IL TRATTATO DI MARCO AURELIO LIBRO IV°

LIBRO IV

1              Il principio sovrano dentro di noi, quando si trovi conforme a natura, ha verso gli eventi una disposizione tale, che può sempre facilmente mutarla in relazione a ciò che a possibile e concesso. Infatti non ama alcuna materia definita, ma segue, con riserva, il suo impulso ai fini più alti, e di quello che gli si oppone fa materia per sé, come il fuoco, quando fa suo ciò che vi cade dentro – un lumicino ne sarebbe spento: il fuoco vivo, invece, in un istante si impadronisce di ciò che gli si getta sopra, lo consuma e proprio di qui trae alimento per divampare ancora più alto.

2              Non si compia alcuna azione a caso o in qualsiasi modo non conforme a un principio che contribuisca a realizzare l’arte del vivere.

3              Si cercano un luogo di ritiro, campagne, lidi marini e monti; e anche tu sei solito desiderare fortemente un simile isolamento. Ma tutto questo a proprio di chi non ha la minima istruzione filosofica, visto che a possibile, in qualunque momento lo desideri, ritirarti in te stesso; perché un uomo non può ritirarsi in un luogo più quieto o indisturbato della propria anima, soprattutto chi ha, dentro, principî tali che gli basta affondarvi lo sguardo per raggiungere sùbito il pieno benessere: e per benessere non intendo altro che il giusto ordine interiore. Quindi concediti continuamente questo ritiro e rinnova te stesso; e siano brevi ed elementari i principî che, appena incontrati, basteranno a purgarti da ogni nausea e a congedarti senza che tu provi fastidio per le cose a cui ritorni. Che cosa, infatti, ti infastidisce? La cattiveria degli uomini? Considerati i termini del problema – e cioè che gli esseri razionali esistono gli uni per gli altri; che la tolleranza a parte della giustizia; che sbagliano senza volerlo – e considerato quanti già, dopo aver nutrito inimicizia, sospetto, odio, giacciono trafitti, ridotti in cenere, smettila, infine! O forse il tuo fastidio a anche per la sorte che, nell’ordine universale, ti viene assegnata? Ritorna col pensiero all’alternativa: «O provvidenza o atomi», e a tutti gli argomenti con cui fu dimostrato che il cosmo a come una città. O forse ti sentirai toccato dalle cose del corpo? Torna ancora a pensare che la mente non si immischia con i movimenti dolci o aspri del soffio vitale, una volta che abbia isolato se stessa e preso cognizione del proprio potere; e poi pensa a tutto quello che hai ascoltato intorno al dolore e al piacere, e su cui hai espresso il tuo assenso. O sarà forse la preoccupazione di una misera fama a fuorviarti? Guarda la rapidità dell’oblio che investe tutto, l’abisso dell’eternità che si estende infinita in entrambe le direzioni, la vacuità della rinomanza, la volubilità e la sconsideratezza di chi sembra tributare elogi, e l’angustia del luogo in cui la fama a circoscritta. Perché tutta la terra a un punto: e quale minuscolo cantuccio della terra a questa dimora? E, qui, quanti e quali sono gli uomini che ti elogeranno? Ricorda, allora, che puoi ritirarti in questo tuo campicello, e soprattutto non agitarti e non darti troppa pena, ma sii libero e guarda la realtà da uomo, da essere umano, da cittadino, da essere mortale. E tra i principî che più dovranno stare a portata di mano quando ti ripiegherai su di essi, vi siano i due seguenti. Il primo: le cose non toccano l’anima, ma stanno immobili all’esterno, mentre i turbamenti vengono soltanto dall’opinione che si forma all’interno. Il secondo: tutto quanto vedi, tra un istante si trasformerà e non sarà più; e pensa continuamente alla trasformazione di quante cose hai assistito di persona. Il cosmo a mutamento, la vita a opinione.

4              Se l’intelligenza a comune a noi uomini, a comune anche la ragione, in virtù della quale siamo esseri razionali; se così, a comune anche la ragione che ordina ciò che deve o non deve essere fatto; se così, a comune anche la legge; se così, siamo concittadini; se così, partecipiamo di un organismo politico; se così, il cosmo a come una città. Di quale altro organismo politico comune, infatti, si potrà dire partecipe l’intera umanità? E di qui, da questa città comune, ci viene la nostra stessa intelligenza, ragione, legge; da dove, altrimenti? Infatti, come ciò che in me vi a di terreno a particella ricavata da una qualche terra, l’umido da un altro elemento, il soffio vitale da una sorgente, il calore e il fuoco da una loro specifica fonte – perché nulla viene dal nulla, come neppure finisce nell’inesistente -, così appunto anche l’intelligenza ha origine da qualcosa.

5              La morte a, tale quale la nascita, un mistero della natura: aggregazione degli stessi elementi agli stessi elementi; non certo, insomma, qualcosa di cui ci si debba vergognare: infatti non contrasta con la condizione di un essere razionale né contrasta con il criterio della sua costituzione.

6              Questo a il prodotto inevitabile di individui che abbiano una simile natura: chi non lo accetta, non accetta che il fico abbia il lattice. Insomma, ricòrdati di questo; in men che si dica sarete morti sia tu sia costui, e fra poco di voi non resterà neppure il nome.

7              Cancella l’opinione: a cancellato il «sono stato danneggiato». Cancella il «sono stato danneggiato»: a cancellato il danno.

8              Ciò che non rende un uomo peggiore di quel che a, non rende peggiore neppure la sua vita, e non la danneggia, né dall’esterno né dall’interno.

9              La natura dell’utile non può produrre che questo.

10           Tutto ciò che avviene avviene giustamente: lo verificherai, se osservi con attenzione. Non dico soltanto nel senso che avviene in giusta conseguenza, ma nel senso che avviene secondo giustizia e come per opera di qualcuno che assegna quanto spetta secondo il merito. Quindi osserva questo principio, come hai cominciato a fare, e in qualunque azione agisci con il presupposto di essere buono, nel senso in cui a propriamente inteso l’essere «buono». Mantieni questa esigenza in ogni azione.

11           Non formarti opinioni in analogia ai giudizi che il prepotente formula o vorrebbe che tu formulassi, ma guarda le cose in sé, quali sono in verità.

12           Bisogna tenere sempre pronte queste due regole: la prima, compiere soltanto ciò che la ragione di sovrano e legislatore suggerisce per il bene degli uomini; la seconda, cambiare parere se accanto c’a qualcuno in grado di correggerti o staccarti da una determinata convinzione. Questa conversione, tuttavia, deve sempre avvenire per verosimili ragioni di giustizia o utilità sociale, e ciò che fa mutare strada deve essere solo di questa natura, non qualcosa che sia apparso fonte di piacere o di fama.

13           Hai la ragione? Sì. Allora perché non la usi? Quando essa, infatti, svolge il proprio cómpito, che altro vuoi?

14           Sei venuto al mondo come parte. Scomparirai dentro ciò che ti ha generato, o meglio sarai riassunto, attraverso trasformazione, nella sua ragione seminale.

15           Molti granelli di incenso sullo stesso altare: uno a caduto prima, l’altro dopo, ma non fa nessuna differenza.

16           Entro dieci giorni sembrerai un dio a quelli stessi a cui ora sembri una belva e una scimmia, se ritorni ai principî e al culto della ragione.

17           Non vivere come se dovessi vivere migliaia di anni. Il fato incombe: finché vivi, finché a possibile, diventa virtuoso.

18           … quanto tempo libero guadagna chi non guarda che cosa il prossimo ha detto, fatto o pensato, ma soltanto le proprie azioni, perché siano giuste e pie, cioè conformi all’uomo virtuoso. Non voltarti intorno a guardare un carattere malvagio, ma corri dritto lungo la linea, senza lasciarti deviare.

19           Chi spasima per la sua gloria postuma non pensa che anche ognuno di quelli che lo ricordano al più presto morirà, e poi sarà il turno di chi avrà preso il suo posto, finché il ricordo di lui, avvicendandosi tra vite che si accendono e spengono, si estinguerà completamente. Ma supponi pure che siano immortali coloro che ricorderanno, e immortale il ricordo: ebbene, che senso ha tutto questo per te? E non dico soltanto che non ha senso per il defunto: ma, anche per chi a vivo, che senso ha la lode? (a prescindere da una sua funzione strumentale). Adesso, infatti, tu trascura pure inopportunamente la dote naturale, dedicandoti a un’altra ragione; poi […]

20           Tutto quel che per qualsivoglia ragione a bello, a bello di per se stesso e si conclude in se stesso, senza che la lode ne costituisca una parte. Ciò che a lodato, quindi, non diviene per questo peggiore né migliore. Lo dico anche a proposito delle cose comunemente definite belle, ad esempio gli oggetti materiali e i prodotti artistici. Invece, ciò che a veramente bello di che altro ha bisogno? Di nulla, esattamente come la legge, come la verità, come la benevolenza o il pudore. Quale di queste cose a bella se a lodata o perde valore se a biasimata? Uno smeraldo diventa peggiore di quel che a, se non viene lodato? E l’oro, l’avorio, la porpora, una lira, un pugnale, un fiorellino, un alberello?

21           Se le anime persistono, come può l’aria contenerle tutte dall’eternità? E come può la terra contenere i cadaveri di chi, da tanto tempo, vi viene sepolto? Infatti, come quaggiù la trasformazione e il dissolvimento di questi, dopo una determinata persistenza, fanno spazio ad altri morti, così le anime che trasmigrano nell’aria, dopo essersi mantenute per un dato periodo di tempo, si trasformano, si effondono e deflagrano venendo riassunte nella ragione seminale dell’universo, e in questo modo procurano spazio alle anime che continuano ad aggiungersi ad esse. Questa può essere la risposta nell’ipotesi che le anime persistano. Non bisogna, però, considerare soltanto la quantità di cadaveri che si seppelliscono in questo modo, ma anche quella degli animali che ogni giorno sono mangiati da noi e da tutti gli altri animali. Quanto a grande, infatti, il numero degli animali che vengono consumati e così, in certo modo, vengono seppelliti nel corpo di chi se ne nutre? Eppure c’a abbastanza spazio per accoglierli, grazie all’assimilazione in sangue, alla trasformazione in elemento aereo o igneo. In questo caso, qual a la via per raggiungere la verità? La distinzione tra materia e causa.

22           Non vagare a vuoto, ma in ogni impulso rendi ciò che a giusto e in ogni rappresentazione conserva la facoltà di comprendere.

23           È in armonia con me tutto ciò che a in armonia con te, o cosmo; nulla di ciò che per te cade al momento opportuno a precoce o tardivo per me. È un frutto per me tutto ciò che recano le tue stagioni, o natura: tutto da te, tutto in te, tutto a te. Quel tale dice: «O cara città di Cecrope»; e tu non dirai: «O cara città di Zeus»?

24           «Fai poco» dice «se vuoi esser sempre sereno». Non sarà meglio fare il necessario e quanto prescrive la ragione di un essere sociale per natura, e nel modo in cui lo prescrive? Questo, infatti, porta non solo la serenità che viene dall’agire secondo virtù, ma anche quella che deriva dall’agire poco. Perché se uno elimina la maggior parte delle nostre parole e azioni, in quanto non necessarie, avrà più tempo libero e una quiete più sicura. Per cui, in ogni singola circostanza, bisogna ricordare a se stessi: «Ma questo non sarà qualcosa di non necessario?». E non si devono eliminare soltanto le azioni non necessarie, ma anche le rappresentazioni non necessarie: perché così non ne seguiranno neppure azioni superflue.

25           Verifica come ti riesce la vita dell’uomo virtuoso, pago di ciò che, entro le cose dell’universo, gli viene assegnato in sorte, contento del proprio giusto agire e della propria disposizione benevola.

26           Hai visto quelle cose? Guarda anche queste! Non turbare te stesso: semplìficati. Qualcuno sbaglia? Sbaglia a suo danno. Ti a successo qualcosa? Bene: tutto quel che ti succede, fin dall’inizio, era stato riservato, entro le cose dell’universo, per essere assegnato a te e intrecciato con la tua vita. Insomma: la vita a breve; bisogna sfruttare il presente con oculatezza e nel rispetto della giustizia. Sii sobrio, ma con elasticità.

27           O un cosmo ordinato o un miscuglio raccolto insieme: ma, ancora, un cosmo. Oppure a possibile che in te esista un ordine e nell’universo il disordine, quando per giunta tutte le cose risultano così distinte, diffuse e solidali?

28           … un carattere malvagio, un carattere femmineo, un carattere duro, feroce, bestiale, puerile, inerte, falso, da buffone, da mercante, da tiranno.

29           Se a straniero nel cosmo chi non conosce ciò che sta nel cosmo, non meno straniero a chi non conosce ciò che vi accade. Fuoruscito a chi si allontana dalla ragione su cui si regge la società; cieco chi chiude l’occhio dell’intelletto; mendico chi ha bisogno di un altro e non ricava da sé tutto ciò che serve per la vita; ascesso del cosmo chi recede e si stacca, scontento degli eventi, dalla ragione della natura comune: a quella, infatti, che li produce, la stessa che ha prodotto anche te; scheggia della città chi schianta la propria anima da quella degli esseri razionali, che a una sola.

30           Uno pratica la filosofia senza tunica, un altro senza libro. Quest’altro seminudo dice: «Non ho pane e resto fedele alla dottrina». Quanto a me, non ho il nutrimento che viene dagli studi, e le resto fedele.

31           Ama l’arte che hai imparato, acquietati in essa: e trascorri il resto della vita come chi ha rimesso agli dai, con tutta l’anima, ogni suo bene, senza farsi tiranno o schiavo di nessuno.

32           Pensa, per esempio, ai tempi di Vespasiano, e vedrai le stesse cose: gente che si sposa, tira su i figli, si ammala, muore, combatte, festeggia, commercia, coltiva, adula, si chiude nel suo orgoglio, sospetta, trama, prega che qualcuno muoia, brontola per la situazione in cui si trova, fa l’amore, accumula tesori, ambisce al consolato, al trono. Ebbene: quella gente non esiste più, in nessun luogo. Passa poi ai tempi di Traiano: vedrai ancora le medesime cose, senza eccezione: anche quella generazione a morta. Allo stesso modo osserva anche gli altri titoli sotto cui si registra la storia di epoche e interi popoli, e guarda quanti, dopo essersi tanto affannati, in breve tempo caddero e furono dissolti negli elementi. Ma soprattutto bisogna richiamare alla mente quelli che tu stesso hai visto stremarsi in vane fatiche, trascurando di compiere quanto era conforme alla propria costituzione, di tenerlo ben stretto e di accontentarsene. Qui, però, a necessario ricordare che anche l’attenzione dedicata a ogni singola azione ha un suo valore e una sua appropriata misura: non ti sentirai avvilito, infatti, solo se non ti applicherai per più tempo del dovuto a cose di minor conto.

33           Le parole che un tempo erano usuali ora sono lemmi in disuso; così pure i nomi di personaggi un tempo celebrati ora sono, in un certo senso, voci obsolete: Camillo, Cesone, Voleso, Dentato – e tra poco lo diverranno anche Scipione e Catone, poi anche Augusto, e poi anche Adriano e Antonino. Perché tutto presto svanisce e diviene mito: e presto lo seppellisce un totale oblio. E questo dico a proposito di chi visse in un prodigioso alone di gloria: perché gli altri, come esalano l’ultimo respiro, restano ignoti, non lasciano traccia. Del resto cos’a, in sostanza, un ricordo imperituro? Il vuoto totale. Ma cos’a, allora, ciò in cui ci si deve impegnare? Unicamente questo: un pensiero ispirato a giustizia, azioni tese al bene comune, una parola che non inganni mai e una disposizione che di cuore abbracci tutto ciò che avviene, in quanto necessario, già noto, derivante da un tale principio e da una tale sorgente.

34           Conségnati spontaneamente a Cloto, lasciando che ti intrecci con qualsiasi fatto voglia.

35           Tutto effimero, sia il soggetto che ricorda, sia il soggetto ricordato.

36           Osserva continuamente che tutto nasce per trasformazione e abituati a pensare che la natura del tutto nulla ama come trasformare l’esistente e produrre cose nuove che gli somiglino. Tutto ciò che a, infatti, in un certo modo a seme di quello che ne sarà. Tu invece ti rappresenti come seme soltanto quello che penetra nella terra o nell’utero: ma questo significa proprio non avere istruzione filosofica!

37           Presto sarai morto, e ancora non sei semplice, imperturbabile, certo di non poter subire danno dall’esterno, benevolo verso tutti; e ancora non riponi la saggezza unicamente nell’agire secondo giustizia.

38           Osserva il loro principio dirigente, e quali cose rifuggono le persone sagge, quali invece inseguono.

39           Il tuo male non può stare nel principio dirigente di un altro, e neppure in qualche mutamento e alterazione di quel che ti circonda. Dove, allora? Nella parte di te che formula opinioni intorno ai mali. Ebbene, tale parte non formuli opinioni, e tutto andrà bene. Anche se ciò che le sta più vicino, il corpo, viene tagliato, bruciato, anche se va in suppurazione, in cancrena, la parte che formula opinioni su tutto questo resti quieta, cioè non giudichi male né bene nulla che possa indifferentemente accadere a un uomo malvagio e a uno buono. Perché quello che accade parimenti a chi vive contro natura e a chi vive secondo natura non a né secondo né contro natura.

40           Pensa continuamente al cosmo come a un solo essere che racchiude una sola sostanza e una sola anima, e pensa come tutto pervenga a una sola sensazione, la sua, come quest’essere compia tutto per un solo impulso, come tutte le cose siano concausa di tutti gli eventi, e quale sia il loro fitto intrecciarsi e connettersi.

41           Sei un’animuccia che porta un cadavere, come diceva Epitteto.

42           Per ciò che si trova in corso di trasformazione non può esservi nulla di male, come neppure può esservi nulla di bene per ciò che sorge da una trasformazione.

43           L’eternità a come un fiume formato dagli eventi e una corrente impetuosa: ogni singola cosa, infatti, appena cade sott’occhio e già passata oltre, e ne passa un’altra, che a sua volta sarà trascinata via.

44           Tutto ciò che accade a abituale e noto così come la rosa in primavera e la frutta in estate: lo stesso vale, in effetti, anche per la malattia, la morte, la calunnia, le trame, e quanto rallegra o addolora gli sciocchi.

45           La conseguenza sussegue all’antecedente secondo un vincolo di affinità: perché non si tratta di una serie di fatti indipendenti, retta solo da una legge di necessità, ma di una stretta connessione razionale; e come la realtà a armonicamente coordinata, così gli eventi presentano non una nuda successione, ma una specie di mirabile affinità.

46           Ricorda sempre l’opinione di Eraclito: «morte della terra a divenire acqua e morte dell’acqua divenire aria e dell’aria divenire fuoco e viceversa». Ricorda anche «chi dimentica dove conduce la via»; e che «gli uomini sono in contrasto proprio con quello con cui sono nel rapporto più assiduo, con la ragione che governa il tutto, e a loro sembrano estranee proprio le cose in cui si imbattono quotidianamente»; e «non si deve agire e parlare come durante il sonno» (anche allora, infatti, ci sembra di agire e di parlare); e non bisogna «quali figli dei genitori …», cioè in base al puro principio del «come abbiamo appreso».

47           Come, se uno degli dai ti dicesse: «Entro domani o al massimo dopodomani sarai morto», non daresti grande importanza al morire dopodomani invece che domani, a meno di essere meschino fino in fondo (quanto vale, infatti, un simile scarto di tempo?); così pure non credere che sia un grande affare morire tra molti anni invece che domani.

48           Pensa continuamente quanti medici sono morti, dopo aver tante volte aggrottato le sopracciglia sui loro pazienti; quanti astrologi, dopo aver predetto la morte di altri con l’aria di emettere un’importante previsione; quanti filosofi, dopo mille estenuanti dispute sulla morte o sull’immortalità; quanti eroi, dopo aver ucciso tanti uomini; quanti tiranni, dopo aver esercitato il potere di vita e di morte con terribile superbia, quasi fossero immortali; e quante intere città sono, per così dire, morte: Elice, Pompei, Ercolano e innumerevoli altre. Passa in rassegna anche tutti quelli che conosci, uno dopo l’altro: questo ha seppellito quello, poi a stato disteso sul letto di morte, quest’altro ha fatto lo stesso con quell’altro, e così via: e tutto in breve tempo. Insomma, guarda sempre la realtà umana come effimera e vile – ieri un po’ di muco, domani mummia o cenere. Questo infinitesimale frammento di tempo, quindi, trascorrilo secondo natura e concludilo in serenità, come l’oliva che, ormai matura, cadesse lodando la terra che l’ha prodotta e ringraziando l’albero che l’ha generata.

49           Sii come il promontorio, contro cui si infrangono incessantemente i flutti: resta immobile, e intorno ad esso si placa il ribollire delle acque. «Me sventurato, mi a capitato questo». Niente affatto! Semmai: «Me fortunato, perché anche se mi a capitato questo resisto senza provar dolore, senza farmi spezzare dal presente e senza temere il futuro». Infatti una cosa simile sarebbe potuta accadere a tutti, ma non tutti avrebbero saputo resistere senza cedere al dolore. Allora perché vedere in quello una sfortuna anziché in questo una fortuna? Insomma, chiami sfortuna per un uomo ciò che non a un insuccesso della natura umana? E ti pare un insuccesso della natura umana ciò che non va contro il volere di tale natura? E allora? Hai appreso qual a il suo volere: sarà forse quel che ti a capitato a impedirti di essere giusto, magnanimo, temperante, assennato, non precipitoso, sincero, riservato, libero, dotato di tutte le altre qualità che, quando sono insieme presenti, consentono alla natura dell’uomo di possedere ciò che le a proprio? Ricorda poi, ad ogni evento che ti induca a soffrire, di far uso del seguente principio: «questo fatto non a una sfortuna, mentre a una fortuna sopportarlo nobilmente».

50           Aiuto non filosofico, ma comunque produttivo per il disprezzo della morte, a richiamare alla mente coloro che si sono tenacemente aggrappati alla vita. Ebbene, che hanno avuto di più rispetto a chi ha avuto una fine prematura? Giacciono pur sempre, da qualche parte, Cediciano, Fabio, Giuliano, Lepido e gli altri come loro, che ne avevano seppelliti tanti, e poi sono stati seppelliti! Insomma, la differenza di tempo a piccola, e, per giunta, da scontare con quante sofferenze, con quale compagnia e in quale corpo! Quindi non considerarla un affare. Guarda dietro di te l’abisso dell’eternità, e, davanti a te, un altro infinito. In questa dimensione che differenza c’a tra vivere tre giorni o tre volte gli anni di Nestore?

51           Corri sempre per la via più breve – la via più breve a quella secondo natura – così da parlare e agire sempre nel modo più valido. Un simile proposito, infatti, libera dalle fatiche di una campagna militare, di ogni incombenza di governo, dell’eccessiva raffinatezza.

Questa voce è stata pubblicata in Storia. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *