IL MASSONE VERSO IL TERZO MILLENNIO

IL MASSONE VERSO IL TERZO MILLENNIO sulle orme dei grandi iniziati o nell ‘immagine di un ‘utopia?
di
Claudio Stasi

Il terzo millennio è ormai alle porte: I ‘ anno 2000 è più che vicino. Certo la realtà si presenta diversamente da come la immaginavamo appena una ventina di anni fa; proiettandoci nel 2000 pensavamo alle macchine che avrebbero alleggerito l’uomo dal lavoro materiale; pensavamo di vivere tranquillamente e beatamente una vita più comoda, liberi di portare i bambini a spasso sulla luna in serene scampagnate: era questo il mito del 2000. In effetti la realtà non ha poi deluso queste aspettative: dal punto di vista scientifico e tecnologico vi è stato un innegabile progresso, anzi la tecnologia si rinnova con una velocità superiore alla capacità di apprendimento dell’uomo tanto da non abituarci all’uso di particolari tecnologie che queste vengono già superate e soppiantate da altre più avanzate ed innovative.
D’ altra parte, invece, per quel che riguarda l’ aspetto culturale, sociale e morale, una certa indifferenza ai valori fondamentali dell’uomo, una diffusa superficialità: sembra prevalere la cultura dell’avere piuttosto che quella dell ‘essere.
In questo contesto noi ci inseriamo con un certo disagio, che deriva dalla nostra particolare condizione di iniziati che ci proietta in una dimensione non superficiale ma 9 introspettiva, tesa al perfezionamento, volta alla cultura dell’essere invece che a quella dell ‘ avere.
Noi siamo portatori di una cultura arcaica: gli iniziati sono coloro che abbandonano uno stato di conoscenza per raggiungere un livello superiore, diverso, per rinascere a nuovi valori rifacendoci a civiltà antiche e millenarie, che hanno scandito il cammino dell ‘ umanità.
Siamo ben lontani dalla sensibilità, dallo splendore, dall’enorme spiritualità, dalla ricerca, dall ‘ ansia al divino che apparteneva alla cultura egizia, alle imprese dei Faraoni che cercavano di assimilarsi al Dio… si ritenevano figli del dio, esecutori della volontà del dio.
Ancora oggi, per esempio, nel caso dell’Egitto, se ci rechiamo nel tempio di Kharnak, che è il tempio più maestoso, più imponente, dove meglio si vede, si tasta il polso di questa grande e profonda cultura, di questa straordinaria spiritualità, di questa particolare sensibilità dei Faraoni, siamo trascinati sulla scia di una suggestione; siamo accolti, in particolare di sera, (è consigliato vederlo di sera e assistere ad uno spettacolo suggestivo di suoni e luci), siamo acçolti, dicevo, da una voce che si dichiara di essere il “Sorvegliante del Tempio”, il quale riceve questa moltitudine di turisti provenienti da ogni parte del mondo, non iniziati, ma portatori della cultura profana di qualsiasi natura. Questa voce accoglie il visitatore dicendo: ” benvenuto o viaggiatore della notte; il tuo viaggio non andrà più oltre, giacché sei arrivato: sei giunto qui dove ha inizio il tempo…” e si prosegue in questa visita guidata molto suggestiva, in cui ad un certo punto i vari personaggi, le varie divinità si presentano, si illuminano e parlano; in particolare ad esempio la statua del dio sole, “Amon-rha” si presenta con voce imponente, maestosa e tonante: “Io sono il padre dei padri, io sono la madre delle madri, io per primo ho rotto il silenzio perché gli uomini potessero parlare, io ho indicato il cammino perché gli uomini potessero camminare, tra le mie mani è stata concepita e attuata la settimana della creazione, il mio occhio destro è il sole, il mio occhio sinistro è la luna e dai miei piedi sgorgano le acque del Nilo”.
Questa società è lontana, purtroppo, dall ‘ apprezzare la cultura che anticipa i tempi, il sapere illuminato, il pensiero libero da condizionamenti: abbiamo I ‘ esempio di Federico
II, questo grande iniziato, cui la nostra storia deve tanto.
Federico II, Imperatore del Sacro Romano Impero, cercò di conciliare la cultura cristiana con la cultura islamica; a cavallo fra due civiltà e, per dovere d’ufficio, promosse una crociata in Terra Santa portandola a termine con lo stile di un iniziato: senza spargere un filo di sangue, senza ricorrere all’uso delle armi, adoperando le proprie capacità di convincimento, con abilità diplomatica e autorità. Si fece consegnare i sacri territori occupati concludendo così la crociata; era stato però scomunicato e, ironia della sorte, in considerazione di ciò questa crociata non venne annoverata fra le crociate ufficiali, perché appunto uno scomunicato non può combattere in nome del Pontefice.
Ci ha lasciato uno scrigno ricco di tesori e di significati, in Puglia: il Castello di Andria, dove meglio si vede questa condizione particolare di Federico II, si capisce meglio che non era un uomo normale, semplicemente un dotto, un potente che aveva mezzi, per giustificare tante gesta e una vita così densa e contraddittoria: si capisce che c’è un senso nascosto: la struttura è perfettamente orientata ed addirittura disegnata dal sole. Solo in quel posto il sole, nel giorno dell ‘equinozio, un’ ora prima ed un’ora dopo mezzogiorno, traccia un’ombra che spazza un angolo di 45 gradi. Quest’ angolo sottende sul cerchio dell’orizzonte una corda con la quale si può costruire un solo poligono regolare inscritto nel cerchio: I ‘ottagono. Questo ottagono deriva anche dalla sovrapposizione di rettangoli uguali posti a croce greca ed a croce di sant’ Andrea; rettangolo avente i lati in rapporto aureo ed avente i vertici orientati secondo l’ombra proiettata dal sole nel giorno dei solstizi. Vi è tutto un significato, tutto uno studio, non si può negarlo: una volta scelta la metodologia, il simbolo con cui comunicare, tutto va da se, si svolge da solo, è solo un algoritmo dallo svolgimento inevitabile. È la struttura che ci testimonia la grandezza, lo stato di particolare conoscenza di questo grande imperatore, la sua condizione di iniziato, di chi vive in un livello superiore di conoscenza.
Ma a queste cose la società del terzo millennio, la società moderna e contemporanea poco bada, poco è attenta, poco è sensibile. Non è nemmeno sensibile al rispetto di valori che derivano dal riconoscimento di una cultura, di una tradizione, di una funzione, storica quanto meno. Se noi andiamo a Valencia, in Spagna, vi è la Cattedrale, in cui la cappella più bella si presenta pressappoco come questo tempio, con dei sedili in pietra lungo le pareti, (come del resto nelle sale del Castello di Federico II) e con un semplice accesso; all’Oriente invece, ossia sulla parete posta di fronte alla porticina d’ingresso, un grande retablo, una parete stupendamente intarsiata con al centro il Santo Graal, ossia quello che viene ritenuto o almeno lo si lascia considerare, il Santo Graal; un calice in pietra di agata, incastellato su una struttura di oro tempestato di gemme e pietre preziose, perle e smeraldi, che è stato adoperato dai Pontefici fino al pontificato di Sisto II; (sull ‘ autenticità di questo calice, non è che si dibatta molto; pare comunque che dallo stesso rituale liturgico adoperato dai pontefici derivi la tesi della sua autenticità; al momento della consacrazione infatti il pontefice sollevandolo recitava: “…ed allora prendendo fra le Sue Sante Mani questo calice…” come se fosse appunto quello mostrato, il calice dell’ultima cena).
In questa cappella vi è inoltre una nicchia con varie reliquie, oggettini, fotografie del Papa in adorazione, con delle suore che vendono reliquie e souvenirs. Ebbene, qual ‘è, cari fratelli, il nome di questa cappella? Si chiama ” La sala dei Cavalieri”. Badate, non si chiama la cappella del Graal o del Sacro Calice, bensì la Sala dei Cavalieri!
Siamo insomma ben lontani da quelle che sono le nostre origini, i nostri connotati culturali, le nostre aspirazioni. Ma noi non demordiamo, noi sappiamo che cos’è, come deve essere realizzata “la Città del Sole”, buona e giusta. Come non provare un senso di irritazione, quando vengono fatte citazioni a sproposito, durante quei dibattiti politici che assomigliano più a riunioni di condominio ed a beghe di cortile, che a veri e propri antagonismi politici.
Dobbiamo rivendicare la nostra posizione culturale in questa società che
abbiamo già definito superficiale e disattenta caratterizzata da una sensibile caduta di valori, da tanta grettezza che si manifesta con l’aggressione, la violenza e la intolleranza.
Viviamo in una società moderna, multimediale. Questo nostro tempio, universo di simboli, che non è altro che uno scrigno a custodia di valori profondi ed irrinunciabili, si adatta in ogni tempo. Si può vivere qua dentro quella che è stata vista come una cosa strabiliante: la realtà virtuale. Si possono vivere, con l’uso di un casco o munendosi di una particolare attrezzatura, esperienze le più inusuali, (andare a cavallo o viaggiare nello spazio, esplorare fondali marini o trovarsi nel corso di una battaglia), di interagire con una realtà che però non appartiene al quotidiano, al mondo che ci circonda; ecco perché “realtà virtuale”: realtà fittizia ma in grado di suscitare reazioni appropriate e reali.
Ebbene, questa realtà che cos’ha di diverso ? Noi qui dentro possiamo vivere quella che è la città utopica dove regna l’ armonia, la bellezza, la sapienza; dove non c’è aggressione, non c’è grettezza interiore, non c’è ignoranza ma il rispetto delle diversità. Noi da sempre diciamo che per accedere alla nostra Istituzione importante è “essere libero e di buoni costumi” e disponibile alla edificazione del proprio Io Interiore. Nei nostri Templi viviamo normalmente questa utopia, andiamo avanti senza demordere, rincorrendo quest’idea. C’è però un rischio: che questa sorta di realtà virtuale venga vissuta come un’esperienza completamente esaustiva ed appagante. Si entra in questo mondo rispettabile, diverso e nobile: ci si ritempra, ci si rilassa ritornando, poi, al mondo esterno, alla vita profana, ai metalli. Ci si depura eliminando le scorie, alla stregua di una camera iperbarica.
Ci dibattiamo, ci agitiamo, facciamo discorsi e quando tutto sembra tranquillo torniamo ad occuparci delle nostre cose, a
lavorare perché tornare al lavoro, per il “libero muratore” non può significare che tornare ad operare per la elevazione spirituale nostra e contribuire, come è sempre stato, al progresso dell’umanità e contribuire a lenire le sue necessità.
Forse si dirà che così come siamo organizzati, alla soglia del terzo millennio, tutto ciò diventa piuttosto arduo, che bisognerebbe, forse, ristrutturare il nostro stesso Ordine, dare più occasioni di delega, intervenire, in altri termini, in maniera capillare sul territorio.
Venerabili Maestri, Rispettabili Fratelli, prima di concludere vorrei infine dire: la società, certo, con le sue inerzie, con le sue scorie, va avanti; il cammino dell’uomo in ogni caso non si ferma ma noi, comunque, possiamo migliorarlo; se questa nostra società, ormai secolare, tanto utile, tanto valida e meritevole di apprezzamenti, nelle nostre mani dovesse cadere, dovesse scomparire per nostra inadeguatezza, sottOla faccia, sotto la ferocia, la persistenza, l’ostinazione dei nostri detrattori, noi non avremmo attenuanti; sarebbe inutile cercare di nasconderci perché la nostra colpa non sarebbe dell’ignoranza altrui, bensì della nostra inettitudine. Noi saremmo doppiamente colpevoli perché la condizione di iniziati non giustifica l’inettitudine.
Forse qualche aspettativa andrà delusa. Nella natura delle cose è insita la ricerca e la ricerca è fatta di domande.
Noi cerchiamo, ci affanniamo per trovare risposte e sovente ci imbattiamo in altrettante domande che rimangono senza risposta.
Claudio Stasi – Oratore della R.. L. “T Briganti” Or. di Gallipoli
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