IL LOGOS DEGLI ASTRI

Il Logos degli astri     

Gioele M..

Questo contributo del carissimo Fratello Gioele M. che si offre alla lettura e allo studio, è un lavoro pubblicato sul numero 1 di Pantheon.

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“Logos” e “astri”… I due termini costituiscono insieme la parola astrologia.

Propriamente, in base alla sua specifica valenza semantica, questo nome composto implica che esista un linguaggio razionale, dunque scientificamente significativo, connesso in qualche modo agli astri.

Il termine logos infatti, sin dall’epoca classica ellenica fino alla fondamentale accezione che la scuola filosofica stoica volle attribuirgli (gravida di conseguenze sulla “fortuna” del vocabolo in esame), a secondo dei contesti in cui viene utilizzato, può essere tradotto con “ragione”, “regola”, “giudizio”, “causa”, “legge”, “argomento”, “intelligenza”, “discorso”.

Esso, quale che sia la “materia” o il “nome” cui viene affiancato, mantiene intatto il suo valore ordinativo e chiarificante, quasi come sigillo e garanzia d’intelligibilità e intelligenza da sovrapporre al caos delle parole e delle cose.

Astrologia…Logos degli astri…Ma esiste, è rintracciabile davvero un “discorso” razionale, un tessuto intelligibile ed espressivo, una scienza connessa alla stasi e al movimento di alcuni corpi celesti in relazione a quelli terrestri?

Qualcuno sostiene di no. E allora, per riferirsi ad un corpus di dottrine ” razionali” riguardante pianeti, stelle, luminari e gli altri elementi costituenti la grammatica celeste, usa un termine più illibato: astronomia.

In questo caso agli “astri” è affiancato nomos che può essere tradotto con “prescrizione”, “legge”, “costume”, “consuetudine”, “regola”.

Un termine più sobrio, meno ridondante e pretenzioso del magniloquente logos, più adeguato al senso di ridimensionamento di cui vuole essere emblema nelle intenzioni di alcuni.

Insomma alla vetusta astrologia, arte superstiziosa, infondata e garrula, occorre contrapporre la moderna astronomia, uno dei parti nobili, austeri, onesti, sobri e veritieri della rivoluzione scientifica, progressista e trionfante contro le tenebre d’ignoranza che afflissero l’umanità..

Tuttavia chi scrive è da sempre alquanto scettico e diffidente rispetto agli “evoluzionisti”, ai “progressisti”, “positivisti”, “razionalisti”, “scientisti”… Almeno quanto lo è agli “involuzionisti” e ai “tradizionalisti”, nostalgici di lontane età dell’oro delle civiltà e delle conoscenze.

Forse la ricerca storica e la riflessione filosofica ed epistemologica sono, invece, ai nostri giorni, abbastanza raffinate e consapevolmente duttili e spregiudicate per riconsiderare interamente la secolare querelle sull’arte di Urania.

Sarebbe davvero auspicabile uno studio sull’astrologia che fosse parimenti indagine filologica rigorosa di testi e dottrine-collocate senza arbitrii nel reale contesto culturale e sociale in cui si svilupparono- e valutazione precisa dei fondamenti teoretici che presiedettero e tuttora presiedono al sapere astrologico.

Un progetto storiografico siffatto dovrebbe coniugare una sufficiente padronanza di ‘strumenti’ storico-critici e una ‘robusta’ conoscenza ‘dal di dentro’ delle teorie astrologiche e del complesso patrimonio ‘sapienziale’ e tecnico-dottrinario da esse presupposto.

D’altra parte, è piuttosto fondato ritenere che, se una ricerca di questo tipo non è stata ancora compiuta efficacemente da alcuno studioso, ciò non vada affatto ascritto a motivazioni contingenti o casuali.

Nel XX secolo, un’opera pionieristica famosa fu la Storia dell’astrologia di F.Boll, C. Bezold, W. Gundel, ( 1917).

All’incompetenza specifica dimostrata su ampie ‘zone’ della materia trattata, questo libro aggiungeva ‘solidi’ pregiudizi di varia natura, inammissibili per la teoria e la pratica storiografica.

Se lo storico ritiene, trattando e analizzando una qualche tradizione filosofica, religiosa o cosmologica, di dover esprimere giudizi di valore, approvazioni o disapprovazioni intellettuali o sentimentali, dichiarazioni previe di ‘lontananza’ o ‘vicinanza’ al tema trattato, ebbene quello studioso ha abdicato ai principi del suo mestiere. I quali principi gli impongono di dichiarare preliminarmente i presupposti metodologici e teorici in senso stretto e “tecnico” della sua indagine interpretativa (poiché non esiste analisi storica che non ne abbia, come non esiste storico o essere umano privo di una qualche Weltanschauung, magari inconsapevole).

Gli stessi principi gli impongono altresì di non cimentarsi sul valore etico o sulla “verità” di una dottrina che, per avventura, si trovasse ad onorare della sua attenzione di ricercatore.

Di quale “rigore” darebbe prova uno storico del cristianesimo di religione islamica che, ad un certo punto della sua “ricerca”, biasimasse e ridicolizzasse le dottrine cristiane in quanto false e blasfeme rispetto alla sua fede? O uno storico cristiano dell’ebraismo che rimproverasse ai “figli di Abramo” il “deicidio” e l’incomprensione della venuta del messia?

Dal primo, se l’oggetto del suo studio è, ad esempio, la comparazione del ruolo e della figura del profeta nell’ambito delle cosiddette “religioni del libro”, ci aspettiamo che tratti sapientemente e sobriamente questo tema, tralasciando di dirci, come “privato” credente, che l’Islam detiene il “giusto” e “vero” modo di presentare la questione.

Dal secondo, in sede storica, ci interesserà magari vedere delineati i rapporti che intercorsero tra i giudeo-cristiani e i giudei rimasti ortodossi, negli anni in cui l’aderenza alla nuova fede non sembrava abrogare il senso di appartenenza all’antica legge dei padri d’Israele, e così via…

Analisi dei dati disponibili, a partire da presupposti preliminarmente dichiarati (perché ciascuno si avvale di determinate e determinabili categorie “ermeneutiche”-giova ripeterlo- e la “storia” o lo storico non hanno mai potuto prescinderne; esiste però la differenza perspicua tra chi rende palese la propria griglia interpretativa e chi affetta “neutralità impossibili, al cui riparo porre le proprie occulte e indebite istanze”, spacciandole per oggettiva ricostruzione storica); questo è necessario “pretendere”.

Ma perché questa digressione sui compiti e i limiti della storiografia?

Evidentemente, proprio a partire dall’opera congiunta di Boll-Bezold-Gundel [1], per passare poi alle ricerche distinte dello stesso Franz Boll, di W.Gundel, di Franz Cumont [2] e arrivare ai pregevoli benché insufficienti lavori di A.Warburg, Fritz Saxl, L.Thorndike [3] e di qualche altro minore, si dispiegava una strana e ibrida miscela di originalità e pregiudizio, coraggio e inadeguatezza, slancio volenteroso verso territori inesplorati e autocensure a carattere razionalistico-positivistico di vario tipo.

Il “dissodamento” di una materia così delicata e complessa come l’astrologia veniva operato da insigni studiosi che, nonostante gli indubbi meriti “fattuali” delle loro ricerche, non seppero essere metodologicamente rigorosi, a scapito della stessa  ricostruzione storica, troppo spesso manchevole, super

Se ad una osservazione attenta appare sorprendentemente superficiale e inappropriato l’approccio sociologico di Th.W.Adorno in un saggio del 1957, tradotto in italiano solo molti anni più tardi [4], non si potevano registrare significativi progressi nelle opere di W.E. Peuckert, W.Knappisch,, D. e J. Parker, A.Kitson,, J.Hallbronn e S.Hutin, J.Tester [5]: troppo limitate e limitative ne erano le premesse, gli svolgimenti, le conclusioni.

La storia degli storici ufficiali- cui si univa qualche outsider di rilievo- confessava puntualmente, lungo tutto un secolo di tentativi malriusciti, la propria impreparazione ad affrontare ab imis fundamentis et in medias res l’argomento trattato.

Trattato, per l’appunto, ma spesso poco conosciuto e letto attraverso lenti spessissime e opache per i molteplici pregiudizi. Il problema era ed è, ne siamo convinti, soprattutto di metodo. Una storiografia, quand’anche originale, innovativa, acuta, penetrante, che sia tuttavia incapace di attenersi rigorosamente a dei saldi e condivisi oltre che condivisibili principi metodologici, abdica dai suoi fini e abortisce inevitabilmente nonostante le belle e suggestive premesse.

Proprio per questi motivi appaiono, d’altro canto, strutturalmente inservibili le molte pagine che alla storia dell’astrologia o alla “teoria” e alle teorie astrologiche hanno dedicato gli ‘astrologi’ contemporanei..

Intendiamoci: possiamo a buon diritto considerare alcuni fra i più importanti cultori di questo secolo dell’arte di Urania come interessanti “filosofi”, rielaboratori di dottrine più o meno antiche alla luce di moderni sincretismi.

Ma tutti e ciascuno di questi spesso affascinanti devoti dell’arte dispiegano il proprio ingegno senza interrogarsi sui fondamenti primi dei sistemi che incessantemente rifondano, riformano o rivoluzionano.

Sostanzialmente, costoro finiscono con l’accettare acriticamente l’una o l’altra delle premesse “derivate”, dei postulati secondari che storicamente fondarono, lungo i secoli, le pratiche e le specifiche dottrine astrologiche, senza peraltro svolgere una generale indagine dubitativa sul senso “ultimo” e “primo” dell’antica scienza dei cieli.

Senza contare che, proprio là dove essi si cimentano in tentativi di ricognizione diacronica di questa tradizione, il carattere approssimativo e inadeguato degli “strumenti” eruditi utilizzati rende palesemente inconsistenti, anche agli occhi dei lettori meno “esperti”, le “genealogie” culturali e le ricostruzioni storiche proposte.

Così, converrà citare quali importanti cultori ed interpreti di astrologia del sec. XX, ma non certo come storici degnamente attrezzati o teorici capaci di efficace critica epistemologica, personaggi indubbiamente non privi di una certa notorietà come P.Choisnard, H.Freiherr von Klockler, Andrè Barbaullt, Dane Rudhyar, Stephen Arroyo, Alexander Ruperti, Liz greene e Lisa Morpurgo.

Gli “ingredienti” essenziali che mi sembra di poter constatare in seno a questa spesso vivace e intellettualmente “intrigante” astrologia contemporanea sono:

A) Connessioni variamente modulate con la psicologia moderna e la psicoanalisi in generale e con la Psicologia Analitica dell’onnipresente e citatissimo C.G.Jung , in particolare;

B) orientamenti “umanistici” in senso lato con ascendenze “teosofiche” varie;

C) un uso consistente di indagini statistiche a supporto della “scientificità” dei lavori prodotti.

Prescindendo dall’interesse e dal fascino che un ‘movimento’ culturale siffatto può suscitare nell’animo del lettore medio del nostro ‘villaggio globale’ planetario- e infatti le librerie e i ‘siti’ internet sono letteralmente invasi da ‘materiali’ di tale ‘provenienza’- i “neoastrologi” cui ho appena accennato, ‘accompagnati’ dagli storici, dagli antropologi e dai sociologi ‘accademici’ di tutto il XX secolo costituiscono semmai un possibile “oggetto” di una ricerca volta a storicizzare l’astrologia o a rimetterne in discussione i presupposti teorici, non certo gli antesignani di questa stessa impresa, di cui non seppero o non vollero essere capaci.

Tuttavia, in questi ultimissimi anni, si sono iniziate a registrare alcune piacevoli novità, specialmente in Italia..

Se Giuseppe Bezza ha proseguito un’opera preziosa di traduzione e commento di testi fondamentali per la storia dell’astrologia [6], il 1996 ha visto la pubblicazione di quello che davvero potrebbe essere un discreto viatico per una profonda e sostanziale rimessa in discussione di un secolo di approcci balbettanti e insufficienti.

Alludo a Scritto negli astri. L’astrologia nella cultura dell’occidente [7].di Ornella Pompeo Faracovi.

Questo libro rappresenta, probabilmente, il tentativo finora meglio riuscito di indagare con rigore storico la complessa querelle astrologica. Esso, d’altra parte, non risulta neanche sprovvisto di sagaci riflessioni a carattere teorico-epistemologico.

L’autrice stessa sottolinea l’esigenza imprescindibile di coniugare insieme “momenti” di storia “interna” ed “esterna” dell’oggetto in questione, al fine di elaborare più precisamente il significato di un orizzonte di ricerca così complesso.

La Pompeo Faracovi, nel primo capitolo del suo libro, ironizza sottilmente sul fatto che:

“A nessuno verrebbe in mente di fare la storia, poniamo, di una corrente letteraria, di un dibattito filosofico, di una disputa scientifica, senza averne preliminarmente indagato temi e problemi. Allo stesso modo, nessuno azzarderebbe una critica della filosofia di Heidegger, o dell’epistemologia di Popper, senza averle prima esaminate a fondo: né un’indagine storica, né una discussione teorica sarebbero proponibili, in assenza di un’adeguata conoscenza dei quadri concettuali di cui si vogliono seguire gli sviluppi o discutere le implicazioni. Tutto il contrario accade, di regola, per l’astrologia, come notava, ormai è quasi un secolo, uno dei pionieri della rinascita astrologica del Novecento, Paul Choisnard: i suoi avversari mostrano invariabilmente di considerarla indegna di seria confutazione, pur senza potersi esimere dal riconoscere laconicamente il fatto, per loro inspiegabile, che molti spiriti illustri l’hanno coltivata. Nella maggioranza dei casi, i detrattori dell’arte di Urania ne hanno una conoscenza superficiale e orecchiata, seppur non ne ignorino palesemente tecniche e assetti disciplinari. La loro presa di posizione si struttura in rapporto a una immagine stereotipata e di maniera, assunta di seconda o terza mano da una lunga tradizione di polemiche antiastrologiche, con scarsi sforzi di documentazione diretta. E pour cause: poiché si dà per certo che l’astrologia sia solo superstizione e credulità, ecco l’incompetenza diventare, inopinatamente, una virtù. Così, nella famosa inchiesta sui risvolti psico-sociologici dell’uso contemporaneo dell’astrologia, vediamo Theodor Adorno impiegare una sola volta, con fastidio, termini dal sapore vagamente tecnico, come quadratura, congiunzione, opposizione, quasi il solo fatto di introdurre tali riferimenti rischiasse di trasformare l’austero studioso in un credulo adepto. Non mancano situazioni nelle quali gli autori di impegnative storie dell’astrologia danno prova di radicale incertezze sui rudimenti della disciplina, equivocando sul significato di termini come casa o domicilio, confondendo le tecniche dell’astrologia oraria con lo studio dei transiti, o usando a sproposito il termine progressione. Quando poi, con somma audacia, qualcuno mostra di saper seguire l’interpretazione di un tema natale, lo fa quasi scusandosi, come colto a trastullarsi con un passatempo infantile, che nulla ha a che fare con le proprie abituali occupazioni.”

[1] Cfr. F.Boll, C.Bezold, W.Gundel, Storia dell’astrologia ( 1917), Roma-Bari, Laterza, 1985. [Torna al testo]

[2] Cfr. F.Boll, Sphaera. Neue Griechische Texte und Untersuchungen zur Geschichte der Sternbilder, Leipzig, Teubner, 1903; Kleine Schriften zur Sternkund und Altertums, Lleipzig,1950; W.Gundel, Dekane und Dekansbilder. Ein Beitrag zur Geschichte der Sternbilder der Kulturvolker, Studien der Bibliothek Warburg, XIX, Gluckstadt-Hamburg !936; (in collaborazione con H.G.Gundel) Astrologumena. Die astrologische Literatur in der Antike und ihre Geschichte, Wiesbaden, Steiner, 1966; F. Cumont, Astrologia e religione presso i Greci e i Romani( 1912 ), Milano, Mimesis, 1990; L’Egipte des astrologues( 1937), Milano, Miimesis,1993; Lux perpetua, Paris, Geuthner, 1949.[Torna al testo]

[3] Cfr.A A.Warburg, La rinascita del paganesimo antico. Contributi alla storia della cultura (1932), a cura di G.Bing, Firenze, La Nuova Italia, 1966; Gesammelte Schriften. Die Erneurung der heidnischen Antike. Kulturwissenschaftliche Beitrage zur Geschichte der europaischen Renaissance, a cura di G.Bing, Leipzig-Berlin, Teubner, 1932, 3 voll. ; Ausgewalhte Schriften und Wurdigungen (1979), a cura di D.Wuttke e C.A. Heise, Baden Baden, Koerner, !981; F. Saxl, La storia delle immagini, Roma-Bari, Laterza,1982; La fede negli astri, Torino, Boringhieri, 1990; e il famoso studio sulla “Melancolia’’ di Durer , rielaborato e inserito in R.Klibanski, E.Panofski, F.Saxl, Saturno e la melanconia. Studi di storia della filosofia naturale, religione e arte(1965), Torino, Einaudi, 1983; L.Thorndike, A History of Magic and Experimental Science …, New York, Mac Millan and Columbia University Press, 1923-1958, 8 voll.[Torna al testo]

[4] Cfr. Th.W.Adorno, Stelle su misura. L’astrologia nella società contemporanea ( 1957), Torino, Einaudi, 1985.[Torna al testo]

[5] Cfr. W.E.Peuckert, L’astrologia (1960), Roma, Edizioni Mediterranee,1980; W.Knappisch, Geschichte der Astrologie, Frankfurt-am-Main 1967; D. e J.Parker, History of Astrology, London 1983; A.Kitson, History and Astrology,London, Unwin, 1984; J.Halbronn-S.Hutin, Histoire de l’astrologie, Paris, Artefact, 1986; J.Tester, Storia dell’astrologia occidentale. Dalle origini alla rivoluzione scientifica (1987), Genova, ECIG, 1990.[Torna al testo]

[6] Cfr. Giuseppe Bezza, Commento al primo libro della Tetrabiblos di C.Tolomeo. Con una nuova traduzione e le interpretazioni dei maggiori commentatori, Milano 1992; Arcana mundi. Antologia del pensiero astrologico antico, a cura di G.Bezza, Milano, Rizzoli, 1995, 2 voll.[Torna al Testo]

[7] Cfr. Ornella Pompeo Faracovi, Scritto negli astri. L’astrologia nella cultura dell’occidente, Venezia, Marsilio, 1996. [Torna al testo]

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