Tutta suo padre
Questa giornata è iniziata veramente troppo presto.
Direi che ho la netta sensazione che semplicemente non sia finita quella di ieri o dell’altro ieri.
Ma la sua vita, invece, è finita.
Fa uno strano effetto.
Anche se ormai a lui mi legava solo una questione di DNA, pensare che di quei geni adesso in giro per il mondo sono rimasti solo i miei, mi fa una strana sensazione.
Sono cinica? Forse si.
Quando mia madre me l’ha detto l’altro ieri, qualcosa dentro di me però è cambiato.
Nonostante quello che sinceramente provo, certi eventi, lasciano comunque un segno. Difficile capire subito quale.
Stavo andando a lavorare come sempre e come sempre stavo correndo un po’ troppo con la macchina perchè ero in ritardo.
In ritardo o no, a certe notizie ti fermi.
Due secondi di silenzio, poi le ho chiesto come.
- Un infarto, forse. E’ accaduto poco fa all’improvviso. Credo che solo in serata sapranno dirci qualcosa di più.-
- Mi fai sapere?- le ho chiesto semplicemente. Il tempo di salutarci e la conversazione è finita lì.
Vivevano separati, ma non lo erano legalmente e quindi avevano avvisato lei, anziché me.
Meglio così. Quanti anni erano che non lo vedevo?
Cercai di fare mente locale.
Intanto aprii i finestrini dell’auto per far entrare un po’ di aria fresca. Qualche gocciolina di sudore stava già scivolando lungo la mia schiena. L’aria calda che entrava da fuori non mi aiutò affatto.
Un paio d’anni: l’ultima volta che lo avevo visto, lo avevo incontrato per caso in un negozio.
Un semplice saluto. – Mi scusi la conosco? – mi aveva chiesto in tono beffardo.
Colta di sorpresa lo avevo salutato lasciando intravedere la mia contrarietà.
Era solo. Era sempre solo. In realtà credo che nella sua vita sia stato sopratutto una persona sola.
Aveva tanti conoscenti, ma nessun amico.
Non credo che avesse un confidente o qualcuno di cui si fidava. Forse la sua vita era stata peggiore di quello in cui aveva trasformato la mia.
Mentre sono abbandonata a queste riflessioni sugli ultimi due giorni passati, vedo entrare nella camera mortuaria gli operatori dell’impresa funebre che vengono a chiudere la bara.
Con grande tempismo in quel momento arriva anche mia madre.
Un lieve cenno con la testa per salutarmi. Tutto qui.
Rimane in silenzio accanto a me. La guardo senza farmi notare: la sua faccia ha un colore che tende leggermente al grigio. Gli occhi stanchi ed infossati.
Non ho il coraggio di ammettere che sto male esattamente come sta male lei.
Il sentimento che provo in questo momento è indescrivibile. Lui non merita neanche il nostro disagio o la nostra compassione, eppure siamo qui davanti al suo simulacro a provare entrambe queste sensazioni.
Ha distrutto la nostra famiglia e con lei gran parte dei nostri sogni.
In vita sua è stato un uomo egoista.
I suoi amici sono morti tutti prima di lui, per questo forse alla camera mortuaria non è passato quasi nessuno. Ho trascorso qui, gli ultimi due giorni praticamente da sola.
Nella stanza vicino alla sua, una signora piange disperata la morte del suo amato consorte. Vorrei che due lacrime, se pur solo di circostanza, fossero uscite anche a me, invece niente.
Con il pensiero ritorno per un momento alla sera prima. Sono dovuta correre a casa sua per cercargli un vestito. Non aveva nulla di adatto alla circostanza; Probabilmente non aveva calcolato di morire così presto. Guardai la taglia dei pantaloni e corsi in un negozio a comprare un bel completo scuro; Per la prima volta in vita mia lo avrei visto con un vestito elegante.
La sua casa era impersonale. Avrebbe potuto abitarci chiunque. Non c’era nulla di lui, non c’erano foto né di lui, né di me. Il letto era ancora disfatto da un solo lato. Della frutta ed un pezzetto di pane sul tavolo. Il sacchetto della spazzatura da buttare, vicino alla porta.
Non ha mai avuto cura di niente.
L’unica cosa che era veramente sua, anche quando abitava con noi, erano le bottiglie di vino e di liquori.
Dicevano in giro che da un po’, aveva smesso completamente di bere.
Tardi. Ma aveva smesso.
Credo che lo avesse fatto, ancora una volta, solo per se stesso, per stare meglio.
Che ironia!
Se lo avesse fatto per mia madre e per me, lo avrebbe fatto molto tempo prima, non quando ormai ci aveva perse entrambe.
Gli addetti dell’impresa funebre, intanto, hanno definitivamente sigillato la cassa.
Da qui ad un paio d’ore sarà tutto finito.
A quel pensiero mi sento molto meglio.
In sostanza quell’evento non cambia nulla.
Mi guardo le mani. Ho mani e piedi uguali a mio padre.
– Tutta suo padre!- mi prendeva in giro mia madre, quando da piccola mi crescevano i piedini a dismisura.
Non saprei spiegare perché, ma in cuor mio sono convinta che la sua vita ha avuto molto poco senso.
Che valore ha la tua vita, se le uniche persone che sono lì con te, dopo la tua morte, vorrebbero essere altrove a continuare in santa pace la propria esistenza?
Le somme vanno tirate alla fine di ogni storia e questa era inequivocabilmente la fine della sua.
- Stai bene? – chiedo a mia madre che mantiene il suo colorito grigiastro.
- Sì, va tutto bene, stai tranquilla.- mi risponde fredda,scuotendo la testa e distogliendo gli occhi da quella bara
Alla fine, io non l’ho scelto come padre, ma lei invece, lo ha liberamente scelto come marito.
Il fatto che le avesse fatto vivere trent’anni tremendi è un’altra storia, ma che lo avesse amato era fuori da ogni dubbio. Una persona come lui ti sfinisce, ti consuma tentando di trascinarti con lui, nell’abisso.
Per fortuna lei aveva reagito, odiandolo con tutta se stessa e lasciandolo alla fine da solo.
Al cimitero mi guardo intorno. Siamo forse a fatica dieci anime, compreso il prete e i due operai addetti alla chiusura della buca.
Le foto ed i nomi di tante persone che sono appartenute alla mia infanzia poste sulle lapidi, mi fanno accusare una fitta al cuore: alcuni di loro se ne sono andati a mia insaputa e trovarli in quello che io definisco “ il giardino dei ricordi”, mi lascia stordita.
Il rumore dei primi manciati di terra sulla bara, mi fa trasalire e riportano la mia attenzione verso mio padre.
- Questa è la fine che fanno le persone buone così come le persone malvagie.- dico sottovoce rivolta a mia madre.
- Si, è così.- mi risponde guardandomi assente. Sulla guancia l’ombra di un rigo tremolante di trucco eviìenzia il passaggio di una lacrima.
Avevo solo dieci anni quando mi resi conto dei problemi di mio padre con l’alcol.
Gli anni a seguire, sono stati anni spesi a rincorrere i momenti felici e spensierati che a causa sua non ho mai avuto. Anni a guardare le famiglie normali dei miei amici, desiderandone disperatamente una anch’io. Dieci anni sono veramente troppo pochi per tutto quello che ho provato.
Lo shock di una bambina che vede crollare l’idea del “super padre”, annegato dentro a dei tristi bicchieri di superalcolici, è tremendo.
Sento il rumore sordo della terra che picchia sopra alla bara.
Mia madre è pietrificata. Per la prima volta la vedo invecchiata. Dopo anni che non la guardo più, dando per scontato ciò che è, adesso la vedo.
I capelli tinti e curati, la pelle fine e stanca le fodera il viso come una maschera stesa male. La schiena leggermente ricurva di chi sente il peso della vita, portata sulle spalle a fatica.
Per il resto è bella.
E’ sempre stata tanto solare.
E’ la vita.
E’ chi ha protetto in tutti i modi la mia vita, da lui.
Ha sempre cercato di tenere nascosto il suo problema ed il suo comportamento, meglio che ha potuto.
L’ha sempre giustificato, forse ingiustamente e ha riparato me da quello che lui era.
Quando, da bambina, lo sentivo rientrare a notte fonda, lei non lo faceva neanche parlare:
parlare, farfugliare casomai.
Lo mandava a dormire in camera e zitto. Silenzio.
Come ha fatto lei,a sopportare tanto.
Un uomo senza dignità né onore.
La non presenza. La bambina che ero allora e la donna che sono oggi, lo accusano di questo.
Oggi, fortunatamente, non si usa più scrivere sulla lapide gli epitaffi rispecchianti le caratteristiche del defunto, altrimenti io cosa avrei dovuto far scrivere?
“ Qui giace un uomo che ha vissuto per se’ soltanto.”
Egoista. Ma non solo questo.
L’alcol poi, è come una droga. Crea dipendenza come tutte le droghe ed intossica la tua vita come quella delle persone che ti sono accanto.
Ricordo che quando ogni tanto lo vedevo ritornare barcollante mi si stringeva il cuore. Non so se fosse pena, all’inizio forse lo era, ma poi si è trasformata in rabbia. Ero solo una bambina. Non si distruggono così, gratuitamente i sentimenti ai piccoli.
Penso soltanto che quello sarebbe il momento meno opportuno per di vedere i propri genitori tanto fragili. I genitori sono coloro che in teoria dovrebbero rappresentare i super eroi per i loro figli, un esempio a cui ispirarsi.
Verso i dodici anni incominciai ad informarmi. Cercai di capire e di conoscere cosa fosse l’alcolismo.
Negli articoli che leggevo si parlava soprattutto di dipendenza e di consapevolezza.
Dicevano che la cosa fondamentale era prendere atto del fatto che chi abusa dell’alcol ad un certo punto non riesce più a farne a meno e che ha bisogno di un aiuto è la cosa fondamentale.
Io pensavo che anche ricordarsi di avere una famiglia sarebbe stato importante.
Mi è mancato mio padre. Quando era con noi era sempre arrabbiato.
Non ci sopportava.
Forse ci odiava.
Mio padre non voleva quella vita e quindi non voleva me.
Ma che c’entravo io?
Nei miei ricordi di bambina era come se io lo guardassi sempre da dietro un vetro così spesso da rendere la sua immagine sfumata e quasi contorta.
Finché ad un certo punto sono stata io a chiudere la porta.
Non so quando sia accaduto, ma credo quando ho preso coscienza che non era più lui a non volere evidentemente una famiglia ed una figlia, ma io che non volevo più un padre come lui.
Ho cercato altrove il bene che lui non mi ha dato.
Anche se nessuno può darti il bene incondizionato che ti da un genitore.
Sono cresciuta così. Guardandomi intorno.
Osservando.
Oggi come allora.
Gli occhi della bambina di allora, li sento riempirsi di lacrime.
Mio padre è morto.
Non potrà più ferirmi.
Non potrà più abbandonarmi.
Non potrà più deludermi.
Non potrà più niente.
E’ morto.
Cosa non ho fatto io?
Mi asciugo in fretta le lacrime.
“ Avrebbe potuto aiutarmi a capire e non l’ha fatto.” mi limito a pensare.
La bambina che sono stata adesso può riposare. Ci sono io adulta a proteggerla.
E’ finita.
Salgo in macchina. E’ davvero caldo, oggi.
Ho voglia di andare al mare.
Mi ritorna in mente una foto con mio padre in canottiera azzurra e pantaloncini corti, io ho un paio di mesi e mia madre ride felice in spiaggia, l’ombrellone aperto, quello storico.
Le cose allora duravano una vita,penso; Oggi invece,si rompono subito.
Attraverso immersa nell’afa estiva il paese in cui sono nata e cresciuta: è deserto.
Guardo davanti a me cercando di vedere un’ altra vita.