LA VIA REALE
(Messaggio ritrovato nei nostri Archivi da un vecchio membro dell’Ordine)
Certamente conoscete quell’inserzione ispirata che il nostro Ordine fece apparire in diversi giornali e riviste; cominciava così:
«L’uomo deve morire senza aver liberato il suo IO interiore? Possiamo conoscere l’esperienza di una evasione momentanea dell’anima, ossia diventare uno con l’universo e ricevere l’influsso della divina comprensione?»
In molti di noi quell’annuncio provocò uno choc che determinò l’affiliazione all’A.M.O.R.C.. Forse ciò successe sei mesi, due, cinque o dieci anni dopo, poco importa. Quanto esporremo sarà valido per tutti qualunque sia il momento in cui avete cominciato a calcare il sentiero che conduce alla comunione cosmica.
Insieme cammineremo su questo via, insieme faremo i primi passi, segneremo le lunghissime tappe che comporta, vi metteremo in guardia contro i pericoli e rianimeremo il vostro coraggio rischiarando il percorso.
Innanzi tutto ricordiamoci del nostro stato mentale quando abbiamo varcato il portale che apre su questa via reale. Solo l’entusiasmo può far cedere questo portale, e solo il soffio della nostra meraviglia, del nostro stupore ne ha forzato i battenti e ci ha buttati sulla strada. Eppure, una volta passato il primo entusiasmo, ci siamo rapidamente resi conto che per procedere nella luce era assolutamente necessario avere in ogni istante il controllo sul pensiero.
Nell’antichità, dove la maggior parte dei governi erano teocratici, la vita politica e sociale era concentrata nei templi all’ombra dei quali si formavano i grandi saggi di quelle epoche scomparse. Ci inchiniamo con ammirazione davanti ai loro metodi che hanno prodotto i Platone, i Pitagora, i Socrate, i Virgilio, i Seneca e tante altre glorie dell’umanità.
In futuro questi metodi saranno certamente ripresi, ma oggi non sono praticabili, non ci appartengono. I metodi antichi erano fondati sul discernimento sintetico dove DIO appariva come l’universo in manifestazione in tutte le sue parti e in tutti gli atti della creazione. La nostra epoca, al contrario, è dominata dallo scienziato che, partendo dal discernimento analitico, va dal fenomeno a DIO. Ora, accade che il saggio dell’antichità e lo scienziato si incontrino. La scienza moderna sta verificando i più vecchi insegnamenti del mondo: i nostri scienziati nei loro laboratori, convertendo la luce in materia e riconvertendo quest’ultima in luce, verificano l’insegnamento dei Veda e quello trascritto sulle tavolette babilonesi, e cioè che DIO creò prima la luce e che la materia è solo la condensazione dell’energia radiante.
Tutte le forze oggi conosciute lo erano anche dagli antichi i quali ne conoscevano altre che presto a loro volta gli scienziati troveranno. Sappiamo per esempio che i saggi dell’antichità erano capaci di concentrare l’energia elettrica nel corpo umano e scaricarla istantaneamente quando ce n’era bisogno per infondere terrore ai loro nemici. Si sono trovate, in molte tombe delle lampade perpetue che hanno fatto sognare i nostri scienziati.
Così dunque, come i saggi dell’antichità, i nostri scienziati d’oggi non credono alla materia. Sono del resto all’inizio del loro cammino, ma penetreranno nel mondo psichico per esplorarlo di nuovo in modo insospettabile.
Non si formano più i saggi all’ombra dei templi. Nelle grandi scuole che li hanno sostituiti, si forma un altro tipo umano nel quale prevale la cultura intellettuale. L’uomo moderno poggia la sua ispirazione sui concetti logici e dà un’interpretazione moderna alle antiche pergamene. Non necessita più di dogmi, vuole cogliere le correnti di forza che si esprimono nella lingua del nostro secolo. È mediante queste correnti che le dottrine antiche gli diventeranno accessibili. Ora, con la radio, i giornali, i libri, le riviste di ogni tipo, queste correnti si propagano nel mondo intero con una forza considerevole. Le idee, gli insegnamenti di ogni genere, le più grandi verità sono lanciate alla rinfusa, a caso e il seme germoglia dove può. L’uomo moderno, per questo, annaspa da tempo nel falso sapere dettato solo dalla sua mente. In questo periodo la sua anima si dissecca e si vuota di ideale, fino al giorno in cui gli verrà la certezza che al di là della mente c’è qualcos’altro, un altro mezzo di conoscenza. Allora sarà pronto a forzare i battenti del portale che apre sulla VIA REALE.
In verità questa via non è cambiata, sono solo variati i mezzi.
Oggi come ieri essa si apre all’interno dell’uomo; è infinitamente lunga e difficile da percorrere.
Oggi come ieri il luogo d’incontro di DIO e dell’uomo è nel cuore; e, come ieri, bisogna arrivare a vivere le verità che esprime; bisogna svilupparsi al massimo sui tre piani nei quali l’uomo è chiamato a operare: intellettuale, psichico e spirituale. Si dice che Pitagora consacrò 32 anni a questa preparazione.
Secondo Platone l’umanità aspira a questi quattro valori: amore, salute, gloria e ricchezza.
L’iniziato deve elevarsi al di sopra di essi e volgere il suo sguardo verso la verità, valore assoluto, ideale.
Avanziamo dunque ora sul cammino. La prima tappa è la più lunga, la più dura, la più complessa da percorrere. Ci sono tante cose da distruggere! Bisogna dissodare l’anima per il seme, bisogna purificare la natura umana dagli elementi negativi derivanti dai pregiudizi del retaggio, dell’educazione, dei difetti, dei vizi.
Molti sono incapaci di comprendere questo lavoro di distruzione della personalità terrestre. Vorrebbero all’istante unirsi al DIO del loro cuore. Certo, la divinità è nell’uomo; certo è nell’intimo di noi stessi che DIO può essere raggiunto e sentito, ma la maggior parte non suppone le incommensurabili distanze che separano il loro stato di coscienza da DIO come essere cosciente. Immaginano di essere «a tu per tu» con Lui.
Ci è impossibile identificarci con il nostro ESSERE SPIRITUALE eterno fintanto che non è nato in noi. È necessario che la nostra VOLONTÀ ETERNA, cioè DIVINA, si perfezioni in una forma pura e limpida secondo la legge. Ma questa forma pura non può nascere e svilupparsi in noi senza la morte della nostra personalità terrestre che è destinata a essere in qualche modo sostituita da quella forma. Quando diciamo «morte», vogliamo dire: trasformazione radicale, poiché le energie che costituiscono la nostra personalità terrestre non possono morire, possono solo cambiare direzione; si tratta di morire a uno stato attuale per accedere a uno stato nuovo dell’anima.
Fintanto che questo lavoro di distruzione non è terminato e la personalità terrestre sussiste, malgrado il nostro grande desiderio di trovare DIO e unirci a lui, non ci sarà possibile; potremo unirci a una creazione della nostra personalità che potremo anche confondere con Dio in noi, ma non senza pericolo.
Insomma, che cosa dobbiamo distruggere?
L’orgoglio, l’impazienza, l’egoismo, i falsi pregiudizi, le concezioni errate dettate dall’egoismo o dalle convenzioni. Ci occorrerà imparare a riconsiderare i valori, a mettere in secondo piano quelli che mettiamo al primo.
Dovremo coltivare il rispetto e la venerazione poiché un atteggiamento scettico o di derisione abbassa la dignità individuale. Colui che nella sua anima non porta rispetto per il Principio Divino non può essere un iniziato. Certo, la natura ignora l’uguaglianza, ma conosce la solidarietà; e il rispetto e la venerazione generano l’obbedienza, l’umiltà e la pazienza.
La necessità di acquisire queste virtù appartiene a un certo grado di evoluzione; esse sono legate al sentimento cosmico delle cose. Sono assolutamente inaccessibili all’uomo comune.
L’orgoglio, la vanità, sono i più grandi ostacoli che si incontrano sul cammino e, senza la pazienza, qualunque progresso è impossibile. Non ci si rende conto all’inizio quanto siano lenti i processi di evoluzione universale; occorrono molti sforzi e pazienza prima di pervenire a un successo; l’impazienza annulla di colpo tutti i progressi acquisiti. La pazienza è assolutamente necessaria per dominare le passioni. L’iniziato deve diventare il maestro di se stesso prima di diventarlo per altri.
A dire il vero, la pazienza richiestaci è senza limite. Nella vita comune gli uomini la applicano sporadicamente, ma per quanto ci riguarda dobbiamo applicarla permanentemente.
Obbedienza, umiltà, pazienza, sono alla base dell’evoluzione dell’anima. E per acquisire queste virtù, siate certi, le prove morali non mancheranno mai. Bisogna sottomettersi a questa inevitabile necessità anche se ci sembra ingiusta e irrazionale.
Le lotte intime, le rivolte, le esitazioni segnano questa prima parte del cammino. Ogni volta che c’è una velleità d’orgoglio, la prova di umiltà segue immediatamente. Lo scoglio più terribile è lo spirito critico del nostro cervello. Tuttavia, non siamo capaci di una critica imparziale poiché ignoriamo le tappe del percorso e ci manca il colpo d’occhio d’insieme; d’altronde, con l’intelligenza e a misura dei nostri progressi spirituali vedremo i nostri errori.
La prova più terribile è quella della pazienza. Esige uno sforzo costante, terribile, lungo: non si sa che ne sarà, quanto durerà lo sforzo. Bisogna prepararsi a esercitare una pazienza illimitata e non si sa mai se si raggiungerà lo scopo. Questa prova talvolta porta alla disperazione.
In verità ci accorgiamo molto presto che questa via sublime non impegna solo la mente, ma l’intero nostro essere: è la vita con le sue esperienze, le esigenze, le sofferenze, con i problemi capaci di sconvolgere, di provocare degli choc che sono altrettante prese di coscienza capaci di far maturare l’anima.
Giorno dopo giorno la vita costituisce un esercizio continuo. Non si può eludere la vita, tutta la vita al contrario serve da esercizio poiché tutto quello che vogliamo trovare è nella vita giornaliera. La Vita quotidiana è anche l’esercizio più efficace che ci sia e, siatene certi, ognuno di noi ha esattamente il posto che gli è più congeniale per effettuare l’esercizio di cui ha bisogno. Ogni minuto della vita deve costituire una presa di coscienza totale. L’anima e il corpo non devono essere considerati separatamente, non si tratta di spiritualizzare il corpo ma, al contrario, di pervenire, mediante le forze dell’anima, all’incarnazione dello Spirito Eterno dell’uomo sulla terra. Non si deve disprezzare il corpo, ma è necessario a che creda all’esistenza dell’IO ETERNO che è in lui. Questo Io Eterno è la sorgente delle forze, ma il corpo, è un recipiente dal quale attingere queste forze; non è dunque da disdegnare, è utile, ma deve essere trattato da subalterno.
Con questo lavoro di distruzione della personalità terrestre non usciamo dal piano materiale. Il nostro compito è ancora grande su questo piano: dobbiamo elargire la nostra conoscenza, sviluppare al massimo le nostre facoltà fisiche, intellettuali, morali, per le lotte sempre più ardue che avremo da sostenere.
Dobbiamo imparare a sviluppare il nostro giudizio obiettivo. Nell’uomo comune il giudizio è quasi sempre soggettivo, cioè dettato dalle sue passioni, dal suo temperamento, dai suoi sentimenti, per questo quasi sempre si inganna.
Bisogna dunque che ci dedichiamo a sondare i motivi segreti dei nostri atti, del nostro comportamento; dobbiamo sviluppare in noi lo spirito di discernimento per essere in grado di comprendere l’animo umano. La psicologia, la filosofia sono dei collaboratori preziosi. Per quanto possibile coltiveremo le scienze sul piano materiale, poiché se l’intelletto non può parlare delle cose che non conosce, può tuttavia rendersi conto dell’esistenza di una legge la cui azione permette a certe circostanze di passare sul piano materiale della manifestazione. Così impiegato l’intelletto è il servitore della forza che plasma le circostanze.
L’iniziato non deve cadere né nell’errore del mistico puramente emotivo né in quello del metafisico puramente intellettuale; deve acquisire un’esperienza vasta e profonda in questo mondo disprezzato dagli uni e sovrastimato dagli altri. Solo in questo mondo e da nessun’altra parte possiamo compiere il nostro destino, realizzare la nostra più alta individualità. Ci vengono forniti tutti i mezzi affinché possiamo prendere coscienza dell’IO SUPREMO. L’esperienza del mondo ci è stata imposta dallo SPIRITO; e questo mondo fisico è il punto cruciale dove dobbiamo scoprire la verità mentre siamo nella carne.
Perciò non voltiamo le spalle alla vita, significherebbe far avvizzire il nostro cuore: non condanniamo niente e non cerchiamo di identificarci in niente; ogni identificazione e ogni condanna provocano il conflitto dei contrari, e un conflitto ne genera altri. Dobbiamo restare aperti a tutti gli aspetti della vita senza eccezione e avvicinare ogni cosa senza emozione, senza rifiuto, senza giustificazione; il nostro atteggiamento, allora, non provocherà più conflitto poiché un fatto in sé, non ha contrari; è il piacere o il malessere che proviamo avvicinandolo che provoca i contrari. La REALTÀ non può essere percepita finché non cessa l’opposizione dei contrari.
Senza uscire dal piano materiale arriviamo al termine della nostra prima tappa dove bisogna dire SI alla più alta esigenza del nostro essere.
Da molti dettagli ci accorgiamo che il nostro modo di sentire, di reagire, ha subito un rinnovamento. L’orgoglio degli altri non ci disturba più e, quando nella nostra coscienza constatiamo continuamente le nostre «mancanze» e la nostra impotenza, non ci indispettiamo né sorprendiamo che anche gli altri se ne accorgano. Ci rendiamo conto anche che tradiamo meno frequentemente i nostri pensieri, nel senso che conformiamo i nostri atti ai nostri pensieri a misura delle prese di coscienza che diventano sempre più numerose.
Tuttavia, non lasceremo questa prima tappa senza darvi un consiglio di considerevole portata.
Se è facile parlare di rinuncia, se è agevole dare il via alla presa di coscienza di noi stessi per distruggere la nostra personalità terrestre, è molto più difficile farlo, e non ci sbagliamo dicendovi che nessuno può riuscirci senza due aiuti di una potenza infinita: la FEDE e la PREGHIERA; queste vanno mano nella mano e sono inseparabili.
Finché noi stessi non siamo in grado di fare delle verifiche, solo la fede può stimolarci, darci il coraggio e mantenerci fermi sul cammino; solo la preghiera può ridarci le forze nell’ora dolorosa in cui siamo presi dallo scoraggiamento sulla via che abbiamo scelto.
Nel corso della prima tappa solo la preghiera sarà il nostro legame con la divinità.
Pregare non è un esercizio riservato ai deboli. Non si tratta di fare i mendicanti davanti alle porte dello splendore divino. Non è nemmeno una pozione calmante, un rimedio contro la paura, la sofferenza, la malattia, la morte.
Pregare è la cosa più naturale che ci sia, è nutrire l’anima, darle il suo pane quotidiano. Noi moriamo di fame spiritualmente. Abbiamo bisogno di respirare per vivere, ma ci bagniamo anche in un mondo spirituale e la nostra anima ha bisogno di impregnarsi di questo agente spirituale proprio come il corpo ha bisogno d’ossigeno. Non è con il cervello che preghiamo, ma con il cuore; si sente Dio come il calore del sole, come il profumo di un fiore.
Procediamo per analogia e facciamo un esempio sul piano materiale. Supponiamo che siate spossati dalla stanchezza, mezzi morti dal freddo. Che cosa fate? Che cosa desiderate con tutte le forze dal vostro essere? il riposo e un dolce calore. Niente al mondo conta per voi più del riposo e del calore. E quando vi sarete seduti confortevolmente davanti a un bel fuoco, dubiterete di essere riscaldati, supplicherete il fuoco di riscaldare le vostre membra intorpidite? Sarebbe follia. Vi accontenterete di sedere ad una giusta distanza e direte: Dio mio! Come si sta bene qui… Tutte le cellule del corpo si lasceranno penetrare dal calore irradiante e una dolce voluttà vi invaderà; automaticamente riprenderete le vostre forze e facoltà. Ebbene, pregare non è altro che andare a riscaldarsi e a rinnovare le forze e le facoltà al divino focolare di pura luce che possiamo raggiungere solo per mezzo della scintilla divina nel profondo di noi stessi. Cerchiamo dunque il più spesso possibile una presa di contatto con questo incalcolabile potenziale di energia e lasciamo scorrere i suoi flutti nelle vie che avremo preparato dentro di noi.
Eccoci pronti a intraprendere la seconda tappa. Non ci è stata risparmiata alcuna prova. Queste prove non le abbiamo subite nel tempo, ma nella vita, nel momento esatto in cui dovevamo subirle; ogni prova da cui siamo usciti vittoriosi ha decuplicato le nostre forze. Possiamo ora avvicinare il campo dell’anima, cominciare le nostre esplorazioni sul piano psichico. Abbiamo imparato a conoscere certe leggi e cominceremo a sviluppare i poteri latenti dell’anima: il nostro grado di purezza e di coscienza ci permetterà di non dubitare di questi poteri. D’altra parte, a questo stadio, un desiderio si precisa in noi e si fa ogni giorno più ardente: tradurre in tutta la nostra vita la volontà dell’IO ETERNO e far tacere la volontà dell’ego.
Certo, siamo ancora lontani dall’aver spezzato le ultime barriere della prigione mentale e le lotte contro la personalità terrestre continuano; ma, ormai, in ragione dei terribili sforzi che avremo fornito, alte potenze ci verranno in aiuto e vi diremo più avanti in quale modo.
La cultura morale, intellettuale, continua senza interruzione; prende un’estensione e una forma sempre più elevata. Non ha più un carattere individuale, ma universale, ci impone l’obbligo di atti utili. L’amore cambia piano e abbraccia tutta la creazione; crea anche degli obblighi: tendere una mano soccorritrice ai buoni come ai cattivi quando li si vede soffrire e smarrirsi.
Impariamo a essere un giudice imparziale. In una parola, cambiamo sfera di evoluzione e passiamo dal piano materiale al piano spirituale. È da questo momento che cominciano il nostro isolamento e le prove che ne risulteranno.
Il controllo delle sensazioni è continuo in ogni istante. Questo controllo, e il potere di concentrazione, servono da regolatore delle passioni mettendo un freno alle cattive e stimolando le buone. Goethe diceva che la sola cosa che lo distingueva dal resto dell’umanità era il potere che aveva su qualunque soggetto. In questa tappa dobbiamo poter fermare i nostri pensieri su un soggetto scelto per il tempo necessario a considerarlo sotto tutte le sue sfaccettature.
In questa tappa inoltre adotteremo l’atteggiamento che ci permetterà di ascoltare «LA VOCE DEL SILENZIO». In un isolamento completo, lontano dal mondo, dai rumori, impareremo ad attingere nel silenzio mistico della natura insegnamenti universali. Per questo dobbiamo sgombrare ogni ostacolo creato dal mondo materiale. In quello stato possiamo analizzarci, notare i nostri difetti, mettervi un freno e ascoltare l’insegnamento del grande silenzio pieno d’armonia.
A questo punto ci accorgiamo che l’istinto primitivo che spinge l’uomo comune ad attaccare appena si sente leso, scompare. Non c’è più esplosione di passioni: tutto si calma e si neutralizza; comprendiamo la nostra solidarietà con il resto dell’umanità e la scusiamo invece di opporle il nostro egoismo personale.
LA VOCE DEL SILENZIO ci aiuta a comprendere il problema del bene e del male. Vediamo l’antinomia universale portare l’uomo, attraverso il gioco delle forze contrarie, allo scopo supremo della sua evoluzione. Impariamo anche che è nella lotta che maturiamo e diventiamo coscienti.
LA VOCE DEL SILENZIO ci spiega la grande lezione del dolore mediante la quale si rigenera l’intera natura. Ogni nascita corrisponde a una morte, ogni sofferenza genera una speranza e la speranza una gioia. E in questo ciclo eterno il dolore si alterna invariabilmente alla gioia.
Infine, LA VOCE DEL SILENZIO chiama verso le regioni del sacrificio, consacrazione suprema della Verità.
Allora, quel porci eternamente domande, cessa. Diventiamo silenziosi. Tuttavia l’ego personale non è ancora morto e i colpi di martello si abbattono ancora sull’incudine. I poteri dell’anima sono sempre molto indisciplinati e non portano ancora né il sigillo della padronanza, né quello della grandezza, a causa della presenza ancora attiva dell’ego.
Simile a una sentinella siamo dunque sempre sul chi va là poiché le trappole degli altri e quelle che ci tende il nostro ego sono numerose e inattese. Il combattimento ci sembra senza fine, ignoriamo i progressi che abbiamo fatto; non sappiamo né quando né come potremo arrivare e dobbiamo attingere in noi le forze necessarie alla lotta. Allora, a quel punto, proviamo una delle torture morali più penose: il dubbio. Dopo il sacrificio di tutto il nostro io egoista, ci domandiamo con angoscia se tutto questo serve a qualcosa, se la nostra vita non è stata sprecata; un profondo scoraggiamento ci invade e conosciamo la tristezza spirituale.
È una crisi dell’anima abbattuta dal grande sforzo morale che ha dovuto sostenere per distruggere i legami della materia. La sua vittoria l’ha esaurita. È il vuoto, è l’angoscia profonda. Tutto scompare: la fede, l’entusiasmo, il fuoco sacro; è lo scoraggiamento più assoluto. Uno spirito di rivolta ci tortura, i nostri maestri ci sono odiosi, la nostra missione ci sembra irrealizzabile e la verità per la quale abbiamo tanto lavorato ci appare un miraggio. Stanchi, scoraggiati, spossati, aspiriamo solo alla calma solenne della morte. Eppure, lontanissima, appena percettibile, vive ancora una speranza, il tempo passa: non si muore; e un giorno una parola, una lettura, un episodio riattizza il fuoco; l’oscurità si disperde, è la convalescenza. La crisi è terminata, ma siamo senza forza sebbene la luce sembri più risplendente che mai.
Prove spirituali, poteri occulti, conoscenze assimilate mediante un lavoro assiduo ci portano alla fine della seconda tappa. La materia si riduce, riconosce la supremazia dello Spirito, fra poco obbedirà.
Simile al soldato che ha provato le sue forze su tutti i campi di battaglia, abbiamo trionfato su gran parte della personalità materiale, la lotta deve continuare, ma la rosa, quando l’anima arriverà a maturità, sboccerà infine sulla croce. La formazione del Cristo in noi può prodursi solo nello stato che contiene in se stesso le virtualità di Dio. Essa è perfetta, ma è necessario che nasca, si ingrandisca e si espanda nella vita. Il chicco umano è destinato a diventare il SIGNORE del piano dell’anima.
Se i poteri psichici ottenuti sono ancora deboli non preoccupiamocene oltre misura, adottiamo deliberatamente l’atteggiamento seguente:
Fissiamo il pensiero, i sentimenti, il volere sull’uomo spirituale perfetto in noi. Questo atteggiamento interiore deve essere continuo, durante qualunque compito, in tutte le circostanze e i gesti della vita quotidiana. Insomma, dobbiamo essere come un telescopio costantemente puntato sull’uomo spirituale che vive, agisce, si manifesta grazie al suo strumento fisico: il corpo materiale.
Dobbiamo noi stessi, grazie alle nostre stesse forze, provocare la metamorfosi in ogni attimo della vita, in ogni comportamento quotidiano, in ognuno dei nostri pensieri, in ogni desiderio, in ogni slancio. Tutto, assolutamente tutto, deve essere sottomesso al controllo della volontà formatrice. Il nostro atteggiamento non deve mai rilassarsi, bisogna che determini tutta la nostra vita giornaliera.
Allora siate certi accadrà quanto segue:
Senza il vostro concorso cosciente si formerà un centro di forza ogni giorno più rilevante. Un legame allora si stabilirà tra questo centro e altri centri o nuclei di forza simili, già perfetti, senza che dobbiate intervenire mediante un atto di volontà qualunque. Non appena si stabilirà questo legame beneficerete dell’aiuto spirituale di coloro che hanno già trovato. Sarete diventato un punto ricettore sintonizzato su una certa lunghezza d’onda spirituale. Non c’è bisogno di un volere cerebrale per creare questo centro, al contrario, esso impedirebbe il processo di cristallizzazione delle forze che si precipitano le une verso le altre per costituire questo nuovo centro indipendente dalle funzioni cerebrali.
Dopo questo contatto con gli aiuti spirituali le vostre forze saranno di nuovo sottoposte a una specie di prova i cui risultati determineranno l’aiuto ulteriore che sarà in armonia con il vostro grado d’evoluzione. Sono questi aiuti che permettono di completare il lavoro e solo i più forti, i più puri, arriveranno all’unione con la luce originale.
Unirsi al Sé luminoso è conoscere la propria individualità indistruttibile e provare simultaneamente in sé la coscienza di tutte le individualità spirituali manifestate negli esseri umani. L’essere è fuso in una forza di coscienza collettiva, ma la sua coscienza non si dissolve nella coscienza comune. Fa l’esperienza della vita cosciente nell’Io Supremo. L’ego allora si abbandona completamente e può dire in tutta umiltà: «Che la tua volontà sia fatta». Non scompare, diventa un organo mediante il quale agisce l’Io Supremo. Da una parte l’uomo è collegato al principio primo, dall’altra a tutta l’umanità. È diventato un centro di concentrazione dello Spirito e questo centro diventa a sua volta uno strumento di penetrazione nell’intelletto degli uomini per provocare il loro risveglio spirituale.
Solo allora l’iniziato può permettersi di dire che il corpo è irreale, poiché il corpo resta reale finché non abbiamo realizzato Dio. Se dico che il corpo è irreale, mi inganno e inganno gli altri, ma se ho realizzato Dio, io vedo che è irreale. E questo Dio personale che l’iniziato realizza è reale dal piano in cui lo realizza, così come il corpo è reale sul piano fisico, ma, oltrepassato questo piano, scompare, non è più reale del corpo. Quel Dio è stato creato dalla volontà libera e cosciente dello Spirito che forma se stessa e diventa per se stessa un Dio.
Quando questo Dio sarà nato in noi saremo usciti dal turbinio delle vibrazioni mentali e il Cristo in noi camminerà nella vita senza paura. Il male, il peccato, i limiti, la morte, il timore, la paura, tutto scomparirà dalla mente e cammineremo in tutta tranquillità senza inquietarci per tutte queste cose. Non sprecheremo più il nostro tempo nel cercare l’affermazione e la felicità, perché la porta del tempio sarà sempre aperta per noi e potremo trovarvi il nostro Dio, quella presenza. Ogni tumulto cesserà, avremo trovato l’ultimo rifugio.
Non saremo più divisi tra i nostri desideri impotenti e le nostre angosce divoranti. Nella nostra anima regnerà una grande calma, quella che riflettono i colossi d’Egitto. È stato chiamato ieratico il portamento delle statue egiziane. Questo termine si adatta loro ammirevolmente e niente evoca meglio l’iniziato di questi visi improntati di una nobiltà, di una grandezza serena incomparabile.
Questa calma l’iniziato la ottiene dopo dura lotta. Giunto al termine del cammino sa che tutte le sofferenze, le prove, le sventure sono per il bene. Questa opinione, è vero, non è quella di tutti. Incompreso, può accadere che diventi vittima della cecità umana, ma egli accetta la sua croce. La sua ricompensa è l’illuminazione, fonte di rivelazione al di sopra di tutte le fonti, esperienza eminentemente solenne e convincente per colui che l’ha avuta nella sua forma più pura. Egli cammina sicuro e risoluto perché l’essenza nascosta delle cose e il senso intimo della sua missione gli sono stati rivelati. Ora può affrontare gli ostacoli poiché la sua anima è forgiata in potenza e conoscenza. Il suo cuore è divorato dal fuoco ardente della fede e le sue armi invincibili gli assicurano la vittoria finale.
Ascoltatemi: La strada è lunga e dura e nell’ora dolorosa in cui sarete tentati di lasciarvi cadere per la stanchezza, mormorate questi brevi versi tratti dal Salmo della Vita di Longfellow (traduzione Mme de Pressensé):
Va!, e che ogni giorno ti trovi alla sua aurora,
Più prossimo allo scopo sacro, con la fiaccola nella mano!
Agisci!, il tempo è breve, corre e divora
Ciò che non è reale, immortale e divino.
Che il tuo piede sulla soglia lasci un’impronta nobile
E forse, seguendo i tuoi sentieri dopo di te,
Qualche spirito agitato dal dubbio o dal timore
Ritroverà la speranza, il coraggio e la fede.
Lascia al vago avvenire le sue lontane promesse,
Allo sterile passato i suoi sorrisi d’addio,
Allontana i sogni d’oro e le fiacche tristezze,
Il presente dipende da te, il resto da Dio