zelante tenente della sua stessa specialità, e lui tornò di nuovo a essere un sergente, in un battito di tacchi. Gironzolai per la stanza, esaminando le stampe appese ai muri e la collezione massonica nelle vetrinette, prestando nel frattempo orecchio ai discorsi, uno più inconcepibile dell’altro, che si svolgevano attorno a me. La compagnia si assottigliò a poco a poco, finché non rimase solo una dozzina o due di noi. Ci raccogliemmo all’estremità di una tavola posta accanto al fuoco, con il nostro volatile notturno proveniente dalle Fiandre che ronfava a pieni polmoni nel cavo del suo elmetto, che qualcuno gli aveva messo capovolto sulla faccia. “E qual è stata la sua impressione?” disse il dottore. “Come un mondo nuovo” risposi. “Lo è, in realtà”. Fratello Burges rimise il pince-nez d’oro nella custodia e inforcò nuovamente gli occhiali d’argento. “O meglio, ciò che si potrebbe fare con un minimo d’impegno. Quando penso alle possibilità che ha la Massoneria nella situazione attuale, mi domando…”. S’interruppe, fissando il fuoco. “Anch’io mi chiedo” disse lentamente il sergente maggiore “Ma… nel complesso… sono incline a essere d’accordo con lei. Potremmo fare molto, in quanto Massoni”. “Come aiuto… come aiuto… non in sostituzione della religione” proruppe irosamente l’uomo di chiesa. “Oh Signore! Non possiamo lasciare in pace la religione per un istante?” mormorò il dottore. “Non lo fa… chiedo scusa, non volevo offendere nessuno”. Il religioso aveva l’aria di essere andato in collera. “Kamerad!” proseguì saggiamente il sergente maggiore, con tutte e due le mani alzate. “Non certamente in sostituzione di una fede religiosa, ma come un modello di vita applicabile alla maggior parte degli uomini. Ciò che ho visto al fronte mi rende sicuro della cosa”. Fratello Burges uscì dalla sua meditazione: “Credo che a Londra ci siano una dozzina – venti -altre Logge che si riuniscono ogni sera, e che oltre a istruire conferiscono anche le dignità. Perché i giovani non dovrebbero parteciparvi? Essi praticano quello che noi predichiamo da sempre. Bene! Bene! Tutti noi dobbiamo fare quello che possiamo. A che servono i vecchi Massoni, se non possono dare un piccolo aiuto, nel loro proprio campo?”. “Esatto” disse il sergente maggiore, rivolgendosi al dottore. “E a che accidenti serve un Fratello, se non gli è permesso di aiutare gli altri?”. “Fate allora come volete” disse il dottore stizzosamente, Era chiaro che non gli facevano questi discorsi per la prima volta. Prese qualcosa che il sergente maggiore gli aveva sporto, e se lo mise in tasca, accompagnando il gesto con un cenno del capo: “Sbagliavo” mi disse “quando mi vantavo della nostra indipendenza. Qualche volta non riusciamo a evitare i contributi. Con questo” e batté la mano sulla tasca “daremo un banchetto, martedì. A proposito, prenda un altro panino. I migliori sono quelli col prosciutto” mi porse un vassoio. “Certo che lo sono” dissi. “Ne ho presi solo cinque o sei. Sono andato alla loro caccia”. “Sono contento che le piacciano” disse Fratello Lemming. “Gli ho dato il pastone con le mie stesse mani, e l’ho salato io stesso, nel posticino che ho nel Berkshire. Di nome faceva Carlomagno. Visto che siamo in discorso, dottore, devo prepararne un altro per il mese prossimo?”. “Naturalmente” disse il dottore con la bocca piena. “Un pochino più grasso dell’ultimo, per favore. E non si dimentichi quanto aveva promesso a proposito dei nasturzi in salamoia. Sono apprezzati”. Fratello Lemming annuì con il capo, sopra la pipa che aveva accesa, mentre noi davamo inizio a una seconda cena. Improvvisamente il religioso, dopo aver dato un’occhiata all’orologio, arraffò una mezza dozzina di sandwiches da sotto il mio naso, li mise in un sacchetto di carta oleata e si avvicinò con cautela al soldato che dormiva sul divano. “Qualche volta hanno il risveglio brusco” disse il dottore. “I nervi, sapete”. Il religioso si portò in punta di piedi direttamente dietro il suo capo, e batté, tenendosi distante per tutta la lunghezza del braccio, nel centro dell’elmetto. L’uomo si svegliò rapido come il fulmine, mentre il religioso faceva un passo indietro, e compì il gesto di afferrare un fucile che non c’era. “Ha appena mezz’ora di tempo per prendere il treno” il religioso gli passò i sandwiches. “Mi segua”. “È straordinariamente gentile, e le sono molto grato” disse l’uomo, torcendosi per entrare nelle cinghie rigide. Seguì la sua guida nell’oscurità, dopo aver salutato. “Chi era?” disse Lemming . “Non lo so esattamente” rispose il dottore con indifferenza “È stato qui altre volte. Dev’essere una specie di P(ast) M(aster)”. “Bene! Bene!” disse Fratello Burges, le cui palpebre si stavano chiudendo dal sonno. “Noi tutti dobbiamo fare quello che possiamo. Non è quasi tempo che chiudiamo?” “Mi chiedo” dissi, mentre ci aiutavamo l’un l’altro a entrare nei cappotti “cosa succederebbe se la Loggia suprema fosse informata di ciò”. “Ciò cosa?” Lemming si voltò con movimento rapido verso di me. “Una Loggia d’Istruzione aperta tre sere e due pomeriggi la settimana; e poi anche quella specie di pensione che avete messo in piedi. Come iniziativa va bene, ma non mi sembra che la cosa sia molto regolare”. “La questione non è ancora stata sollevata” disse Lemming. “Ci penseremo dopo la guerra. Nel frattempo si continua nello stesso modo”. “Dovrebbero essercene a dozzine, di Logge simili” ripeté Fratello Burges, mentre uscivamo dalla porta. “Londra è piena di gente nostra, e non c’è un posto dove si possano incontrare. Pensate alle possibilità della situazione. Pensate cosa potrebbe fare la Massoneria attraverso la Massoneria per tutto il mondo. Spero di non essere ipercritico, ma ci sono delle volte in cui mi viene in mente che la Massoneria abbia gettato al vento la possibilità che aveva d’intervenire nelle nuove condizioni create dalla guerra, come del resto ha fatto la Chiesa da parte sua”. “Sei fortunato che il padre stia accompagnando quel tizio a King’s Cross” disse Fratello Lemming “altrimenti ti sarebbe già saltato alla gola. Ciò che lo turba veramente è la nostra posizione legale all’interno della Legge massonica. Penso che uno di questi giorni andrà a riferire il nostro caso. Bene, buona notte a tutti”. Il dottore e Lemming svoltarono insieme. “Sì,” disse Fratello Burges, infilando il suo braccio nel mio “quasi come ha fatto la Chiesa. Tuttavia, sono forse troppo ritualista”. Non dissi niente. Stavo rimuginando quanto mi ci sarebbe voluto per battere il religioso sul tempo e riferire io il caso di Fede e Opere 5837 E.C |