Da dove veniamo? Dove ci troviamo? Dove andiamo?
Questi sono i punti che mi propongo di trattare nel mio discorso. Comincio con il primo.
Da dove veniamo?
Se l’uomo sente una forte inclinazione per il meraviglioso, non meno forte è ciò che prova verso tutto ciò che è misterioso: supponendo che questi due sentimenti non provengano dalla stessa fonte e che, alla loro radice, non siano identici. Nello stesso tempo, sembra che questi due sentimenti abbiano a che fare con un bisogno dal quale l’uomo è continuamente tormentato, il bisogno di strappare il velo che lo circonda, per penetrare fino al santuario della verità e portare le sue conoscenze al di là del limite che è assegnato dalla natura alla sua intelligenza. Questo bisogno indeterminato lo predispone a sottrarsi dal mondo, per potersi dedicare con maggiore indipendenza all’esercizio delle sue facoltà morali, all’espressione dei sentimenti che riempiono il suo cuore, alla pratica di quelle dottrine che soddisfino il suo spirito e la sua immaginazione. Da ciò provengono le assemblee segrete.
Ne sono esistite fin dai tempi più antichi e storicamente conosciuti. Ne percepiamo le prime tracce nell’antico Egitto. Quelle assemblee avevano luogo nei sotterranei del tempio di Iside. I misteri intorno a quella dea ne furono la causa prima, ovvero il seguito e l’effetto.
I Greci, come altri popoli, attinsero da quella fonte feconda le alte conoscenze della filosofia e le costituirono il culto consacrato nelle feste che si celebravano ad Eleusi, in onore di Cerere.
Gli Ebrei, anch’essi, fecero grande esperienza di quelle pratiche. E tutto porta a credere che sia attraverso l’intermediazione di qualcuna delle loro sette che quelle pratiche siano giunte fino ai nostri tempi moderni. Tra le diverse prove che potrebbero essere portate, vi sia quella del rimarcare come tutte le parole sacramentali che la tradizione ci ha trasmesse, siano ebraiche.
Dopo la caduta dell’antica civiltà, severa presso gli Egiziani, è vero, ma imbelle in Grecia a causa del prestigio più seducente dell’immaginazione, possiamo vedere nascere anche nel Nord, nel mezzo stesso dei secoli della barbarie, delle assemblee segrete; ma invece di somigliare a quelle degli antichi popoli dell’Oriente, esse furono improntate da un carattere che risentiva del clima e dello stato imperfetto della società umana, in epoche difficili per la specie umana stessa.
La più rimarchevole di tali istituzioni del tempo è l’organizzazione del tutto misteriosa dei Druidi, la cui ambizione teneva sulla testa dei nostri antenati Galli lo scettro insanguinato di una teocrazia dispotica.
Il famoso tribunale segreto, la cui esistenza comincia a farsi notare nella Germania del XIII secolo, aveva qualche somiglianza con l’istituzione della quale io ho parlato, pur senza avere lo stesso fine.
E alcuni dotti personaggi ritengono che un governo celebre per l’antichità della sua fondazione, che va talmente indietro che non sarebbe facile assegnarle una data corrispondente nella nostra cronologia, parlo della Cina, questo governo, ritengono questi dotti personaggi, è organizzato su un sistema che, nei suoi principi fondamentali, partecipa della natura delle società politico-misteriche.
Infine, avvicinandosi a noi, si sarebbe tentati di associare alla stessa tipologia di società, l’esistenza di una società famosa, in particolare per il sapere ed il grande talento dei suoi membri: il fatto che pare autorizzare questa associazione è che, come sembra, le sue costituzioni, che sono tenute ben nascoste, stabiliscono una organizzazione interna che è divisa in diverse parti, delle quali i membri non acquisiscono la conoscenza che progressivamente e in misura di quanto ne siano ritenuti degni di fiducia da parte dei capi, unici depositari dei grandi segreti dell’ordine: segreti che si pretende siano quelli di dirigere i governi, impadronendosi dello spirito e della confidenza dei Sovrani e degli uomini di stato. E’ evidente che sto parlando dei Gesuiti.
Per ciò che mi riguarda, mi guardo bene dal far derivare la nostra istituzione da quelle che il Nord ha visto comparire, delle quali io non ho parlato che incidentalmente, e che sembrano aver lasciato qualche radice e con le quali, per fortuna, noi non abbiamo alcuna somiglianza. La loro influenza si estendeva sugli affari pubblici; al contrario, i nostri precetti ce ne tengono lontani il più possibile.
Fino ad ora, non ho detto nulla delle assemblee che si tenevano negli ordini della Cavalleria, rientrati dalla Palestina a seguito delle Crociate. Tutto ci annuncia che sono queste corporazioni ad averci apportato gli elementi della istituzione che noi pratichiamo oggi, sotto il nome di Libera Muratoria. Non comincerò qui a tracciare la storia di questa trasmissione; oratori molto più esperti l’hanno esposta da questo posto.
Così, secondo l’opinione dei Muratori più istruiti, noi veniamo dalla buona e saggia antichità, e siamo passati attraverso le intermediazioni che ho indicato.
Dove siamo?
E’ fuori di dubbio il fatto che, a seconda dei tempi, dei luoghi, delle circostanze politiche, dello spirito che ha diretto le diverse nazioni, la Libera Muratoria abbia ricevuto colori differenti, dipendenti dal significato specifico che punti vista particolari abbiano avuto interesse ad attribuirle. Si è cercato, non vi sono dubbi, di farne talvolta un velo per coprire intenzioni nascoste. Talaltra, la Libera Muratoria è servita come mezzo di riunione e di riconoscimento in ordini di grande importanza, soprattutto per le loro immense ricchezze, dei quali si è preteso che avessero il disegno di imporsi ai Re, facendo temere la loro potenza. Più tardi, la si è utilizzata per conservare il ricordo di un crimine politico, compiuto all’inizio del XIV secolo ai danni di un gran numero di personalità notevoli. In altri tempi, e in un paese a noi vicino, se ne fece anche il mezzo per commemorare un altro evento dello stesso genere accaduto nel 1649, ma in un uno spirito del tutto all’opposto.
Forse vi sono ancora altri significati che non conosco, come la Scienza Ermetica, o i Martinismo. Dirò solo una cosa: questi significati sono diametralmente opposti alla nostra istituzione.
Questo spirito è solo e completamente pacifico, fraterno, eminentemente morale!
Oggi che i progressi dell’illuminismo hanno sviluppato il germe prezioso di una filosofia saggia e beneficente, il nostro Ordine, liberato dalla ruggine dei tempi passati, e dei pregiudizi dei quali a quel tempo non poteva essere del tutto al riparo, oggi il nostro Ordine è quello che veramente deve essere, una istituzione filantropica, che ha come obiettivo principale di rendere l’uomo felice, mettendolo in condizione di vincere le sue passioni e di esercitare la beneficenza e l’affetto verso i suoi Fratelli, ed una benevolenza senza riserve, e l’amicizia verso i Fratelli, e la benevolenza e la tolleranza verso tutti gli uomini.
In altri tempi, si faceva prestare giuramento sul Vangelo: si trattava di una contraddizione ed una scorrettezza verso il Simbolismo, che non ha alcuna analogia con i culti moderni. Il giuramento dei nostri tempi è ben più in armonia con questa base fondante dell’edificio: <lo giuro su questa spada, simbolo dell’onore>. C’è qualcosa di più indipendente, che meglio si lega a tutti i tempi, a tutti i popoli, di più libero dell’influenza di tutte le specie di religione?
La Libera Muratoria ci ha portati alla purezza dei suoi elementi veri: ecco, dove noi siamo.
Dove andiamo?
Alla perfezione! Questa affermazione potrà apparire una iperbole a degli spiriti volgari; ma le orecchie di Muratori illuminati, come quelli che compongono questa assemblea, non ne saranno per nulla sorprese; per parte mia, io sono certo di essere inteso. Ripeto perciò con sicurezza: alla perfezione.
Se sono arrivato, come volevo, a farvi capire che il momento nel quale siamo è il più bello della Libera Muratoria, quel momento nel quale la Libera Muratoria può davvero essere se stessa, e marciare verso il suo vero obiettivo, senza intoppi e senza deviazioni, senza essere trattenuta da incrostazioni che si potrebbero chiamare parassite, la mia terza proposizione è facile da spiegare.
L’esercizio della Libera Muratoria può dividersi in due parti ben distinte: la parte simbolica e quella amministrativa.
Qualunque società, qualunque associazione, ha necessità di regole organizzative che stabiliscano una gerarchia e una catena di subordinazione, in modo tale che a partire da quelle ogni membro possa indirizzare la sua condotta nei doveri e nelle funzioni che assolve. Questo è l’oggetto dei regolamenti generali dell’Ordine, e dei regolamenti privati di ogni Officina.
Quella è la parte che si potrebbe definire materiale. Ma troppo sovente, è la sola della quale ci si occupi in Loggia; troppo spesso, i dettagli della amministrazione consumano il tempo, quello che dovrebbe essere consacrato a lavori assai più elevati e infinitamente più importanti.
Se l’altra parte, invece, non è composta che da pratiche che non sono altro che perpetue ripetizioni delle stesse cose, deprivate di qualunque obiettivo, secondo il linguaggio di alcuni Muratori, anzi di troppi, questa non è che una apparenza adatta per occhi che non sono stati colpiti a sufficienza dalla luce, o per i quali non è ancora venuto il momento di aprirsi.
Questa parte abbraccia le cerimonie emblematiche che compongono i lavori simbolici, saggia e felice combinazione, che non poteva nascere che nel tempo e nei luoghi dove era presente sotto il velo della allegoria tutto ciò che tocca le relazioni tra l’uomo e il Grande Architetto dell’Universo, tra l’uomo e tutto ciò che brilla in cielo o adorna la natura, tra l’uomo e i suoi simili. La nostra arte è di comprenderle, il nostro impegno più prezioso e più degno, di renderne partecipi gli altri uomini, illuminandoli e rendendoli degni di partecipare ai nostri augusti lavori.
Si, fratelli Maestri, voi lo sapete meglio di me: queste pratiche e queste formule, che a prima vista possono apparire al alcuni così povere di senso, sono il contenitore entro il quale si trovano nascoste le regole e le massime della più sublime e pura morale, quella che vale e che è applicabile ad ogni epoca, ad ogni paese, a tutti i popoli. Queste massime avrebbero potuto alterarsi o snaturarsi con l’andare del tempo, se fossero divenute una semplice tradizione morale, sparsa senza precauzioni nella volgarità; ma stratificate, se questa espressione può essere impiegata, stratificate come sono entro pratiche ostensibili e in apparenza materiali, quelle massime sono indistruttibili e inalterabili, divenendo un solido codice, dal quale è impossibile strappare anche un solo foglio: Grazie a questo mezzo meraviglioso esse hanno attraversato i secoli giungendo intatte fino a noi, e arriveranno fino alle generazioni più lontane.
Eliopoli, Tebe, Menfi! Non esistete più che come un lungo ricordo nella memoria degli uomini. Ci sono sapienti che sfidano la fatica di lunghi viaggi, che impiegano tutto il loro zelo per ritrovare i luoghi dai quali avete orgogliosamente esercitato la vostra dominazione. A fatica, in mezzo ai rovi, trovano qualcuna delle vostre vestigia, tristi testimonianze della fragilità del potere, quando non poggia che sull’ambizione e sulle passioni! Mentre una istituzione senza fasti nuotava sopra l’oceano delle età, senza subire alterazioni importanti nella sua essenza. Il suo apparato non è abbagliante: consiste in una semplice riunione di emblemi, di pochi segni: ma questi segni e questi emblemi, ben compresi, ricordano all’uomo la sua dignità, gli rimarcano i suoi doveri, sviluppano i sentimenti più generosi e più nobili!
Mi sia consentito di dire ai giovani Muratori che non c’è nulla nei nostri usi o nelle nostre cerimonie, che non sia parte di questi emblemi e di questi simboli. Dopo il primo segno che è loro insegnato per entrare in Loggia, dopo i passi che formano la marcia del primo grado, fino alla pietra cubica, emblema dell’infinito, ogni strumento del quale ci serviamo, ogni figura che ci è presentata, ogni segno che ci è mostrato, racchiude un pensiero morale e prescrive un dovere: così diviene una cosa feconda, rivestita di un carattere indelebile. Non dirò oltre su questo argomento interessante: la trasmissione di queste comunicazioni è riservata ai Maestri dell’Ordine e non mi compete di usurpare la loro alta funzione.
Io credo tuttavia di poter ancora aggiungere che il metodo per comunicare queste importanti conoscenze, non consiste in spiegazioni orali, che non potrebbero non scivolare sulla superficie; ma nel dirigere con misura ed abilità , in una parola con una saggia riservatezza, lo spirito dei fratelli che percorrono i diversi gradi simbolici; con l’obiettivo di far loro scoprire la se stessi i significati, in modo tale che possano produrre sulla loro intelligenza una impressione più forte, imprimersi più profondamente, mettere radici nella loro anima.
I vecchi Muratori ripetono continuamente: Noi cerchiamo senza fine. In effetti, c’è sempre da ritrovare e da scoprire, anche per coloro che più sanno, in questo campo così limitato in apparenza e così vasto nella realtà.
Ogni nostra attenzione, ogni nostra preoccupazione, ogni nostra opera, devono perciò rivolgersi verso questo punto così essenziale, che racchiude i dogmi e nel quale si trova consacrata la dottrina che è anima della nostra istituzione.
Lo ripeto: in un numero troppo grande di Logge non ci si interessa che alla parte materiale: è arrivato invece il tempo di eccitare e riscaldare lo zelo dei Muratori, di far loro sentire la necessità di tagliare quella pietra alla quale non si lavora mai invano, quando lo si fa cono costanza e con il desiderio ben chiaro di cercare dei mezzi di istruzione, di perfezione e di felicità.
Ecco, miei carissimi fratelli, dove noi possiamo andare e dove noi stiamo andando, in verità.