Il Fratello Tesoriere ed il gioiello che ne orna il collare Considerazioni su alcuni aspetti simbolici ed operativi della funzione del Fratello tesoriere e della Chiave
Maestro Venerabile, Fratelli carissimi, questa tavola si propone, quale scopo principale, pendendo come spunto e supporto di lavoro la funzione del Fratello Tesoriere e della Chiave che ne orna il collare, il tentativo di fare luce su alcuni aspetti di questo simbolismo e, dove fosse possibile, cercare di trarne qualche spunto operativo, naturalmente, con l’apporto dei Fratelli nell’interscambio del lavoro collettivo. Abbiamo trattato alcune volte, in questa Officina, delle funzioni di Loggia, e si è detto queste che esse rappresentano, o meglio esprimono, nei Dignitari ed Ufficiali di Loggia degli aspetti del G..A..D..U.. Stando così le cose appare evidente che le funzioni di Loggia debbono essere prese in considerazione allo stesso titolo dei simboli statici od agiti che la Tradizione Massonica mette a disposizione dei componenti della propria Catena iniziatica, per un proficuo lavoro personale di riflessione e meditazione sui medesimi. Nel caso dei Dignitari (ma la cosa è adeguatamente attendibile per ogni altra funzione) si può dire che questi esplicitino o rappresentino una Dignità. A mio avviso, questa Dignità è da considerarsi come l’espressione del sacro il quale introduce nel relativo una sua qualità o aspetto. Viste in quest’ottica, anche le funzioni che pare abbiano, da un punto di vista esteriore, un’utilità squisitamente amministrativa ed economica sono dei supporti i quali sottintendono una molteplicità di significati nascosti, ossia interiori, inerenti alla qualità essenziale del simbolo. Ritengo che lo sforzo per tentare di restituire il senso originario a quanto ci è stato trasmesso dalla Libera Muratoria, nei suoi simboli e riti, debba di per se stesso considerarsi un lavoro utile ed efficace per tutti noi Massoni di buona volontà, che sentiamo l’esigenza di cercare delle aperture e di riscoprire 1 metodi e le tecniche operative indispensabili per un corretto cammino verso l’acquisizione della Luce. Il Fratello Tesoriere, ci ricorda l’articolo 42 del Regolamento, è il custode del Tesoro di Loggia, il suo compito è quello di provvedere alla riscossione delle Capitazioni, curare la gestione economica della Loggia, tenendo in ordine la contabilità ed adempiendo ai vari pagamenti secondo quanto prescritto dal Regolamento. Un importante aspetto simbolico della funzione del Tesoriere è dunque quello riguardante le Capitazioni. Quale è il significato profondo inerente alla riscossione ed al pagamento delle Capitazioni? Per iniziare l’esposizione di quanto desidero trattare è forse meglio che mi rifaccia, anzitutto, ad un brano del Libro della Sacra Legge dove è narrato l’incontro di Melki-Tsedeq con Abramo: “E Melki-Tsedeq, re di Salem, fece portare del pane e del vino; ed egli era sacerdote di Dio l’Altissimo. Ed egli benedisse Abramo dicendo: benedetto sia Abramo da parte di Dio l’’Altissimo possessore dei Cieli e della Terra; e benedetto sia Dio l’Altissimo che ha consegnato i tuoi nemici fra le sue mani. E Abramo gli diede la decima parte di tutto quanto aveva preso” (Genesi XIV, 18 – 20). San Paolo, commentandone il testo dice che: “Questo Melki-Tsedeq, re di Salem, sacerdote di Dio l’Altissimo, che si presentò davanti ad Abramo mentre questo tornava dalla disfatta dei re, che lo benedisse ed a cui Abramo diede la decima parte di tutto il bottino, che è, anzitutto, secondo il significato del suo nome, re di giustizia, poi, re di Salem, cioè re della Pace, che è senza padre, senza madre, senza genealogia, la cui vita non ha inizio, né fine, ma che così è fatto simile al Figlio di Dio, questo Melki-Tsedeq resta sacerdote in perpetuità” (Epistola agli ebrei VII, 1 – 3). Melki-Tsedeq viene in questo modo rappresentato da San Paolo come superiore ad Abramo, poiché lo benedice, infatti “… inoppugnabilmente, è l’inferiore ad essere benedetto dal superiore” (Epistola agli ebrei VII, 7). Abramo dal canto suo riconosce tale superiorità perché gli da la decima, cosa questa che rappresenta il segno della sua dipendenza. Pagare la decima significava, anzitutto, riconoscere spontaneamente l’esistenza di un’Autorità; inoltre era il modo più semplice per provvedere alla sussistenza di chi svolgeva una funzione sacerdotale, cioè una funzione conservatrice e dispensatrice di influenze spirituali. Nell’antichità, la decima veniva versata, per i motivi detti, dalla comunità all’autorità spirituale od ai suoi rappresentanti. Questo uso si perpetuò fin nel Medio Evo occidentale e se ne può perfino trovare l’esplicita disposizione nei Capitolari di Carlo Magno. 1 beni raccolti dall’autorità spirituale venivano poi sacrificati alla divinità, oppure rimessi in circolazione, anche sotto forma di moneta coniata, la quale portava impressi simboli e formule sacre, in modo da farne un veicolo di influenze spirituali. Questa funzione conservatrice € dispensatrice di influenze spirituali veniva assicurata da organizzazioni a carattere iniziatico, delle quali, nel Medio Evo occidentale, la più importante era verosimilmente l’Ordine del Tempio. Infatti l’autorità dei Templari era assicurata e riconosciuta da tutti, anche dai regnanti di quel tempo, e forse ritenuta superiore a quella della stessa Chiesa Cattolica. Per questo motivo le decime venivano versate all’Ordine del Tempio perfino dai nobili e dai re, mentre i Cavalieri Templari erano gli unici a non pagare i tributi e le decime stabilite in quell’epoca. Il controllo monetario e l’intervento dei Templari nella coniazione della moneta e nella determinazione del valore del titolo stesso fece sì che questi venissero anche chiamati “i banchieri dell’Europa Medioevale”. L’autorità e la potenza dell’Ordine del Tempio veniva necessariamente a manifestarsi sul piano contingente mediante il possesso di enormi ricchezze”. Benché l’Ordine del Tempio fosse ricco, il Cavaliere Templare non possedeva nulla di proprio, poiché per essere ammesso nell’Ordine aveva l’obbligo del voto di povertà, oltre a quelli di obbedienza e castità. 1 Templari erano, a tutti gli effetti, dei monaci guerrieri, guardiani della “Cristianità Occidentale”. Da quanto esposto finora è possibile dedurre che la funzione del Tesoriere, almeno in alcuni dei suoi aspetti, quale vestigio o ricordo di una funzione ben più estesa, possa rientrare nella categoria di coloro i quali raccoglievano le decime per ordine dell’autorità spirituale. Si deduce ancora che per noi Liberi Muratori, il versare le Capitazioni al Tesoriere, ossia, in questo contesto, al rappresentante dell’autorità spirituale Massonica, significhi anzitutto riconoscere l’autorità dispensatrice dell’influenza spirituale di cui l’organizzazione Massonica è la legittima depositaria, in maniera spontanea e cosciente, ed anche di conseguenza porci nella condizione di sottomissione o dipendenza gerarchica nei confronti dell’autorità Massonica medesima. Inoltre, pagare le Capitazioni rappresenta, a mio avviso, anche un modo di sacrificare (dal latino sacrum facere = rendere sacro) qualcosa di noi stessi nella moneta versata: Questo adempimento di un dovere è considerato tradizionalmente come un atto che purifica i beni posseduti e, nel contempo, ne propizia l’acquisizione di altri. Dalle considerazioni fatte finora, emerge in maniera abbastanza evidente che nella funzione del Tesoriere e nelle Capitazioni da questo raccolte è insito un profondo simbolismo operativo-sacrificale, strettamente legato a corretti rapporti gerarchici di dipendenza sacrificale. Il Fratello Tesoriere, come è stato ricordato precedentemente, oltre che a raccogliere le Capitazioni, si occupa pure dell’amministrazione del Tesoro di Loggia di cui è custode, tenendo in ordine la contabilità di cassa ed adempiendo ai vari pagamenti; ovvero, in altri termini, egli cura la “gestione economica” della Loggia attenendosi alle prescrizioni del Regolamento ed agli ordinativi del Maestro Venerabile (Occorre ricordare che ogni funzione deve sempre fare riferimento alla funzione principale della Saggezza, rappresentata dal Maestro Venerabile, nella quale si armonizza e completa). Penso si possa trarre qualche insegnamento anche da quest’altro aspetto simbolico della funzione del Tesoriere. In primo luogo prendiamo in considerazioni le comuni operazioni di cassa, quali entrate, uscite, totali, parziali e generali. Queste operazioni devono essere viste dal noi Liberi Muratori in un’ottica iniziatica e, perciò, interpretate in chiave simbolica. Pensiamo dunque alla moneta raccolta per le Capitazioni; moneta che viene tolta al mondo profano, mondo delle “tenebre esteriori”, in seno al quale sarebbe stata utilizzata per scopi profani, la quale viene invece così impiegata nell’organizzazione iniziatica Massonica, mondo della “Luce”, per scopi sacri. Noi tutti sappiamo che la moneta è pure, massonicamente, messa in relazione con i metalli ed i vizi (Naturalmente questa relazione evidenzia particolarmente gli aspetti oscuri ed infernali della moneta e dei metalli). Si può supporre, da questo particolare punto di vista, che la moneta impiegata per scopi sacri esprima, nel suo processo simbolico di sacralizzazione, come delle successive intrinseche trasmutazioni ed una conseguente sublimazione finale. Il rituale ci ricorda che lo scopo delle nostre riunioni è quello di “scavare oscure e profonde prigioni al vizio ed innalzare Templi alla Virtù”. Ciò sta ad indicare che ogni Libero Muratore ha il dovere di operare sulla propria pietra grezza, mediante un indispensabile ed opportuno lavoro interiore, una trasmutazione dei propri vizi, i quali dovranno essere debitamente sublimati in Virtù, affinché la pietra grezza divenga cubica. Per le ragioni finora esposte, ritengo si possa verosimilmente pensare che le operazioni di cassa indichino o rappresentino simbolicamente quelle operazioni ermetiche di trasmutazione animica (solve e coagula) che ogni Libere Muratore deve compiere effettivamente nella propria anima, in termini e metodi Massonici, se vuole veramente accedere alla Luce. Non considero che sia comunque il caso di dilungarmi altre su quest’ultima questione, essendo sufficiente, a mio avviso ed in questo particolare contesto, quanto ho finora genericamente tratteggiato. Giudico invece degno di speciale interesse soffermarmi un poco sul concetto di “vestione economica”, in quanto ciò può dare, secondo me, qualche chiarificazione abbastanza importate riguardo l’argomento trattato. Per fare ciò mi pare utile e doveroso risalire ai significati che venivano attribuiti nell’antichità (Greca, Romana, Medioevale) alla “gestione economica”, e ricercare nella derivazione etimologica della parola “economia” questi significati. È risaputo che la parola “economia” deriva dal greco “oîkos n6mos”. Esaminando i due termini che compongono questa parola si ha modo di constatare che “oîkos” significa “casa, abitazione, dimora” ed in particolare “dimora dell’anima”; mentre “n6mos” significa “legge, legge divina, legge tradizionale e rituale. Questo necessario accenno etimologico permette di comprendere meglio le motivazioni che inducevano gli antichi ad intendere la “gestione economica” nel duplice significato di “governo della casa” e di “legge divina relativa alla dimora dell’anima”, e quindi anche quale “via della grazia o della salvazione’. A conferma di questo, basti ricordare che per le Corporazioni di Mestiere del Medioevo (la Libera Muratoria era una di queste Corporazioni) l’attività “economica” era intesa nel duplice significato di sostentamento materiale e mezzo o supporto per una realizzazione spirituale, di cui solo quest’ultimo significato, imperniato su procedimenti di ordine strettamente iniziatico, aveva importanza predominante. A questo punto, ed in virtù di quanto ho desiderato evidenziare, si potrebbe aprire un lungo discorso sulla “gestione economica” della Loggia; ma non stimo opportuno sviluppare troppo questo argomento in questa Camera di Apprendista, sia per la sua delicatezza, che per la sua vastità che mi condurrebbe necessariamente lontano da quanto mi propongo di trattare. Mi si impone, comunque, il dovere di evidenziare almeno la natura di alcuni presupposti essenziali, affinché si possa “gestire” in maniera adeguata una Loggia Massonica e, conseguentemente, dare qualche accenno di massima riguardo la “gestione economica” della Loggia. Non bisogna dimenticare, in primo luogo, che la Loggia, in quanto macrocosmo, deve fornirci, in tutto quanto la costituisce, un “modello ordinato” ed una “guida” a cui ogni singolo componente della stessa deve, in quanto microcosmo, riferirsi quale pietra di paragone, per fare ordine nella propria anima. Occorre pure ricordare che una Loggia massonica deve essere “regolare, giusta e perfetta”; per il numero dei Fratelli (il minimo richiesto, ovviamente) che la costituiscono e per comunità di intenti, per la adeguata e coerente collocazione dei Fratelli e di tutti gli altri simboli del grado in cui si lavora e per lo svolgimento corretto del rituale corrispondente. Le condizioni esposte sono volte a costituire debitamente la Loggia, ed 10 le ritengo premesse indispensabili affinché si possa conseguentemente effettuare la regolare apertura dei lavori, atto rituale quest’ultimo che, richiamando sulla Loggia stessa la discesa dell’influenza spirituale Massonica, la qualificherà rendendola “luogo illuminatissimo e regolarissimo”. Un passo del rituale inglese Emulation fa recitare al Fratello Oratore, poco prima della dichiarazione di apertura dei lavori in grado di Apprendista, la seguente formula di invocazione: “Poiché la Loggia è debitamente costituita, prima che se ne dichiarino aperti 1 lavori, invochiamo l’assistenza del G.’.A.’.D.’.U.’. su tutte le nostre imprese. Possano i nostri lavori così aperti nell’ordine, proseguire nell’armonia e chiudersi nella pace”. Penso che il passo citato intenda evidenziare, naturalmente assieme ad altri molteplici insegnamenti, l’importanza essenziale di soddisfare le dovute condizioni di regolarità atte a formare debitamente una Loggia Massonica. È opportuno inoltre, a questo proposito, non scordare che negli ultimi due secoli, ed in particolare durante il XIX secolo, si sono verificate delle manipolazioni più o meno avventate ed arbitrarie a carico del nostro patrimonio simbolico e rituale, che pur non intaccandone l’essenza profonda, hanno non di meno concesso spazio a delle lacune e a delle incoerenze sia sul piano simbolico, che su quello rituale. Nella prospettiva abbozzata si comprende la speciale importanza rivestita da tutti quei lavori storici e simbolici che la nostra Loggia effettua da diverso tempo e continua tuttora a sviluppare. Lavori di questo genere poterebbero, a mio avviso, essere volti ed utilizzati anche alla ricerca di una più giusta e coerente collocazione dei simboli, sia in Loggia che, soprattutto, in noi stessi, e contemporaneamente alla ricerca di una più corretta e coerente applicazione possibile del rituale. Necessariamente questo delicato tipo di indagine dovrà essere svolto da ogni Fratello, con sincerità, ponderatezza e vigilanza Massonica, avendo ben presente la “doverosa necessità” di non superare mai i limiti stabiliti ed imposti dal “Landmarks Massonici”. Pertanto, operando adeguatamente in tale modo e direzione, questa indagine non potrà che tendere ad una elevazione del grado di comprensione dei Fratelli e del relativo grado di qualità della Loggia. È necessario comunque, riguardo a qualunque lavoro Massonico da compiere, lo sforzo volitivo di tutti i Fratelli, affinché le forze e le energie di ognuno vengano utilizzate, tenendo presente la natura propria di ogni Fratello, di modo che la Costruzione collettiva del Tempio si sviluppi con ordine, coerenza ed armonia, secondo il Piano Architettonico tracciato in Divinis dal G.’.A.’.D.’.U.’. Saggezza, Forza e Bellezza, e conseguentemente quale logica applicazione ed estensione sul piano umano di questi tre principi, amore, ordine, equilibrio, armonia, rigore, misericordia, giustizia, vigilanza, perseveranza e sincerità in tutto quanto siamo chiamati a compire, sia collettivamente che singolarmente, col fine principale di realizzare in noi stessi la Luce Divina. Questa attitudine ad affrontare la vita iniziatica è il nostro precipuo dovere, il quale è in stretta relazione con la ricerca di “quel giusto equilibrio” che il nostro rituale di iniziazione al grado di Apprendista ci ricorda essere “la scienza della vita”. Ogni Fratello, a questo riguardo, deve infatti potere esprimere, ed ha il dovere di farlo con coscienza iniziatica, le proprie possibilità positive, ossia avere il modo di far fruttare i “talenti” che gli sono stati assegnati dal G… A..D..U.. (vedere la parabola evangelica dei talenti, Matteo XXV, 14 – 30). Il dovere della Loggia, poiché è inerente alla sua funzione di “guida”, è di conseguenza, quello di permettere ai propri componenti di potere effettivamente sviluppare e realizzare le possibilità positive di ognuno, mediante tutte le metodologie insite nei simboli e riti trasmessi dalla Tradizione Massonica. Quanto ho finora sommariamente esposto mi pare, in linea di massima, l’insegnamento che vuole esprimere il complesso simbolismo della “gestione economica” della Loggia, Infatti occorre, in quest’ottica, tendere ad effettivizzare quei passi del rituale di Apprendista, dove si afferma che il 2° Sorvegliante ha il dovere di “chiamare i Fratelli alla ricreazione e dalla ricreazione al Lavoro”, mentre il 1° Sorvegliante di “pagare gli operai (dopo aver accertato che ogni Operaio abbia avuto ciò che gli è dovuto) e mandarli via contenti e soddisfatti a Gloria ed Onore dell’Ordine”. Un altro aspetto, non meno importante, del Fratello tesoriere è quello di custode dello Scrigno o Cassa contenete il Tesoro di Loggia. Quest’ultimo aspetto è intimamente legato al possesso della Chiave che serve ad aprire lo Scrigno del Tesoro; Chiave che, non a caso, è visibile in Loggia nel gioiello appeso al collare del Tesoriere. Credo sia importante, in questo contesto, tentare di comprendere l’insegnamento che suggerisce il simbolismo dello Scrigno del Tesoro e del possesso della Chiave che apre e chiude tale Scrigno”. In diverse tradizioni ed anche in molte fiabe e leggende il Tesoro da cercare e scoprire è messo in relazione con i segreti dell’iniziazione, cosi come la Chiave, in virtù del proprio simbolismo assiale che le conferisce il potere di aprire e chiudere (sciogliere e legare, solve e coagula ermetico), rappresenta il mezzo operativo per il raggiungimento ed il possesso del Tesoro nascosto. Nel caso della Libera Muratoria è molto probabile che la Chiave in questione rappresenti simbolicamente la “Chiave del Segreto Massonico” e lo Scrigno del Tesoro il “segreto Massonico” stesso, Un accostamento alquanto interessante e chiarificatore di questo simbolismo è evidenziato in un passo del rituale Massonico di Apprendista usato da alcune Logge francesi, all’obbedienza della Gran Loggia di Francia, che lavorano nei tre gradi con il rituale “Scozzese”. Il passo che ci riguarda recita all’incirca così:
M .’.V.’. Cosa veniamo a fare il Loggia
2° Sorv. A vincere le nostre passioni, sottomettere la nostra volontà e fare nuovi progressi in Massoneria.
M.’.V.’. Cos’è dunque la Massoneria?
2° Sorv. È un segreto fra noi Fratello mio.
M.’.V.’. Dove custodite questo segreto Fratello mio?
2° Sorv, In uno Scrigno d’osso che non si apre e non si chiude se non con la chiave.
M.’.V.’. Avete questa chiave Fratello mio?
2° Sorv. Sì, ma questa Chiave non è in metallo, bensì una “lingua sincera” sia dinanzi ad un Fratello che alle sue spalle.
In questo passo è evidenziato che il Segreto Massonico è custodito in uno Scrigno d’osso. Nella tradizione ebraica si fa menzione ad un germe indistruttibile dell’essere chiamato “luz”, o nucleo di immortalità, il quale viene descritto come una particella d’osso durissimo (È probabile che vi sia qualche relazione fra il “luz” ed il “granello di senape” evangelico). Questo “luz” ha, nella tradizione ebraica, differenti localizzazioni simboliche nella sua corrispondenza con l’organismo corporeo dell’uomo, che corrispondono a fasi diverse del suo sviluppo spirituale, ossia a fasi dell’iniziazione effettiva. Nell’uomo ordinario, e nell’iniziato virtuale, il “luz” è situato simbolicamente in stato si “sonno” alla base della colonna vertebrale. Nell’iniziato, che ha di fatto compiuta la discesa agli inferi, la localizzazione del “luz” si situa nel cuore, dove inizia la fase di “germinazione” corrispondente alla effettivizzazione della sua iniziazione, o “seconda nascita”, mentre la localizzazione nell’occhio frontale corrisponde alla realizzazione dello “stato Edenico” ossia alla perfezione dello stato umano. Infine vi è ancora la localizzazione del “luz” sulla corona della testa, corrispondente a stati di conoscenza che vanno dalla realizzazione degli stati angelici fino alla identificazione con “l’Amor che move il Sole e l’altre stelle” (ossia il Sé). È noto, inoltre, che in diverse tradizioni si fa cenno allo “Scrigno del Cuore”, ed è legittimo assimilare simbolicamente lo Scrigno al Centro dell’essere, ossia al Cuore. Vi sono indubbiamente delle relazioni fra il cuore luogo della fase di germinazione ed il Cuore quale Centro dell’essere, e ritengo, senza dilungarmi sull’argomento, che la relazione sia quella esistente fra i “Grandi Misteri” (Cuore spirituale) ed i “Piccoli Misteri” (centri sottili dell’essere umano). Comunque,il Cuore è, in tutte le tradizioni, il Centro immutabile di ogni essere, di ogni mondo e dell’universo, ed è il “Luogo Divino” in cui si devono cercare e scoprire i veri Segreti dell’iniziazione, ossia la vera Essenza spirituale, l’origine e la fine (l’Alfa e l’Omega), la ragione d’essere di ogni cosa. Per quanto riguarda la Chiave, il passo del rituale citato afferma che la Chiave in metallo che si suole raffigurare è assimilata alla lingua. A questo proposito è doveroso ricordare che in antichi catechismi Massonici la lingua è indicata come la Chiave del Cuore. Il rapporto tra il Cuore e la Lingua simboleggia quello esistente fra il “Pensiero” e la “Parola”, e cioè, secondo il significato Cabalistico di questi due termini, il rapporto che esiste tra l’aspetto “interiore” e quello “esteriore” del Verbo. Il rituale citato aggiunge che la lingua deve essere sincera, sia dinanzi ad un Fratello che alle sue spalle. Questo passo mi richiama alla mente il trattato di un Sufi, lo Sciaikh Muhammad At-Tàdilî, dal titolo “La Vita Tradizionale è la Sincerità”, In questo trattato il Maestro ricorda ai suo discepoli “… il Profeta, mentre era tra i Suoi compagni, ripeté tre volte: ‘La Vita Tradizionale è Sincerità’. “Verso chi, o inviato di Allah?’ gli chiesero i compagni. ‘Verso Allah, verso il suo Inviato, verso gli Imàn e verso i Credenti, siano essi di rango elevato o inferiore’. Se quanto esposto viene adeguatamente convertito in termini Massonici, si può logicamente dedurre che il Libero Muratore deve essere sincero nei confronti del G.’.A.’.D.’.U.’. e verso le Funzioni di Loggia, in conformità ed applicazione del giuramento, o patto iniziatico, prestato durante il rito d’iniziazione; deve essere sincero verso i Fratelli, siano essi di grado superiore o inferiore, ed infine deve essere sincero verso se stesso. La sincerità verso il G.’.A.’.D.’.U.’. e le Funzioni di Loggia, che ne sono gli intermediari più diretti, pone il Massone in una corretta e proficua condizione di dipendenza attiva (sottomissione, fedeltà ed obbedienza) nei confronti di quanto lo supera individualmente. La Sincerità verso i Fratelli di ogni grado obbliga il Libero Muratore ad usare Vigilanza e Discriminazione in ogni rapporto iniziatico. Si tratta di una applicazione relativa al simbolico “dono delle lingue”; infatti occorre sforzarci ad esprimere i nostri concetti in una forma appropriata al modo di essere e di pensare inerente alla natura propria di ciascun Fratello cui ci si rivolge. Occorre inoltre avere sempre presente che ogni “pietra” (Fratello) è importante come lo sono le altre nell’insieme gerarchico della Costruzione del Tempio, poiché, in quest’ottica, ogni “pietra” (Fratello) è “Bella e Sincera”, se e quando occupa il posto che gli compete nel “Piano Architettonico”. La sincerità verso se stessi è una costante verifica delle proprie intenzioni e disposizioni interiori che costringe l’iniziato al controllo e alla qualificazione del proprio tempo, secondo le indicazioni ed i suggerimenti che riceve dall’ Autorità spirituale Massonica. La Sincerità verso noi stessi conduce alla Sincerità verso i Fratelli, siano essi di grado superiore od inferiore, siano essi presenti o assenti. In ultima-analisi, la “Vera Sincerità” da ricercare è tutt’uno con la “Verità” simboleggiata dal G.’. A.’.D.’.U.’. Ritengo, per i motivi espressi, che il corretto uso della “Sincerità” o della “Chiave” quale “Lingua Sincera”, sia estremamente importante in quanto mezzo operativo che può permettere all’iniziato Libero Muratore l’apertura (e l’accesso) dello “Scrigno del Tesoro” dove è custodito il Segreto Massonico. È indispensabile sottolinea che la Sincerità iniziatica è altra cosa rispetto alla sincerità ordinaria, secondo la quale essere sinceri significa dire ciò che si ritiene essere giusto o vero. L’accostamento iniziatico alla Sincerità va considerato in un’ottica interiore ed accostato, a mio avviso, al detto Evangelico “… Siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe” (Matteo X, 16). Queste considerazioni non hanno certo la pretesa di esaurire l’argomento, neppure in parte, giacché i simboli trattati, come tutti gli altri simboli Massonici possono esprimere una molteplicità di significati e relativi suggerimenti ed insegnamenti; infatti il simbolismo non può essere racchiuso o schematizzato in alcun sistema poiché la sua medesima natura gli conferisce un carattere universale.
A.’.G.’.D.’.G.’.A.’.D.’.U.’.
17/02/83
TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’. GIOVANNI CANALE