questa sera vorrei porre alla vostra attenzione una mia riflessione che ho avuto davanti ad un “melagrano”.
Osservando questa pianta, ho notato che aveva soltanto tre melagrane, di cui una leggermente aperta e da questa apertura, si poteva vedere lo splendore dei colori che erano al suo interno. Devo dire che sono rimasto, per un po’ di tempo, fermo a guardare questa meraviglia della natura.
Più tardi, ripensando a ciò che avevo visto, mi sono chiesto quale valore simbolico poteva avere per un Massone, visto che troviamo la melagrana su di una delle colonne all’ingresso del “Tempio”.
Così ho iniziato una ricerca, scoprendo che questo frutto ha anche un simbolismo religioso.
Diceva Papa Gregorio: “Questo frutto, i cui grani sono tanto numerosi, simboleggia la carità che racchiude tante virtù”.
Angelo Gubernardis diceva: “La grande quantità dei chicchi che contiene la melagrana, l’hanno fatta adottare nel simbolismo popolare, come rappresentante della fecondità, della generazione e della ricchezza”.
Questo frutto veniva apprezzato già dai popoli antichi, come i persiani, gli ebrei, i fenici ed i romani, per le sue qualità gastronomiche e medicinali. Tuttora è usato in farmacia. Ancora oggi in Africa il frutto è simbolo di fecondità. In India, il succo è bevuto da donne sterili; in Persia, in poesia amorosa, l’innamorata era descritta con le guance uguali al fiore di melagrano e le labbra dolci come il succo.
Anche nella Bibbia, la melagrana viene più volte nominata; si dice, che per questo motivo, “Hiram”, l’architetto del Tempio di re Salomone, sia stato indotto a scolpire la melagrana nei capitelli delle colonne.
In Massoneria, i chicchi della melagrana simboleggiano i Fratelli uniti fra loro. Inoltre, poiché la scorza è tossica, ci mostra i Massoni usciti dal mondo profano ed impegnati ad elevarsi.
A questo punto, voglio farvi conoscere la mia riflessione.
Per me, l’elemento più significativo del frutto è il suo interno. Aprendola, ci troviamo di fronte ad una certa quantità di granuli, separati tra loro ma uniti da una scorza, in un corpo unico. E qui scopriamo il suo valore simbolico, che con suggestiva immaginazione, nella compattezza del frutto e la sua composizione interna, troviamo la coesione dei singoli Fratelli, che sono uniti tra loro da un vincolo comune di fratellanza e solidarietà all’interno della Loggia e nei rapporti quotidiani nel mondo profano.
Concludo dicendo che la melagrana simboleggia, in Massoneria, la moltiplicazione e l’unione.
Agapê, Erôs e Philia: tre sfumature dell’amore.
UNA AFFASCINANTE RIFLESSIONE PER UN MAESTRO
LIBERO MURATORE
<<L’amore non è una cosa che si può insegnare,
ma è la cosa più importante da imparare>>
(Karol Wojtyla)
-Sì, migliore del vino è il tuo amore – Trascinami con te, corriamo !
-Dimmi, o amore dell’anima mia… Bellissima tra le donne…
–Belle sono le tue guance fra gli orecchini, il tuo collo tra fili di perle.
– Come sei bella, amata mia, come sei bella!
–Come sei bello, amore mio !Erba verde è il nostro letto…è dolce il suo frutto al mio palato.
– La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia
– Il mio amore è per me e io per lui.
– Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato l’amato del mio cuore;l’ho cercato, ma non l’ho trovato.
«Mi alzerò e farò il giro della città;per le strade e per le piazze;voglio cercare l’amato del mio cuore».L’ho cercato, ma non l’ho trovato.
Mi hanno incontrato le guardie che fanno la ronda:«Avete visto l’amato del mio cuore?»
– Quanto sono soavi le tue carezze. L’odore dei tuoi profumi sorpassa tutti gli aromi…
– Le tue labbra stillano miele vergine, o sposa, c’è miele e latte sotto la tua lingua.
– Il mio amore ha messo la mano nello spiraglio e un fremito mi ha sconvolta.
– Mi sono alzata per aprire al mio amore e le mie mani stillavano mirra,fluiva mirra dalle mie dita sulla maniglia del chiavistello
– Il tuo palato è come vino squisito,che scorre dritto verso il mio diletto e fluisce sulle labbra e sui denti!
– Di buon mattino andremo alle vigne; vedremo se mette gemme la vite,se sbocciano i fiori, se fioriscono i melograni:là ti darò le mie carezze!
– Ti condurrei, ti introdurrei nella casa di mia madre;m’insegneresti l’arte dell’amore. Ti farei bere vino aromatico,del succo del mio melograno
– Mettimi come sigillo sul tuo cuore..perché forte come la morte è l’amore,tenace come gli inferi è la passione:le sue vampe son vampe di fuoco,una fiamma divina!
– Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo .
Quanta dolcezza e quanta passione amorosa esprimono queste parole tratte dal “Cantico dei Cantici, di Salomone” riportato nella Bibbia, ed in particolare nei Libri Poetici e Sapienziali dell’Antico Testamento (1). Questa poesia d’amore è stata scritta intorno al IV secolo a. C, probabilmente dal re Salomone, considerato “sapiente”, durante la costruzione del Tempio di Salomone, a Gerusalemme. Questo Canto, a causa del linguaggio usato, ha suscitato sempre un grande stupore. L’autore probabilmente si è ispirato ai poemi d’amore egiziani, risalenti al 1300 a.C. e come possiamo notare, il linguaggio dell’amore non è cambiato nel corso dei millenni… è sempre lo stesso in ogni luogo ed in ogni tempo.
Il Cantico dei Cantici, è il Cantico per eccellenza che celebra l’amore in tutti i suoi significati. Ritroviamo in esso “l’amore umano”, tra due amanti, quello erotico…sensuale…assoluto…vero…ordinato…condiviso…posseduto coraggioso…libero. L’amato è il re d’Israele: “Salomone” figlio di David, il “Pacifico” e l’amata è “Sulammita”, la “Pacifica”. In questo Canto si evidenzia anche un secondo tipo di amore, quello tra madre e figlio, tra fratelli, tra amici. Infine, è presente anche un terzo tipo: “l’amore non antropologico”; perché il Cantico dei Cantici, secondo l’interpretazione Ebraica – Cristiana, è metafora dell’ Amore forte ed appassionato del Creatore (Dio) verso il suo Creato ( l’uomo) e viceversa ; anche se la parola “Dio”, in questo testo, non viene mai menzionata, eccetto in un verso, dove si parla semplicemente di “ Fiamma Divina”.
Parlare d’amore, è difficile, tutti noi lo conosciamo…sappiano cosa è …ma definirlo con parole è arduo…forse non ci sono parole adatte ad esprimerlo.
“ Le parole – come canta Biagio Antonacci nella sua canzone: “ Tu sei bella” (2) –
sono solo come vino, più le bevi più ti rendi conto che non hai mai vinto.
Le parole poi, possono volare ma ti volan dentro…
Le parole quando poi le hai dette hanno già perso il senso…”
…e dato che Noi “Iniziati”, abbiamo una particolare sensibilità all’interpretazione dei simboli, il concetto dell’amore può essere meglio compreso se osserviamo, all’interno del nostro Tempio, la corda annodata di color “rosso amore”, che circoscrive il perimetro della parte superiore, tra le pareti e la volta celeste; simbolo palese di col-legamento tra il mondo terreno ed il cielo… tra l’uomo ed il Divino. Nella corda sono intercalati, in dodici intervalli regolari, dei nodi che ricordano il segno matematico dell’infinito (Nodi Savoia). Essa viene definita: “Corda con i nodi dell’amore”. Questo cordone termina alle due estremità, con un nodo a fiocco che scende uno, a sinistra dell’ingresso, sulla Colonna J “Jachin (di stile ionico che rappresenta la “Stabilità” e porta sul capitello un melagrano aperto, simbolo di fratellanza e di fecondità) e l’altro, a destra dell’ingresso, sulla Colonna B “Boaz ( di stile dorico che rappresenta la “Forza” e porta sul capitello un mappamondo che esprime l’ Universalità della Massoneria).
Il cordone annodato è simbolo dell’ “Amore Fraterno”…della “Catena d’unione”, …dello stretto legame che intercorre tra fratelli, ma anche tra l’adepto ed Grande Architetto dell’Universo. Mi piace comunque sottolineare che il nodo di Savoia è un tipo di nodo particolare, definito “d’arresto” perché viene annodato in modo rapido e facile dai marinai durante le loro manovre, ma ugualmente, in modo veloce e semplice, viene sciolto…questo rispecchia la libertà di scelta che il nostro Ordine Iniziatico lascia ai propri adepti, nel rispetto del “Libero Arbitrio”.
Simbologicamente la “forza“ che permette la sussistenza e la tenuta di un “Nodo d’Amore” è “forza stessa dell’Amore”, cioè la “Passione”; così come tra amato ed amante. Se noi provassimo a rappresentare idealmente questo concetto con un triangolo, dove il lato A è l’oggetto dell’amore ( l’amato) ed il lato B è il lato di colui che ama (l’amante), il terzo lato C è la relazione che trascende tra A e B cioè la “Passione Amorosa”. La passione è una forma particolare di “Energia”… è energia cinetica…che attrae… ma al tempo stesso muove…è “ Movimento ”.
Questo teorema può essere applicato ed esteso anche al di fuori di un rapporto d’amore antropologico. Nel linguaggio testamentario e nella teologia Cristiana il nome di questo terzo lato (lato C) è: “Spirito Santo”… e la sua azione è “sconvolgente”…perché è ciò che muove…è “Fuoco Sacro”. Lo Spirito Santo è espressione della relazione trascendente tra il Creatore ed il suo Creato ( fondamento di ogni trinità ). Questa forza che unisce i due – Creatore e Creato – rappresenta l’ “Amore” nella sua forma più elevata e perfetta…così grande e potente da fare:
“muovere il sole e l’altre stelle ”
come ha scritto il Sommo Poeta (Prima della teoria Copernicana) nel XXXIII canto del Paradiso (3) …così forte, aggiungo io, da fare:
“muovere il nodo seno atriale”
…che rappresenta il pace-maker naturale del cuore di tutti gli esseri viventi. La sua attività dà l’impulso alla vita. (Il nodo seno atriale o Nodo di Keth-Flack” – dal nome dei due scopritori, è una struttura, di 15×5 mm a forma di semiluna, situata nella parte superiore dell’atrio destro del cuore; da esso partono, in modo del tutto autonomo, gli stimoli elettrici che si trasmettono al cuore provocandone la contrazione).
Quindi… è l’Amore… la “Forza Magica dell’Universo” che unisce e tutto muove, dando vita ad ogni cosa:
<< Io (Logos) dimoro… in ogni movimento che esiste nella materia tutta>
… è scritto nei Codici gnostici di Nag Hammadi, la Protennoia trimorfica(4) che richiamano in modo stupefacente il prologo del Vangelo di Giovanni.
J.W. Goethe (5) definisce questa forza :
“ movimento creatore e distruttore dell’eterno”
…esso è paragonabile al “Fuoco”…al movimento incessante della fiamma che tutto crea e tutto distrugge. Le parole di una poesia di Goethe dal titolo: “Uno e tutto“ ci fanno capire, meglio di ogni altra cosa, il significato di questo “movimento eterno di creazione e di distruzione”:
<< L’Eterno in tutti senza sosta freme,
poiché tutto deve in Nulla dissolversi
se nel suo Essere vuol permanere.
E così ridar forma a ciò che è creato
Affinché niente contrasti irrigidito,
è l’opera dell’eterna azione della vita
E ciò che non era vuole ora divenire
Limpidi soli, terre variopinte
senza mai sosta, senza mai quiete.
Deve sommuoversi, agire creando
Darsi apparenti momenti di quiete.
Per ritrovarsi nell’Infinito
Si annulla il singolo volentieri,
ed allora ogni tedio si placa;
non più brucianti desideri né sfrenata volontà,
non più l’esigere molesto né il dovere rigoroso,
la rinuncia all’io è voluttà>>
‘L’Eterno senza sosta freme …tutto deve in nulla dissolversi se nel suo Essere vuol permanere ….è l’opera dell’eterna azione della vita…’ Il “singolo”… si annulla, supera la sua individuabilità… e si perde nel “Tutto”…per poi ritrovarsi in uno stato superiore. L’individuo, nel momento che prende coscienza della sua comunione con la Totalità – di cui è parte – prova, secondo Goethe, un’immensa gioia…“voluttà”.
Per “Essere”, quindi, si deve “accettare di cambiare e di morire” … e questo non consiste tanto in un volo al di là della morte, quanto una continuazione della vita ma con una percezione del mondo diversa. Ci si perde…ma ci si ritrova. “Eternarsi superandosi”. L’individuo subisce una trasformazione dello “spirito”…una metamorfosi… acquisisce una “nuova coscienza” (C)…che trascende tra il soggetto (A) ed il Tutto (natura/cosmo/Divino) (B).
Questa “nuova coscienza” corrisponde alla :
“Coscienza Cosmica”
degli Stoici … del Filosofo- Imperatore Marco Aurelio (6) …
Questa “nuova coscienza” corrisponde al:
“ Sentimento Oceanico”
descritto da J.J. Rousseau (7) :
<< Provo estasi…nel fondermi…, nell’identificarmi con la natura intera>>.
Questo concetto dell’ “Eternarsi superandosi” è espresso in modo sublime anche in un’altra poesia di W. Goethe (8) dal titolo: “ Beato struggimento”.
<< Non lo dite a nessuno, solo ai saggi,
perché la folla subito dileggia.
Voglio fare l’elogio di una vita
Che agogna ad una morte nelle fiamme.
Nel fresco delle notti
D’amore, dove hai concepito, ti sorprende
Un ignoto malessere.
Se, nel silenzio, splende una candela.
Non puoi più rimanere avviluppato
Nell’ombra delle tenebre
E ti travolge un nuovo desiderio
Di congiunzioni più nobili.
Non c’è distanza che ti faccia peso.
Avvinta, vinta, arrivi
E voli, e finalmente
Prendi fuoco, farfalla.
Finché non lo fai tuo,
questo “muori e diventa”,
non sei che uno straniero ottenebrato
sopra la terra scura>>
La poesia parla di una farfalla, attirata dalla luce di una candela, che si avvicina così tanto da diventare tutt’uno con essa, fino a consumarsi nella fiamma. La farfalla, spinta dall’amore, muore e si dissolve nel tutto.
E’ una storia sublime…di “morte d’amore”, dove la farfalla è attratta/ama la luce, in modo puro, senza paura…non si chiede che cosa è …e che cosa c’è oltre quella luce/fiamma… ama in modo fanciullesco…come i bambini a cui piacciono certe cose…amano la cioccolata e basta…senza sapere nulla del pasticciere…senza sapere che esiste anche il sapore della vaniglia o della fragola.
IL CONCETTO DI “ AMORE” NEL MONDO GRECO ANTICO
Nel mondo greco antico il concetto di ” amore” veniva espresso, in modo più preciso…accurato, con tre parole: Agapê, Erôs, Philia.
Agapê: esprime l’amore incondizionato… totalmente disinteressato… al di fuori di ogni reciprocità…indipendente dai difetti o debolezze della persona amata… è l’amore della madre verso i propri figli.
Questo termine viene utilizzato nella maggior parte dei casi in riferimento a temi religiosi… è la parola più utilizzata nei Vangeli, dove l’Agape rappresenta il terzo elemento… tra Padre/Figlio…è l’ “Amore” che trascende tra i due, come abbiamo detto precedentemente…è lo Spirito Santo.
Nella Libera Muratoria, Agape è l’amore che trascende tra Noi ed il Grande Architetto dell’Universo. L’atto simbolico che esprime meglio l’idea dell’Agape in Massoneria è il “Banchetto Massonico” . Esso è stato ripreso dalla tradizione ebraica- cristiana; anche se, in tutte le civiltà, i banchetti hanno sempre rafforzato unioni o sentimenti tra persone. L’Agape massonica è un pasto – “Pasto Sacro” – che non deve saziare ma, in una atmosfera di grande ritualità, ha lo scopo di fare condividere lo stesso cibo (alimenti semplici) con i Fratelli, in modo che, idealmente, il sangue di ciascun fratello diventa uguale a quello degli altri fratelli, perché si arricchisce degli stessi componenti nutritizi…diventa, quindi, ”sangue dello stesso sangue”…come veri fratelli biologici.
L’”Agape”, quindi, è la massima espressione dell‘” Affratellamento”.
Erôs: è l’amore unidirezionale…è l’amore ossessivo e folle dell’innamorato…è l’amore totalizzante verso una sola persona.
<<… dolceamara invincibile creatura… >>
lo definisce Saffo (8); poetessa greca (VII-VI a.C.) che ha cantato l’amore non soltanto come emozione immediata dei sensi, ma come memoria, che vive nello spazio e nel tempo.
<< Io sono nel vostro sangue e nella vostra anima; io mi sento in ogni palpito delle vostre arterie ; io non vi tocco eppure mi mescolo con voi …io vi amo e voi mi amate e questo dura da secoli, durerà nei secoli , per sempre. Accanto a voi, vivendo di voi, ho il sentimento dell’infinito, il sentimento dell’eterno…
…è credere in te soltanto, giurare in te soltanto, riporre in te soltanto la mia fede, la mia forza, il mo orgoglio, tutto il mio mondo, tutto quel che sogno, e tutto quel che spero >>
…sono due stupende frasi scritte da Gabriele D’Annunzio nel “ Il Piacere” (9)…che ci fanno comprendere la grande intensità della forza dell’amore/Eros.
Ugualmente, poetiche ed alte sono le parole d’amore riportate su una lettera indirizzata al Vate da parte Eleonora Duse, datata: Roma,12 gennaio 1898 (10).
<< …quando mi allontano da te…io perdo l’armonia della mia anima e del mondo ( C’è – esiste un’armonia!) >>
Eros nella mitologia / filosofia greca antica
Uno dei grandi meriti di Platone ( 427-347 a.C.) è quello di aver inventato il “mito di Eros” rappresentandolo nella sua dimensione più vera, quella dell’ “amore come desiderio irrazionale”. Platone nel “ Il Convito (Simposio) ovvero dell’Amore” ( 11) si immagina un banchetto di amici dove viene proposto a ciascuno dei convitati, da sinistra a destra, a turno, di improvvisare un discorso sull’amore/eros. Il primo orartore fu Fedro, poi Pausania, Erissimaco, Aristofane, Agatone, Socrate ed infine Alcibiade che irrompe nell’aula ubriaco facendo un elogio a Socrate, verso il quale si sentì attratto e respinto insieme. Socrate spiega, in questa occasione, il mito della nascita di Eros, la cui madre è “Penia” ossia “povertà, privazione” ed il cui padre è “Poros” ossia “ricchezza, espediente”. In Eros riconosiamo tratti di suo padre e di sua madre… ne esce una figura che può essere definita solamente con termini opposti. Eros è “Demoniaco”: né uomo, né dio ; né buono, né cattivo; né bello, né brutto; né ignorante, né sapiente. Eros è mago, stregone, ricco di invenzioni ( perché l’amore rende ingegnosi), abile nel parlare e nell’arte ( l’amore rende tutti poeti ed artisti); resiste al freddo, alla fame, alla paura ed al tempo stesso è capace di sopportare bene sia il vino che la meditazione prolungata. Eros è briccone, sfrontato, testardo, chiacchierone, povero, sporco, selvaggio, rude, scalzo, straccione, vagabondo (senza dimora). L’amore/Eros quindi, non si preoccupa dell’apparenze ma solo della propria anima…l’essenziale sta appunto nell’essere liberi…nella “liberta”. Nel Convivio, inoltre, viene tracciato il profilo di un Amore/Eros che soffre perché è cosciente di non essere bello, di non essere sapiente ed aspira a raggiungere la bellezza, la sapienza, la perfezione. Per questo motivo Eros è “Filo-sofo” cioè amante della sapienza (“Philosophia”: termine composto da philos “amico/amante” e sophia “sapienza”)…ossia desideroso di raggiungere un livello di “essere” simile alla perfezione divina.
Risulta spontanea la correlazione tra la figura platonica dell’Amore/Eros e quella di un “Maestro Libero Muratore ”….Eros è in Massoneria l’ amore per la “Libertà, libertà di pensiero… libertà dai pregiudizi…libertà dai dogmi; Eros è in Massoneria l’“Amore per la “Conoscenza”… è l’“Amore per la ricerca della Verità”.
Philia: è un termine che indica semplicemente “ ciò che ci è caro… ciò che ci piace”; è un amore più attenuato, un sentimento più debole, che coincide con quello dell’amicizia. Esso esprime un amore più laico, solidale, fra esseri umani, basato sulla speranza e sulla fiducia nell’altro… è l’amore di affetto…è l’amore di cui spesso ci aspettiamo un ritorno, come quello appunto tra amici, che si fonda sul principio di reciprocità. In massoneria “Philia” si associa al concetto di “Fratellanza”.
Mi sembra importante parlare anche di una quarta forma d’amore: “l’Amore verso se stessi”.Questo particolare sentimento comprende: l’orgoglio, la dignità, il rispetto verso il proprio essere….verso la propria esistenza…verso i propri principi…verso la propria coscienza.
Talvolta il sentimento dell’ “Amore proprio” può dominare in un uomo ed addirittura degenerare. La poesia “ Cuore di mamma” scritta da un poeta francese Jean Richepin (1849-1926) e ripresa da Fabrizio De Andrè in una sua canzone dal titolo “ Ballata dell’amore cieco” (12): evidenzia la possibile involuzione di questo tipo di amore.
<< C’era una volta un povero idiota, molto molto tempo fa, che amava una ragazza che non lo ricambiava. Lei gli disse”portami domani il cuore di tua madre per il mio cane”. Lui andò da sua madre e l’ammazzò .. le strappò il cuore e corse indietro, mentre lo portava inciampò e cadde e il cuore rotolò in terra… mentre rotolava il cuore gli disse piangendo,
“ Ti sei fatto male, figlio mio?” >>
In essa ritroviamo l’Eros, l’amore del folle innamorato che arriva al punto di strappare il cuore a sua madre pur di accontentare la propria amata; “l’amore verso se stessi o l’amore proprio “ della donna crudele che gode nel vedere il suo amante compiere un gesto così violento; ed infine l’amore incondizionato – “Agape”- della madre verso il proprio figlio. Infatti la madre continua ad amare il figlio, nonostante le abbia tolto il cuore, ed a preoccuparsi di lui chiedendogli se si era fatto male cadendo.
L’Amore verso se stessi…la “curam”…verso le nostre passioni, verso le nostre idee, verso la nostra creatività, verso il nostro lavoro… è necessario e positivo; come possiamo comprendere dalle parole di Herman Hesse (13)
<< non vorrei vivere soltanto per amore della vita , non vorrei amare soltanto per amore della donna , ho bisogno di passare attraverso l’arte, ho bisogno del godimento solitario e trasognato dell’artista per essere soddisfatto della vita, anzi per riuscire a sopportarla >>.
…o da quelle di S. Zweig riferendosi a F.M. Dostoevskij (14)
<<… egli come tutti i suoi personaggi giunge in ogni cosa fino alla passione ; …scrive nella febbre e nella febbre vive e pensa…creare è per lui estasi, tortura… annientamento, voluttà acuita fino al dolore, dolore acuito fino alla voluttà, l’eterno spasimo…”piangendo” il ventitreenne scrive la sua prima opera “Povera gente” e da allora ogni lavoro è una crisi , una malattia. Lui mette sempre la sua eccitabilità fisica nell’azione, soffrendo con le sue creature fino nell’ultima fibra del suo animo… Dostoevskij senza passione non sarebbe stato un poeta>>.o
La cosa più importante, credo… sia continuare ad “amare”…ad avere “passione” nei confronti di ogni cosa…a gioire ed a colorare tutto ciò che ci circonda – come ci insegna la Lezione del Rito Scozzese Antico ed Accettato – perchè quando viene meno l’”Amore”…il “Movimento” si attenua… tutto diventa immobile…immoto …tutto diventa triste, monocromatico.
… e come dice Lorenzo Jovanotti in una sua canzone dal titolo “ Fango” (15) :
<<L’unico pericolo che sento veramente è quello di
non riuscire più a sentire niente,
il profumo dei fiori, l’odore della città… il sapore della pizza,
le lacrime di una mamma, le idee di uno studente…
L’unico pericolo che sento veramente è quello di
non riuscire più a sentire niente…
il battito di un cuore dentro al petto, la passione che fa crescere un progetto, l’appetito, la sete, l’evoluzione in atto… l’energia che si scatena in un contatto..
io lo so che non sono solo anche quando sono solo
io lo so che non sono solo e
rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fango…>>
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
La Bibbia di Gerusalemme. Antico Testamento: I libri Poetici e Sapienzali, pag 1477-1494, EDB, 2014)
Biagio Antonacci. Album: L’amore comporta ”tu sei bella”, 2014