PADRE NOSTRO
POT.∙.MI E RISP.∙.MI FF.∙. NELLE VS. RISP.∙.
DIGNITA’ ALL’ORIENTE
CARISSIMI FF.∙. DIG.∙. ED UFF.∙.DI LOGGIA
ED A VOI CAR.∙. FF.∙. DELLE COLONNE DEL MERIDIONE E DEL
SETTENTRIONE
UN TRIPLICE FRATERNO ABBRACCIO UNITAMENTE AD UN AFFETTUOSO SALUTO
Padre Giovanni
Vannucci, della Confraternita dei Servi di Maria, ha tradotto così il Padre
Nostro, correggendo la versione greca secondo lui inesatta:
Padre Nostro che sei nei Cieli
Santo è il Tuo Nome
Il Tuo Regno Viene
la Tua Volontà
si Compie
come in Cielo così in terra
Tu dai a noi il Pane di oggi e di domani
Tu perdoni i nostri debiti nell’istante in cui li perdoniamo ai nostri
debitori.
Tu non ci induci in tentazione
Tu ci fai liberi dal male.
In effetti, coloro che conoscono l’Ebraico e l’Aramaico sanno che gli
imperativi contenuti nel Padre Nostro in realtà dovevano essere verbi al
presente indicativo (questo viene detto anche nel libro “Il Quinto Vangelo”
edizioni Filelfo), poiché, rispetto alla complessità del verbo greco, il verbo
ebraico ha soltanto due tempi. In realtà sono due presenti (il presente in atto
ed il presente compiuto) e sono due modi di esprimere le modalità fondamentali
dell’azione perfetta e completa oppure un’azione imperfetta ed incompleta.
In questa traduzione di Padre Giovanni Vannucci, il Padre Nostro non è più una
serie di richieste a Dio, ma più una serie di constatazioni su come stanno le
cose: il Nome di Dio è Santo, punto. Il fatto che debba essere santificato o
meno è un altro paio di maniche, ma quel che viene detto nel Padre nostro
(almeno da questa traduzione) è semplicemente che il Suo Nome è Santo.
Nella traduzione a cui siamo abituati ci si augura che sia fatta la Sua Volontà, come se
sia possibile fare qualcosa che non segua la volontà di Dio, mentre qui viene
detto “la Tua Volontà
si Compie”.
“Tu perdoni i nostri debiti nell’istante in cui li perdoniamo ai nostri
debitori” è ben diverso da dire “Perdona (rimetti a noi) i nostri
debiti come noi li perdoniamo (rimettiamo) ai nostri debitori”. Nella
prima delle due versioni, il fatto che Dio perdoni i nostri debiti non è una
richiesta bensì una constatazione, e non solo: nella prima versione Dio perdona
nel momento in cui noi perdoniamo gli altri.
Questa frase del Padre Nostro tradotto da Padre Giovanni Vannucci può sembrare
non adatta ad alcune filosofie e religioni orientali in cui non esiste il
giudizio divino (e quindi neanche il perdono divino), bensì la Legge del Karma. Secondo
questo modo di vedere le cose, non è Dio a giudicare o punire o perdonare, ma
semplicemente esiste questa legge impersonale (impersonale, precisa ed
ineluttabile come la legge di gravità) secondo cui ogni azione ha il suo
effetto. Così se una persona compie un’azione positiva la positività gli
tornerà indietro in ugual misura (magari spingendolo ad evolvere) ed allo
stesso modo, se una persona compie un’azione negativa la negatività gli tornerà
in dietro pari pari (una sciagura, una malattia o un evento che faccia provare
la stessa sofferenza inferta), in modo tale da permettere di comprendere ciò
che ha commesso e le conseguenze di tale atteggiamento/gesto/pensiero…etc.
In realtà io credo che il Padre Nostro sia una preghiera così universale che
vada bene anche per chi ha questo modo di vedere le cose.
Infatti, l’azione negativa può essere paragonata a quello che la cultura
occidentale chiama “peccato” mentre la negatività che torna in dietro
può essere paragonata alla punizione divina (inferno), anche se, come ripeto,
il concetto di “colpa”, “punizione” ed “espiazione”
e tipico dell’occidente, mentre nell’oriente non c’è tutto questo giudizio,
senso di colpa e di indegnità.
Partendo da questo paragone, il perdono di Dio corrisponde, nella cultura
occidentale, alla purificazione dei peccati (perdono ottenibile mediate il
pentimento, che se visto come davvero dovrebbe essere, non è il portarsi con sè
il senso di colpa e di auto-biasimo per tutta una vita, bensì comprendere di
aver fatto del male ad altri o a se stessi), mentre in quella orientale
corrisponderebbe all’annullamento del Karma negativo, all’annullamento del
fardello che l’uomo si e’ creato da se e che si “ripareggia” subendo
una energia negativa equivalente oppure (come ha insegnato Baba Bedi XVI)
comprendendo pienamente ciò che si è commesso, le ragioni che hanno spinto ad
averlo commesso e le conseguenze che ne sono derivate.
Secondo questa traduzione del Padre Nostro, “Dio perdona” “il
karma viene risolto” se noi perdoniamo gli altri. Ma “perdonare”
altro non è che comprendere le ragioni che hanno spinto a compiere il gesto per
cui noi proviamo risentimento (gesto che possiamo aver compiuto noi stessi, non
per forza un’altra persona), quindi forse questa frase si potrebbe interpretare
nel seguente modo: il “Perdono di Dio” “la risoluzione del
Karma” avviene mediante la comprensione (perdono) di noi stessi e degli
altri. Che poi la differenza tra noi stessi e gli altri è solo illusoria,
perché in fondo siamo tutti facenti parte dell’Uno.
Un triplice fraterno abbraccio.
Fr.·. V.D.B.