APPUNTI PER UNA
TEORIA ED ETICA DELLA CONOSCENZA MASSONICA
di
Giuseppe Schiavone
La conoscenza, il suo senso
La conoscenza, unitamente alla conazione e all’affezione , è uno dei tre aspetti o funzioni fondamentali della vita dell’uomo. La conoscenza intellettiva — raccogliendo ed elaborando i dati provenienti dall’attività materiale dei sensi — consiste nell’appercezione di essi, nella loro complessa catalogazione e rielaborazione mentale; quindi nella loro trasformazione in concetti e nel definitivo
Il possesso cosciente dei concetti medesimi; infine nell’archiviazione mnemonica degli stessi, per essere poi utilizzati al momento del bisogno. Pertanto, il concetto coscientemente posseduto dalla mente può dirsi essere il verbum mentis : la formazione specifica di un’idea nel corso del processo conoscitivo dell’uomo.
La conoscenza è la facoltà attraverso la quale la realtà esterna al soggetto viene assimilata o, meglio, ri-assimilata e ricreata in simboli mentali (le idee), quindi posseduta dal soggetto medesimo, costituendo un patrimonio interiore disponibile per ogni utilizzo, sempre, perennemente (anche nell’arco di tutte le vite possibili). Quanto più ampio è siffatto patrimonio, tanto più ampia è la possibilità del soggetto di dare risposte adeguate ai problemi che l’esperienza quotidiana gli pone.
Individuiamo, quindi, innanzi tutto, nel processo conoscitivo:
1) un’attività di apprensione, dall’esterno all’interno, attraverso l’utilizzo dei sensi e della mente (e di tutti gli strumenti che cultura e scienza mettono a disposizione);
2) ed un’attività evocatoria, dall’interno all’esterno, che attinge all’intimo patrimonio di conoscenze personali accumulato nel corso del tempo.
L’esperienza umana non si disperde (come invece accade negli animali), proprio perché, secondo quanto s’è già detto, è rielaborata e conservata per mezzo del processo d’apprendimento e d’acculturamento, costituendo così una memoria storica che non si disperde mai, radicandosi organicamente nell’essere d’uomo. In tal modo si struttura una memoria profonda (al di là di quella riguardante il passato prossimo, al di là della mneme: la semplice ricordanza) che si colloca permanentemente alla radice della vita. Dagli antichi greci fu personificata in Mnemòsine: la Memoria dei tempi che furono e delle opere degli Dei e degli uomini, colei che è il principio del ricordo, che contiene e custodisce l’intero passato; dalla quale, per impulso di Zeus, che giacque con lei per nove notti, sono nate le Muse ispiratrici di tutte le arti. Per cui, la radice della memoria ci porta alla radice dell’umanità (e viceversa) e dell’intenzionalità originaria. La memoria primigenia, così, si pone come archetipo e come fondazione storica della razionalità e del processo conoscitivo, dal quale è comunque alimentata e sollecitata, interagendo in un rapporto dialettico.
Globalmente, tale processo evolve continuamente e stimola, com’è evidente, la crescita storicoculturale dell’uomo, cioè la sua trasformazione (o trasmutazione) attraverso l’ampliamento progressivo dei suoi poteri conoscitivi e, quindi, operativi. Per il tramite del processo conoscitivo la ragione tappropria “idealmente” della cosa conosciuta, delle sue qualità e dei suoi poteri. Sussumendo intellettivamente la cosa, acquisisce (se non totalmente, almeno in parte) la capacità di riprodurla, di ricrearla. L’idea della cosa complessivamente conosciuta si fissa in mente hominis; e così la mente può, con un atto di volontà produttiva (poiesis) dispiegato nella prassi (praxis), attuarla in concreto, riprovocarla.
La ragione, nell’atto conoscitivo, non è mera ricezione passiva dell’oggetto che sta conoscendo; essa esplica un comprendere, cioè un afferrare e penetrare intelligendo. Conosce e capisce, da cui la scienza e la coscienza.
Le proprietà della cosa, acquisite conoscitivamente, diventano proprietà della mente, perciò del soggetto conoscente. Il conosciuto arricchisce il conoscente, gli conferisce poteri. Quando ciò non avviene è perché la cosa non è ancora adeguatamente conosciuta, in quanto qualcosa ancora si nasconde al conoscente, poiché evidentemente permane un deficit di conoscenza che dev’essere colmato. In ogni caso la mente è capace di contenere l’archetipo della res (della cosa).
In linguaggio iniziatico, potremmo dire che il soggetto (cioè l’adepto) è in grado di possedere l’Arte o Scienza reale (cioè l’Arte o Scienza della cosa). La mente assume in sé, attraverso la conoscenza, le proprietà dell’oggetto conosciuto, ampliandosi progressivamente. La mens è l’ente-ragione-uomo: è la potenzialità divina nell’uomo, l’espressione della sua intrinseca spiritualità. Nel processo totalmente dispiegato è la Ragione-Dio. E la ragione totalmente dispiegata (o anche sino al livello storico in cui è dispiegata) non è più solo ricerca e conoscenza, ma è conoscenza e potere, potere ri-creativo.
Emerge qui, dunque, il concetto della mente come facoltà umana che riflette più d’ogni altra la «somiglianza» divina indicata in Genesi (1, 26-27; 5, 1)5 . Per cui, sulla base di queste premesse, l’uomo — come insegna il metodo iniziatico — sviluppando il processo conoscitivo, integrato da una contestuale rigorosa purificazione fisica ed etica, può pervenire alla divinità, può diventare come Cristo, procedendo per gradi, esperienza dopo esperienza, stato di coscienza dopo stato di coscienza, vita dopo vita, sino alla “perfezione”; che certamente non si conquista in modo “improvviso”, ma in un lungo divenire, in cui si sperimenta la perfettibilità umana.
Secondo il principio metodologico della conoscenza libero-muratoria, non basta l’intelligenza per comprendere concettualmente, ma occorre in modo previo un livello coscienziale (cioè morale) adeguato. E necessaria, propedeuticamente, una maturazione etico-spirituale che consenta lo sviluppo della capacità cognitiva. Il Verbum, o Logos, si disvela per gradi ai buoni. E così progressivamente s’ incarna, diventa storia, parola universale, messaggio che s’ annunzia (che può annunziarsi) a tutti gli uomini. Diventa conoscenza e coscienza, quindi cultura e norma etica.
Il nascondimento della Ragione nella natura inconscia è il mysterium magnum (per usare l’espressione di Bôhme) che dev’essere svelato dall’uomo medesimo; cioè da quell’essere che ha in sé la capacità di riscattare la materia portandola allo stato di coscienza .
La conoscenza, quindi, passando attraverso l’intellezione dei fenomeni di natura (con l’ausilio della ragione scientifica e dell’illuminazione intuitiva), costituisce un’esperienza di compenetrazione, parziale ma progressiva, nella divinità, che avvolge e pervade intimamente tutte le forme dell’esistente, visibile ed invisibile, come in basso così in alto. Pertanto, è nel contempo indagine scientifico-sperimentale, indagine teologica e indagine iniziatico-misterosofica. In questa prospettiva l’esperienza globale (estesa anche alle forme di vita precedenti del soggetto), razionalmente e coscientemente vissuta, è la conoscenza autentica del vero secondo il grado di maturità etica e cognitiva raggiunto dalla creatura.
La scienza dell’evoluzione umana (che passa, come già detto, attraverso lo sviluppo della conoscenza e della coscienza) conferisce all’uomo la chiave della propria essenza e l’arché del mondo, sino alla comprensione di Dio, il Grande Architetto dell’Universo, la Ragione di tutto. Perciò, essendo Egli in modo così pieno in ognuno, ogni singolo lo può conoscere per “via interiore” e per “via esterna”, combinando insieme le due vie e assumendo l’una come prova dell’altra, e viceversa. La via interiore consiste nell’analisi del proprio io profondo, esplorandone le radici, sino alla Luce ch’è alla base dell’essere; mentre la via esterna, partendo dal presupposto che il G.A.D.U. — come s’è visto — è pure in tutte le cose di natura, oltre che nell’uomo, consiste nella possibilità di conoscerlo anche indagando “sulle” e “nelle” cose stesse, con metodo scientifico-sperimentale.
In questa complementarità, il termine unificante, il G.A.D.U., dalla Massoneria è significativamente pensato come Ragione di tutto l’universo: Ragione immanente e, nel contempo, trascendente. Ed essa, proprio perché Ragione, è decodificabile dalla scienza, come strumento per penetrare nella sua intima luce. E attingibile, perciò, attraverso il suo analogo, la ragione dell’uomo. Inoltre, può essere sviluppata da parte dell’iniziato (ma anche da parte d’ogni individuo) in un processo di progressiva attuazione della propria genetica «somiglianza» a Dio . Un processo non simbolico, non virtuale, ma che realmente trasforma il corpo e lo spirito del singolo, rendendo possibile ad ognuno di nascere due volte, ovvero di ri-nascere, cioè di trasformarsi radicalmente come Cristo e d’essere pienamente figlio di Dio .