COSA DOBBIAMO A NOI STESSI ED ALL’UMANITA’
È inutile spendere troppe parole per tratteggiare la condizione umana odierna, in particolare nel mondo occidentale, perché ormai abbastanza nota e descritta da studiosi e saggisti.
Non è una novità, quindi, affermare che viviamo in una Società la quale forma individui, mirando, più che a svilupparne le qualità umane, a creare, con la minore spesa possibile, individui che funzionino senza generare soverchi inconvenienti e turbamenti, ben disposti a farla andare avanti secondo schemi stabiliti ed abbastanza circoscritti.
Il tipo umano, di cui ci stiamo interessando, è lasciato abbastanza libero di pensare ciò che vuole, purché, con questo comportamento, piuttosto inconsueto, non si allontani troppo da quanto è con¬venuto, e purché continui ad essere, essenzialmente e prima di ogni altra cosa, un tranquillo ed infati¬cabile consumatore, nel senso più esteso della parola.
Quest’uomo, spinto, ossessionato quasi, da necessità artificiosamente sol-lecitate in lui, ha trasformato anche se stesso in oggetto di consumo. Si è identificato ad una merce qualunque, alla qual è dato un valore misurabile, che è determinato dalla sua vendibilità sul mercato.
Quest’uomo, in questa Società, è condizionato a misurare se stesso se¬condo due parametri fondamentali ai quali è molto difficile sfuggire: il successo conseguito, possibilmente noto e ben visibile; ed il micidiale giudizio degli altri; è, quindi, clinicamente definito, per la sua condizione, un alienato che dipende completamente dagli altri e che ha, come unico simulacro di si¬curezza sociale, la necessità di vivere nel conformismo di gruppo, e senza allontanarsi troppo dal gregge, nel quale si trova, per sentirsi sufficientemente considerato, difeso ed anche un po’ più forte.
L’essere umano, così, ha perso il senso della propria identità, e non riesce più, come singolo, a darsi, liberamente, un significato della vita, ed a porsi al centro di questo significato.
In relazione alla sua vacuità interiore, si trova ad essere incapace di dare, di amare e di reagire, in modo consapevole e responsabile, di fronte alle complesse situazioni che è costretto ad affrontare tutti i giorni.
Questo povero uomo, si sente sempre più disperatamente impotente di fronte a forze che lo manovrano ciecamente, che lo considerano come se fosse un numero. Ecco il perché, molte volte, si sente costretto a scegliere, come possibili soluzioni di fuga dalla realtà: l’idolatria, la magia e qual¬siasi tipo di droga, chimica o spirituale. Sempre più spesso, l’uomo di oggi, si rifugia in atteggiamenti mentali passi¬vi o di violenza, che lo legano ancora di più e ne limitano la possibilità di fare altri tipi di scelte comportamentali.
Un’acritica accettazione e la soggezione forzata, a scale di valori im¬poste dal mercato, allontanano, quest’ infelice uomo dei nostri giorni, in modo sempre più ir¬reversibile, dalla possibilità di vivere una sana ed emancipata natura umana. Questa è, purtroppo, la non esaltante condizione cui è pervenuto l’Uomo, alla metà del XX Secolo.
La Società tende ad un conformismo poco differenziato nel quale, in effetti, l’individuo affonda, perdendo ogni interesse per i reali valori umani. Ora, in questa società che sembra così irrimediabilmente malata, qual è, o quale potrebbe essere la finalità e la funzione della Massoneria Universale?
Ricordo, molto bene, le domande che mi furono proposte quando, nel Gabinetto di Riflessione stilai il “Testamento”: QUALI SONO I DOVERI DELL’UOMO VERSO SE STESSO? QUALI SONO I DOVERI DELL’UOMO VERSO LA PATRIA? QUALI SONO I DOVERI DELL’UOMO VERSO L’UMANITÀ?
Ebbene, oggi, quale risposta ci sentiamo, obiettiva¬mente, di poter dare, come Istituzione e come singoli appartenenti alla domanda: Cosa dobbiamo a noi stessi ed all’Umanità?
Per formulare delle risposte soddisfacenti, al quesito ora indicato, sarà necessario, prima, provare a fare un esame della Massoneria odierna in Italia, accennandone anche un giudizio, sia da un punto di vista storico, sia dal punto di vista della così detta scienza dell’uomo, ossia, di quella scienza che, per molti, è nota come neo-umanesimo, la quale sta diventando uno degli strumenti di orientamento più utili e più sicuri, per tentare proficue indagini connesse alla condizione umana.
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Proviamo a predisporre una trattazione, a grandi linee, fra le tante possibili, che ci possa aiutare a formulare alcune idee semplici e chiare, utili, però, a comprendere meglio, se possibile, qualche cosa nell’intrigata giungla dei rapporti che intercorrono fra una Società ed i suoi membri; ma anche, e soprattutto, per consentirci di uscire dal particolare ed avere un’accettabile visione panoramica degli avvenimenti, che trascendono l’individuo, rimanendo, però, nella realtà. Questo, per esaminare dal di fuori, con una certa obiettività, la dinamica delle forze in gioco, che spesso sembra incomprensibile, solamente perché si osservano troppo da vicino, invece di inserirle in un contesto più vasto. Ed in¬fine, non si può dimenticare il prezioso insegnamento di Vol¬taire: “Se desiderate parlare con me, definite i vostri termini” perché, in effetti, non ci potrà mai essere una buona ed efficace comunicazione se i se¬gnali non saranno nitidi e non soggetti a distorsioni o ru¬mori interpretativi.
In questo quadro che tracceremo, la Società sarà conside¬rata come un’entità autonoma, la quale vive di vita propria, ob¬bedendo a leggi proprie, e composta da un insieme di individui i quali, però, fanno parte anche di un aggregato più grande, il quale, pure, ha una vita propria, ed è la famiglia composta da tutte le Società: la Famiglia Umana.
È importante, ora, richiamare l’attenzione sul fatto che non sempre, anzi quasi mai, le Società e l’Umanità perse¬guono la stessa mèta, forse perché, mentre le Società vivono nel presente e tendono al loro futuro più prossimo, l’altra si sta sviluppando verso un più lontano futuro di crescente complessità.
Ancora una premessa, necessaria e molto importante, che sento di dover sottolineare: è opportuno sempre, durante tutta la disamina, assolutamente, non lasciarsi prendere dal fascino delle parole, come invece capita molto spesso, per non scambiare, ad un certo punto, le parole per le cose e quindi identificare la teorizzazione, che in¬tendiamo usare come strumento, con la realtà vera e propria.
Stabiliti questi preliminari e questi buoni propositi, cer¬chiamo, ora, di puntualizzare qualche cosa, iniziando dai com¬ponenti della Società e dell’Umanità, cioè gli uomini ed il loro modo di organizzarsi in gruppi di attività.
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Parlando della personalità di un uomo, sono in molti, ormai, ad essere d’accordo nel convenire che la si può ritenere, sommariamente, composta di due parti. Una di queste è la com¬ponente psichica, risultante dal portato fisico dell’ereditarietà, questa parte viene comunemente chiamata temperamento; l’altra, cui invece è stato assegnato il nome di carattere, è la componente psi¬chica risultante dalla somma delle esperienze vissute, fin dall’inizio della vita fisica, variamente modificate o rafforzate, dagli avvenimenti emotivi successivi. Il temperamento insieme al carattere, influenzandosi in vario modo, con prevalenze alterne, costituiscono la personalità dell’individuo, intesa come singolarità esistenziale unica ed irripetibile.
L’uomo, poi, per vivere e sopravvivere, deve poter usare uno schema mentale, diciamo di riferimento, il quale fa parte del carattere e che può essere chiamato visione del mondo; attraverso quest’universo personale, vengono filtrati i giudizi, le scelte, le decisioni per l’azione o l’inerzia; ed è per mezzo di questa lente che l’individuo stabilisce ciò che è bello, ciò che è brutto, il desiderabile e l’indesiderabile.
Questo schema mentale, come già detto, strettamente unico e personale, che in ogni singolo varia, sia per qualità che per quantità di no¬zioni, è il risultato: delle esperienze personali, dei successi educativi conseguiti dalla famiglia, dalla scuola o più in generale dalla Società; è il prodotto derivante dall’elaborazione, essenziale e strettamente in¬dividuale, di quanto contenuto e predominante nella cultura di appartenenza.
Questo schema mentale, che viene anche chiamato sche¬ma di riferimento e finalità ideale, sia pure con una certa diffi¬coltà, però, proprio come conseguenza della sua stessa genesi, è modificabile, in particolare, sviluppando, gradualmente e progressivamente, la capacità di ragionare e la consapevolezza. L’accrescimento della ragione e della consapevolezza, in questo processo, possono essere, contemporaneamente, la causa e l’ef¬fetto della trasformazione.
Il fatto che lo schema di riferimento e finalità ideale sia influenzabile, e la conoscenza del come è possibile operare certi cambiamenti, ha un’importanza decisiva, anche e proprio per gli scopi che ci prefiggiamo, come Istituzione.
Su questo meccanismo, infatti, si basa tutta la possibilità di impostare la formazione educativa, e di articolare, quindi, l’insegna¬mento in generale ed, in particolare, il conseguimento o meno dell’emancipazione nell’adepto.
Il sistema uomo tende spontaneamente e raggiungere una specie di equilibrio omeostatico, con l’esterno e con l’interno, cercando di ottenere, dal rapporto con l’ambiente, la maggiore quantità possibile di gratificazione, con la minore sofferenza di qualunque tipo. Tutto questo, naturalmente, come si è detto, del tutto soggettivamente, cioè, solo secondo le valutazioni che derivano dall’utilizzazione dello schema mentale cui abbiamo fatto cenno.
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Qui, è opportuno, sempre per la maggior chiarezza possibile, fare una digressione. Anche se anticipiamo, prematuramente, qualche considerazione conclusiva ed alcuni giudizi, deve apparire evidente l’utilità che consegue all’uso delle schematizzazioni che stiamo predisponendo, per un esame sistematico e critico dell’utilizzazione, spesso disinvolta, delle parole e dei loro significati, nella composizione delle idee.
L’accettazione delle formulazioni proposte riguardanti lo schema mentale, in particolare, e di quelle che proporremo nel seguito della tratta¬zione, possono comportare delle considerazioni, forse scomode da accettare, ma che, senza dubbio, stanando l’approssimativo, l’ambiguità interpretativa e faranno na¬scere l’esigenza conoscitiva di una maggiore cautela, nell’uso stesso delle parole, se prima non se n’ è definito, il più precisamente possibile, tanto il significato quanto il loro limite descrittivo.
La tendenza, come abbiamo visto, involontaria, del meccanismo psicofi¬sico umano, a rendere strettamente soggettivi i valori, comporta, natural¬mente, l’indispensabile necessità di svincolare questi valori, da un relativismo senza regole che, dietro un apparente ragionamento logico, può portare, invece, a considerazioni fallaci e fuorvianti.
I valori, per svolgere la loro funzione di accettabili capisaldi di riferimento, dovrebbero essere agganciati a princìpi, condivisi e ritenuti, il più possibile, inequivoca¬bi1i, universali ed oggettivi. Cosa, certamente non facile, ma, di sicuro, possibile.
Non mi sento, in questo caso, mi si creda, di essere, come qualcuno ha voluto insinuare, un falso profeta che vuole insegnare la scelta del bene e del male. Io cerco, solamente, di precisare le modalità di utilizzazione dei termini espressivi, in modo da poterci comprendere meglio e più approfonditamente.
Prendiamo, per esempio, le due parole bene e male. Esse sono simboli, e pertanto, astrazioni che possono essere riempite con significati personali, tanto da conseguire, nella comunicazione, risultati talvolta an¬che opposti a quelli desiderati. La frase, sempre per esempio: “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te, e fai agli altri tutto il bene che vorresti fosse fatto a te”, pur esprimendo un contenuto morale, perché accettato, in realtà, non è sufficientemente precisa da poter essere considerata universale.
Il bene ed il male hanno riferimenti molto diversi da civiltà a civiltà. In una tribù di cannibali, per esempio, è bene mangiare carne uma¬na; per alcune religioni, è male cibarsi con la carne di certi animali ritenuti sacri. Il bene ed il male, secondo cui un sadomasochista fa le sue scelte, sono, indubbiamente, parole che esprimono contenuti molto diversi, da quelli usati dall’individuo sano il quale vive con-sapevolmente, cioè applicando con spontanea naturalezza i valori bene e male, dopo aver imparato ed accettato di considerare e vivere come be¬ne tutto ciò che porta alla liberazione ed all’evoluzione della personalità umana e male tutto ciò che, invece, limita le capacità di sviluppo dell’uomo e che lo fa regredire a situazioni emotive infantili.
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Riprendendo il nostro discorso sul comportamento umano, possiamo affermare che la realtà esterna, in buona parte ed in generale, fornisce i mezzi per soddisfare le necessità di gratificazione individuale e collettiva, ma impone, in contropartita, anche molte rinunce.
La realtà esterna, cui si fa riferimento, è la situazione comunitaria nella quale l’individuo è immerso: la Società. Questa, esercita, per sua necessità, sulla struttura emotiva dell’in¬dividuo, un’azione molto importante che, come vedremo, è duplice perché deve svolgere una funzione la quale, secondo i casi, può essere gratificante oppure frustrante.
Sintetizzando, si può precisare, per esempio, che la Società attua la sua azione frustrante intervenendo in tre tipi di situazioni con modalità appropriate:
1) Imponendo proibizioni all’individuo, il quale, sollecitato da una sua ricerca personale di soddisfazione, vorrebbe adottare comportamenti che possono riuscire pericolosi per lui o che, dalla Società, sono ritenuti tali.
2) Frustrando quegli impulsi, il cui soddisfacimento produrrebbe danni, di qualsiasi genere, non all’individuo, ma alla classe, al gruppo, alla società di appartenenza oppure alle loro finalità ideali.
3) Imponendo rinunce, giustificandole come salvaguardia del bene generale mentre, invece, tendono, solamente, a difendere ed assi¬curare i privilegi o la stabilità della classe dominante.
La funzione gratificante della Società, invece, si può di¬stinguere secondo due vaste classificazioni:
1) L’organizzazione del soddisfacimento delle esigenze elementari umane, che sono, in particolare, direttamente connesse con l’autoconservazione, e cioè con l’appagamento delle ne¬cessità primarie materiali.
2) La promozione ed il mantenimento di quelle soddi¬sfazioni che, per distinguerle da quelle che l’individuo si procura autonomamente, chiameremo gratificazioni di fantasia organizza¬te, le quali si realiz¬zano nell’ambito dell’attività politica, della religione, del divertimento, della creazione artistica, etc. e che, nel loro insieme, costi¬tuiscano il corpo culturale della Società.
Con questo semplice meccanismo, di frustrazioni e di gratificazioni, molto sommariamente esposto, la Società, con particolari dosaggi, che dipendono da molti fattori, tende a realizzarsi ed a mantenere la propria stabilità; a procedere, quindi, possiamo dire, nella direzione evolutiva e con il passo che le sono congeniali. Naturalmente è comprensibile come, la stabilità, la direzione verso cui procede, ed il passo relativo, siano caratteristiche che risultano essere diverse e variabili, secondo il tipo di Società presa in considerazione, e che sono in stretta relazione con le condizioni socio-economiche e culturali esistenti.
Possiamo citare due caratterizzazioni di Società, come esempi abbastanza indicativi ma, anche, estremamente semplificati.
Il capitalismo del XIX Secolo, che si sviluppò indicando, come somma virtù, il risparmio e la parsimonia, sollecitando di conseguenza, ¬l’accettazione di pesanti frustrazioni materiali.
Il capitalismo del XX Secolo che, invece, ha puntato e punta sulle gratificazioni materiali delle masse, alimentando, in ogni modo, il desiderio di spen¬dere e di consumare.
Nell’applicazione di questi meccanismi di frustrazione e di gratificazione, si può constatare che, quanto più una Società ha la capacità di soddisfare le esigenze materiali e culturali, per la maggioranza dei suoi componenti, tanto più, quella Società, è disposta a concedere libertà; tanto meno riesce a soddisfare le esigenze della massa, tanto minore è la probabilità che sia permissiva.
E questo, è indica¬tivamente importante per comprendere come possano essere diverse le mète, non tutte uguali, che le singole Società si prefiggono di raggiungere, rispetto a quella, abbastanza costante, verso cui sembra tendere, invece, l’evoluzione umana.
Nella realtà, inevitabilmente è accaduto, almeno fino ad ora, che la classe sociale più potente, è incline a soddisfare prima di tutto i propri bisogni, immediatamente dopo ed in dipendenza dal livello delle possibilità economiche disponibili, c’è la gratificazione che viene concessa, dalla classe dominante, ai governanti, per mantenere, con loro, un’indispensabile e buona col¬laborazione.
Attraverso questo non facile gioco di equilibri, si cerca di ottenere un bene ambitissimo, da parte di chi governa ed ha il potere: la stabilità sociale. Facendo ricorso alla forza, solo in casi estre¬mi, perché troppo oneroso sotto ogni punto di vista, si cerca, invece, di conseguirla, questa stabilità, facendo in modo che i componenti della Società, si trovino dominati da una loro ten¬denza psichica individuale, radicata interiormente, per cui la propria si¬tuazione sociale, sia abbastanza soddisfacente, oppure sia con¬dizionata, in modo da contrastare o impedire il sorgere della necessità, della volontà o della possibilità di produrre dei mutamenti non accettabili, in riferimento all’ordine costituito
In genere, questa tendenza psichica individuale, appena ora indicata, è prodotta dall’educazione impartita dalla famiglia, dalla scuola ed in seguito alimentata dalla Società, nell’ambito di quelle che abbiamo stabilito di chiamare le gratificazioni di fantasia organizzate o per meglio dire, di quelle, ufficialmente ammesse od ufficiosamente tollerate, perché sono giudicate, rispetto alla scala dei valori vigenti, utili o ne¬cessarie alla stabilità sociale, anche se in qualche caso, apparentemente, non lo sono.
Quando, invece, la gratificazione di fantasia organizzata non è nel novero di quelle ammesse od ufficiosamente tolle¬rate, perché si ritiene che possa incidere sull’equilibrio della società, allora, inesorabile scatta il conformismo, la strenua difesa del corpo sociale, la quale si manifesta nell’intolleranza, nella persecuzione, nella scomunica, nell’espulsione dal gruppo, nell’isolamento.
E poiché, lo ripetiamo, talvolta la Società, non persegue le stesse finalità che possono favorire il progresso evolutivo dell’Umanità, si può avere la triste, ma abbastanza frequente, situazione in cui viene dato l’ostraci¬smo a persone che sono o che tendono a diventare sane, nel senso di adulte, da un punto di vista umano e cioè, evolute ed emancipate culturalmente e spiritualmente.
E, tutta quest’avversione, solo perché, quegli sventurati, hanno avuto la ventura di vi¬vere, e di sentire, la necessità di professare le proprie idee, ma¬gari insieme ad altri e questo può essere l’aggravante peggio¬re, in una Società malata ed immatura che, pertanto, giudi¬ca, come intollerabili, certe idee le quali, anche se sono favo¬revoli al progresso evolutivo della Famiglia Umana, diventano, però, condannabili perché tenderebbero a spostare la Società dalla sua sta¬bilità, in una direzione verso la quale non ha alcun in¬teresse immediato ad andare, oppure, con un passo che è diverso da quello che la Società ha deciso di adottare per i suoi scopi.
Tanto per fare un esempio, si può dire ed azzardare l’ipotesi che, l’Umanità, estrapolando la situazione attuale, nel suo progredire, debba raggiungere due stadi ob¬bligatori e forse successivi:
1) L’unificazione di tutte le Chiese.
2) La creazione di un unico Governo mondiale.
È facilmente comprensibile come, nella realtà planetaria, l’intolleranza religiosa ed il nazionalismo, che in molte Società sono ancora importanti forze di sta-bilità sociale, possano opporsi, più che aspramente, con l’appoggio della maggioranza, a qualsiasi tentativo di propaganda o di diffusione delle tendenze unificatrici sopra indicate.
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Al fine di comprendere meglio come certi meccanismi psichici, possano trasformare alcune gra¬tificazioni di fantasia, in strumenti di stabilità sociale, ascoltiamo queste parole, molto pertinenti, di Sigmund Freud:
“La sensazione di impotenza dell’uomo, di fronte alla natura ed a tutte quelle forze che non può dominare, fa nascere stati emotivi, che sono la ripetizione delle situazioni in cui l’individuo si è trovato da bambino, quando non poteva resi¬stere, senza aiuto, contro forze superiori e sconosciute, e si rivolgeva a chi gli era vicino e gli poteva assicurare protezione e gratificazione: ricorreva cioè alla madre ed al padre”.
Ora, nella misura in cui la Società non riesce a soddisfare certi fon¬damentali bisogni esistenziali del singolo individuo, questi si sente impotente, mortificato, insoddisfatto. Si trova regredito a sen¬timenti infantili inconsci, e trasferisce la sua richiesta, di aiuto e di sostegno, a figure di fantasia che simboleggiano il padre o la madre. Da questi simboli, l’individuo spera di ottenere l’appaga¬mento dei suoi desideri, oppure, un qualche soddisfacimento sostitutivo alle sue necessità ma, soprattutto, spera, chiede e desidera, di ottenere, subito, ciò che gli manca maggiormente: la protezione e la sicurezza.
Questa situazione psicologica, di schiavitù infantile, è certamente uno dei pilastri su cui, in genere, fa affidamento e si appoggia la Società per mantenere la stabilità sociale.
Le prime figure di fantasia create dall’uomo, forse, sono state quelle derivanti dal culto degli antenati. Ci sono stati poi i grandi capi deificati; gli Dei, e poi, come conseguenza, anche, dei cambiamenti nelle condizioni economiche, sociali e psichiche delle varie culture, in alcuni casi, si è giunti a concepire una figura di fantasia unica, onnipotente, che riusciva, privilegiando i propri fedeli, a condensare ed esprimere il soddisfacimento di ogni istanza: Dio.
Questo Dio, che nasce dalla necessità di soddisfare le esigenze psichiche individuali e collettive, che, ieri come oggi, è il naturale prodotto, in gran parte, dell’impotenza della Società e degli uomini, e di cui parleremo più diffusamente in seguito, è quasi sem¬pre stato, la maggiore forza adottata come sostegno del potere costituito, e, di sicuro, la com¬ponente più importante per l’ottenimento della stabilità sociale.
Per assolvere, compiutamente, fra le altre, anche questa fun¬zione ora accennata, le varie istituzioni religiose si sono costituite, in seno alle Società, come gratificazioni di fantasia organizzate. Nel mondo occidentale, le chiese cristiane, sono state e sono le più importanti, fra tutte le altre gratificazioni di fantasia organiz-zate accettate.
Se consideriamo, come esempio, alcuni effetti prodotti dalle chiese cristiane sulle masse, si può intuire facilmente come, promettendo all’individuo una maggiore sicurezza e meravigliosi premi nell’aldilà, in cambio di una sottomissione completa ed immediata, si riesca a limitare ogni tentativo di autonomia psichica. Proclamando, poi, la vanità delle cose di questo mondo, e l’inutilità dell’indagine conoscitiva, perché la vera Verità è solo quella di cui la Chiesa è detentrice ed insistendo, continuamente, sulla pericolosità demoniaca del sapere, si ottiene un’intimidazione intellettuale che, nella maggior parte dei casi, induce nell’in¬dividuo, uno stato di completa docilità infantile e di soggezione all’autorità, irrazionale ed acritica.
D’altra parte, e questa è la seconda componente della sua azione, la Chiesa offre, specialmente alle masse più disagiate, una gros¬sa gratificazione, la quale, alimentando una speranza futura trascendente, al di fuori e al di sopra della realtà, rende la vita tollerabile e placa le menti, che potrebbero pensare e desiderare inoppor¬tuni (per la Società) mutamenti, nella propria condizione sociale. Altrettanto importante è, però, la gratificazione che riesce a dare, anche, alla minoranza che ha il potere. Ad essa, infatti, lenisce gli eventua¬li sensi di colpa, suscitati dalla sofferenza di coloro che essa è costretta a governare, semplicemente in cambio, di una, più o meno esteriore, sotto¬missione alla divinità. Sottomissione che consente, a chi amministra il potere, di razionalizzare le sue azioni di governo, le quali, anche se, razionalmente discutibili, possono diventare la realizzazione dell’indiscutibile volontà di Dio.
“Mediante il benigno governo della Provvidenza divina – dice Freud – l’angoscia, di fronte ai pericoli della vita, viene calmata; l’istituzione di un ordine morale universale, assicura l’appagamento dell’esigenza di giustizia, che, nella civiltà umana, è rimasta, così spesso, insoddisfatta. Ed il prolungarsi dell’esi¬stenza, mediante una vita futura, istituisce anche la struttura, spaziale e temporale, in cui l’appagamento di questi desideri frustrati, troveranno il loro compimento”.
Si riteneva, da parte di Freud, e non era il solo a pensarla così, che quando l’uomo avesse raggiunto un maggior controllo sulla natura, la religione sarebbe stata considerata come un’illusione, sarebbe diventata superflua e l’uomo avrebbe potuto essere libero.
Ma, Freud e gli altri, non si erano, forse, resi completamente conto che la figura di fantasia chiamata Dio, era ed è, come tutte le figure di fantasia, solo un sintomo della mancanza di libertà interiore e, non, certo, la causa, perché quest’ultima, risie¬de nei legami regressivi della psiche indivi¬duale, e nell’incapacità, da parte della Società, di raggiungere il totale soddisfacimento dei bisogni esistenziali, dei singoli che la compongono
Ora, ai nostri giorni, non c’è dubbio che, le condizioni socioeconomiche e culturali sono decisamente migliorate, si è raggiunto, pure, un maggior controllo della natura, ma, solo in parte si sono avverate le previsioni di Freud, riguardanti le religioni e le loro espres¬sioni istituzionali. Lo sviluppo della personalità individuale, purtroppo, è stato modesto e non molto incentivato; di contro, i bisogni materiali dell’uomo, forzatamente ed artificiosamente indotti, dalla Società dei con¬sumi, sono aumentati ed in gran parte rimangono insoddi¬sfatti; da qui la necessità, da parte dell’individuo, di avere, almeno, figure di fantasia che gli promettano sicurezza e gratificazioni; la Società, quindi, non ha potuto fare a meno di accettare o tolle¬rare quelle gratificazioni di fantasia organizzate già esistenti ed ha cercato di crearne lei stessa, anche al di fuori dell’ambito religioso, sempre con lo stesso fine prima¬rio di mantenere, ad ogni costo, quella stabilità sociale che è la vera divinità alla quale tutto si può e si deve sacrificare.
Sono numerose, oggi, le nuove figure di fantasia individuali accettate che, insieme alle varie gratifica¬zioni di fantasia organizzate esistenti, influenzano il mantenimento della nostra stabilità sociale.
Anche se, nella realtà, queste figure svolgono una stessa funzione, esse possono avere nomi diversi ed appartenere a categorie, le più disparate, come ad esempio: i “leader politici” oppure i “divi” di ogni genere; la squadra di calcio, il “partito”, il “sindacato”, la “nazione”, il “clan” ”, etc.
Siamo tornati, in tal modo, ad un politeismo idolatrico che, in conclu¬sione, lega sempre più l’immatura personalità dell’uomo anche se, poi, viene concessa, dal potere alla collettività, un’apparente maggiore libertà, in molti campi dell’attività pubblica. In un ambito sociale di questo genere, è comprensibile come, un’istituzione, la quale abbia nella sua dichiarata finalità, il conseguimento della libertà individuale e della capacità critica autonoma nei suoi adepti, non possa essere molto gradita e sostenuta.
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Ora che abbiamo schematizzato alcuni meccanismi psi¬chici sui quali la Società può contare, meccanismi, cioè, che possono indurre gli individui, per necessità interiori, a far parte, di istituzioni che appartengono alle gratificazioni di fantasia accettate o tollerate, vediamo ora di delineare, molto som¬mariamente, esaminandone la struttura e le funzioni, il come tutte le istituzioni, nel senso più ampio del termine, riescono ad organizzarsi.
A questo punto, ritengo sia proprio utile citare, direttamente, Bronoslaw Malinowski, celebre antropologo, il quale ha preso in esame il fenomeno delle istituzioni, in alcuni tipi di cultura, proponendo considerazioni, valide per ogni associazione umana. Le citazioni sono desunte dal un suo libro, Ed. Feltrinelli, intitolato: “Teoria scientifica della cultura”.
“La funzione – dice Malinowski – non può essere defi¬nita in altro modo che il soddisfacimento di un bisogno, per mezzo di un’attività, utilizzando gli utensili necessari, per conseguire un fine stabilito. Questa definizione, ora indicata, implica un altro princi¬pio con cui possiamo integrare concretamente ogni fase del comportamento umano. Si tratta del concetto di organizzazione. Propongo di chiamare, una tale unità di compartecipazione umana: istituzione”.
“Questo concetto, implica e presuppone un accordo su di una serie di valori, per i quali gli esseri umani decidono di operare insieme. La sua accettazione, implica che questi esseri umani stanno in una re¬lazione ben definita l’uno con l’altro, sotto lo statuto, che de¬finisce le loro finalità, obbedendo alle norme specifiche e stabilite della loro associazione. Lavorando con l’apparato materiale che essi costruiscono, gli uomini agiscono insieme, al fine di soddisfare alcuni loro desideri-bisogni, mentre producono, anche, un ef¬fetto sull’ambiente nel quale operano… ”.
Il Malinowski, poi, precisa pure che lo statuto, cioè il fi¬ne riconosciuto dal gruppo, e la funzione, cioè l’effetto in¬tegrale delle attività, possono, in effetti, non coincidere, anzi spesso non sono in stretta relazione consequenziale; al¬tra notazione importante è che, sia nello statuto che per la funzione, può capitare che siano adottate scale di valori nettamente diverse fra loro e diverse, anche, da quelle propu¬gnate dalla Società nella quale vive l’istituzione.
Lo statuto è l’idea-finalità dell’istituzione, concepita ed accettata dai suoi membri. La funzione, invece, che ha un duplice aspetto, si ma¬nifesta, sia nel soddisfacimento dei bisogni, per cui si è instau¬rata la cooperazione, sia nel ruolo che l’istituzione svolge entro lo schema totale della cultura nella qual è inserita.
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Ora, tenendo sempre ben presente che si tratta di una teorizzazione e non della realtà completa, riassumendo quanto esposto, si possono desumere questi punti di riferimento che sarà opportuno tenere presenti, quando tenteremo di dare una risposta agli interrogativi che ci siamo posti come tema.
1) Ogni Società, idealmente, si può ipotizzare che proceda verso la realizza¬zione, nel futuro prossimo, di un suo scopo, secondo una direzione evolutiva sua particolare, e secondo un determinato programma temporale che chiameremo passo. Per attuare questo suo programma, ha bisogno di una stabilità, ragione per cui osteggia drasticamente, secondo le sue possibilità, cioè in relazione alle condizioni socioeconomiche e culturali esistenti, tutto ciò che può costituire turbativa al progetto che, per necessità intrinseche, si è dato.
2) L’Umanità, ha una sua direzione evolutiva che, spesso, diverge, oppure è in netta antitesi, con le direzioni che possono essere adottate dalle singole Società: l’Umanità, sembra che abbia come fi¬nalità, il pieno sviluppo delle potenzialità individuali dell’uomo; la Società invece, per poter più facilmente mantenere la sta-bilità, che gli necessita per raggiungere le sue finalità, favorisce, ora più, ora meno, l’instaurazione di so¬porifere gratificazioni di fantasia organizzate, che possano contrastare o distogliere dal desiderio o dalla volontà di cam¬biamenti e di processi ritenuti indesiderati, tendenti, per esempio, all’emancipazione, individuale e collettiva.
3) Le gratificazioni di fantasia organizzate, cioè le istituzioni, possono essere, dalla Società, accet¬tate, tollerate o respinte, secondo le finalità nominali o reali che si prefiggono, oppure, anche, in relazione agli effetti che conseguono nella stessa Società.
4) Un’istituzione, è caratterizzata: da una serie di va¬lori sui quali i componenti sono concordi; da uno sta¬tuto che contiene l’idea promotrice e comprendere anche la finalità dell’organizzazione, e dalla funzione che, come si è detto, può realizzare finalità anche diverse da quelle dello statuto, e questa funzione, poi, ha due effetti distinti i quali sono: l’appagamento dei desideri-ne¬cessità degli organizzati e l’effetto che l’istituzione produce nella Società.
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Ora, per quanto c’interessa, prima di passare all’esame circostanziato della nostra Istituzione oggi, vediamo se è possibile de¬sumere, da quanto sappiamo delle organizzazioni proto-massoniche dell’antichità, quali funzioni esse svolgevano nelle loro rispettive culture. La prima cosa che appare evidente e che le accomuna, è come queste antiche scuole iniziatiche, fossero delle scuole nel vero senso della parola, le quali trasmettevano agli iniziati la scienza più avanzata del momento. Il contenuto principale di quest’insegnamento, era la scienza dell’uomo, che formava uomini più dotati, rispetto al mondo profano, nei quali erano potenziate le qualità umane, utilizzando le conoscenze più progredite dell’epoca. La trasmissione della scienza era ritualizzata e comunicata attraverso un linguaggio simbolico il quale, necessariamente per quei tempi, poteva essere solo quello della religione, perché lo scibile era amministrato, esclu¬sivamente, dalla casta religiosa.
Nell’arco della storia dell’umanità, queste scuole si sono manifestate o hanno operato, in modo anche molto diverso, nelle loro rispettive culture, ma, pur nella loro apparente distinzione, hanno conservato il patrimonio intangibile di una comune origine e, soprattutto, di una comune funzione la quale, come già accennato, s’incentrava nell’intento di insegnare agli iniziati, la costruzione dell’uomo, con il preciso compito di saper bene usare quest’Arte, per aiutare i contemporanei, e per trasmetterla, poi, ai posteri. A prescindere dalla direzione verso cui tendevano le varie Società, in cui svolgevano la loro attività, queste scuole iniziatiche erano orientate, come finalità comune e nell’ambito delle capacità culturali più innovative dell’epoca, secondo quella che potrebbe essere chiamata la di¬rezione evolutiva dell’individuo e dell’Umanità,
Leggendo autori come lo Schuré, il D’Olivet, il Saunier, o il Ventura, tanto per citarne alcuni, si comprende immediatamente come, in ogni manifestazione di queste scuole, ci sia una stupefa¬cente coerenza ideale e vi si discerna, puntualmente, la loro co¬mune ed immutabile finalità: l’emancipazione dell’uomo
I protagonisti, reali o leggendari, portatori di questa fiac¬cola ideale attraverso i millenni; fautori del progresso nella famiglia umana, si possono chiamare Mosé, Orfeo, Pitagora, Platone, Numa Pompilio, Gesù, ma ognuno, sia pure in forma diversa, si è manifestato, al mondo profano, creando istituzioni antesignane, rivoluzionarie per il loro tempo, il cui fondamento ideale e le cui finalità scaturivano dalle cognizioni alle quali erano pervenuti, per mezzo dell’iniziazione e la raggiunta consapevo¬lezza, nei riguardi dell’enigma umano.
Nonostante l’indiscutibile e determinante importanza che hanno avuto sempre, nella storia dell’uomo, le condizioni socioeconomiche, si può asserire, obiettivamente, che l’Umanità, nel suo progredire, ha largamente fruito, in vario modo, della spinta di queste scuole, di queste istituzioni novatrici le quali, con idee e con uomini, sono riuscite ad esprimere il ne¬cessario veicolo per mezzo del quale l’Umanità si è sem¬pre più evoluta in scienza e consapevolezza.
Nelle inevitabili vicissitudini storiche, poi, queste organizzazioni proto-massoniche, hanno conosciuto, anche, infausti momenti di decadenza, ma. fra le tante cause possibili e concomitanti, se ne può individuare una, che è sempre stata determinante: l’abbandono della finalità primaria, per il raggiungimento di altri scopi; la rinuncia, cioè, ad essere una forza trainante nella direzione di sviluppo del-l’Umanità, aggiunta alla mancanza di adeguamento formale al progredire della conoscenza, con il risultato, naturalmente indesiderato, di trovarsi irrimediabilmente superate dai tempi.
Quando le istituzioni iniziatiche, non sanno più costruire l’Uomo e prepararlo al suo cammino futuro, è segno che le finalità primitive, sono state fatalmente abbandonate; le idee secondarie, che costi¬tuiscono il rivestimento temporaneo dell’idea fondamentale, in¬vece di essere lasciate e rinnovate, diventano “principi base”. L’insegnamento, allora, offuscato dalla confusione, dall’ignoran¬za preconcetta e dal conformismo livellatore, pur conservando, talvolta, un lessico originario, perde ogni valore iniziatico e quindi la scienza dell’uomo, ridotta a semplice manifesta¬zione fonetica, non produce più la modificazione indispensabile e feconda, che, sola, fornisce agli iniziati la forza e la capacità di svolgere, poi, nella Società, la giusta e necessaria funzione.
Innumerevoli potrebbero essere, da citare, le scuole iniziatiche le quali hanno vissuto queste parabole nella storia dell’Umanità. Ricordiamone soltanto due, più vicine ai nostri tempi.
I “Templari” per esempio, sorti intorno al 1100, terminarono il loro ciclo durante il 1300, quando diventò evidente, e prevalente, il loro tentativo di perse-guire, come finalità istituzionale, la gestione diretta del potere nel mondo profano. I Templari furono dispersi e quasi completamente distrutti da Filippo il Bello, Re di Francia.
Nel 1400 circa, altro esempio, nasce la “Confraternita della Rosa-Croce” con lo scopo di riunire le forze disperse dei vari gruppi iniziatici esistenti ed in pieno declino: Gnostici, Cabalisti, ed Alchimisti. Dopo un periodo di fulgore e di notevole importanza sto¬rica, prevalendo le aspirazioni al potere profano, abbandonate le pure idealità di emancipazione dell’uomo, ecco, anche per la “Confraternita della Rosa-Croce”, so¬praggiungere la inevitabile decadenza ed il disgregamento totale.
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Tralasciamo, per il momento, questo discorso sulle possibili cause che portano alla decadenza nelle scuole iniziatiche, lo potremo riprendere in seguito. Ora, proviamo a fissare la nostra attenzione su quelle che sono state alcune pre-messe importanti, dalle quali è sorta la Massoneria moderna.
Nel 1600, Elia Ashmole, egittologo inglese, favorito, forse, da una situazione storica molto favorevole, getta un seme, che ger¬moglierà nel secolo successivo e con il quale tenterà di riunire i con¬cetti ideali dei “Muratori Costruttori” e dei “Rosa-Croce”.
Marco Saunier così interpreta il progetto iniziatico di Ashmole: “Domandare ai Rosa-Croce i loro lumi, ed ai Muratori il loro numero, per generare un’onda possente, capace di inondare Roma e di purificare il mondo. In tal maniera, il segreto della Rosa-Croce penetrerà in tutti i cuori e farà fiorire la sua Rosa. Al contrario di Gesù, volgarizzatore dei Misteri, essa tornerà a creare questi Misteri ed allora gli Ope¬rai chiederanno di iniziarsi. Al principio della fede cieca, si sostituirà quello della fede risultante dalla cultura intellettua¬le, e s’insegnerà ad ognuno a costruire, in sé, la propria Pi¬ramide. Gesù aveva aperto il suo cuore perché tutti vi venissero ad attingere l’amore; la Rosa-Croce, similmente al suo uccello simbolico, il Pellicano, si aprirà il ventre, ai richiami degli affamati di Scienza, per nutrirli dell’arte di pensare (…) La Frammassoneria doveva dunque, nel pensiero di Elia Eshmole, ricostruire la Piramide delle Intelligenze, gerarchizzate secondo le loro capacità, e ciascuno dei suoi Gradi doveva corrispondere ad un gradino della Conoscenza, ad un ritmo dell’Anima, ad un temperamento di uomo nella società.”
E questo, era un ammirevole e valido tentativo di ritornare ai prin¬cìpi fondamentali, per mezzo dei quali attuare le finalità primitive.
Elia Eshmole, in quest’opera di riformatore, fu preciso e profondo; sia nel suddividere la nuova fraternità in gradi iniziatrici; sia nel concepire la Camera del Supremo Consiglio; sia nel trasformare la leggenda di Hiram, in un Van¬gelo per i nuovi Muratori, “Vangelo che era – dice ancora il Saunier – la sintesi dell’Antico e del Nuovo Testamento, dei miti solari di Osiride e di Mitra e degli insegnamenti di Eleusi, della Gnosi e della Rosa-Croce”.
Elia Ashmole, non vide il compimento della sua opera che, però, non andò dispersa. La fusione definitiva fra Liberi Mu¬ratori e Rosa-Croce avvenne il 24 Giugno 1717, nell’Al¬bergo del Melo, in Charles Street a Londra, dove s’ incontra¬rono i delegati delle due confraternite: per i rosacrociani, il naturalista Desaguliers e per i Liberi Muratori, il ministro pro¬testante Giacomo Anderson.
Queste le origini di quella che, poi, ha preso il nome di Massoneria moderna. La Massoneria moderna, dopo il ruolo importante svolto durante la Rivoluzione Francese e la diffusione del Tri¬nomio emblematico in tutto il mondo, ebbe un periodo di declino dovuto, in parte, alla ricerca istituzionalizzata del po¬tere nel mondo profano, ma, principalmente, per le persecuzioni da parte di Napoleone Bonaparte, il quale, tradendone le spe¬ranze, la osteggiò con ogni mezzo e la disperse, pur avendone tratto notevoli vantaggi ed aiuti, nel periodo della sua ascesa.
Dice il Saunier, a proposito della Massoneria, dopo le dure ed im¬placabili vessazioni napoleoniche: “Fu in questa tempesta, che le chiavi dei Simboli si persero, e quando la Massoneria risuscitò dalle sue rovine, non avendo più la netta visione della Luce passata, ebbe il torto di ammettere, nelle sue file, uomini, dei quali tutto l’ideale era la politica”.
Sempre meno numerosi divennero coloro che erano restati fedeli agli anti¬chi princìpi della Tradizione, ai quali si erano formati e dai quali avevano appreso che “la vera mèta era di costruire un’iniziazione di filosofi, capaci di elevarsi sopra tutti, al fine di proclamare l’immutabile verità del triangolo di Hiram, ovvero l’arte di edificare le Società secondo l’Architettura su¬blime che insegnava la Vita-Una costruendo il suo Tempio dell’Universo (…) La Massoneria non doveva, dunque, occuparsi di politica. Essa doveva restare il rifugio di coloro che volevano pensare con la propria mente, illuminare l’intima Fede con la luce dell’Intelligenza e, Tabernacolo del Passato, costruire il Libro d’oro con il quale accomunare tutti popoli, nello stesso ideale di Eguaglianza di Libertà e di Fraternità. ”
Naturalmente, anche in Italia, l’attività politica fu la finalità primaria della Massoneria, dalla fine del XIX Secolo al¬l’inizio del XX, fino allo smembramento causato dalla persecuzione fascista. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, la nostra Istituzione è stata ricostruita, sospinta da grandi speranze; oggi, viviamo in un periodo che, da molti Fratelli, è ritenuto esaltante; un periodo nel quale, si dice: la Massoneria ha rag¬giunto e forse superato i fasti della così detta epoca d’oro, vissuta all’inizio del secolo corrente.
Da parte mia, e riconosco di essere forse troppo esigente e pessimista, ho, invece, la netta impressione che, purtroppo, siano ancora pienamente valide le parole scritte dal Saunier, riguardanti la Massoneria dopo le persecuzioni napoleoniche: forse – e sono dolorosamente consapevole della gravità di ciò che dico – da allora, le chiavi dei Simboli non sono state mai più ritrovate; la netta visione della Luce passata, man¬ca, tuttora, nei nostri Templi.
Forse, non abbiamo colto l’occasione storica della rico¬struzione la quale ci offriva la possibilità di riempire il vuoto di attività del periodo fascista e di introdurre le neces¬sarie ed omesse revisioni che, tempi nuovi e sapere nuovo, imponevano, lasciando, naturalmente, intatto il principio originario, veramente basilare e tradizionale, della costruzione e dell’emancipazione dell’Uomo e dell’Umana Famiglia.
Invece, abbiamo ricostruito su fondamenta già abbastanza inquinate, nel periodo prefascista, dal “vizio” politico. Ora, addirittura, cerchiamo di sostituirlo con un altro genere di “vizio”, con quello dell’affarismo ma, purtroppo, così facendo non si fa che tentare di rimediare ad un male, con un male forse peggiore. Ma non pos¬siamo e non dobbiamo lamentarci di questa situazione, anche se, obiettivamente, non si può definire soddisfa¬cente. Ora, noi abbiamo il dovere, assoluto e indifferibile, di prendere atto e di cer¬care, consapevolmente, tutti insieme, senza isterismi e senza inutili fur¬bizie, sentendoci tutti ugualmente responsabili, una soluzione che possa ridarci la forza di sperare, ancora, in un futuro nel quale ci sia la volontà di realizzare, nell’ambito dell’Istituzione, una scuola dedita esclusivamente alla ricerca ed al potenziamento dei valori eternamente umani, nei Fratelli.
Ma non voglio arrivare, prematuramente, alle conclusioni. Proseguiamo, quindi, nella disamina intrapresa.
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Ritengo che, ora, abbiamo una quantità di elementi suffi¬ciente, per poter analizzare, il più obiettivamente possibile, la situazione odierna della nostra Istituzione in Italia, verificando i punti che ab¬biamo visto essere caratterizzanti, per questo tipo di organiz¬zazione umana.
La prima osservazione che abbiamo fatto al riguardo, ricorda che tutte le istituzioni, sono basate, essenzialmente, su di una serie di valori, nei confronti dei quali gli associati sono concordi, poi è indispensabile avere uno statuto, che è l’idea promotrice e com¬prende, anche, la finalità dell’organizzazione. Vediamo un po’, allora: qual è la serie di valori per i quali siamo concordi?
Si potrebbero scrivere volumi, nel tentativo di indicarli, questi valori, ma si può anche tentare di sintetizzarli in poche parole: “noi crediamo nei valori positivi dell’uomo, la cui mente e, quindi, le sue azioni siano ispirate e guidate dal Trinomio Libertà-Uguaglianza-Fratellanza”.
Forse, può sembrare una definizione un po’ troppo semplicistica, ma è ben difficile aggiungere altro, e penso che, in effetti, sia possibile essere effettivamente d’accordo, tutti, su questi valori, pre¬scindendo dai quali ritengo che non avremmo ragione di es¬sere, come massoni.
Qual è lo statuto che compendia, con sicura ed accettabile chiarezza, l’idea promotrice e le finalità esplicite della nostra Organizzazione?
È mia precisa opinione che non ci possa essere niente di più preciso e di più definitivo di quanto espresso dall’Art. 1 della nostra Costituzione il quale enuncia, senza possibilità di equivoci e senza necessità di commento:
“La Massoneria è universale. Intende all’ elevazione mo¬rale, materiale e spirituale dell’Uomo e della Famiglia Umana. Coloro che vi appartengono si chiamano Liberi Muratori e si raccolgono in Comunità Nazionali”
Fino a qui, dunque, tutti potremmo dichiararci d’accordo, senza alcun dubbio, benché, come vedremo in seguito, può ca¬pitare, che l’accordo verbale possa nascondere, in qualche caso, una divergenza sul contenuto.
L’altro punto, caratterizzante di un’istituzione, è la fun¬zione che, come abbiamo già potuto constatare, ha due aspetti distinti: uno che riguarda la realizzazione o meno delle finalità contenute nello statuto e cioè conseguire il soddisfacimento dei desideri-neces¬sità nei costituiti e l’altro che riguarda l’effetto che l’Istituzione produce nella Società.
Eccoci, dunque, arrivati ai puncta dolentes ed alle domande imbarazzanti: la Massone¬ria, oggi, realizza le finalità che si è data e che si prefigge, come abbiamo accennato, con l’Art. 1 della Costituzione?
In che modo riesce a conseguire il soddisfacimento dei desideri-ne¬cessità dei militanti? Quale effetto produce la Massoneria, nella Società, oggi?
È ben doloroso, a questo punto, dare risposte concrete, giuste, sincere e non di plauso, alle domande che ci siamo poste, quando, invece, sarebbe molto più soddisfacente poter essere nella felice condizione di fare le lodi, ad una Massoneria ideale, cercata da sempre, e vera¬mente maestra di perfezione, nell’ambito della perfettibilità umana.
E non si creda che queste mie accorate osservazioni siano det¬tate, solamente, da un’improvvisa presa di coscienza dell’at¬tuale triste situazione, perché il mio, è, purtroppo, un discorso iniziato, e con¬tinuato, da anni e del quale si può trovare, per esem¬pio, traccia, già in un mio elaborato, di contenuto modesto, ma abbastanza indicativo, che inviai al Convegno di studi in¬detto dalla R. L. “Hiram” di Torino, marzo del 1962, nel quale veniva trattato il te¬ma: “Metodi per lo studio e l’applicazione dell’esoterismo in una Loggia massonica”.
Ma questo, non ha molta importanza, invece è importan¬tissimo constatare, prendere atto e convincersi, che la Massoneria, oggi, in quasi tutte la Logge, non fa lavoro muratorio, non fa assolutamente nulla di concreto e di preordinato, per aiutare i Fratelli a Lavorare su se stessi, con l’intento di contribuire, consapevolmente, all’elevazione morale e spirituale dell’Uomo e della Famiglia Umana., non fa niente di sistema¬tico, nelle varie Camere, per aiutare, in qualche modo, i Fratelli a percorrere la Via iniziatica ed in tal modo assolvere alla sua finalità.
Il profano, che bussa alla Porta del Tempio, è ammesso con troppa facilità, spesso con incosciente leggerezza. In seguito, poi, i suoi passaggi di Grado in Grado, non sono la naturale conseguenza di una evoluzione iniziatica, raggiunta con applicazione, passione e consapevolezza. Questi Gradi, il più delle volte, sono conferiti senza che, nell’Adepto, sia avvenuto il benché minimo cambiamento so-stanziale, nella sua condizione morale, materiale e spirituale preesistente. Gli aumenti di salario sono motivati solo dal tempo che trascorre. oppure, non certo meglio, dall’importanza che il Fratello ha nel mondo profano.
Ci si rimprovera, addirittura, di essere troppo severi nel giudicare e nel non accettare tutti quelli che desiderano l’Iniziazione; ma questo significa non voler vedere la realtà, già esistente, tra le Colonne.
Se questa tendenza al lassismo, mascherato da male intesa tolleranza, dovesse perdurare, verrebbe, molto presto, il mo¬mento in cui non ci sarebbe più alcuna distinzione fra la Massoneria ed una qualunque istituzione profana.
La Libera Muratoria, si ridurrebbe a diventare, forse, anche un’ efficientis-sima agenzia di affari, che darebbe tanta soddisfazione e solidarietà agli iscritti, ma, che in realtà, sarebbe così lontana dall’essere una scuola iniziatica, per cui ci vorrebbe una completa mancanza di pudore, per continuare a portarne solamente il nome.
Ma, non è mia intenzione accusare. Come ho già detto, tutti siamo responsabili, di queste varie forme d’insolvenza della Massoneria odierna e si tratta, anche, di cose notissime a tutta la Comunione. I Fratelli più sensibili, da anni soffrono perché co¬stretti, penosamente, ogni giorno, a sostenere, e ricreare interiormente, per poter sopravvivere massonicamente, quegli ideali che, invece, con pervicace co¬stanza, “Fratelli” di ogni Grado maltrattano, calpestano e de-moliscono, con azioni e parole per niente edificanti.
L’altro punto a cui dobbiamo rispondere è: in che modo ed in quale misura la Massoneria riesce a conseguire il soddisfacimento dei desideri-necessità dei massoni? E si potrebbe aggiungere: come può essere che questa nostra Istituzione, perseguendo, purtroppo, solo in minima parte, le finalità indicate dalla Costituzione, riesce a soddisfare i desideri-necessità della maggior parte dei suoi affiliati?
La risposta è fin troppo lapalissiana: se, tra le Colonne, la mag¬gioranza risulta composta da “iniziati”, che sono e rimangono pro¬fani, essi non provano, e non sono in grado di provare, alcun interesse per ciò che può riguardare una loro eventuale eleva¬zione morale e spirituale. Essi, tutt’al più sono, invece, sensibili ad una concreta elevazione materiale, e la Massoneria, oggi, sta cercando di fare molto in questo senso. Forse, molto di più di quanto sia mai stato fatto nei tempi passati e, si potrebbe aggiungere, che da quanto si accinge a predisporre, sembra che abbia serie intenzioni di organiz¬zarsi, per questo fine, ancor più ed ancora meglio.
Questi profani-iniziati, dunque, conservano intatta la loro personalità, ridondante di limitanti legami psichici, e trovano completo soddisfacimento, ai loro profani desideri-necessità, nell’appartenere, sot¬tomettendosi, ad una potente istituzione che, sostituendo una figura parentale, li fa sentire protetti ed a loro volta potenti; e li fa sentire partecipi, velleitariamente, senza niente operare in concreto, e senza niente dare di se stessi, alla costruzione del bene della Famiglia Umana. E possono coltivare, infine, con innegabile profitto: il proprio basso interesse materiale, usando i Fra¬telli, in modo, a dire poco, spregiudicato.
Questa nostra situazione di oggi, come l’ho ora sintetizzata, un po’ duramente, è giusto che sia proprio così, e non può essere diversamente: a profani, soddisfazioni profane.
Concludendo l’esame, domandiamoci ancora: questa Massoneria, quale effetto produce nella Società? e – mi sia consen¬tito aggiungere – una Massoneria di profani o quasi, quale effetto positivo, nel senso evolutivo della Famiglia Umana, può indurre nel mondo profano?
Purtroppo, la domanda è molto imbarazzante e, senza pregiudizi, si può rispondere con una sola parola: niente. La Massoneria odierna è diventata una gratificazione di fantasia organizzata che la Società italiana, notoriamente non molto tollerante, anzi, prevalentemente confessionale e conformista, sta, purtroppo, cominciando ad accettare, quasi senza riserve.
La Società italiana contemporanea, anche se apparentemente è laica e democratica, si può definire profondamente insa¬na ed abbastanza illiberale, ma attualmente, questa nostra Società, non ha più seri motivi per difendersi, perseguitandola, da questa nostra Massoneria, la cui finalità vera, non è più l’emancipazione dell’Uomo e della Famiglia Umana; da questa Massoneria che, in realtà, tende a sopire, anche nel suo seno, un tempo fecondo, qualsiasi fer¬mento innovatore e di libertà; da questa Massoneria che sembra stia per di¬ventare accettabile anche per la Chiesa Cattolica Apostolica Ro¬mana.
Non c’è bisogno di un grande e approfondito studio, per accorgersi che la Massoneria, oggi purtroppo, sta andando in sonno; che la maggiore tolleranza della Società, nei nostri riguardi, non dipende da un miglioramento evolutivo della So¬cietà stessa, da un benefico progresso verso la promozione di una maggiore indipendenza individuale e collettiva, bensì da un declino, nella nostra Istituzione, delle idealità riguardanti lo sviluppo della dignità umana; declino che è stato ereditato, è vero, che ha ori¬gini lontane, certamente, ma che non si è mai tentato, da quando se ne sono avvertiti i sintomi, di cor¬reggere e di curare.
La Massoneria, oggi, si può quasi definire una soprav¬vivenza culturale.
Nelle Società, infatti, capita spesso di trovare delle so¬pravvivenze. Esse sono, per capirci, quelle idee, credenze, istituzioni, co¬stumi ed oggetti che hanno perduto la loro funzione originaria e sopravvivono, solo, perché hanno cambiato finalità di utilizzazione.
Un esempio di sopravvivenza è quello, abbastanza classico, della carrozzella. Con lo sviluppo tecnolo¬gico, infatti, la funzione assolta dalla carrozza a cavalli è stata assunta dall’automobile, che è un mezzo di locomozione più rapido, più economico e più elastico. La carrozza a cavalli, però, è ancora usata, ma in situazioni particolari e cioè, per soddisfare, qualche volta, un sentimentale ritorno al passato, oppure soddisfare finalità puramente romantiche. Per continuare ad essere usata, la carrozzella, ha dovuto acquisire un nuovo significato ed una nuova funzione: è diventata, in tal modo, una sopravvivenza in una cultura nella quale, i problemi ine¬renti al trasporto sono risolti, in prevalenza, con altri mezzi.
Sta di fatto, tornando al nostro problema, che, in questo caso, è stata la Libera Muratoria italiana a scegliere di dedicarsi ad altre attività, diverse dalla sua funzione principale, perseguendo un illusorio sogno di potenza profana. È stata l’Istituzione che ha scelto, forse senza rendersene conto, di trasformarsi in una sopravvi¬venza, anzi, per essere precisi, siamo stati proprio noi Fratelli, per inerzia, a lasciare che questo deplorevole ed insensato cambiamento avvenisse: ce ne dobbiamo sentire tutti, nessuno escluso, profondamente colpevoli.
È innegabile, però, che il posto spettante alla Massoneria, particolarmente nell’ambito di questa nostra Società malata, è rimasto vacante e la sua funzione precisamente formativa, nel senso del progresso ed ispirata dal Trinomio Libertà, Uguaglianza, Fratellanza, non può essere occupato né da partiti, né da associazioni culturali, né da chiese.
La Massoneria è ancora la sola che possa, con il suo tradizionale processo iniziatico, assolvere l’esaltante compito di essere la ma¬trice feconda nelle cui Rispettabili Logge far nascere quegli uomini liberi, che saranno i mattoni indispensabili, per anticipare e preparare la costruzione della Società futura.
La Massoneria ha assolto la sua missione genuina, nella storia dell’uomo, tutte le volte che si è posta dalla parte dell’Umanità, cioè tutte le volte che ha preparato i suoi iniziati a lottare, in posizioni precorritrici i tempi, e quando ha sopperito, con uomini e con idee, alle ca¬renze strutturali e culturali della Società in cui operava.
Abbiamo visto che le nostre Società occidentali, in generale, tendono a fabbricare ed a gratificare uomini dipendenti, sudditi che devono, in ogni caso, funzionare senza generare inconvenienti o turbative alla stabilità sociale.
Oggi, però, questa Società dei consumi, alienante e conformista, è veramente nei guai: ha spinto il suo gioco oltre i limiti di una manovrabilità controllata e la situazione gli sta sfuggendo o, forse, gli è già sfuggita di mano. Continua, incessantemente, a creare consumatori, senza essere in condizione di appagare, poi, tutti i loro desideri; continua, con ogni mezzo, a fornire modelli di vita alienanti, ed anche per questo, gli individui, sempre più insoddisfatti, vanno perdendo la capacità e la volontà di lavorare e di produrre.
L’uomo, di questa Società che, di certo, non è dalla parte dell’Umanità e dei suoi valori, sta perdendo, la qualità più umana, quella del convivere. Sospinto dalla crescente insoddisfazione, che in gran parte si trasforma in violenza, manifesta la sua impotenza ed il suo odio, distruggendo tutto ciò che può, minacciando, talvolta, lo stesso si¬stema che lo ha creato.
Nel mondo profano, la lotta per la sopravvivenza è dura, spietata, non ci sono più regole, non ci sono più princìpi che siano rispettati, l’uomo della strada – solo per dire la gran maggioranza – tenta di fuggire dalla realtà, e dalle responsabilità esistenziali, cercando sicu¬rezza in qualsiasi tipo di dipendenza o di sottomissione, anche umiliante, oppure cercando, con la sopraffazione e la prepotenza fisica e morale, un illusorio potere sugli altri.
In questa situazione, di scontento diffuso, è naturale sentire la necessità di sperare in un mondo nuovo, terreno, nel quale si tenga conto degli errori commessi contro l’Umanità, nel passato e nel presente, per la costituzione di una Società migliore.
Ricordo quando, più di un quarto di secolo fa, bussai alla Porta del Tempio, con il mio forse ingenuo entusiasmo, che però ho gelosamente conservato. Ero convinto di trovare in Massoneria, uomini che già riuscivano a vivere in un modo diverso; ero certo che la Libera Muratoria, da tempo, avesse già sperimentato, nel suo seno, le soluzioni valide per generare uomini più responsabili e consapevoli, maturi per vivere una più serena convivenza tra le genti. Che la Massoneria avesse già sviluppato scelte valide, almeno, per incominciare a programmare e preparare la nascita del così detto mondo nuovo, dalle rovine di quello che stava crollando. E sono ben persuaso di non essere stato il solo a pensare una cosa del genere. Quanti sono i Fratelli che hanno chiesto la Luce, come me, e stavano cercando proprio quel tipo di Luce?
Anche se queste mie speranze sono state, in parte, de¬luse, e se la Comunione italiana, oggi, non è proprio come l’avevo auspicata, però, una cosa è certa: l’azione maieutica della Massone¬ria, è sempre stata presente e chiaramente visibile nei momenti in cui l’Umanità è nata a nuova vita, e non è pensabile, quindi, che mancherà, che non sarà presente, anche questa volta, oggi, ora che già il travaglio del parto sembra essere iniziato.
Certamente, se è fatale che ci dobbiamo essere anche noi, come Istituzione, a propiziare questo parto, si può ritenere e sperare che siamo ancora in tempo, per tentare di riprendere ad esercitare, con valida coe¬renza, la funzione liberante e formativa, attuata dalle antiche scuole iniziatiche.
Oggi, naturalmente, si potrà usufruire, anche, di tutte quelle cogni¬zioni che forniscono una più approfon¬dita conoscenza dei problemi esistenziali del sistema uomo e che possono, quindi, permettere di usare più consapevolmente gli Utensili indicati dall’Arte.
Può essere, però, che nella realtà delle cose, il travaglio storico di trasformazione della Società, sia ancora così sufficientemente lungo da consentire, nel futuro, ai nostri Fratelli venturi di attuare ciò che noi, oggi, riusciamo appena a sentire ed immaginare…
Questo mio scritto, allora volendo, può anche essere considerato, immodestamente, come un preambolo, necessario, verso la chia¬rezza, come un atto di puntualizzazione, per indicare una strada nuova perché antichissima, ai Fratelli che verranno dopo di noi.
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Proviamo, ora, insieme, a tracciarla l’ipotesi di una Massoneria ideale, come dovrebbe o come potrebbe essere, nella realtà italiana, che risponda alle nostre speranze di sempre, e che precisi, senza ambigue contraddi¬zioni, fra azione e pensiero, cosa dobbiamo a noi stessi ed all’Umanità.
Per impostare, il più coerentemente possibile questa ricerca, possiamo seguire, ancora, lo stesso schema che abbiamo usato per l’analisi della situazione attuale, soffermandoci sui punti carat¬terizzanti le istituzioni, secondo la teoria del “funzionalismo” di Malinowski.
Il primo punto, che sarà opportuno citare nuovamente, di¬ceva come le istituzioni, in generale, siano basate, primariamente, su di una se¬rie di valori per i quali i componenti l’associazione sono concordi; poi, è in¬dispensabile avere uno statuto, che è l’idea promotrice e comprende, anche, la finalità dichiarata dell’organizzazione.
Sui valori in comune e sullo statuto, si è già affermato che possiamo essere d’accordo, quindi sarà sufficiente, solamente, approfondire, un poco, l’argomento per evitare, poi, ogni possibile e sempre dannoso malinteso. Si era proposta una semplice frase:
“Noi crediamo nei valori positivi dell’uomo la cui mente, e quindi le sue azioni, siano ispirate al Trinomio: Libertà – Uguaglianza – Fratellanza”.
I valori positivi dell’uomo, per intenderci, sono quelli che si riscontrano nell’individuo libero da e che può, quindi, essere libero di. Questi valori, si sviluppano nell’individuo, liberato dai legami psichici che lo rendevano sottomesso od autoritario, narcisista e violento. Sono presenti, sempre, nell’uomo diventato libero di esprimersi e di agire con naturale spontaneità e con un carattere creativo, responsabile ed emancipato.
Noi tutti, sono certo, crediamo in questi valori positivi dell’uomo, ma, oltre a crederci, è indispensabile, pure, essere con¬vinti che non sono solamente delle astrazioni. Bisogna avere la ferma convinzione che si tratta di concetti fondamentali sui quali è possibile impostare un concreto ed equilibrato modo di vivere. Questa convinzione è la premessa, essenziale, per proseguire il discorso insieme, e comprenderci senza fraintendimenti.
Tutta la validità formativa della nostra Istituzione, è fondata proprio sui due punti qui di seguito indicati: il primo, è basato sulla certezza che i valori positivi dell’uomo possano essere, come si è detto, una realtà esistenziale; il secondo, dal quale derivano le capacità maieutiche della Massoneria, è che ogni uomo, per mezzo della conoscenza e della consapevolezza, può assimilare, questi valori, e farne un valido riferimento, per una guida sicura e certa, nei giudizi, nelle scelte, nelle azione e nella realtà della propria esistenza.
Il conseguimento di questi miglioramenti individuali è, né più né meno, la precisa ed essenziale risposta alla domanda: “Cosa dobbiamo a noi stessi”.
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Altro elemento istituzionale, sul quale niente vi è da ob¬biettare, è lo statuto che, si è già detto ampiamente, compendia l’idea promotrice e la precisa finalità dell’Organizzazione.
L’Art. 1 della nostra Costituzione è inequivocabile. Ma, è bene, però, essere chiari e sinceri. Infatti, dopo che lo statuto ha lapida¬riamente annunciato: “La Massoneria è universale ed intende all’elevazione morale, materiale e spirituale del-l’Uomo e della Famiglia Umana ”, diventa un pò difficile prendere in considerazione ed accettare i principi basici, nel 1972, e riaccendere le inutili, superate e dispersive questioni dell’esistenza di Dio e della vo¬lontà rivelata, solo per compiacere chi non ha avuto una storia come la nostra.
Noi massoni italiani, siamo nati da eventi dolorosi, epici ed esaltanti; abbiamo maturato esperienze uniche al mondo; il pensiero che ne è scaturito, di sentita e genuina libertà antidogmatica, non può che essere esemplare per quanti aspirano, veramente e senza esitazioni, ad una matura emancipazione per l’Uomo e per la Famiglia Umana.
Ma, anche a voler disquisire pacatamente della questione, si può dire, che ormai, è stato accettato, anche da molti religiosi, che non è fondamentale conoscere se un uomo crede in Dio, quanto, invece, sapere come vive. Non ha importanza che creda nel verbo, ma ha valore che viva nel verbo, cioè secondo la verità che professa; purché, diciamo noi massoni, questa sia dalla parte dell’Uomo. Allora, se così è, i sistemi di simboli che vengono usati, dal singolo individuo, sono del tutto trascurabili.
Dio, stante le condizioni psichiche dell’uomo, oggi, non può essere che l’espressione, anzi, il sintomo di un inconscio e manife¬sto stato di debolezza della personalità; per meglio dire, non può essere che uno dei tanti, possibili sintomi dai quali si desume che l’uomo ha bisogno di creare realtà soprannaturali, che ha bisogno di sot¬tomettersi idolatricamente, perché non riesce, da solo, a risolvere e sopportare i propri problemi esistenziali.
Poiché nessuno è perfetto, ognuno di noi si è creato un puntello, una stampella, un bastone al quale potersi appoggiare per procedere e, lungi da me il dileggio od il pensare di to¬gliere, brutalmente, questi sostegni esistenziali, a chi non sia, pri¬ma, adeguatamente preparato e desideroso di camminare, con una quantità minore di impedimenti e, forse, con maggior fatica.
Sarebbe veramente disumano togliere le stampelle e far precipitare a terra chi non può farne a meno per camminare, ma è ugual¬mente disumano imporre l’uso di sostegni inutili all’individuo che senta il desiderio-necessità di liberarsene, per poter correre senza impedimenti.
Chi si prefigge lo scopo di liberare l’uomo, deve inse¬gnargli che si può camminare eretti e senza appoggi esterni, e deve aiutarlo a comprendere cosa sono questi sostegni e per¬ché sono usati.
A mio avviso poi, il vero problema di Dio, non è un problema di oggi: sarà, forse, un problema di domani.
Come lo schiavo, pensando alla libertà arriva a concepire solamente la libertà dalla coercizione fisica e morale, cui è sot¬toposto, che è molto diversa dalla libertà, in senso politico, come è intesa oggi da tanti uomini democratici, ma che è ancora diversa dalla libertà di nella quale vive l’uomo liberato interiormente, così oggi, l’uomo è tanto poco evoluto psichicamente che può sentire Dio, consciamente od inconsciamente, solo come ne¬cessità, mentre, sono persuaso che domani, sviluppando le proprie potenzialità umane, raggiunto un notevole grado di emancipazione, finalmente liberato e libero da narcisismi, da legami simbiotici o da quant’altro ne impedisce lo sviluppo e la maturità, possa arrivare a sentire e conoscere Dio, forse, in un modo, oggi, del tutto impensabile ed inconoscibile.
Elevare l’uomo, oggi, può significare una sola cosa: libe¬rarlo da pregiudizi e da illusioni, com’è detto esplicitamente, al profano, durante la sua Iniziazione. Indubbiamente, nel 1717, era indispensabile impostare un discorso che, pur suscitando un’aspirazione alla libertà, fatto notevolmente rivoluzionario per quei tempi, proponeva l’inderogabilità di certi valori che non era pensabile di mettere, istituzionalmente, in discussione. È bene ricordare, a questo proposito, che il mondo occidentale era da poco uscito dalle guerre di religione, dalle persecuzioni, i processi ed i ro¬ghi delle streghe.
Nel 1929 però, i tempi erano indubbiamente un pò più evoluti ed il principio dell’esistenza di Dio e della volontà rivelata, erano ancor più chiaramente secondari, rispetto alle concezioni del 1700, e non aveva, quindi, alcuna giustificazione la loro riconferma come princìpi basilari cui dare un valore universale.
Elia Ashmole, nel suo tentativo di fare una sintesi del¬l’Antico e del Nuovo Testamento, dei miti solari di Osiride, di Mitra e degli insegnamenti di Eleusi, della Gnosi e della Rosa Croce, aveva un concetto di religiosità, forse, molto più elevato ed evoluto rispetto ai tempi in cui viveva, di chi, in seguito, ha ripreso, adattandolo, il suo lavoro.
Come la fede religiosa, serenamente accettata e coerente¬mente vissuta, costituisce, certo, un superamento rispetto alla super¬stizione, così oggi, la fede nell’Umanità-Uomo, costituisce, forse, una fase di passaggio, verso una forma di emancipazione più evo¬luta, e quindi più universale, attraverso il necessario supe-ramento di quelle fedi religiose che costringono a porre il centro della vita e la soluzione dei problemi esistenziali, al di fuori dell’uomo.
Come già in precedenza indicata, e torno a ripeterlo, nelle scuole iniziatiche antiche è facilmente individuabile, l’idea base che le informava. Quest’ idea era certamente l’emancipazione dell’uomo. Tutti gli altri concetti, indispensabili per rendere accettabile il discorso iniziatico, in un dato momento evolutivo dell’umanità, erano e sono secondari; erano e sono come indumenti che, per seguire il progresso della conoscenza, è stato necessario mutare più volte, rimanendo, invece, saldissima ed immutabile l’idea fondamentale riguardante la liberazione psichica del¬l’uomo, verso la mèta futura di un uomo libero e completamente umano.
Quando però, nel 1972, si fa cenno ad una credenza nel G.A.D.U. e nella sua volontà rivelata e poi si dice: “ab¬biamo il preciso dovere di tutelare il rispetto di questi princìpi basici e di impedire che essi possano essere messi in forse”, ho l’impressione che si prenda, sia pure in buona fede, per basilare ciò che è secondario e si confonda il meraviglioso simbolo: G.A.D.U. con un concetto: il Dio personale, che è, sinceramente, una parte di fronte al Tutto.
Per chi è cresciuto massone, secondo i Rituali, quindi sensi¬bile verso ciò che è dogma o è dogmatico, non c’è il minimo dubbio, che si tratti di idee oggi improponibili nell’ambito universale e che non siano altro che banali motivi i quali provocano, solamente, di¬spute improduttive, delle quali, da tempo, si è compresa la profonda ed inutile pericolosità deviante, persino nel mondo pro¬fano ed in quello religioso.
Per dare un’idea di come sia cambiato il problema dell’ esistenza di Dio e di come le stesse gratificazioni di fantasia orga¬nizzate, anche se hanno quattro secoli di vita, affrontino i tempi e cerchino di adeguarvisi, riporterò, senza commento, al¬cuni brani di un’intervista che il gesuita p. Pedro Arrupe, Generale della Compagnia di Gesù, ha concesso ai giornalisti, in riferimento alla “Congregazione Generale dell’Ordine” che tenterà, in due mesi di lavoro, a partire dal 2 dicembre 1974, di varare una nuova presenza dei gesuiti nel mondo, partendo dall’esame di oltre mille postulati della base, emessi in una consulta¬zione democratica, fra tutti gli appartenenti alla Compagnia di Gesù.
“Si tratta – ha detto Arrupe – di ricercare, di determi¬nare con precisione e fissare in concreto, qual genere di ser¬vizio debba offrire, presentemente, la Compagnia di Gesù, all’irruente trasformazione del mondo”.
“Importante, per noi, è di vedere la mentalità dei cristiani che cambia e come anche noi dobbiamo cambiare, per fare un lavoro più vero, più efficace nel mondo, nell’attuale situazione drammatica in cui esso si trova”, “ai gesuiti resta il compito di essere gli avamposti della rinnovazione profonda che la Chiesa, specie dopo il Con¬cilio Vaticano II, sta affrontando in questo mondo secola¬rizzato”.
In riferimento poi al punto centrale della riunione: l’ateismo; persino Arrupe, ha cercato, per quanto gli è consen¬tito, da vincoli ben più rigidi dei nostri, di ammorbidire la tra¬dizionale rigidità dogmatica, precisando che: “La lotta all’ateismo è contro l’ideologia, non contro le persone. L’ateo, per noi, è un uomo, un’anima, da trattare senza imporre nulla, da uomo a uomo”.
L’intolleranza religiosa, e questo è ormai accettato da tutti, nasce da scarsa fede e scarso amore, ed è manifestazione di un’idolatria che, nel caso dell’esistenza di Dio, si manifesta nell’imposizione di un’immagine divina che è fatta, né di legno, né di pietra, bensì di parole.
Ma poi, la Massoneria, che imposta tutta la sua dottrina sulla libertà e l’universalità, come può, così tranquillamente, tradire il suo orientamento fondamentale. Perché, forse, non può essere accettato nella Libera Muratoria, per esempio, un uomo che creda, sinceramente, nel Tao? In realtà, il nostro G.A.D.U. è il simbolo dell’idealità che ognuno di noi Fratelli, singolarmente, è capace di concepire, con la sua mente. Questo simbolo di elevato sentire, che ogni Fratello poi, è libero di chiamare come vuole, anche Dio, può essere usato come valido riferimento, nella sua vita quotidiana, senza, per questo, portarlo fra le Colonne del Tempio ed imporlo agli altri Fratelli.
Questa è l’applicazione rispettosa della tolleranza muratoria.
Nella storia umana, poi, e questo è un fatto di notevole importanza da ponderare, s’incontrano molti uo¬mini illustri, alcuni dei quali anche Fratelli massoni, che si sono professati atei e la cui vita e le cui opere rivelano una viva fede ideale ed una profonda ispirazione, la quale non può che essere scaturita da un reale, intenso, senso di re¬ligiosità.
Se il bene della Massoneria e dell’Uma¬nità ci stanno veramente a cuore, se abbiamo un’idea abbastanza precisa di cosa sia la libertà, cerchiamo di non imporre niente sulla credenza del GADU (inteso come Dio) e della sua volontà rivelata e smascheriamo, invece, le varie forme di idolatria contemporanea. Guardiamo, alla so¬stanza non all’involucro, all’esperienza vissuta e non alle pa¬role. Guardiamo, con molta comprensione, all’uomo e non agli anatemi delle chiese. Questa battaglia contro l’idolatria, forse, potrebbe unirci più di qualsiasi definizione teologica sulla Divinità; potremmo, avere, così, una fede comune ed universale, per la quale operare, con un po’ più d’umiltà e d’amore fraterno, sicuri di aiutare l’Uomo e l’Umanità a crescere.
A questo punto, si potrebbe anche provare a proporre alcune affermazioni sui Liberi Muratori che, rispecchiando il pensiero dei Fratelli più ispirati. nostri precursori, riassuma, ciò che è stato affermato fino ad ora.
“Noi siamo massoni, liberi mura¬tori, nel senso iniziatico della parola, e liberi pensatori, in¬tendendo, l’irrinunciabile esercizio del libero pensiero, come un processo di rigorosa educazione, verso un affinamento delle fa¬coltà introspettive, quindi, come un modo ed uno strumento per arrivare ad un migliore equilibrio esistenziale. Equilibrio con il quale ciascuno vive la propria vita, liberato dalle illusioni, dai preconcetti dogmatici e da quei legami interiori che limitano il completo sviluppo delle risorse umane”.
“Noi, come massoni, ben sappiamo che la vita, senza una finalità ideale non ha compiutezza. Varie possono essere le finalità esistenziali adottabili, ma per essere, queste, un valido ed accettabile ideale umano e massonico, devono rispondere ad un requisito fondamentale: mirare alla libe¬razione mentale e morale dell’Uomo e dell’Umana Famiglia.”
“Quindi, ferma restando questa precisa affermazione ora indicata, mentre il proble¬ma del G.A.D.U. e la sua identificazione o meno con Dio, è e resta un’esigenza puramente personale, invece, è assolutamente indispensabile che il massone viva con amore, pensi secondo ragione, agisca secondo giustizia. Poca importanza hanno, come si è detto, i sistemi di simboli che adopera per definire il G.A.D.U., indispensabile, però, è che senta, quasi fisicamente, una ferma e profonda avversione, per ogni forma di idolatria e di superstizione, cioè, per ogni forma di sottomessa adorazione, ad uomini, parole o cose, in qualsiasi campo: religioso, politico o culturale”.
* * *
Riprendiamo il discorso sullo statuto. Dunque, dopo aver convenuto che l’idea promotrice è l’elevazione morale, mate¬riale e spirituale dell’Uomo e della Famiglia Umana, la fina¬lità dell’istituzione è presto dettata. Aiutare gli uomini, che chiedono la Luce, a formarsi un preciso carattere massonico, a diventare consapevoli, in altre parole, a nascere completamente uomini, ad essere iniziati all’emancipazione, ad es¬sere, cioè, liberati da per diventare liberi di.
Eraclito diceva: “il carattere è il destino dell’uomo”. Infatti, è proprio la struttura del carattere che decide il tipo di idea con la quale l’uomo sceglierà di orientare le proprie azioni, e che determina la saldezza con cui le sosterrà e le porterà a compimento.
Nella realizzazione del suo impegno iniziatico, la Massoneria non può fare a meno di tenere ben presente la verità espressa da Eraclito, per forgiare, come è possibile, il carattere degli adepti, e cioè, per esten¬dere e migliorare in ognuno, lo schema di riferimento e finalità ideale.
In questo processo iniziatico, i proseliti devono po¬ter prendere coscienza della vita ed arrivare all’approfon¬dita comprensione della condizione umana, per imparare a distinguere e conoscere i vincoli psichici interni ed esterni, che limitano la personalità individuale, e dai quali è molto importante liberarsi.
Vediamo, però, se possibile, di chiarire e precisare, in qual¬che modo, il tipo di carattere che la Massoneria dovrebbe far germogliare, come segno distintivo, nell’animo di tutti gli appartenenti alla Famiglia. Cerchiamo, quindi, di definire il carattere massonico ideale, in modo che possa, poi, servire da paradigma e che sia, anche, il più possibile, inequivo¬cabile e concreto.
Ho trovato, tra gli scritti di un autore, che stimo ed ammiro moltissimo, la definizione di carattere rivoluzionario che, forse, risponde al nostro caso. Non spaventi la parola rivoluzionario. Ricordiamo che tanti degni ed onorabili nostri Fratelli lo sono stati, combattendo e morendo per portare avanti, fra gli oppressi e nel mondo, la stessa fiaccola della Libertà che, ora, è stata affidata, con fi¬ducia e con speranza, nelle nostre mani. Se la Massoneria deve, come sua finalità, creare degli uomini li¬beri i quali, con la loro responsabile maturità, possano aiutare tutti quelli che propiziano, maieuticamente, l’evoluzione della Società, ebbene, ritengo che si possa tranquillamente identificare il carattere massonico con il carattere ri-voluzionario, nel significato preciso e particolare che viene indicato da Erich Fromm.
Anzi, nel riportare il suo pensiero, effettuerò già la sostituzione delle due parole e vi accorgerete che il risultato sarà, per niente scandaloso, ma in compenso, sicuramente illuminante.
* * *
“Chi ha il carattere massonico non è ribelle”.
“Infatti, ribelle si può definire colui che avversa l’autorità perché non si ritiene da questa apprezzato, amato, accettato, e, fondamentalmente, mira a rendersi autorità al posto di quella che intende abbattere. Il classico tipo di ribelle è colui che si serve della ribellione per diventare autorità”.
“Chi ha carattere massonico non è un fanatico”.
“Il fanatico è un narcisista; un individuo il quale, in senso as¬soluto, non ha rapporto con il mondo esterno, ma ha tro¬vato una soluzione per la sua esistenza: ha scelto una causa, non importa quale, politica, religiosa od altro e l’ha diviniz¬zata. Da un’assoluta sottomissione al suo idolo, trae un senso, un significato di vita. Nel suo assoggettamento, infatti, s’identi¬fica con l’idolo che ha ingigantito e trasformato in Assoluto. Non ha un rapporto concreto con il mondo; è fuori della realtà, è posseduto da un’ardente ed insana passione, che può anche indurre in inganno chi giudica superficialmente, ma che, invece, gli deriva esclusivamente dalla sua esaltante ed irra¬zionale partecipazione, e dal suo annullamento, nell’Assoluto che si è creato”.
“Il tratto fondamentale dell’uomo con carattere massonico si manifesta nel fatto che egli è indipendente; in altre parole, li¬bero da ogni attaccamento simbiotico: non accetta di farsi dominare dai potenti, e non desidera dominare gli inermi ”.
“In realtà, il problema dell’indipendenza è l’aspetto più profondo che riguardi lo sviluppo umano. La libertà e l’indipendenza, si possono dire raggiunte solo quando l’individuo pensa, sente, decide da solo, e questo può farlo solo se arriva ad una situazione di rapporto produttivo con il mondo esterno. La libertà e l’indipendenza, si raggiungono solamente con l’autonoma e la consapevole realizzazione della propria indivi¬dualità e non con l’ottenimento della libertà dall’esterno ”.
“L’uomo perfettamente consapevole e produttivo, è un uo¬mo libero perché può vivere autenticamente; perché il suo io è la fonte della sua vita e lo sviluppo della sua personalità. Egli si realizza e si completa nel processo dell’essere in rapporto, dell’essere inte¬ressato agli altri ed al mondo”.
“L’uomo con carattere massonico è quello che s’ iden¬tifica con l’Umanità e riesce a trascendere gli angusti limiti della propria Società. Per questo, non ha remore a criticarla dal punto di vista della ragione, dell’obiettività e del¬l’umanità. Non è prigioniero del culto campanilistico della cul¬tura, nella quale gli è capitato di nascere. È capace di guar¬dare l’ambiente, che gli è vicino e nel quale vive, con occhi aperti di uomo consapevole, il quale attinge i propri criteri di giudizio, come si è già detto, dalla ragionevolezza e dell’ obiettività”.
“L’uomo che ha un carattere massonico pensa e sente, con vigile stato d’animo, per riuscire ad avere una chiara visione del mon¬do e per riconoscere le illusioni ed i pregiudizi, quando si tenta di farglieli accettare come un surrogato della realtà. Mentre il carattere non massonico sarà particolarmente portato a credere ciò che è proclamato dalla maggioranza, il massone sarà, attentamente, critico quando dovrà esaminare il giudizio espresso dagli altri, il giudizio del mercato e quello dei detentori del potere”.
“L’uomo con carattere massonico si trova sempre in un rapporto particolare con il potere: per lui, il potere non ha mai un carattere sacro, chi è moralmente impressionato dal potere come tale, non sarà mai libero. L’uomo con carattere massonico è capace di dire: no. È capace di disobbedienza. Per il massone, in determinate con¬dizioni, la disobbedienza ha valore di virtù. In fin dei conti, ogni atto di disobbedienza, se non è motivato da un vuoto spirito di ribellione, è obbedienza ad un altro principio.
Si può disobbedire all’idolo per obbedire a princìpi e valori dettati dalla coscienza umana liberata. Si può disobbedire alla Società per obbedire alle leggi dell’Umanità”.
“L’individuo con carattere massonico è l’uomo che si è emancipato dai vincoli del sangue e della terra; dalla madre e dal padre; dalle particolari e sottomesse devozioni verso la Società, la classe, il partito o la religione.”
“L’uomo con carattere massonico è umanista, nel senso che sperimenta in sé, tutta l’umanità. Niente di quanto è umano gli è estraneo. È uno scettico ed un uomo di fede. È scettico perché aspira ad avere una chiara e non illusoria o preconcetta visione della realtà. È un uomo di fede perché crede, anche, a ciò che esiste solo potenzialmente; crede cioè in ciò che non è ancora nato, ma che è certo nascerà: lo sviluppo completo dell’essere umano. Può dire no e disobbedire, proprio perché è capace di dire sì e di obbedire, con libera scelta, ai princìpi che sono genuinamente dalla parte dell’uomo”.
“In effetti, si potrebbe identificare l’uomo che ha un carattere massonico, con il mentalmente sano. In rapporto alla So¬cietà in cui vive, l’uomo con carat¬tere massonico è la persona sana che si trova in un mondo insano; l’essere pienamente sviluppato, in un mondo di deformi; la persona perfettamente sveglia in un mondo mezzo addor¬mentato. Una volta che tutti saranno svegli, e bisogna avere fede che verrà un tempo in cui 1’Uomo sarà sveglio, non avremo più necessità, né di profeti, né di martiri; allora esisteranno solamente esseri umani perfettamente sviluppati ” che, aggiungo io, con ferma speranza, potrebbero anche essere tutti Fratelli Massoni Liberi Muratori.
“Se non viviamo più nelle caverne, è perché, nella storia dell’uomo, ci sono sempre state personalità con carattere massonico che ci hanno fatto uscire dalle caverne e da¬gli equivalenti delle caverne”.
Non so se questo grande studioso dell’uomo, che ri¬sponde al nome di Erich Fromm, è un Fratello massone, se sì, e lo sembrerebbe dagli accenti con cui si esprime, è chiaro che ha trasferito, in quello che lui ha proposto al mondo profano come carattere rivoluzionario, tutte le migliori prerogative che un uomo può avere e che dovrebbero costituire il mo¬dello verso cui è auspicabile che l’Umanità, con la sua lunga e tormentata evoluzione, debba arrivare.
Se Fromm non è massone, risulta chiaro da quanto scrive, che la sua profonda conoscenza dell’animo umano, gli ha fatto notare che ci sono degli uomini speciali, nella storia dell’Umanità, che fanno cose speciali, guidati, sempre, verso una mèta precisa, da una forza che sembra sovrumana solo perché è la forza completamente liberata del l’uomo libero. Questi uomini, sono alla testa dell’Umana Fami¬glia che progredisce, e stanno trascinando gli altri fuori delle loro caverne.
Fra questi uomini speciali, a ben guardare, sono certamente numerosi quelli il cui spirito, è stato acceso dalla scintilla captata sulla Porta del Tempio, o tra le Colonne.
Ecco l’indicazione, che dobbiamo raccogliere per tradurla in Lavoro muratorio produttivo e creativo, se vogliamo tentare di essere gli uomini speciali della futura storia dell’Umanità.
Con questa, non breve ma robusta puntualizzazione, abbiamo certo dissipato, qualche incertezza su ciò che si dovrebbe intendere per carattere massonico; ora disponiamo di una descrizione più dettagliata cui poter fare riferimento e quando leggeremo certe espressioni nei Rituali, forse, le sapremo valutare meglio e ci potremo,anche, comprendere meglio tra noi.
* * *
Passiamo, ora, ad esaminare l’altro punto che caratterizza un’ istituzione e cioè la sua funzione. Come si è già evidenziato più volte, la funzione ha due distinte espressioni: una, riguarda il soddisfacimento dei desideri-necessità degli associati, con la realizzazione delle finalità con¬tenute nello statuto e l’altra, riguarda l’effetto che l’Isti¬tuzione produce nella Società.
Se, come abbiamo più volte confermato, la Massoneria ha come finalità primaria quella di iniziare a nuova vita, chi sente il desiderio-esigenza di conoscere e cambiare se stesso, è incoerente che la funzione debba essere diversa dalla finalità dichiarata.
La Massoneria può e deve soddisfare le genuine attese dei suoi adepti, deve, cioè, provo¬care, in ogni appartenente, il raggiungimento di una maggiore maturità psichica; deve riuscire a trasformarli da profani in uomini veri con carattere massonico.
¬L’Istituzione, se non riesce ad operare questo cambiamento negli affiliati, manca alla sua funzione fondamentale, e non attua, di conseguenza, nemmeno il dettato dello statuto.
L’Istituzione ha l’obbligo di attuare l’azione maieutica, indispensabile, per realizzare pienamente il desi¬derio-necessità dei suoi componenti e ci si deve, anche, convincere che questa è la mèta più alta cui può aspirare, proprio per¬ché il tipo di soddisfacimento connesso alla liberazione delle potenzialità umane, è l’appagamento completo delle più pro¬fonde esigenze esistenziali dell’uomo.
* * *
La creazione di uomini liberati e liberi, come già detto, è una delle due espressioni della funzione che svolge l’Istituzione ed è, come si è visto, l’attuazione della finalità indicata dalla Co¬stituzione.
Tutto questo, è, pure, la premessa indispensabile per attuare l’altro termine della funzione, termine che si può con¬siderare come finalità secondaria, solo perché conseguen¬te, e si concretizza nell’influenza che i Massoni, e non l’Istituzione, eserci-tano, soli oppure insieme ad altri cittadini, sulla Società, per aiutarla a diventare sana, cioè una Società com¬posta di individui emancipati, responsabili e produttivi.
Da quanto premesso, quindi, discende che se si vuole ripor¬tare la Massoneria a perseguire la sua finalità vera, senza agget¬tivi, inevitabilmente è necessario che si abbandoni l’illusoria convinzione, vigente oggi, di ottenere potenza con il numero degli iscritti.
Ciò cui bisognerebbe aspirare, per non continuare ad essere una sopravvivenza culturale, è il raggiungimento e la ricerca della qualità, invece della quantità. Anche perché, mirare alla quantità, significa non compiere un’ade¬guata e necessaria selezione.
È indispensabile, quindi, incominciare ad attuare un efficace la¬voro muratorio, graduale e prestabilito, che permetta di ar¬ricchire spiritualmente le Colonne esistenti. In aggiunta, è necessario predisporre qualche cosa di nuovo per dare inizio ad un diverso tipo di proselitismo, basandolo su criteri di scelta ben precisi e rigorosi, per abbassare, il più possibile, la percentuale d’errore nelle valutazioni. Per evitare, ad esem¬pio, l’accettazione di profani che mostrano, palesemente, di avere così tanti e radi¬cati legami psichici, da fare, facilmente, prevedere inutile ogni tentativo tendente a conseguire un qualsiasi pur necessario, miglioramento delle loro potenzialità umane. E non si dica che quest’atteggiamento implicherebbe la pre¬sunzione di arrogarsi un diritto, cioè quello di giudicare, perché, in questo caso, si tratta, invece, semplicemente, di un vero dovere.
Fin troppo bene sappiamo, per esperienza, che ogni errore fatto sulla Soglia comporta, poi, un indebolimento delle strutture, insanabile, che diventa una minaccia alla stabilità del Tempio.
Altro punto, che dovrebbe essere fermamente assunto, come impegno per tutti noi massoni, è quello di riuscire, come si è detto, nell’intento di trasformare gli adepti, in modo che possano incominciare a sentirsi veramente ini¬ziati, dopo aver, come minimo, compreso il significato e de¬ciso, consapevolmente, di diventare uomini Liberi Muratori.
Perché, ed è bene sia chiaro anche questo, l’operatività indiretta dell’Istituzione nel mondo profano, è concepibile so¬lamente se attuata per mezzo di Maestri Liberi Muratori, che significa uomini liberati e liberi, vale a dire, uomini adulti, dotati di carattere massonico.
Invece – va detto anche questo – una delle cose più squalificanti, oggi, per la Massoneria, è costituita dalle azioni di quei profani pseudo iniziati che, operando nella Società e, qualche volta, facendosi scudo dell’Istituzione, commettono mille azioni non precisamente onorevoli, più o meno gravi, ma che ugualmente ricadono, poi, su tutta la Famiglia, provocando giudizi globalmente dispre¬giativi, oppure,con i loro comportamenti, rendendo giustificabile che siano attribuite alla Massoneria, finalità esclusivamente materiali che, qualche volta, si coglie l’occasione per dire che sono, anche, poco pu¬lite.
Il massone, dovrebbe essere un uomo rispettato ed ammi¬rato, magari a malincuore, anche da chi lo avversa.
Il massone quando agisce, deve sentire, profondamente nell’intimo, la responsabilità di ciò che fa, perché ogni suo atto sarà giu¬dicato e attribuito alla Massoneria.
Chi, con il proprio comportamento, ha dimostrato e dimostra di non comprendere questo fatto essenziale – lasciatemi dire – non ha capito bene cosa significa essere massone, oppure si trova fra noi, non certamente per sbaglio, però per scopi che non hanno niente a che vedere con quelli dell’Istituzione.
* * *
Ora, citerò alcune notazioni, ancora di Bronislaw Malinowski, le quali potranno aiutarci ad evidenziare e capire meglio, quello che do¬vrebbe essere il ruolo del massone – non quello della Massoneria, come pensano molti – nell’ambito della Società e del gruppo nel quale vive.
Le osservazioni del Malinowski, che riporto, sono riferite all’uomo che vive in aggregati sociali primitivi, ma, a prescin¬dere dalla relatività di quel primitivi, è certo che, anche per noi civili, sono indicazioni di notevole validità. In fin dei conti, si tratta sempre e solamente dell’eterno uomo, per il quale, adattandole alla nostra realtà odierna, esistono: le stesse problematiche esistenziali e le stesse possibili soluzioni.
“L’uomo primitivo – dice Malinowski – deve conoscere il suo ambiente: l’abitudine dell’animale che caccia; i frutti che può raccoglie etc., perché senza tale conoscenza morirebbe”.
“Nel raccogliere il cibo, nel cacciare, nel pescare e nella pro¬duzione di armi ed utensili, è guidato, proprio dalla sua conoscenza, che gli fa coordinare, razionalmente, gli sforzi concentrati del suo gruppo”.
“La conoscenza, la vera conoscenza scientifica, è sempre la guida principale dell’uomo primitivo, nel suo rapporto con l’ambiente. Essa è il solido sostegno che gli dà la possibile so¬luzione di tutti i suoi interessi vitali. Senza conoscenza, e senza stretta osservanza della conoscenza, nessuna cultura potrebbe sopravvivere”.
“La conoscenza e la sua trasmissione, sono la spina dorsale, le vere forze che assicurano l’esistenza di ogni cultura. Socialmente, la conoscenza competente e la padronanza della tecnica, sono anche la base del comando e della premi¬nenza”.
“L’uomo che sa, come organizzare un gruppo, e sa come dirigerlo nella caccia, nei viaggi, nello spostamento dell’accam¬pamento, oppure nella lunga spedizione commerciale, è il capo naturale.”
“Il vero problema del governo primitivo, non può essere ri¬solto, semplicemente, riferendosi alla magia, alla religione, o ad altra superstizione, ha la possibilità di risolverlo, solamente, chi sa e tiene conto della conoscenza dell’uomo, dei suoi inte¬ressi pragmatici, per l’organizzazione, nell’azione collettiva ”.
Tutto questo, sembra proprio la sintesi programmatica di una qualunque di quelle antiche scuole iniziatiche, proto massoniche di cui abbiamo già parlato, ed è senza alcun dubbio, quanto si dovrebbe proporre di fare, anche oggi, la Massoneria: insegnare la scienza dell’uomo e formare dei capi naturali.
La Società ha bisogno di capi naturali i quali, vivendo, tutti i giorni, le aspirazioni di libertà, fratellanza ed uguaglianza, possano guidare gli altri, con l’esempio, fuori dalle loro ca¬verne.
È facilmente comprensibile, a questo punto, che se, invece di formare dei capi naturali, si tende ad immettere nella Famiglia, uomini che sono già capi di qualche cosa, e sono catturati solamente per la posizione che hanno già raggiunto nella Società, sarà ben difficile pretendere, da questi, che applichino, nella vita, le aspirazioni dettate dal Trinomio, ma sarà, anche, la dimostrazione di non aver ben compreso cosa è la Massoneria, quale deve essere la sua finalità e la sua funzione.
L’Umanità si può e si deve aiutare, facilitandone l’evo¬luzione, assolvendo la missione di sempre: formare degli ade¬guati capi naturali. Questo, solo questo è il compito della Massoneria.
Questo, e lo ripeteremo fino alla noia, è stato il compito di tutte quelle scuole iniziatiche, anche le più remote, le quali hanno accompagnato ed aiutato l’uomo in tutta la sua lunga e progressiva emancipazione e che hanno, indirettamente, fatto la storia.
La Massoneria ha, da sempre, preparato dei maestri-custodi, impegnati nel programma evolutivo dell’Umanità, metapolitico e metareligioso.
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La Massoneria – questo sarebbe opportuno che fosse sen¬tito da tutto il corpo massonico, da tutta la Piramide – non può mancare al prossimo appuntamento, per dare il suo valido contributo, alla trasformazione che sta maturando nella nostra Società; ma qualche cosa deve essere cambiata, nello spirito, nella finalità e nella funzione che, in questo momento, caratterizzano l’Istituzione, se non vogliamo che, nella funzione maieutica di nascita della nuova èra, sia relegata ad assolvere una funzione meno che secondaria.
Nel mondo d’oggi, ripetiamolo, l’uomo si trova a dover fronteggiare incoercibili forze socio-economiche, le quali lo fanno sentire del tutto impotente.
Molti persuasori, in contrapposizione a queste forze, oppure anche per coadiuvarle, hanno cercato e cercano di operare sull’uomo, aumentando i suoi legami, le sue dipendenze, la sua sog¬gezione, spingendolo verso vie di fuga dalla realtà, verso i trascen¬denti mondi dell’ultra terreno, oppure, agendo sui suoi istinti ed i suoi bisogni più bassi, con gratificazioni degradanti.
Ma nessuno è riuscito ancora, aiutandolo veramente, a sca¬tenare del tutto, nel vero senso liberatorio della parola, le potenzialità reali ed umane dell’uomo.
E nessuno si è reso, ancora, completamente conto della smisurata forza che ne sgorgherebbe, forza che sarebbe nemmeno minimamente paragonabile a quella dell’energia ato¬mica.
Se riusciremo a comprendere ed a tradurre, nel tempo pre¬sente, il messaggio che ci hanno lasciato coloro i quali sono stati i nostri predecessori, sulla stessa strada iniziatica, spetterà alla Massoneria di oggi, fruendo di una più approfondita e ragionevole comprensione della scienza dell’uomo, sperimentare l’emancipazione di queste for¬ze che, invece, in ogni comunione umana, o per ignoranza o volutamente, oggi si cerca di imbrigliare e sopire con tutti i mezzi.
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Ebbene, carissimi Fratelli, forse, sta proprio a noi prendere questa grave, responsabile decisione.
Troviamoci, discutiamone, è molto probabile che otterremo poco inizialmente, ma per lo meno tentiamo.
Ciò che abbiamo capito di dovere a noi stessi ed all’Umanità, assumiamolo come un impegno irrecusa¬bile, perché giurato.
La Massoneria non ha, e non può avere, la funzione di rimanere una gratificazione di fantasia velleitaria, oppure una sopravvivenza culturale, blandita, accettata o tollerata, per il suo lodevole conformismo, da una Società malata coma la nostra.
La Massoneria, è qualche cosa di più. Al fine di realizzare la sua missione immutabile, deve tornare ad essere quella fucina di uomini che è stata nei suoi tempi migliori; deve tornare ad essere quella scuola che formava uomini eccezionali e distinguibili, perché vivevano, con lealtà ed orgoglio, il loro carattere massonico, consapevolmente, nella realtà di ogni giorno; deve voler essere ancora la creatrice di Maestri Liberi Muratori inconfondibili, per la loro franca, decisa e ragionevole presa di posizione, in ogni giudizio, in ogni azione, in ogni scelta, sempre e solamente dalla parte dell’Uomo e della Famiglia Umana, per una migliore futura Società dell’uomo per l’Uomo.
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