EXPLAINING CHAOS
Nino D’Asti
“No, é impossibile descrivere cose di questo genere. Ma a voi, miei fratelli nel genere umano, posso dire una cosa: che perfino quella notte con due lune, nonostante il suo immenso splendore, non era più bella di quanto potrebbe esserlo una notte sotto una sola luna, su questa nostra antica e conosciuta Terra, solo che si immagini ogni malizia umana spazzata via dalla sua faccia e l’uomo finalmente avviato verso la più grande di tutte le sue esplorazioni: se stesso
(Edgar Pangborn)
Il Continuum Kabbalistico
Stephen Hawking prese parte, nell’ ormai lontano 1981, a un convegno sullo spazio-tempo organizzato dai gesuiti nelle cattedratiche aule vaticane. “La Chiesa cattolica – scriverà in seguito il celebre scienziato – aveva compiuto un grave errore nella vicenda di Galileo, tentando di dettar legge su una questione scientifica e dichiarando che era il Sole a orbitare attorno alla Terra e non viceversa: ora, a qualche secolo di distanza, aveva deciso di invitare alcuni esperti per farsi dare consigli sulla cosmologia. Al termine del convegno il Santo Padre ci disse che era giustissimo studiare revoluzione dell’universo dopo il big bang. ma che non dovevamo cercare di penetrare i segreti del big bang stesso, perché quello era il momento della Creazione e quindi l’opera stessa di Dio”:.
Ebbene, molto tempo prima che la Chiesa di Roma emettesse il suo primo vagito, la tradizione orale ebraica – riportata in seguito nel Beresit Rabbâ – così si esprimeva sul Punto: “Come la Beth é chiusa dai lati e aperta sul davanti, così tu non hai il diritto di indagare
[quello]
che sta sotto, che sta davanti e che sta dietro. se non dal giorno in cui l’universo é stato creato in poi” (1,10)
La Beth è la seconda lettera dell’ alfabeto ebraico, ha una forma che ricorda una bocca spalancata ed è la prima lettera della prima parola (la scrittura ebraica è orientata al maschile. da destra a sinistra) con la quale inizia la Genesi: BeRAShITh, cioè “Nel Principio”. Nonostante la somiglianza delle due posizioni, peraltro, l’avvertimento del midra’ lasciava all’ indagine molto più spazio di quanto non avesse fatto poi Papa – per ragioni a lui note – oltre duemila anni più tardi.
Vediamo perché.
“La fisica classica – scrive il ricercatore americano Fritjof Capra – era basata sull’idea sia di uno spazio assoluto, tridimensionale, indipendente dagli oggetti materiali in esso contenuti e regolato dalle leggi della geometria euclidea, sia di un tempo, anch’esso assoluto e inteso come dimensione separata, che scorre uniformemente e indipendentemente dal mondo fisico. Nella fisica relativistica si presenta una situazione nuova, perché alle tre coordinate spaziali si aggiunge il tempo come quarta dimensione e, inoltre, ogni variazione del sistema di coordinate ricombina spazio e tempo in un modo matematicamente ben definito. La teoria della Relatività ha dimostrato che lo spazio non è tridimensionale e il tempo non è una entità separata. Entrambi sono invece connessi profondamente e inseparabilmente e formano un continuo quadridimensionale chiamato spazio.tempo” .
A tute oggi. la Scienza continua a ritenere che lo spazio-tempo abbia avuto inizio con il C.d. Big Bang: un processo di espansione esplosiva iniziato a partire da un oggetto puntiforme. venuto fuori dal nulla e dotato di dimensioni nulle e di densità infinita. Non potendolo definire una impossibilità per il fatto stesso di ammetterne l’esistenza reale, i fisici parlano di questo primissimo evento come di una singolarità; e poiché, nel contesto della relatività generale, non ha molto senso parlare di un prima “anteriore” alla nascita dell’universo, tendono implicitamente ad ammettere, in pieno accordo con le parole del Pontefice. l’assoluta impossibilità di conoscere eventi non compresi nei limiti del continuum spazio-temporale. Ma era proprio questo, che intendeva la tradizione ebraica?
La conoscenza tradizionale, il sapere saputo degli Antichi andava ben oltre i limiti della scienza moderna, ingabbiata fra le pareti di cartongesso del suo rigido materialismo. La genesi dell’Universo a partire da un inesprimibile Punto al centro di una circonferenza, simbolo “eterno” della Creazione: I ipotizzata fusione nucleare degli at01ni di Elio (He) e Idrogeno ( H) all’Inizio. prefigurata dalla neve infuocata (HeH ) dello Zohar, i meccanismi sistolici del Big Crunch che ricordano troppo da vicino l’Ouroboros, il serpente inanellato che divora la propria coda: le ipotesi cosmologiche antropiche e le affermazioni di Isaia: “Dio non ha creato la Terra invano, ma perché fosse abitata” (IS, XLV, 18); le derniére nouvelles che usano la teoria quantistica della gravità per riaffermare, col Bere#it, che lo spazio-tempo è, insieme, finito e infinito: nulla si conosce oggi che non fosse già noto ieri, perchè “tutto ciò che è già avvenuto accadrà ancora; tutto ciò che è successo in passato accadrà anche in futuro e non c’è niente di nuovo sotto il sole’ . ln qualunque modo questo possa accadere.
Il rapporto fra spazio e tempo può essere rappresentato matematicamente con un sistema di assi, detto cronotopo, che, per una di quelle strane e significative coincidenze di cui è disseminata la storia, ricorda uno strumento analogico usato proprio per misurare il tempo: la clessidra. Gli assi del cronotopo, Incrociano trasversalmente formando una grande X che divide il Piano degli Eventi in quattro zone, delle quali quella a Nord rappresenta il Futuro e quella a Sud il Passato. Tutto il resto. compreso il punto centrale della X, è il Presente: una impossibilità matematica, in senso stretto. giacchè nel nostro universo tutto scorre. Panta Rei, come diceva Eraclito, e nulla rimane uguale a se stesso. neppure per un solo istante. Tuttavia, per chi sa coglierne i} segreto, il Centro della Clessidra, il Luogo del Passaggio del Quanto di materia dal futuro al passato. diviene anche il luogo di formazione della Cosa che, celiando sul noto sinonimo della parola “presente”. gli alchimisti chiamano Il Dono di Dio. Proviamo ora a sostituire nel cronotopo le parole “Futuro” e “Passato” con le espressioni “Stato incorporeo” e “Stato corporeo della Manifestazione” e, verosimilmente. il mistero del Big Bang potrebbe iniziare a chiarirsi.
In effetti, tutte le tradizioni delle quali si ha notizia contengono, nelle rispettive cosmogonie, il concetto di questo doppio stato della Manifestazione, in cui la modalità visibile, detta Terra, viene considerata come il prodotto e il riflesso speculare della modalità invisibile, detta Cielo.
“Tutto nel mondo – dice lo Zohar – è diviso in due parti, di cui l’una è visibile e l’altra invisibile. Ciò che é visibile non é che il riflesso di ciò che é invisibile: il Cielo ha prodotto la Terra, che ne è la parte visibile. Tale è il senso delle parole della Scrittura”BERESCHIT BARA ELOHIM”: Bereschit [Nel Principio] ha dato nascita ad Elohim [la-le Divinità], poiché Bereschil è in alto. . . ed Elohim è la sua immagine in basso.
Per questo Scrittura dice: HASCHAMAIM VE-ETH il Cielo ha prodotto la Terra, che ne è la parte visibile” La Sfinx, passaggio stretto che tutto comprende, vera singolarità che segna il Luogo e il Tempo del passaggio da una modalità all’altra, ha le caratteristiche di uno specchio d’acqua, senza del quale nè la Terra potrebbe essere l’ immagine del Cielo, nè gli Ultimi potrebbero mai diventare i Primi.
Come ho già avuto modo di riferire sommariamente altrove una delle disposizioni classiche dei 64 esagrammi dell’I-CHING (detta non a caso Specchio del Mondo) forma un quadrato con otto esagrammi per lato. Il simbolismo di questa figura emerge totalmente – e in modo così straordinario che sembra impossibile non sc ne trovino tracce bibliografiche – dividendola per il Mezzo in due Universi, ciascuno formato da 32 glifi che. per la loro stessa natura simbolica e sacrale. possiamo senza dubbio definire geroglifici. Nessuno di essi è uguale a un altro, ma tutti sono collegati fra loro da rapporti ferrei che ne stabiliscono la posizione e il significato nelle righe, nelle colonne e nelle diagonali. come purc nelle coppie, nelle sestine, negli ottetti e nei carré angolari. L’esagramma Ch’ien, che simboleggia il Cielo o il Principio Creativo, occupa difatti l’ angolo di Nord-Ovest e si riflette specularmente, rispetto alla Linea di Mezzo, nell’esagramma K ‘un, la Terra o il Principio Ricettivo. che occupa l’angolo di Sud-Est. Osservando l’immagine a lato. inoltre. si vede chiaramente che ciascuno dei 32 esagrammi della parte in alto muta. nel riflettersi in basso, nella propria modalità complementare: ogni linea intera, cioè. si scinde in una linea duale e ogni tratto scisso, il sectus o scXus, si ri-unisce nell’unità intera L’ esagramma Celeste I, ad esempio, detto Nutrimento, ha quattro linee duali racchiuse fra due intere; il suo alter ego Terrestre Ta Kuo detto Eccesso. viceversa. ha quattro linee intere racchiuse fra due duali. La coppia sembra voler avvertire gli studiosi di verificare qualità e quantità del nutrimento, calcolando sempre le opportune pause per la digestione, al fine di evitare imba costipazioni viscerali (le linee pesanti di Ta Kuo).
La dualità della manifestazione e la bisecazione dell’intero ci porta anche solo a sfiorare il tema della concordanza degli esagramrni dell’ 1-CHING con la numerazione binaria: un sistema. cioè. che tiene conto solo di due elementi: attivo-passivo, on-off, 1-0. Letti di seguito da Ch”ien a K ‘un come “numeri” in notazione binaria, infatti, i 64 esagrammi formano una serie, discendente dal 63 (Ch’ien = 1111111 ) all’ I (Fu, Il Ritorno 0000001= ), che termina con lo Zero (K ‘un): il cerchio vuoto di un ITIondo rare.fàtto, senza più valori e sempre più lontano da Dio. azzerato da un progresso senza Discernimento nè Conoscenza.
Da ultimo. va detto che ciascun esagramrna è l’orrnato da una coppia di trigrammi, con nolni e significati propri, separata da un piano di riflessione secondario. Nel nostro esempio. lo jeroglifo I (Nutrimento. letteralmente “mandibole“) che ha come riferimento attivo la Parola (IN VERBIS). è formato dalla coppia di trigralnmi Kên (Invnobilità). correlato ai Minerali (IN LAPIDIBUS), e Chên (Energia), relato ai Vegetali (IN ERBIS). Chi ha letto di Cagliostro sa che il celebre Adepto dava proprio questa risposta: “In erbis, in verbis, in lapidibus” a chi gli chiedeva donde avesse tratto la sua Conoscenza. eXplicando, in tal modo, di aver assunto la Sapientia portando a compimento la Triplice Opera. Nel suo Sigillo – dicono i libri – si vede il Selpente Astralc, la Forza creatrice e distruttrice insieme, trafitto dalla freccia che simboleggia la ferrea volontà dell ‘Iniziato. Un’ esegesi simbolica un po’ più accurata aggiunge che il Serpente che termina la Mela forma, con il Dardo che lo attraversa, la doppia O, l’ Otto volante. dei due Mondi o modi della Manifestazione, e una X, dal cui esatto Centro stillano le tre preziosissime gocce che, come i Doni recati dai Magi, celebrano [a nascita della Luce e della Sagesse Triomphant.
Il quadrato dello Speculum Mundi si trova spesso inscritto in un Anello formato dagli stessi 64 esagrammi. ordinati, però, in una sequenza diversa. Un ‘ immagine simile si trova facilmente nei Miti dell ‘Inizio: Omero, ad esempio, narra che ‘”tutti gli dei e tutte le creature viventi nacquero dal fiume Oceano che scorre attorno al mondo”; ma nel caso dell ‘1-CHING il simbolo è leggibile in modo più tecnico ed immediato: “Una creazione immutabile e perfetta – il Cerchio semiotico senza inizio ne fine – sovrasta una creazione imperfetta c mutevole fissata nel quaternario della materia nei suoi due stati fòrmali e interscambiabili di spesso e di sottile“.
E d’obbligo precisare, a questo punto, che nessuno dei Mondi descritti in ambito tradizionale può considerarsi un universo “chiuso”, autosufficiente e auto-generatosi: abbiamo già visto per simboli. a tale proposito, che la lettera Beth è aperta da un lato. Ora è essenziale ricordare che essa esiste solo come seconda lettera, dopo l’Aleph, e che altre venti lettere (e non solo) la seguono nella creazione operata dal Verbo; né va taciuto che molti di questi simbolismi contengono contraddizioni talmente evidenti da far naufragare sugli scogli dell’Assurdo qualsiasi approccio di tipo razionale.
Questo significa che, per poter affrontare lo studio delle secrete cose, la mente deve essere prima forzata a rompere l’inerzia dei suoi sopravvenuti meccanismi storico-logico-seriali; a demolire, cioè, tutti i ponti machiavellici costruiti al fine di garantire la tranquilla soggettività dell’ apparenza reale, edificando, in loro vece, quello che l’ India tradizionale chiama Antahkarana, il Ponte di Arcobaleno che collega la mente – perfettamente integrata – con gli stati superiori dell ‘Essere.
Come si può fare? Ritrovando intanto la propria androginia mentale dell’ infanzia, liberando dai ceppi scolastici l’ intuito e l’immaginazione e incominciando a parlare alla Mente con il linguaggio originario suo proprio, sviluppando e fissando le immagini – come in un laboratorio fotografico – e ridiventando creativi. E un primo passo, e sia che queste capacità si possiedano naturalmente o che occorra invece risvegliarle allenandosi, la meditazione sui simboli resta comunque di grande aiuto.
“Per molti versi – insegna il dottor Douglas Baker – meditare è come imparare una nuova lingua e una nuova scienza . e per interpretare in modo corretto il significato dei simboli è necessario far ricorso a tutte le proprie capacità intuitive. E’ come se – improvvisamente – ci si trovasse in un’isola sconosciuta, e la propria sopravvivenza (spirituale) dipendesse dall’ apprendimento della lingua dei suoi abitanti”
Lo stesso linguaggio, del resto, può essere elevato a Simbolo, fino a graficicare le idee in modo tale che lo scritto conservi intatta la propria utilità a tutti i possibili livelli di lettura. “Sappiamo che prima del 1290 – scrive Scholem – Mosè de Leon aveva scritto un libro (perduto) intitolato Pardès, che letteralmente significa “Paradiso”. Questo titolo poggia su un gioco di parole . . che utilizza la famosa storia del Talmud che racconta dei quattro grandi maestri che nel II secolo si occuparono di studi esoterici e per cui, a questo proposito, è usata l’espressione secondo la quale sarebbero entrati in paradiso. I quattro si chiamavano rabbi Akiba, Ben Zoma, Ben Azzai e Aher: “Uno vide e morì. il secondo vide e perse il senno, il terzo isterilì le giovani piantagioni [e cioè divenne un rinnegato e traviò i giovani]. Solo rabbi Akiba entrò sano e uscì sano”. [. . . ] Quello che ci interessa qui è il fatto che questo concetto fu inteso da Mosè de Leon come abbreviazione dei quattro strati di senso della Torah. Ogni consonante della parola Pardes si riferisce a uno di questi strati: P sta per Peshat, il senso letterale, R per Remez., il senso allegorico, D per Derasha. l’esegesi talmudica c haggadica, e infine S per Sod. il senso mistico”.
Ritroviamo questi quattro sensi della scrittura ogni volta che vi sia necessità di tramandare un Sistema iniziatico che deve rimanere totalmente oscuro per i profani ed essere invece gradualmente rivelato agli iniziati: “Aprirò la mia bocca in parabole. dichiarerò cose nascoste fin dal Principio’. Diventa chiaro. a questo punto, il motivo tecnico per cui venivano formulate maledizioni terrificanti contro chi avesse osato modificare “anche solo uno Jod’ di un testo classificalo colme sacro: “sacer” era innanzitutto inviolabilità. Per nostra disgrazia. purtroppo. gli empi non ternono le maledizioni,
Forse non tutti sanno che quando la Torah fu tradotta in greco (Versione dei Settanta). il mondo ebraico ne fu così scosso da coniare l’espressione “MEGILLAT TA’ ANIT”, che vuol dire “giorno di tenebre per l’universo”, “Giorno nefasto per Israele, al pari di quello in cui si fece il vitello , ma un danno incommensurabile era già stato fatto, sottilmente, con l’evoluzione-involuzione della lingua ebraica e il conseguente indurimento fonetico delle vocali. La Vulgata in latino non peggiorò la costruzione babelica più di quanto non lo abbiano poi fatto le moderne versioni concordate (sic). Tuttavia i semi delle antiche dottrine sopravvivono testardamente in tutte le scritture sacre. perché, grazie al Cielo. chi fa le pentole non è in grado di fare anche i coperchi. Ma procediamo con ordine.
“In Principio Iddio creò il cielo e la terra. E la terra era deserta e vuota (tohu wa-bohu); e tenebre (hoshekh) erano sopra la faccia dell’abisso (tehom); e lo Spirito di Dio si muoveva sulla faccia delle acque” (Gen. I, 1-2).
Lo stesso processo logico che ha portato la fisica moderna a teorizzare un’assurdità puntiforme di massa infinita portò gli esegeti della Genesi a teorizzare questa terra prima come una presenza reale e caotica di tutto quel che sarebbe stato poi ri-ordinato nel corso della Creazione. Tutto, peraltro, è collegato alla Beth – come iniziale primaria di Bereshit (in Principio) e come iniziale secondaria di Bara (creò) – e alla sua particolarissima forza di bocca spalancata che è da sempre, evidentemente a insaputa dell’ esegetica “religiosa”, il geroglifico del Chaos.
Un bimbo di tre anni non potrebbe mai leggere, nel testo biblico, la straordinaria identità radicale che lega la vacuità che identifica il Chaos con la Chose detta Abisso; né potrebbe mai sospettare che l’antica parola greca Xaos indicava proprio un abisso, una voragine, un’ immensa apertura, più che un mélange primordiale. Verosimilmente, peraltro. la “sua” immagine del Principio potrebbe essere quella di una specie di cilindro magico da cui la Potenza degli Elohim avrebbe tratto tutte le cose create. E non sbaglierebbe di molto…
“Mosè descrive nel Bereshit – scrive Fabre d’ Olivet – quello stato di una cosa che non è solo in potenza contingente d’essere, ma è anche racchiusa ancora in un’ altra potenza d’essere, che è senza figura. in germe dentro a un germe”. In effetti, l’ Uomo era stato già creato in Genesi 1-26, eppure non esiste ancora in Genesi 11-6 e sarà ri-creato in Genesi 11-7, sicchè la prima creazione ha avuto luogo solo “In principio”: “La concezione della natura era stata creata prima della stessa natura; la vegetazione prima del vegetale. Adam [la razza umana] non era, ma Elohim aveva detto semplicemente “Noi faremo Adam” e Adam, l’ Uomo universale, era stato fatto in potenza. In breve egli apparirà in atto, ed è in lui che la creazione effettiva ha inizio”
Prendiamo a prestito dalla Qabbalah, cum grano salis, l’immagine del Piccolo Volto o Mikroprésopos (ZOIR ANPIN): è un viso di adulto, visto di fronte, con la barba nera e gli occhi che si aprono e si chiudono nel lento ritmo del destino universale. Il Big Bang degli astrofisici, il Punto al Centro del Cerchio di cui parla la Tradizione, l’inizio dell’Universo, insomma, come noi lo conosciamo, coincide con l’ inizio della trans-formazione dallo stato sottile allo stato corporeo e può essere messo in relazione con la fase di apertura degli Occhi del Piccolo Volto; ma “sopra” allo ZOIR ANPIN, sempre secondo la Qabbalah, È il Grande Volto o Makroprésopos (ARIK ANPIN): il profilo destro del viso di un vegliardo dalla barba bianca, il cui unico Occhio visibile è sempre aperto perché privo della palpebra.
Qualsiasi cosa si possa congetturare, allora, del Big Bang e del Big Crunch, rimane il fatto che l’ Universo E’. Ed è ETERNO, nel suo eterno ricominciare “Nel Principio”