L’AGAPE MASSONICA

L’agape

Caro lettore, in questo periodo di festività, sembrava normale che il dossier dell’ultima edizione dell’anno fosse consacrato alle agapi. Sia nel cuore delle nostre officine che nei circoli profani, il banchetto – rituale e/o conviviale – gioca un ruolo essenziale nelle nostre relazioni con i nostri vicini. Occasione votata a rafforzare i legami personali, opportunità di rifare il mondo o momento dedicato alla riflessione comune senza costrizione formale, l’agape è un momento prezioso della vita massonica e sociale. E come lo mostra l’indagine approfondita di Daniele Bui, Jacques Tornay e Thomas Müller, la sua importanza non è mai stata smentita nel corso dei secoli.

Se dunque “tutto è agape”, come si potrebbe a giusto titolo pretendere, è con i nostri auguri di pieno successo e felicità che tutta l’équipe redazionale dell’Alpina  vi invita ad approfittare di questi rari momenti dove il tempo e lo spazio sono dedicati al semplice piacere di essere con l’altro, dimenticando grattacapi, problemi ed inquietudini che parassitano il presente.

Non sapremmo di conseguenza lasciare che il 2014 termini senza tirare un bilancio dell’anno che si conclude. Nuova formula, nuove rubriche: la rivista Alpina si vuole decisamente aperta all’innovazione. Con la sola ambizione di servirvi, di informarvi e di interessarvi. Per i tempi a venire, il nostro obiettivo non è dunque altro che quello di immaginarvi fedeli all’appuntamento, ogni mese. Sapendo che le vostre critiche, positive o negative, saranno sempre le benvenute, così come i contributi che ciascuno, a titolo individuale o attraverso le Logge, ci farà pervenire.

Pierre-Alexandre Joye (traduzione D.B.)

Dossier

L’Agape massonica

Condividere un pasto fa parte di quasi tutte le culture. Pranziamo assieme in occasione di una nascita, un matrimonio, un decesso. Il pasto in comune offre l’occasione di affermare la coesione tra i commensali. Come in ogni società fraterna i banchetti ed i pasti consumati assieme hanno sempre rappresentato un posto importante nella socialità massonica.

Daniele Bui

Il termine deriva dal greco agapé, che vuol dire amore, carità. Derivato di un verbo che significa «accogliere con amicizia», «mostrare dell’affetto per qualcuno», esso rinvia ad una forma di amore singolare, distinto dall’eros. Si tratta di un amore fatto di valori squisitamente massonici come la devozione, la tenerezza e la benevolenza il cui equivalente è la caritas latina. I greci dell’età classica distinguevano tre diverse tipologie di amore: Eros, Philia, Agape. Il primo è l’amore che ci infiamma per una donna, un ideale, un mito … Il secondo è l’amore che ci spinge a comprendere, a penetrare il significato profondo delle cose. Il terzo infine è l’idea di amore che, partendo dalla consapevolezza di appartenenza al tutto, ci permette di entrare in simbiosi osmotica con quanti e quanto ci circonda. Il termine in particolare indica una cerimonia cristiana dei primi secoli incentrata su un banchetto eucaristico. Secondo alcuni studiosi i banchetti massonici deriverebbero appunto dalle agapi cristiane. Il filosofo e massone tedesco Fichte, autore della celebre Filosofia della Massoneria, fa derivare il termine Massoneria da Mase, «tavola», da cui Masonei e quindi Massoni e Massoneria (Compagnia da tavola). L’Agape può essere Bianca oppure Rituale. Quella Bianca si riferisce a convivi informali, organizzati in talune occasioni particolari ed aperte alla partecipazione delle donne e dei profani. Di norma tali occasioni coincidono con i Solstizi. Le Agapi rituali sono organizzate più raramente, e prevedono la partecipazione dei soli Fratelli della Loggia. Ai dignitari vi vengono assegnati posti ben stabiliti, ed uno specifico rituale viene osservato dai commensali sia nella consumazione delle poche e semplici portate previste, sia nell’esecuzione dei vari brindisi, effettuati dal Maestro venerabile o da un Fratello da lui appositamente incaricato.

Storia, simboli e rituali

Nell’Antichità l’Agape designava più che altro un pasto fraterno di carattere liturgico, nel corso del quale veniva celebrata l’Eucarestia. Quest’uso sarebbe esistito nel I secolo e avrebbe avuto origine dai banchetti dei cristiani di Corinto di cui l’apostolo Paolo denuncia gli eccessi. L’Agape, probabilmente degenerata in bisboccia e abbuffate, fu vietata nel VI secolo per cessare definitivamente nel VII. Nella Cité Antique, il famoso storico Fustel de Coulange ricorda che consumare del cibo preparato su un altare rappresentò la prima forma data dall’uomo all’atto religioso. Questo banchetto esprimeva il bisogno di porsi in contatto e comunione con la divinità, che dopo essere stata invitata veniva naturalmente servita. L’uso di questi pasti pubblici, o banchetti agli Dei, era molto diffuso in Grecia, dove si credeva che la salute della città dipendesse da tale adempimento. Come scrive Irène Mainguy «Nell’Odissea, Omero fornisce la descrizione di uno di tali banchetti sacri che si aprivano e terminavano con libagioni e preghiere. I cittadini invitati alla mensa sacra erano momentaneamente rivestiti della dignità sacerdotale. È innegabile che banchetti del genere avessero carattere di cerimonia religiosa, poiché si effettuavano invocazioni e libagioni, e si cantavano inni. La natura delle vivande e la qualità del vino servito erano regolati dal rituale di ogni città. Tale pratica si ritrova nella Roma antica, in cui il Senato dedicava determinati giorni ai banchetti sacri sul Campidoglio`». Queste antiche tradizioni ci danno un’idea dello stretto legame che univa i componenti di una città, o di un gruppo accomunato dagli stessi ideali e aspirazioni. L’unione tra gli uomini era simboleggiata dal pasto consumato in comune, nel quale si può riconoscere una prefigurazione delle agapi massoniche e del senso della parola compagno (cum e panis chi mangia lo stesso pane). All’inizio dell’era cristiana, Plutarco parla die banchetti spartani, precisando che essi alimentano l’amicizia e l’affetto tra i partecipanti, e da tale descrizione si può dedurre di essere già in presenza di pasti consumati in loggia di tavola.

Il banchetto rituale è pressoché generalizzato, e rappresenta fondamentalmente la partecipazione a una società, a un progetto, a un’associazione di persone unite da forti legami ideologici. L’Agape massonica «è una delle più antiche e solide tradizioni massoniche», possiamo pensare antica quanto la massoneria stessa .Già si fa cenno di banchetti massonici tenuti dopo le riunioni di Gran Loggia nelle Costituzioni  di Anderson risalenti al 1723, che riportano di tale usanza almeno fin dal 1717, ma è probabile che l’abitudine di riunirsi a banchettare dopo il lavori di loggia risalga ai primi anni del XVIII secolo. E’ certo, comunque, che nei decenni successivi a tale data sia in Inghilterra sia nell’Europa continentale, ove la massoneria si andava rapidamente diffondendo, i cosiddetti «lavori di tavola» assunsero una particolare rilevanza tra i Liberi Muratori. Le prime pubblicazioni in Italia sulla libera muratoria così come diversi altri scritti di autori della seconda metà del 700, già dedicano ampio spazio ai banchetti dei Liberi Muratori. Molte pagine vengono dedicate al lessico usato a tavola, ai nomi impiegati per individuare arredi e posateria, ai brindisi, alla forma della tavola ed ai posti assegnati ai commensali nei giorni dell’anno in cui festeggiare con banchetti rituali o agapi d’obbligo. Così ad esempio il «Codice Massonico delle Logge riunite di Francia» (1779) approvato nel Convento di Lione nel 1778 che fu all’origine del Rito Scozzese Rettificato, fa riferimento alle «feste» di San Giovanni Battista (24 giugno), di San Giovanni d’inverno (27 dicembre) e a quella del «rinnovamento dell’Ordine» (6 novembre). Nello stesso periodo appare perfettamente ritualizzata l’agape massonica nell’ambito del Rito Francese altrimenti indicato come Moderno o Riformato, tant’è che per «i lavori di tavola» questi codici o regolamenti sono stampati a uso delle Logge del Grande Oriente di Francia. Così nel 1786 è pubblicato un rituale a stampa utilizzato nell’ambito del Rito Francese quasi contestualmente ad altra pubblicazione (manoscritta) del 1783 utilizzata prima in seno al Grande Oriente di Francia e poi, negli anni successivi, dal Grande Oriente d’Italia. In tale rituale si descrive con estrema precisione la struttura della tavola a ferro di cavallo, il posto occupato dagli Ufficiali di Loggia, dagli ospiti, dai fratelli di loggia secondo il loro grado, le funzioni che ogni fratello massone ricopre durante la celebrazione dell’agape, i nomi usati per indicare bevande, cibi, posaterie e arredi, l’ordine dei brindisi e i soggetti ai quali si brinda, le posizioni da assumere durante i brindisi e le frasi da pronunciare.

Senso dell’Agape

Non si dovrebbe confondere l’Agape con una semplice e allegra riunione conviviale, quasi un momento ricreativo tra amici goliardici; si tratta in realtà di una condivisione sacralizzata, in un tempo e in uno spazio anch’essi sacralizzati, si tratta di un pasto che più che saziare, ha il compito di porsi quale simbolo e momento di riflessione. Troppo spesso non si presta la dovuta attenzione alla «masticazione », concentrandosi piuttosto su ciò che è più o meno gradito ai nostri palati. Il pasto condiviso ritualmente non può soggiacere a queste variabili. Ogni portata infatti ha il suo perché e la sua funzione in un dato momento; ogni gesto, ogni parola è motivato. L’assunzione del cibo è misurata, per far riflettere piuttosto che saziare. Le Agapi contraddistinguono un tempo privilegiato di convivialità che unisce i Fratelli di una loggia intorno a un pasto, frugale o no. Esse consentono di rafforzare quei legami che collegano gli anelli della catena massonica della loggia gli uni agli altri. Trovare l’equilibrio e la misura nella condivisione è spesso difficile; tuttavia, è ragionevole considerare che l’esagerata nutrizione e l’abbondanza sono sinonimo di spreco, cioè di un atteggiamento contrario allo spirito iniziale dell’Agape. Come detto la finalità dell’agape è rappresentata dalla fusione dei cuori nell’amicizia. L’itinerario per arrivarvi passa attraverso un lungo apprendistato e la scoperta della personalità degli altri Fratelli che condividono con noi un’esperienza esistenziale unica.

(Alpina 12/2014)

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