LE RESPONSABILITÀ DEL R. S. A. A.
NELLA SCISSIONE DEL 1908
di
Anna Maria Isa.slia
Le vicende interne al R. S. A. A. hanno in passato, più di una volta, inciso in maniera significativa nella storia della massoneria italiana. Questo non tanto e non solo per il peso specifico del rito, quanto piuttosto come conseguenza di scontri e giochi di potere all’ interno del Supremo Consiglio. Penso alle lotte tra le logge torinesi del secolo scorso o a quelle tra Roma e Milano.
La crisi più grave e densa di conseguenze fu però quella che si consumò nel corso del 1908 e che diede origine alla scissione più duratura nella storia piuttosto complessa dell ‘Istituzione.
La ricostruzione a tutti nota tiene in scarsa considerazione le origini e le motivazioni lontane dello scontro, tutto interno al rito anche se esso ebbe poi gravi conseguenze soprattutto per I ‘Ordine.
Protagonisti dello scontro furono da una parte il Gran Maestro dell’epoca, il romano Ettore Ferrari; l ‘ ex Gran Maestro, l’ italo-inglese Ernesto Nathan; il pisano Achille Ballori: dall ‘altra Saverio Fera, nativo della provincia di Catanzaro e Giovanni Camera nato a Padula nel salernitano.
La diversa formazione culturale di questi uomini non fu forse secondaria nel determinare le motivazioni e la genesi dei contrasti che presero le mosse dalla ostilità manifestata da una parte della dirigenza scozzese nei confronti delle nuove costituzioni votate nel 1906.
Particolarmente contrario si mostrò il deputato giolittiano Giovanni Camera, Grande Oratore del Supremo Consiglio, che si era battuto per non fare approvare dal rito scozzese Ic nuove costituzioni. L’opposizione cadde in cambio della nomina a Grande Oratore anche del Grande Oriente d ‘ Italia. Le trattative furono condotte dal luogotenente Ballori che convinse alla fine il Supremo Consiglio a votare a favore’.
Superato questo scoglio, rimaneva però la questione di fondo. La formulazione degli articoli I e 23 delle nuove Costituzioni era stata imposta dai massoni di Milano, Torino e Genova e rispondeva alla volontà di impegnare l’ Istituzione nella società civile. I meridionali del Supremo Consiglio erano contrari.
Nel 19()7 Fera aprì una polemica con la loggia fiorentina “Lucifero” per l ‘ appoggio dato dai fratelli di questa officina alla formazione del Blocco popolare a Firenze che provocò pesanti tensioni tra i massoni della città medicea.
L’impegno assunto dai fratelli di dare vita ad amministrazioni popolari nei loro comuni, la guerra a colpi di processi massonici ed espulsioni fatta a tutti coloro che non aderivano alla linea politica democratica (si pensi al clamoroso caso di Torino), era destinata a radicalizzare le opposte posizioni. C’è da dire per la verità che la spinta che arrivava dalla base massonica era fortissima. come dimostrano ampiamente le tante denunce che arrivavano dagli Orienti e che la Giunta era costretta a prendere in considerazione. Era un meccanismo che si avvitava su se stesso, legittimato da quella modifica dell ‘art. I che. non a caso, Fera si affrettò ad abrogare nel 1908.
La Costituente del 1906 aveva anche approvato il progetto di unificare i riti affidandone l’ attuazione ad una commissione contro la quale si coalizzarono Camera e Fera. Lo scozzesismo infatti attraversava una fase di riorganizzazione a livello mondiale e Fera, che aveva rappresentato l’Italia a Bruxelles, alla prima conferenza internazionale dei Supremi Consigli del R. S. A. A. . nel 1907, insieme ad Alessandro Aleggiani, intendeva muoversi da protagonista-.
E’ in questo contesto di polemiche e contrapposizioni frontali tra massoni che avevano interessi diversi che vanno collocate le vicende del 1908. Motivo occasionale dello scontro la scuola e l’educazione della gioventù. il lungo impegno a favore
della laicizzazione dell’insegnamento e la conseguente eliminazione dell ‘ ora di religione nella scuola primaria non da tutti condivisa.
Ettore Ferrari e la Giunta del Goi chiesero ai fratelli deputati di votare a favore della mozione Bissolati. Nel Supremo Consiglio del rito scozzese i primi mesi del 1908 erano stati contrassegnati da uno scontro frontale tra il S.G.C. Ballori che condivideva le posizioni della Giunta e il gruppo capitanato da Fera e Camera che fu tra coloro che espressero voto contrario alla mozione Bissolati.
Saverio Fera, come pastore evangelico, avrebbe dovuto manifestare interesse a circoscrivere i privilegi della chiesa cattolica. Invece nell ‘ ambito del Supremo Consiglio difese la posizione dei parlamentari che si preparavano ad accordi elettorali con i clericali, sostenendo che non si potevano ammettere limitazioni alla libertà dei massoni deputati e senatori.
Il giolittiano Giovanni Camera. dopo aver tentato di contrastare le decisioni della Giunta. lasciò la carica di Grande Oratore.
Un secondo motivo di contrasto tra Ordine e Rito era dato dai lavori della commissione per riunificazione dei riti votata dalla Costituente del 1906.
In realtà tutti i vertici del rito scozzese, Ballori compreso, erano contrari e pensavano “che il progetto denaturasse il rito scozzese e mal dissimulasse concessioni irragionevoli al rito simbolico”. Fera e Camera si mossero però in modo tale da mettere il S.G.C. Ballori nelle condizioni di doversi dimettere insieme a tutti i grandi dignitari (soltanto Camera non si dimise) nella seduta del 17 febbraio 19084
Appare dunque chiaro che lo scontro interno ai vertici del rito preesisteva e venne ad incrociarsi con la vicenda della votazione alla Camera in cui i deputati si allinearono alle posizioni dei rispettivi gruppi politici ignorando le direttive del Goi.
Nella successiva seduta del 22 marzo Ballori fu riconfermato Sovrano, ma con Fera come luogotenente. Furono inoltre eletti dignitari tutti i fratelli che il mese precedente gli avevano votato contro: dunque “le
due tendenze al potere”. Ballori non accettò la carica che lo obbligava ad avere come stretti collaboratori proprio coloro che lo avevano costretto alle dimissioni. Fera invece accettò dandone notizia con una balaustra in data 23 marzo.
Intanto, su pressione della base, la Giunta. tra molte incertezze, decideva di deferire ai tribunali massonici i deputati che avevano votato contro la mozione Bissolati: tutti scozzesi destinati ad essere espulsi i .
Si trattava di mandare sotto processo alti dignitari del rito. Ci fu prima un tentativo di temporeggiare, poi ad aprile Fera decise di negare l’assenso al processo che vedeva invece favorevole il rito simbolico , affondando anche il progetto per l’unificazione dei riti che, secondo Pruneti sarebbe stato alla base delle dimissioni di Ballori-.
Gli eventi che seguirono sono stati ricostruiti in modo opposto dagli scozzesi rimasti fedeli a Ballori e da quelli che seguivano Fera. Di fatto la scissione all’interno del R. S. A. A. portò alla nascita di una seconda comunione massonica.
Quanto fosse strumentale il voto del 1908 lo dimostrano le critiche che Fera continuò a fare alla chiesa cattolica al potere dei gesuiti, al dogmatismo che ostacolava la libertà. il progresso, la costruzione di un mondo migliore.
La differenza tra le due Comunioni appare dunque fondamentalmente politica: governativo il gruppo di Fera, più a sinistra i seguaci di Ferrari. “I simbolici andavano dunque decisamente a sinistra” scrisse Michele Terzaghi nel 1950, “mentre gli Scozzesi, partendo dal presupposto che in Massoneria non si fa politica. mascheravano dietro questa affermazione di principio la loro tendenza decisamente di destra. E così venne fuori il palleggiamento, che dura ancora, secondo il quale i giustinianei accusano gli ortodossi scozzesi di reazionarismo e questi ultimi accusano i primi di demagogia.
Il trascorrere dei decenni non ha modificato l’animo della dirigenza scozzese che ha continuato ad incidere nella politica del Goi, spesso con risultati che lasciano perplessi.