di Elio Ambrogio
L’antimassonismo, per l’Occidente, è diventato una categoria dello spirito o è un fatto storicamente ben individuato? In altri termini, c’è la speranza che l’antimassonismo si attenui o addirittura scompaia col mutare della mentalità, della cultura, delle condizioni storiche e politiche della nostra civiltà occidentale?
Sono queste le domande, non espresse ma ugualmente evidenti, che si sono posti gli organizzatori, i relatori, i partecipanti al convegno “Dal congresso antimassonico di Trento del 1896 al diritto di associazione”. L’incontro, che si è tenuto all’Hotel Mediterranèe di Sanremo il 16 e 17 novembre 1996, è stato organizzato dalla Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori all’Obbedienza di Piazza del Gesù-Palazzo Vitelleschi in collaborazione con il Centro per la storia della Massoneria, il Comitato italo-francese di studi storici, l’Istituto per la storia del Risorgimento (comitato di Cuneo). La direzione scientifica è stata affidata allo storico Aldo Alessandro Mola.
La caratterizzazione internazionale del convegno ha permesso di porre a confronto diverse situazioni ambientali in cui opera la massoneria nel mondo. Le varie gradazioni dell’antimassonismo sono così state evidenziate sotto un aspetto comparativo e ricostruite secondo un percorso storico molto articolato.
Dal “taxilismo” ottocentesco e dall’avversione che tutti i totalitarismi hanno sempre dimostrato nei confronti della Libera Muratoria emerge il quadro di una complessiva visione antimassonica che quasi sempre si intreccia inestricabilmente coi giochi di potere e con maneggi politici di livello più o meno elevato. La massoneria, in altri termini, ha attirato su di sé anatemi, scomuniche, sospetti e persecuzioni ben oltre quanto avrebbe meritato su di un piano di pura condanna morale e religiosa o su quello della pura contrapposizione culturale e ideale. La massoneria è sempre stata anche un fatto politico che, come tale, non poteva non alterare equilibri e zone di influenza dei poteri tradizionalmente costituiti, in particolare quelli statali e quelli ecclesiastici. Di qui un antimassonismo che non avrebbe potuto
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sopravvivere sul solo piano culturale e ideale, se non fosse stato supportato da volontà ben strutturate e molto solide perché rappresentative di “poteri forti”, M. Cristina Pipino Ferrari, ad esempio, ha ben delineato l’inserzione del taxilismo e della Lega Antimassonica nel quadro delle rivalità politiche dell’Italia “fin de siécle” e della sua diplomazia europea. Situazioni immaginarie come quelle peraltro realisticamente descritte da Leo Taxil o personaggi mistificati o mistificanti come Diana Vaughan, in perenne oscillazione fra immaginazione e verisimiglianza, nascono però — quasi sovrastrutture marxiane — dalla realtà concretissima di quegli scontri di potere che ogni epoca ha sempre conosciuto.
Le relazioni di Daniel Ligou, di José Ferrer Benimeli, di Rosario Esposito, di André Combcs hanno evidenziato questo sviluppo di forze e di interessi che rende faticosamente percorribile la foresta dell’antimassonismo storico.
Ma dal convegno, emerge anche l’esaltazione e il potenziamento dell’antimassonismo nei regimi totalitari che, per definizione, non tollerano contropoteri, neanche spirituali. Sanchez Ferré, Eduard Boeglin, Luigi Pruncti, Aldo Mola ne hanno analizzato le fattezze politiche nel quadro di un generale declino delle tradizioni più squisitamente umanistiche di razionalità, di tolleranza, di libertà che sono l’eredità spirituale più preziosa della civiltà europea. Tra il declinare del] ‘800 e la metà del secolo successivo, la Massoneria si trova a fronteggiare — nelle parole di Aldo Mola — “le offensive antimassoniche convergenti di clerico-reazionari, nazionalisti fanatici, socialmassimalisti: la follia che alimentò poi la conflagrazione europea del 1914 e i totalitarismi che ne scaturirono: Terza Internazionale moscovita, fascismo, nazismo, franchismo…
Una convergenza di forze oscure che avrebbe schiantato qualunque altro movimento ideale.
La relazione di André Combes (“La Francia verso la legge sulle associazioni (1896-1901) ha posto poi il tema e il problema che sono stati dibattuti domenica 17 novembre: la libertà di associazione ai nostri giorni. Mentre la Francia possiede una legge sulla libertà associativa sin dal 1901, l’Italia ne è priva, fatto che lascia mano libera ad ogni moto di insofferenza politica, ad ogni capriccio dei pubblici poteri nei confronti di associazioni come la massoneria. E stata pertanto ribadita la necessità di una legge in tal senso che ponga la massoneria — ma anche le altre associazioni — al riparo da simili pericoli. Il fantasma dell’antimassonismo si aggira ancora oggi nei paesi civili e liberi, ma in Italia assume una preoccupante concretezza. II nostro paese ha infatti — anche a causa di una certa tradizione cattolica di sospetto e diffidenza che affonda le sue radici nella contrapposizione al laicismo e all’anticlericalismo risorgimentali — una storia di antimassonismo molto radicata, accentuata dai fatti ormai lontani, ma sempre presenti nell’immaginario collettivo, relativi alla loggia P2. Ciò che per altri paesi, dotati di un maggiore e consolidato patrimonio politico liberale e democratico, è ovvio, in Italia è aleatorio. Le associazioni, specie se difformi dallo schema comunemente accettato, continuano ad essere solo tollerate dai pubblici poteri. E tempo che si giunga a riconoscerle come titolari di loro propri diritti e doveri e si estendano a tutte le associazioni portatrici di valori socialmente apprezzabili quantomeno quei diritti e quelle garanzie che partiti politici e sindacati — che pure non hanno riconoscimento giuridico — sono stati in grado di riservare a sc stessi.