OSSERVAZIONI A PROPOSITO Dl EQUITÀ E GIUSTIZIA

OSSERVAZIONI A PROPOSITO Dl EQUITÀ E GIUSTIZIA

di G. B.

Per oltre quaranta anni ho svolto presso I ‘Università di Pisa un ‘ininterrotta attività di docente universitario nella Facoltà di Medicina e Chirurgia. In questa veste ho esaminato centinaia di studenti ed ho espresso giudizi a mio parere obiettivi, basandomi sulle risposte più o meno corrette alle domande che ponevo. In questo lungo periodo ho sempre considerato il mio metro di giudizio abbastanza equo e imparziale. Ma (ora) mi chiedo: è sempre stato così? Mi sarebbe stato impossibile rispondere fino al giorno in cui, cessata la mia attività di docente, mi è capitato di incontrare casualmente degli ex studenti, oggi medici, ai quali dopo una breve conversazione, m’è venuta 1a curiosità di chiedere “Ma l’esame com’è andato?”. Molti hanno risposto: “Bene, Professore!” Alcuni tuttavia hanno detto “… Non troppo, perché lei quel giorno si è dimostrato piuttosto nervoso e, soprattutto, molto esigente.. .

Questa breve premessa potrebbe apparire fuori luogo, ma mi permette di introdurre alcune osservazioni del tutto personali su due concetti fondamentali che hanno fra loro legami talmente stretti da risultare quasi inseparabili, ossa Equità e Giustizia.

Il dizionario della lingua italiana Treccani definisce l’Equità come “Giustizia che applica la Legge non rigidamente, ma temperata da umana e indulgente considerazione dei casi particolari ai quali la legge si deve applicare ] L’equità non offende la Legge né la Giustina, ma interpreta l’una e l’altra nel loro vero significato…”. Più in dettaglio, nel Diritto Internazionale e nei sistemi giuridici di common law, I ‘Equità viene considerata come un criterio di giustizia applicata al singolo caso, che prevede, da parte del giudice non la pura e semplice applicazione di una Legge preesistente, ma piuttosto l’applicazione di una nuova norma inerente il caso singolo”, e ciò a completamento della voce di cui sopra. In senso più ampio, il termine Equità può essere strettamente legato a quello di Giustizia ove questa si identifichi in una norma da seguire costantemente in tutte le attività umane. In altre parole l’uomo “equo” e “giusto”, sia nel governare che nel giudicare, come in qualsiasi altra attività della vita di relazione che lo ponga in rapporto con gli altri esseri umani, deve essere in grado di trattare ognuno riconoscendo sia le colpe che i meriti, con serenità di giudizio e assoluta imparzialità.

Nella “Retorica” Aristotele concepisce I ‘Equità come la forma di Giustizia che va al di là della legge scritta. Il concetto filosofico espresso da Aristotele attribuisce all’Equità una valenza che va oltre l’ambito del diritto, ma che si configura come una vera e propria Virtù di importanza capitale per il comportamento etico dell’uomo Da tutto questo si può intuire come i concetti di Giustizia ed Equità debbano essere considerati come principi che presentano strettissimi legami fra loro. Possiamo considerare I ‘Equità, in relazione al bene comune e a quello individuale, come una giusta proporzione e un punto di equilibrio tra soggetti coinvolti in una determinata azione, di qualsiasi tipo essa sia. Da ciò si intuisce quanto sia fondamentale l’importanza del principio di uguaglianza fra tutti gli esseri umani perché la giustizia sia “giusta”.

Sempre secondo il pensiero della scuola aristotelica, quando si prenda in considerazione la natura della Giustizia e dell ‘Equità, risulta evidente che in senso assoluto esse non sono la stessa cosa ma che non sono neppure diverse per origine, in quanto entrambe strettamente connesse con la natura umana. E equo tutto ciò che è intermedio fra bianco e nero, tra più c meno. Ed è giusto tutto ciò che viene identificato come rispondente al senso di Equità. Appare anche giustificato, a mio avviso, che quando si affronti un qualsiasi argomento di natura etica, si finisca inevitabilmente per considerare i concetti di Equità e Giustizia come un tutto unico e indissolubile tanto da identificare l’Equità come una Virtù indispensabile perché qualsiasi comportamento umano sia al tempo stesso tanto equo quanto giusto.

Senza addentrarmi in questioni di Filosofia del diritto nelle quali non ho alcuna competenza, mi sento tuttavia di poter affermare che il concetto di Equità è stato sicuramente diverso lungo il divenire della storia dell’umanità, come altrettanto diverso è stato sicuramente il concetto di Giustizia. Nella rigida applicazione delle Leggi in particolare, ciò che oggi può apparire iniquo poteva essere considerato giusto ed equo in un determinato periodo storico. Analoga differenza può risultare quando si prendano in esame culture profondamente diverse dalla nostra: addentrarmi in considerazioni di questo tipo porterebbe a lunghe dissertazioni che lascio a coloro che, come ho detto, conoscono profondamente la materia.

Vorrei invece analizzare, secondo una visione del tutto personale, gli stretti legami che intercorrono fra Equità, Giustizia e Massoneria. La Via libero-muratoria, se seguita con scrupolosa costanza, implica un continuo e costante processo di formazione e perfezionamento interiori. Questo significa una faticosa ricerca della parte migliore di ciascun uomo, avente come scopo la liberazione dalla schiavitù del Vizio e la progressiva affermazione interiore delle Virtù. La continua e obiettiva presa di coscienza del male che è in noi ed il tentativo più o meno efficace di vincerlo, sicuramente porta ad un maggior equilibrio e pertanto ad una maggiore equità nel nostro comportamento. Ogni gradino della Piramide del Rito Scozzese Antico ed Accettato, ogni aumento di Lucc ha un effettivo valore e rappresenta una vera conquista solo se si accompagna al superamento progressivo di ostacoli costituiti da tutto ciò che forma la parte peggiore del nostro Sé. Il Vizio va, innanzi tutto, riconosciuto sinceramente, guardando senza timore nella parte più oscura di noi stessi; va poi affrontato con consapevolezza e coraggio, senza tentennamenti o scorciatoie. E la battaglia del Cavaliere contro il Drago con le sole armi della Virtù che traggono origine e forza dalla nostra natura divina. Questa natura è una prerogativa comune a tutti gli esseri umani, ciascuno dei quali costituisce solo un ‘infinitesima parte di un Tutto, identificabile, a parer mio, nel Grande Architetto dell’Universo. L’uomo che riconosce la natura divina nella propria esistenza si sente parte di un Grande Progetto, che può solo intuire, ma che traspare quando egli si addentri nella conoscenza di se stesso e dell’Universo del quale fa parte. Il continuo cammino della Scienza, le sue nuove scoperte e conquiste, e la meravigliosa bellezza che lasciano intravedere, dimostrano come questo Disegno sia universalmente presente.

La progressiva ascesa della Piramide del R.S.A.A. si traduce in un ampliamento dell ‘orizzonte della Conoscenza, ponendo l’uomo nelle condizioni ideali per perfezionarsi in tutte le sue manifestazioni e attività. Il far risplendere l’Occultum Lapidem con la progressiva ricerca interiore rappresenta, a mio avviso, uno dei modi (se non il migliore) per poter giudicare con equità e imparzialità se stessi e, al tempo stesso, mettersi nelle condizioni ideali in tutti i rapporti con i propri simili.

Voglio adesso ritornare alla riflessione personale dalla quale sono partito. Nel confrontarsi con gli altri, come nel caso esaminatore-esaminando, l’equità nell’esprimere un giudizio è requisito etico fondamentale perché questo sia un “giudizio giusto”: per formularlo tale non possono, né devono, intervenire fattori condizionanti. Ovvio che la risposta del medico: “Non troppo, perché lei quel giorno si è dimostrato piuttosto nervoso e, soprattutto, molto esigente.. . .” ha generato in me parecchi dubbi. Perché ho chiesto a me stesso se e quanto il mio stato d’animo, in alcuni momenti come quello in specie, potesse aver influito sul risultato del mio giudizio finale. Ero stato veramente “equo e giusto? “. Oggi, più di allora, ho molti dubbi in proposito, e penso che all’origine di questi dubbi vi sia il progressivo sviluppo della conoscenza di me stesso. Un sereno stato d’animo, l’equilibrio, l’umana comprensione, la capacità di non lasciarsi condizionare da sentimenti  umani istintivi quali simpatia o antipatia, sono una meta che si raggiunge progressivamente grazie alla continua applicazione del metodo libero muratorio. Queste progressive conquiste, secondo me, devono tradursi, per non rimanere fini a se stesse, in comportamenti ispirati a Equità e Giustizia in qualsiasi rapporto con i propri simili.

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