DIO E’ VERITA’

DIO È VERITÀ

Avvertiva il Lambruschini che le verità divine sono eterne, ma che il modo di esprimerle e di applicarle varia a seconda dei tempi, dei costumi, della civiltà e del modo di intendere delle genti. Perciò il nostro linguaggio, pur trattando e sostenendo gli stessi principi affermati, poniamo, da Dante, sarà diverso dal suo. Ma quid est veritas?

Rispondiamo, semplicemente: « la verità è ciò che noi sappiamo ». Non si può conoscere verità oltre il limite delle nostre conoscenze, della nostra cultura, della nostra « scienza ». La verità è conoscenza trasformata in coscienza della verità e quindi in sentimento; può essere anche ideale nato sempre da un acquisto intellettuale, da una cognizione. Da niente, nasce niente: dal Tutto, nasce il tutto (da Dio è nato l’Universo). Più si è dotati di sapere e più verità (e meglio) si possiedono. L’occhio umano che indaga il mistero, guarda nel vuoto: non è possibile scorgere il nulla e vedere qualche cosa dove non c’è nulla. L’orizzonte dell’inesplorato è un grande cerchio, che racchiude un segreto che esiste e che « io » voglio scoprire: ecco la ricerca scientifica, la ricerca della verità più lontana e profonda, più alta… Perché c’è questo di strano nella verità: che essa è infinita e più ta sondi e più ti dimostra e si rivela la sua infinita. Pertanto essa risponde a tutte le metrature del nostro cervello: vi è la verità cosiddetta popolare, e cioè alla portala dei più; e vi è la verità scientifica, la verità sublime, la verità divina: questa è la scala, la grande gamma della verità.

Di conseguenza hanno ragione gli Idealisti: la conoscenza (e quindi, aggiungiamo, la verità perché tale appare a ciascuno di noi ciò che conosciamo) è « soggettiva » e – aggiungiamo ancora – relativa alle nostre cognizioni. Perciò raccomandiamo a tutti di non fermarsi mai al primo o ai primi piani, ma di approfondire sempre ciò che si apprende, il fardello della nostra esperienza. Chi più pensa e riflette su quanto sa e vede, costui sarà sempre il più sicuro padrone di sé, ossia dei suoi pensieri, delle sue opinioni; e, quindi, un uomo « più libero » , poiché il grado di libertà di cui godiamo, è in relazione alle nostre capacità di usufruirne.

La verità, per altro, è un dono d’Iddio elargito agli uomini che, da soli, sarebbero stati insufficienti a scoprirla, ma che, posti su tale via e bramosi, per virtù dell’intima loro natura, di tale cibo, febbrilmente lo cercano. Di qui sorge la constatazione che l’uomo, per nascita, non possiede che la possibilità di rifarsi angelo: altro non possiede. La meravigliosa ed irresistibile spinta a migliorarci, a superarci, a trascenderci, altro non significa se non l’ascolto dell’invito divino.

Non siamo che poco e possiamo essere tutto: ecco l’incommensurabile destino dell’uomo. Iddio l’ha creato perfetto, come perfetto è tutto ciò che esce dalle Sue mani; annientatosi con il peccato, l’uomo ha ancora avuto un’offerta da Dio: quella di poter risorgere. Chi non l’accetta, non sa quel che si fa, ma anche per  questi infelici Dio ha offerto la via del conforto e della salvezza nella preghiera, nel sacrificio delle anime buone.

Così Dio ci ha dato da conquistare la verità, la libertà, la santità. Ripetiamo, con Cartesio, che la verità non può essere stata data ad esseri incerti e dubbiosi, se non da Chi la possiede in sommo grado.

L’uomo è perfettibile, ecco la inesauribile consolazione, di fronte alle nostre miserie. E vero che fra il possesso della verità e la possibilità e l’anelito a conquistarla, si sarebbe dovuto scegliere la seconda condizione, perché essa

implica azione, sforzo, impegno e cioè « il merito » dell’uomo.

Iddio però ci ha tolto d’imbarazzo anticipando la nostra volontà, la quale, per altro, ancorché libera, è indubbiamente consigliata dalla coscienza.

E qui che Dio ha scritto la Sua legge: fortunato chi l ‘avverte, l’ascolta, adegua ad essa la propria condotta! Nessuno può negare ciò che S. Paolo ha così brillantemente ed energicamente affermato e che il Lambruschini pone a fondamento di tutto il sistema dell’educazione dell’uomo: la voce della verità risuona nella coscienza umana. L’uomo può ben tapparsi le orecchie, frastornarsi il cuore: con un ritmo ed una insistenza implacabili, quella voce torna, di tanto in tanto e quanto meno forse l’aspettiamo, a parlare: voce di consiglio, di ammonimento, di richiamo, di guida: voce di rimorso, di pentimento, di perdono; voce di pace, di serenità: beato chi la intende!

Pertanto Dio è in noi, nel nostro essere, nel nostro sentire, nel nostro volere: Egli è in noi come Verità. Che altro attendiamo a scoprirla e ad approfondirla sempre di più, per sempre di più divinizzarci? Ecco l’importanza e il perché dell’invito di S. Agostino: « Noli foras ire: in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas. Et si tuam naturam mutabilem inveneris,’trascende et te ipsum » .

Noli foras ire: in noi abbiamo tutto, perché abbiamo la possibilità di attingere Dio. Interiorizzarci, leggere dentro di noi: ecco il mezzo; per superare la nostra natura o involucro carnale: ecco il fine. Il nostro corpo è un tempio, ove brilla la luce del Santissimo; sta a noi farla brillare di più, perché illumini meglio il nostro

cammino,

Spinoza sbagliava: Dio non è natura, ma spirito creatore della natura; è forza, è anima, è vita, è ordine, è legge, è luce del creato: non è il creato; è il signore dell’Universo, in cui eccelle questo prodigio che è l’uomo; Egli vive nell’uomo e nell’universo, ma non è né l’uomo, né l’universo: Dio è Dio; se altrimenti fosse paragonabile a qualche cosa, a qualunque cosa, non sarebbe più Dio perché non sarebbe più l’Unico.

Non c’è bisogno di appellarsi a ripieghi, caro Berkeley, come quello della produzione delle idee, da parte di Dio, per spiriti percipienti, per dimostrare la Sua esistenza: l’esistenza della verità, dell’amore, della libertà, della santità, del bene, comprovano l’esistenza di Dio, fonte di ogni virtù. Piuttosto c’è da esaminare l’affermazione di Leibniz e cioè che Iddio ci ha posti nel migliore dei mondi possibili. Tale ottimismo metafisico della ragione umana, implica l’ammissione e il riconoscimento del mate ne! mondo e quindi il problema dell’origine del male e della sua natura, problema che ha fatto trepidare spiriti colossali

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