PERCHE’ SONO DIVENTATO E SONO RIMASTO UN MASSONE?

PERCHE’ SONO DIVENTATO  E SONO RIMASTO  UN MASSONE?

di Pitro Francesco Bayeli (Università di Siena)

Tempo fa in una tornata serale di Loggia, la mia Loggia, Monta4. perti n° 722 all’Oriente di Siena, il Maestro Venerabile introdusse, quale argomento di discussione, le motivazioni che potevano avere determinato in ciascuno dei Fratelli presenti l’ingresso in Massoneria. Non nascondo che lì per lì mi parve un ripiego tanto per riempire una serata noiosa, priva di fatti e di argomenti, come a volte può capitare. Dalla esposizione dei singoli Fratelli emerse invece un quadro variegato e variopinto di profonda umanità, di sincera confessione, di patetici ricordi, di volenterosa perseveranza nel presente, di ansiosa ricerca del futuro. Le motivazioni di un coinvolgimento massonico, addotte quella sera dai Fratelli presenti in Loggia, si potevano riassumere nella curiosità con cui da profani si erano avvicinati ad una istituzione austera e riservata, ricoperta anche da un’antica segretezza che, per il suo carattere esoterico, aveva concorso a stimolare un tale impetuoso sentimento. Ma non era soltanto una ricerca di conoscenza, un desiderio di sapere, molti altri stimoli partecipavano alla composizione della decisione finale di entrare a far parte della Massoneria. Alcuni Fratelli si dichiararono infatti figli d’arte in quanto avevano vissuto e vivevano rapporti massonici familiari — prevalentemente paterni — oppure di stretta ed affettuosa amicizia con parenti o amici che avevano loro ispirato fiducia, serenità, amore, giustizia. Altri ancora denunciavano il loro ingresso in Massoneria quale conseguenza emotiva e razionale di un loro studio sulla istituzione, inizialmente condotto per scopi puramente professionali, per esempio giornalistici. Non è mancato chi, con grande sincerità, aveva posto tra le motivazioni anche quella della ricerca di un personale tornaconto, di una ambita gratificazione di carriera, nella convinzione di una longa manus massonica, di una occulta potenza della Istituzione. La scoperta che così non era, invece di una disillusione aveva determinato un rimbalzo di fiducia, di considerazione, di credibilità verso la Istituzione massonica determinandone un attaccamento maggiore e una permanenza felice e costante. Naturalmente mancavano, ma certo non mancano, i disillusi, quei soggetti così intimamente profani e tenacemente calamitati dai metalli, da lasciare ben presto la Massoneria; ma questi, fortunatamente, non c’erano più in Loggia, né quella sera né altre, a raccontare il come e il perché del loro deludente e fugace incontro con la Comunione. Se questi erano sommariamente i motivi che giustificavano la richiesta di un ingresso in Massoneria, nasceva immediatamente la domanda sulle ragioni che potevano aver rafforzato la permanenza e consolidato il credo massonico. Nella presentazione delle singole esperienze venne affermato che la Massoneria racchiudeva in sé potenzialità ed aspettative diverse, tali da coagulare e soddisfare ideologie politiche, spiritualità religiose e perfino personali e liberi pensieri filosofici. Cos’è allora una Loggia? È un tempio, una chiesa, un partito, una palestra di pensiero che attrae a sé con dedizione ed affetto i Massoni, i veri Massoni, quelli che sentono nostalgia e tenerezza per la propria casa massonica e peri Fratelli che la abitano. Nostalgia ed affetto che si ingigantiscono col tempo e si acuiscono fino anche alla melanconia, soprattutto nei periodi di chiusura dei lavori. Il tempio massonico è come una chiesa, una chiesa laica non dogmatica, una chiesa illuministica dove la fede scaturisce dalla ragione e la ragione dalla conoscenza. E quale conoscenza, cui fare riferimento, può essere così ampia, così grande, così nitida e sublime se non quella idealizzata in un Grande Architetto dell’Universo che racchiude in sé la Summa ldeologica, la perfezione del sapere universale, che tutto sa e governa per mezzo del grande codice delle Leggi Naturali? Ecco quindi individuato il gg primo grande valore ’ di questa comunione massonica: la Razionalità, la Logica, un valore fondante, storicamente e massonicamente datato 1717 dell’Era dei Lumi. Ma ancora altri valori universali e immutabili si aggiungono a fondamento del Grande Oriente: la libertà e l’amore, Libertà di pensiero, di parola, di coscienza, di azione; naturalmente non una libertà sfrenata o incontrollata, ma plasmata nella reciproca libertà di tutti, nel pluralismo politico, religioso, culturale, individuale e collettivo, in modo tale che non diventi per nessuno un sopruso o una sottomissione, bensì collante di un’unica grande meta: il bene dell’uomo, dell’umanità. L’Amore in Massoneria si può identificare nelle due ultime parole della triade Libertà, Eguaglianza, Fratellanza. Cosa sono infatti Eguaglianza e Fratellanza se non sinonimi, il primo, di vicinanza, analogia, affinità, concordanza, ed il secondo di comprensione, amicizia, affetto, solidarietà, carità, e quindi entrambi fusibili e fruibili in una unica grande parola: Amore? Questa nostra fratellanza è quindi una comunione di uomini che, in reciproca libertà, rispetto e dignità, si desiderano, si confrontano,si rispettano perché, contrapposti o coincidenti che siano, hanno bisogno gli uni degli altri. Bisogno di simpatia, di comunione, di identità reciprocamente vissute e cercate, ma bisogno anche di opinioni diverse, di visioni diverse, di concetti diversi, perché è nel confronto che si sviluppano le idee, i punti di riferimento, di reciproche comparazioni e quindi di conoscenza profonda, intima, suggellatrice di simpatie, di amicizia, ovvero di disuguaglianza, di diversa opinione, ma mai di inimicizia tra persone aderenti ad uno stesso pensiero di eguaglianza, fratellanza e libertà. In queste palestre di pensiero quali sono le nostre Logge, i nostri Templi, le nostre laiche Chiese, ognuno di noi ha bisogno dell’altro, affinché i propri pensieri, le proprie idee, conVinzioni e ideali abbiano una ricaduta, un confronto, sia pure consensuale od oppositivo, purché le parole non rimangano inascoltate, sospese nell’aria, nel vuoto, nel nulla. Quindi, nel consenso e nel dissenso, abbiamo bisogno di confrontarci, abbiamo bisogno di termini di paragone che solo gli altri Fratelli, gli altri uomini di questo “scelto, selezionato conclave” ci possono dare. Ed il mezzo con cui contattarci è il Dialogo.

La costanza dei contatti, dei rapporti, delle esperienze con i propri Fratelli, in armonia o in disaccordo dialogico, sicuramente ci maturano con lo scorrere del tempo, ci portano a guardare indietro e valutare, noi stessi, i nostri progressi, ricavarne o no soddisfazione, sensazione di compiutezza, ma, nello stesso tempo, guardando avanti avere sentimenti paradossali, contrastanti di timore e stimolo. Timore per la presa di coscienza di quanto poco sappiamo, per la sorpresa di quanto limitata sia la nostra conoscenza, stimolo per quanto ancora c’è da fare, quanto da sapere, quanto ancora da conoscere e da capire. Non ci dobbiamo spaventare, ma riguardando indietro osservare quanta strada l’uomo ha fatto dai primordi della civiltà ad oggi, dalla ferocia del passato alle nostre attuali, incomplete, insoddisfacenti conquiste sociali di democrazia e di diritti umani. È stato ed è un percorso differenziato, disuguale per etnie, culture e popoli, faticoso di millenni, che travalica la durata della vita di un uomo, e tuttavia è stato ed è un percorso possibile proprio per l’apporto sentito, sofferto, partecipato, consapevole di tanti piccoli uomini. Partecipiamo anche noi, uomini piccoli, a questo progresso, a queste conquiste a questa maturazione, anche se, piccole formichine, non avremo la soddisfazione di constatarle. È in atto quindi un processo di Maturazione.  Maturazione che si esprime in un pacato senso di completezza, di Saggezza. La saggezza è quindi l’espressione massima della maturazione e raggiungerà l’apice, uno dei tanti apici, quando avremo preso coscienza che, dopo tanto studio, applicazione, ricerca, abbiamo raggiunto la salda e modesta certezza di non sapere nulla, o perlomeno di sapere assai poco a fronte dell’immensità dello scibile. Se la nostra Comunione è una fratellanza di uomini bisognosi gli uni degli altri di un reciproco dialogo, utile alla maturazione di una singola e collettiva saggezza, ebbene i fondamenti di questo dialogo sono i Contenuti. Qui, nel Tempio, parliamo di Esoterismo, dei misteri che ci circondano, delle cose che non sappiamo, non conosciamo, non riusciamo a spiegare, a comprendere e, in quanto tali, ci spaventano ma allo stesso tempo ci incuriosiscono, ci affascinano: come sempre è stato e come sempre sarà quando l’uomo è posto di fronte all’ignoto. Ma quale soddisfazione, quale sensazione di grandezza, quale completezza della propria persona, quale percezione di appagante conquista la rivelazione del mistero, la spiegazione del fenomeno, non più pauroso perché conquistato dalla nostra ragione. Ma qui, in Loggia, dobbiamo parlare anche di noi, delle vicende umane e cioè trale tante cose anche di Storia, di Politica e di Religione. Non questioni, diatribe o polemiche storiche, politiche e religiose, bensì pacate, penetranti, logiche introspezioni, razionali ragionamenti di Filosofia Storica, di Filosofia Politica, di Filosofia Religiosa. La Filosofia Storica e la Filosofia Politica come studio di fatti, di rapporti umani e sociali del passato e del presente, da cui trarre un insegnamento per il futuro. La Filoso- è fia Religiosa quale ricerca spirituale del bene, del giusto, della verità, della perfezione, qualità sempre agognate e mai pienamente realizzate nella umana imperfezione. Qualità spasmodicamente ricercate in una proiezione esterna alla imperfezione dell’uomo e per questo proiettate nella trasfigurazione umana della ideale, assoluta perfezione di un Grande Architetto dell’Universo, di un Dio. Un bisogno, una necessità insopprimibile questa ricerca di valori spirituali, ideali, assoluti, utopici. Un bisogno che nasce e viene accentuato dalla relatività, dalle contraddizioni, dai paradossi della personalità e del pensiero dell’uomo, un bisogno che necessita di un riferimento di un termine di paragone perfetto, assoluto, inossidabile, su cui confrontarsi e misurarsi. E chi può rappresentare questo insopprimibile, spasmodico anelito dell’uomo se non la divinità e la grandezza di un Dio? Abbiamo percorso una serie di concetti, di valori quali fratellanza, dialogo, contenuti del dialogo, maturazione, saggezza, per ritornare ai valori iniziali di spiritualità, libertà fratellanza ed eguaglianza intesi come amicizia, come amore. | E allora come non essere amici se volutamente abbiamo scelto una comunione dove ad ogni tornata si rivela il reciproco bisogno di vicinanza, di confronto e dove questo confronto avvienè’con un dialogo pacato, razionale, discreto, misurato ma soprattutto libero? Come non essere Ami ci e quindi Massoni? Ecco i motivi, tanto semplici quanto profondi tali da raffermare una permanenza massonica. Come in ogni Istituzione o in ogni Chiesa, anche per il Tempio massonico o per la Loggia esiste un codice, una normativa, un rituale, che racchiudono e sintetizzano simbologie e significati, reconditi e palesi, antichi ed attuali, che ricordano vecchi e moderni, universali e relativi doveri che regolano il comportamento di tutti 1 Fratelli, nessuno escluso. L’appartenenza ad una Chiesa comporta quindi regole istituzionali, ordini morali, discipline etiche, rituali e liturgie cui dobbiamo, sempre e tutti, ubbidire. Questo dovere, antico ed universale, nasce dai fondamenti della Comunione, dal decoro della Loggia, dal rispetto dei Fratelli, dalla libertà di tutti, dalla dignità del nostro ego, ma anche, vivo e rinnovabile, dal relativismo dei tempi, dalla evoluzionedei costumi, dallo sviluppo dei pensieri, e subisce la fisiologica maturazione di una umana evoluzione sempre in divenire, che mai può fermarsi perché la staticità è estinzione, l’immobilità è morte. E tuttavia nel mio ossequio alla Comunione e nell’elenco delle motivazioni di ingresso e di appartenenza ad essa, desidero fiaffermare il coraggio e la convinzione delle proprie opinioni, il coraggio di possibili eresie, se eresia è il dissentire dal pensiero domrninante. Non bisogna mai dimenticare con Raffi e Locke, citato dal Grande Maestro Venerabile, il principio relativistico che l’eresia di  

oggi possa rappresentare l’ortodossia del domani. Dobbiamo quindi porre un rifiuto all’assolutismo, all’immobilismo perché l’etica è in costante divenire, in un equilibrio basculante a causa del mondo che continuamente cambia, per il costante profilarsi di situazioni sempre nuove. La Tradizione rimane sicuramente un concetto fondante ma non può cristallizzarci; deve invece rappresentare una memoria storica, un passato, una esperienza a cui attingere, da cui dinamicamente progredire sotto gli stimoli del presente, in una proiezione al futuro

TRATTO DA “HIRAM” n°1/2007

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