UGO BASSI

UGO BASSI (Cento, Ferrara, 1801 – Bologna 1849)
Nacque a Cento, in provincia di Ferrara, il 12 agosto 1801, da Sante Luigi, impiegato della dogana pontificia, e da Felicita Rossetti. Visse la sua adolescenza sotto l‟occupazione napoleonica, infervorandosi all‟ idee di libertà ed amore di patria che, nel 1815, ad appena 14 anni, lo stimolarono a fare domanda, quale volontario, di arruolamento nell‟esercito di Gioacchino Murat. Per la sua età e per la sua esile struttura fisica, non fu nemmeno preso in considerazione. Nel 1816 entrò nel Collegio di S. Lucia, retto dai padri Barnabiti, nel quale insegnavano professori di valore, che gli conferirono un‟istruzione classica, severa e profonda. Qui ebbe la sua vocazione religiosa e, contro la volontà paterna, prese i voti nel 1821, divenendo cappellano dell‟esercito pontificio. Ma iniziò una predicazione nella quale, all‟evangelizzazione più ortodossa affiancava la denuncia aperta, inequivocabile, dei mali della società contemporanea, la difesa dei diritti degli oppressi e degli umili, una difesa tanto vibrante da apparire provocatoria ai moderati ed ai conservatori, ma soprattutto ai detentori del potere. A questi principi di libertà ed uguaglianza affiancò poi parole di elogio per i pensieri di Voltaire e Rousseau. Inevitabile fu una convocazione a Roma da parte di papa Gregorio XVI, per una sua “giustificazione”, nonché l‟inclusione nelle liste dei sospettati della polizia austriaca. Nel 1839 fu a Genova, in occasione della predica per il quaresimale in San Lorenzo, ed anche in quell‟occasione lasciò trasparire il suo amore per i principi di libertà ed uguaglianza, che erano ormai indicativi del suo orientamento politico antigovernativo; nell‟autunno dello stesso anno, a Roma, il cardinale Lambruschini, segretario di stato, avendo ricevuto i rapporti delle varie polizie di stato, lo fece controllare continuamente, gli impedì di predicare e lo accusò di essere massone. Nel 1840 fu a Piacenza dove, in una nuova predica, criticò la consuetudine delle famiglie nobili di affidare i figli a pedagoghi stipendiati, soprattutto gesuiti, critica che gli valse l‟immediato licenziamento dal vescovo, la notifica dell‟assoluta proibizione di predicare negli stati Pontifici, e l‟ordine di ritirarsi, confinato, nel convento di San Severino, nelle Marche. Il 6 luglio 1847, dopo alcuni anni di “pellegrinaggio” e di passaggio da un convento all‟altro in Puglia, in Sicilia ed in Toscana, riuscì ad avere udienza da Pio IX, successore di Gregorio XVI; il papa, ascoltate le giustificazioni del Bassi, gli concesse di ritornare a Perugia, presso i Barnabiti, con il permesso di predicare nella chiesa di S. Ercolano. In segno di ringraziamento egli compose un sonetto in onore del papa che definì “mandato da Dio quale angelo di salvezza”. Ma il 1848 e la prima guerra d‟indipendenza erano ormai vicini, e l‟8 aprile arrivarono ad Ancona alcune migliaia di volontari comandati dal generale Andrea Ferrari, accompagnati da padre Gavazzi in qualità di cappellano delle truppe pontificie; il Bassi chiese ed ottenne di essere accettato tra le loro fila e fu assegnato come cappellano al II reggimento. Con padre Gavazzi iniziò un‟intensa opera di propaganda per raccogliere volontari e fondi; li troveremo a predicare a Rimini, a Faenza, a Cesena. Il 23 aprile i volontari pontifici entrarono trionfalmente in Bologna. Ma proprio a Bologna giunse la notizia che il papa aveva disgiunto le responsabilità della Chiesa dalla causa dell‟indipendenza italiana. Il cardinale Luigi Amat, preoccupato per le conseguenze che tale atteggiamento papale avrebbe potuto provocare tra la popolazione, gli chiese di adoperarsi come pacificatore, ma Bassi, ormai legato alla causa dell‟indipendenza italiana, lasciò Bologna per recarsi in Veneto, dove nel frattempo si era trasferito il suo battaglione. Il 2 maggio si presentò a Daniele Manin a Venezia, dove raccolse fondi e materiale per i combattenti, poi si recò a Treviso assediata dagli austriaci. Il 12 maggio, in una sortita nel tentativo di respingere gli assedianti, fu ferito ad una mano, al braccio ed al torace. Abbandonata Treviso, si rifugiò con il suo battaglione a Venezia, dove venne operato per l‟estrazione della palla che gli era rimasta conficcata nel torace. Durante la lunga convalescenza scrisse e pubblicò una raccolta di versi patriottici dai quali è evidente che la sua illusione politica su Pio IX è ormai svanita, e l‟imperativo del momento gli appare uno solo: la guerra allo straniero. Nel futuro dell‟Italia egli cominciò ad intravedere una repubblica in cui uomini come Daniele Manin si sarebbero dovuti porre a guida di un popolo ricondotto ad una religione più salda ed incorrotta. L‟undici febbraio, ancora scosso ed incredulo per l‟enciclica del 1° gennaio del 1849, nella quale Pio IX, in difesa del proprio potere temporale, dichiarava scomunicati tutti coloro che in qualsiasi modo si adoperavano contro di esso, venuto a conoscenza della proclamazione della Repubblica Romana, partì per raggiungere le truppe del generale Ferrari, che a Terracina si preparavano a combattere il generale Zucchi, rimasto fedele al papa. Secondo Bassi combattere contro le truppe pontificie in difesa della Repubblica Romana non era un atto di ribellione, perché si sentiva legato al papa solo come cattolico, non più come italiano. A Rieti, il 4 aprile, incontrò Giuseppe Garibaldi, gettò il nero abito barnabitico ed indossò la divisa rossa degli ufficiali della legione. L‟eco dell‟emozione del suo incontro con Garibaldi la ritroviamo in una lettera di quei giorni: “…Garibaldi è l’eroe più degno di poema, che io sperassi in vita mia di vedere. Le nostre anime si sono congiunte come se fossero state sorelle in cielo prima che trovarsi nelle vie della terra”.
Il 27 aprile partecipò al vittorioso combattimento contro i Francesi a porta S. Pancrazio, poi a Palestrina, ma il giorno 30, con una violenta controffensiva, i Francesi entrarono in città e Bassi, con Garibaldi, Anita, ed altri 250 uomini, fuggirono da Roma. L‟odissea dei garibaldini durò circa un mese, ed il 31 luglio, dopo aver attraversato il Lazio, la Toscana e le Marche, giunsero a San Marino dove ricevettero viveri, ma non il permesso di entrare nel territorio della repubblica; accortosi che gli austriaci li stavano circondando, Garibaldi ordinò di ripiegare verso il mare, e nella notte tra il 1° ed il 2 agosto giunsero a Cesenatico, dove riuscirono ad imbarcarsi; scoperti durante la notte dalla flotta austriaca, gli occupanti di alcune imbarcazioni si arresero, mentre Garibaldi con altri, compreso il Bassi, presero terra a Magnavacca e si diressero verso Comacchio, disperdendosi nel tentativo di sfuggire alla polizia austriaca, che era ormai sulle loro tracce. La notte del 3 agosto, Bassi e Livraghi, nell‟osteria delle Luna, dove si erano fermati per consumare un pasto, furono arrestati da quattro carabinieri della gendarmeria pontificia. Il 5 agosto i due vennero prelevati dal carcere di Comacchio e trasferiti a Bologna dove il giorno otto, senza un processo, venne loro comunicata la sentenza di morte, che fu eseguita il giorno dopo mediante fucilazione. Bassi fu sepolto senza bara, poco lontano da dove era stato fucilato, ma nei giorni successivi gruppi sempre più numerosi di bolognesi si recarono su questo tumulo di terra a deporre fiori, e sui muri di Bologna comparvero scritte minacciose ed aspre parole di vendetta contro gli Austriaci, per un uomo ucciso senza processo in violazione delle leggi dello stato della Chiesa. Per impedire ai Bolognesi ulteriori manifestazioni di ammirazione, se non d‟amore nei suoi confronti, nella notte tra il 18 e il 19 agosto il suo corpo venne esumato ed occultato nel cimitero della Certosa in una tomba senza nome. Solo nell‟agosto del 1859 i parenti ottennero che le ossa di Ugo Bassi fossero collocate nella tomba di famiglia, accanto ai genitori. Ugo Bassi era stato iniziato massone nel 1840 presso la Loggia “Concordia” all’Oriente di Bologna.

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