IL GRANDE ORIENTE – POST FATA

Post fata

 
      Quale, dunque, il bilancio di due lustri di vita del Grande Oriente d’Italia in esilio? Per tracciarlo occorre anzitutto evitare di chiedere alla Massoneria ciò ch’essa non poteva dare, perché le era estraneo: cospirazione armata, identificazione col garbuglio delle correnti partitiche e simili. Esso va invece cercato su altro terreno. Mentre le organizzazioni politiche mutarono più volte programmi, alleanze, orientamenti, la Comunione massonica italiana rimase saldamente ancorata a princìpi tradizionali, che ne ricollegavano l’azione al secolare deposito storico e ideale di educazione alle libertà e alla fratellanza interna e internazionale, fondandola sullo studio dei modi più adatti per elevare a patrimonio universale le conquiste morali individuali. Anche nell’esilio la Massoneria italiana rimase quindi un Ordine, senza mai ridursi a « setta »: perdendo via via per strada quanti vi avessero cercato mezzi e metodi impropri.
      Oltre alle antiche scomuniche ecclesiastiche per prima in Europa la Massoneria italiana s’era veduta rovinare addosso le conseguenze delle nuove condanne ideologiche: quella pronunciata dalla Terza Internazionale, che spinse una vasta area partitica ad assumere un atteggiamento pregiudiziale nei suoi confronti, con grave nocumento per le forze democratiche e grande vantaggio per i nazional-fascisti, che, autori e attori di una seconda “scomunica“, ebbero agio di perpetrare manu militari e con illegalità legislative il terzo rogo della fenice liberomuratoria in Italia. La morte di Domizio Torrigiani nella sorvegliata solitudine di Lamporecchio, esattamente due secoli dopo l’iniziazione di Antonio Cocchi, il compagno d’officina di Tommaso Crudeli, prima vittima italiana della persecuzione antimassonica, risultò quindi non meno emblematica dell’Alleanza tra le massonerie perseguitate, raccolta attorno alla Comunione italiana, che, a quel modo, mostrò di aver maturato un patrimonio d’esperienza storica e morale che non aveva bisogno di certificazione da parte di nessun’altra potenza massonica e che anzi l’avrebbe resa particolarmente lungimirante nei confronti di altre successive persecuzioni antimassoniche, affioranti dalle sponde più disparate, ma con gli obiettivi di sempre: la distruzione dell’Istituzione che da 250 anni era segnacolo del livello delle libertà costituzionali e delle civiltà dei paesi del globo.
      Dietro l’opera svolta da Eugenio Chiesa, Arturo Labriola, Alessandro Tedeschi, Giuseppe Leti, Cipriano Fachinetti, Galasso, Zanellini, Carasso, Di Pietro, Fama… s’intravvedono molte migliaia di Fratelli, in Francia, Inghilterra, nelle due Americhe, in Egitto… 59, richiamati tra le colonne per iniziativa di pochi. L’esempio di tenacia offerto dai massoni dell’esilio fu inoltre determinante per incoraggiare le logge e i nuclei clandestini operanti in Italia a proseguire – anche attraverso nuove iniziazioni – un’impresa architettonica, di cui abbiamo sommariamente descritto la facciata dell’esilio, ma il cui stile peninsulare dovrà a sua volta essere ripercorso nelle sue fondamenta documentarie e col necessario rigore critico.       Se l’antifascismo italiano tenne ferme le ragioni di fondo delle sue scelte civili – libertà (diritti civili), giustizia (riforme sociali), tolleranza (pluralismo autentico, in un’età di settarismo fazioso, non completamente esaurito neppur dalla seconda guerra mondiale) – lo si dovette anche alla esigua schiera dei massoni del Gran Oriente d’Italia in esilio, impegnati a dirozzare una pietra, sulla quale sarebbe poi stata edificata la costituzione repubblicana, garante sia per le organizzazioni partitiche, comprese in uno Stato finalmente laico, sia per la società civile, riscattata dall’eccesso di potere, nel quale tra il 1915 e il 1945, s’era perduto il senso e il gusto della libertà e alla « legittimità » era stato sostituito il feticcio dell’arbitrio, rivestito coi panni di una « legalità » espressa dal dispotismo 60.   59. Un sommario bilancio dei Fratelli all’Obbedienza del G.·.O.·. dell’esilio sin dal 29 novembre 1931 faceva contare 45 massoni a Salonicco, 15 a Tunisi, 23 nella Loggia « Amendola » di Parigi, oltre a 3 Officine in Argentina, 2 in Egitto e Tunisia, 1 all’Oriente di Barcellona e la « Ettore Ferrari » di Londra, per un insieme di oltre 500 affiliati: tutti determinati nelle motivazioni della loro opera.
Sulla consistenza dell’organizzazione massonica all’estero (e, in termini meno attendibili, in Italia) ACS, MI, DGPS, Pol. Pol., 1926-45, bb. 103-105, Corrieri e fiduciari della Massoneria all’estero.
Il 23 settembre 1934, da Parigi, un informatore trascriveva per la DGPS l’elenco degl’italiani iscritti a officine della Gran Loggia di Francia (« Italia » e « Nuova Italia »), ma in gran parte presenti anche nei piedilista delle Logge all’obbedienza del Grande Oriente dell’esilio: Avv. Angeloni Mario – Italia Nuova; Boffoli – 6 Rue de la Victoire, Paris – Italia; Bosco Michele – 24 Rue Amelot, Paris – Italia; Ing. Paolo Bruni – 87 Rue Dunkerque, Paris – Italia Nuova; A. Colalucci – 55 Rue Gravel-Levallois-Perret – Italia; Campolonghi Leonida – Italia; Carasso – Italia Nuova; Cavillani – II Cité Falguiére, Paris (XV) – Italia; Cherubini Mario, pittore – 99 Fbg. Saint-Martin, Paris – Italia; Chiesa Eugenio, pubblicista – 34 Av. de Neully-sur-Seine – Italia (morto); Prof. Chiostergi – Italia Nuova; Colomba Giovanni – 10 Rue de Lorraine-Levallois (Seine) – Italia; Colombo Ernesto, Parigi – radiato dalla Loggia Italia; Cordovado Nino – Italia Nuova; Costa – Italia; Danielli Fausto, commerciante – 70 Av. du Breteuil, Parigi (7) – Italia; Delcotto – Italia; Ing. Della Riccia Angelo – 48 Rue Saint-Saveur, Parigi (2) – Italia; Di Gaeta Carlo, chimico a Maison Laffitte – radiato il 18-3-1928 dalla Loggia Italia; Diozzi Probi 6 bis Rue de Passy, Parigi (XVI) – Italia; Doignas – Italia; Donadio Alberto, commerciante – 17 Av. de Clichy, Parigi (XVII) – Italia; Duegnas – Italia Nuova; [illegg.] Luigi – Italia Nuova (morto); Fiocchi Arturo – 167 Rue de Paris-Pantin (Seine) – Italia; Francischelli – Italia; Giannini Alberto – Italia Nuova; Grechi – Italia Nuova; Ing. Lapagna Mario – Italia; La Puma – Italia; Leonardi – Italia (morto); Avv. Leti Giuseppe – 11 Rue de la Convention, Parigi (XV) – Italia Nuova; L. Lorenzi – 27 Rue de Passy – Italia; Marenpt – Italia Nuova; Mathias Leoni – Italia; Mihaleskul Giorgio – 27 Quai de la Tournelle, Parigi (V) – Italia; Moreno Guido – Parigi – Italia; Nitti Francesco Fausto – Italia Nuova; Paganacci – Italia; Panunzi Paride – 48 Rue Saint-Saveur, Parigi (2) – Italia; Parietti Giovanni – 48 Rue de Flandre, Parigi (XIX) – Italia; Pellegrino Vincenzo – 45 Rue Villemouble-Gargan – Italia; Peroni Umberto, impresario, già redattore del « Popolo d’Italia » di Milano – 131 Rue Grand-Chaville – Italia Nuova e Italia; Pezzi Domenico – 26 Rue des Cordeliers, Paris (XIII) – Italia; Pistocchi Mario, pubblicista – Italia Nuova; Sowars Ottone – 16 Rue de la Tour d’Auvergne, Paris (IX) – Italia; Triaca Ubaldo, ingegnere – 18 Rue de Liége, Paris (IX) – Italia; A. Valente – Italia; Tempesti Italo, da Genova – iscritto alla Loggia Jean-Jaurés, sita all’8 Rue de Puteaux.

60. È da auspicare che la raccolta e la selezione delle informazioni abbia luogo sin tanto che può essere utilizzata la testimonianza diretta dei protagonisti, per es. della costituzione di una Loggia clandestina a Catania, annunziata nella riunione del Governo dell’Ordine del 21 maggio 1931, oltre alla Loggia clandestina di Milano – fortemente colpita dagli arresti dei “giellisti” nell’ottobre 1930 – e ai nuclei di Firenze, Torino, Bari, Ravenna e dei centri minori, come Lanciano, ove un Umberto Cipollone (di cui v. L’azione della Massoneria italiana (Palazzo Giustiniani) in difesa della libertà e delle libere istituzioni contro il fascismo e le sue riviviscenze, Roma, 1960) non rimase certo inoperoso.
Non meno interessante riuscirà una ricostruzione esauriente della già in parte documentabile condotta tenuta da militanti comunisti nei confronti della Massoneria, soprattutto in Francia, con rilevanti ripercussioni generali. Sin dal 10 aprile 1933 – con un anno di anticipo rispetto alla svolta dei « fronti popolari » – veniva dato per certo un accordo tra i « fratelli moscoviti » e i massoni francesi (ACS, MI, DGPS, AA GG RR, R/G, b. 429). Più fitte – e controllabíli per raffronti incrociati – le notizie (dalla stessa fonte archivistica) sulla ripresa d’attività massonica di molti Fratelli comunisti francesi dal 1934 in poi.  
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