LE PIRAMIDI – LA PIANA DI GIZA
A Giza siamo nel regno delle piramidi:Cheope si innalza per 146 metri, Chefren raggiunge i 144 e Micerino solo 65.
Fatto stupefacente,quella che chiamano piana di Giza,non è naturale, ma fu spianata dalla mano dell’uomo al termine di lavori di cui si può immaginare la grandezza.
Le tre piramidi furono disposte secondo un asse che andava da nord-est a sud-ovest, con il limite nord occupato dalla Grande Piramide.
Il territorio delle piramidi si chiamava in egizio Occidente, poiché era la regione del tramonto in cui l’anima trova riposo, ma anche. «il sotto del dio», cioè la terra sacra della necropoli posta sotto la protezione divina, e infine «vicino all’alto», poiché Giza era il luogo che permetteva allo spirito dei faraoni di accedere agli spazi celesti.
LE PIRAMIDI –
L’ORIENTAMENTO
Per
quanto riguarda l’orientamento delle piramidi ci troviamo davanti ad un’altra
inquietante coincidenza o a una perizia dei costruttori che anche oggi è
difficile imitare.
Le quattro facce della Grande piramide guardano esattamente verso il nord, il
sud, l’est e l’ovest del mondo. Secondo recenti calcoli la differenza con il
polo nord magnetico è di appena tre minuti di grado, uno scarto davvero
insignificante (0,015 %). Come è stato possibile ottenere tanta precisione
quando il più riuscito tentativo moderno di orientare un edificio
(l’Osservatorio astronomico di Parigi) registra una distanza dal nord magnetico
di ben sei minuti?
LE PIRAMIDI – IPOTESI SULLA COSTRUZIONE
Uno dei grandi misteri dell’antico Egitto è il modo in cui le piramidi furono costruite. A lungo si fece riferimento al racconto tendenziosa del greco Erodoto, a cui piaceva diffondere chiacchiere e che si divertì a macchiare la memoria dei faraoni dell’antico Egitto, facendo di Cheope e di Chefren dei tiranni esecrabili. È sempre a Erodoto che si deve la sciocca favola secondo cui centinaia di migliaia di schiavi, soffrendo al sole, sotto i colpi di fruste, ridotti a bestie da soma, pagavano con la salute o con la vita il trasporto di enormi blocchi di pietra. Questa stupida immagine è stata purtroppo diffuse da un gran numero di manuali scolastici e persino di opere dalle pretese scientifiche. La schiavitù esisteva in Grecia, ma non in Egitto. Il faraone non lavorava contro il suo popolo. Architetti, costruttori artigiani costituivano la «classe sociale» più rispettata e potente d’Egitto nell’Antico Regno. Nei grandi cantieri dei faraone, come in quelli del nostro Medioevo, non c’era che un piccolo numero di specialisti aiutati da un gran numeri di lavoratori, pagati e considerati secondo il loro ruolo. La vita del popolino egizio ci è perfettamente illustrata dalle scene e dalle iscrizioni delle tombe dell’Antico Regno. Mal grado la pesantezza dei lavori degli artigiani e dei contadini non c’era traccia di tirannia o di oppressione da parte dei nobili o del faraone.
Le piramidi di Giza non sono l’opera di oppressi o di schiavi, ma di una élite di architetti, di una civiltà all’apice del proprio genio, capace di una straordinaria organizzazione del lavoro, dall’estrazione delle pietre sino al loro sollevamento, passando per il trasporto. Durante i mesi di inondazione, buona parte della popolazione stava in riposo. Allora, si reclutava molta manodopera per lavorare nei cantieri delle piramidi. Senza ruota e senza carrucole, sembra anche se queste tecniche erano conosciute, con trapani dalla punta di selce, mazze di diorite, accette, asce e scalpelli di rame, le squadre di artigiani, considerati come fari della loro società e remunerati di conseguenza, costruirono monumenti immensi di cui, tuttavia, nessun testo geroglifico sottolinea il carattere eccezionale.
Per l’Antico Regno, la costruzione di una piramide era un atto normale, rituale, di cui non ci si doveva vantare. Geometri e agrimensori dovettero risolvere problemi di grande difficoltà per tracciare basi quadrate di più di duecento metri, ottenere la perfetta orizzontalità degli strati di pietra a tutti i livelli, calcolare orientamenti precisissimi, risolvere il rompicapo della coesione delle masse perché le camere interne non fossero schiacciate, sistemare rivestimenti di pietra in cui blocchi di più di due tonnellate sono così ben posti che non si può quasi mai inserire uno spillo nella saldatura. .Sono solo alcune delle tante prodezze tecniche.
Per capire davvero il significato di una piramide, non bisogna considerarla come un monumento isolato, anche se oggi i tre giganti di Giza sono privati di quello che un tempo li circondava. Ai confini del deserto, al bordo della valle, c’era un tempio basso, o tempio d’accoglienza, in cui si compivano i riti di purificazione. Di qui partiva una galleria, con le mura adorne di rilievi, che portava a un tempio alto, davanti al lato est della piramide. Questo complesso simbolico era completato da una piccola piramide, di norma a sud di quella più grande: era il luogo di pace per l’anima del re o per la regina sua compagna, in quanto principio spirituale femminile. Intorno a questo complesso architettonico, già in sé gigantesco, erano costruite le tombe dei nobili, le mastabe, che formavano vere «strade di tombe». Così, la corte reale era ricostituita per il viaggio in questo mondo e nell’altro, in modo che la vita continuasse a fare il suo corso: in questo modo il corpo del faraone resuscitato avvolgeva l’universo come un cerchio.