C’È POCO DA RIDERE…
Presentato il libro di Roberto Vaccari dedicato alla figura del fratello, umorista ed editore antifascista Angelo Fortunato Formiggini che scelse il suicidio come forma di protesta radicale contro le leggi razziali
Sala gremita, sabato 8 dicembre presso la Galleria Europa al le piano terra del Palazzo Comunale di Modena, per la presentazione del volume a firma di Roberto Vaccari “C’è poco da te ridere” (Elis Colombini Editor) dedicato al massone ed editore Angelo Fortunato Formiggini, il fratello e intellettuale che scelse il suicidio come Roberto Vaccari forma di protesta radicale contro le leggi razziali. Formaggini si tolse clamorosamente la vita il 29 novembre di 81 anni fa, lanciandosi giù dalla Ghirlandina, il campanile del Duomo, simbolo della città.. Un gesto che non fu di follia, come spiega Vaccari nella biografia. Ma un’azione da eroe, da eretico e da libero pensatore…consapevole che sarebbe stato impossibile reagire alla macchina devastante e possente del regime… che liquidò la notizia con un atroce battuta del segretario del partito fascista Achille Starace. “È morto proprio come un ebreo: si è buttato da una torre per risparmiare un colpo di pistola”, disse il mastino del duce…per poi far calare con ogni mezzo il silenzio più totale su quel tragico fatto, per svuotarlo di senso, spogliarlo di quella forte carica di denuncia per la quale era stato pianificato dall’acuto, brillante teorico della filosofia del ridere. Formiggini aveva scritto lettere agli ebrei, alla moglie e anche a Benito Mussolini. Ed era morto riempiendosi le tasche di denaro, una cifra importante, perché nessuno credesse che lo aveva fatto per difficoltà economiche. Il suo atto è un atto contro il fascismo, è il suicidio più clamoroso del Ventennio. E il regime ne coglie subito il potenziale pericolo e cerca di mettere in moto i suoi potenti strumenti di censura. “Si fa sparire il cadavere e il funerale — ha raccontato Vaccari – si svolge al mattino presto. La notizia non viene data…ma riverbera comunque in Italia e in tutto il mondo. Ho trovato tracce in Brasile, Stati Uniti, Svizzera”, Angelo Fortunato ha una ricostruzione, spiegato interessantissima l’autore scritta in della e chiave approfondita biografia, divulgativa e che si occupa di aspetti che di Formiggini sono stati spesso trascurati, come appunto la sua appartenenza alla Libera Moratoria. Per lui la Massoneria — ha raccontato Vaccari intervistato dalla Gazzetta di Modena – è stata una tappa importante, perché metteva insieme gli ideali positivisti, risorgimentali, nazionali con la modernità. La mia tesi è che Formiggini sia Una cartina di tornasole di tutto il ‘900, con le sue contraddizioni. Gli aspetti di fondo della sua ideologia sono il positivismo, il laicismo, talvolta esasperato, il suo ebraismo e la sua italianità. Il ‘900 ha spaccato la sua personalità in due: seguire l’affermazione del fascismo fino a capire che il fascismo non rappresentava i suoi ideali. Ciò accade già dal 1923, quando viene messa fuori legge la Massoneria, allora una delle poche associazioni libere nel Paese”. “Formiggini — ha sottolineato il biografo — è un uomo di grandi passioni e interessi. Ho cercato di indagare l’editore, con i suoi interessi molteplici per la scienza, la matematica, le infinite biografie, le collane, come ‘profili’, ‘i classici del ridere’, e poi la raccolta di oggetti, la rivista L’Italia che scrive. È lui a rivolgersi agli altri editori per un percorso culturale da costruire insieme. Un uomo che non si ferma mai”… Ma pure uno spirito allegro. “Per Formiggini — ha spiegato l’autore del volume — l’uomo Formiggini deve saper sorridere delle cose che succedono a sé e agli altri. Si laurea in filosofia morale — ha raccontato — con la tesi Filosofia del ridere confrontandosi anche con Benedetto Croce”. “Per lui — ha detto Vaccari — esiste una cultura del ridere più alta che è quella dei classici, ma c’è pure un riso amaro, che deriva dalla considerazione sulla condizione umana: le debolezze, il dover soffrire, morire. E questo in anni in cui ‘c’e poco da ridere’ (che è il titolo del mio libro) per lui, per gli ebrei, e per una generazione di italiani che ha subito la dittatura”. Forte il legame che aveva anche con la sua città. Modena per Formiggini, secondo lo scrittore, “è la sua coscienza, il suo salvavita”. “Parla il dialetto correttamente, scrivendo anche versi, ha amici di tutti i ceti, torna a Modena ogni volta che può. Anche per morire. Non avrebbe avuto senso, per lui, suicidarsi a Roma o in un’altra città”. Nato il 21 giugno 1878 figlio di una famiglia ebraica con antenati originari di Formigine, da cui presero il cognome, un tempo gioiellieri degli Estensi e poi finanzieri, frequentò il Liceo Galvani di Bologna ma ne venne espulso nel 1896 per aver scritto un poemetto dal titolo “La divina farsa. Ovvero la descensione ad inferos di Formaggino da Modena”, da lui fatto stampare e distribuito all’interno della scuola, nel quale, sulle orme di Dante, satireggiava professori e compagni. Frequentò la facoltà di Giurisprudenza, laureandosi con lode nel 1901. Si trasferì a Roma nel 1902 e si iscrisse alla facoltà di Lettere e filosofia, seguendo le lezioni di Antonio Labriola, aderì all’associazione studentesca Corda Fratres, e nel 1903 fu iniziato in Massoneria nella loggia Lira e Spada e nel 1904 divenne maestro. Conobbe la pedagogista Emilia Santamaria, autrice di diverse opere e collaboratrice del periodico L’Italia che scrive, che sposò nel 1906. Tornato l’anno dopo a Bologna, conseguì la sua seconda laurea in filosofia morale con la tesi Filosofia del ridere, in cui af- I ferma che “Ridere rende fraternamente solidali gli uomini” e che l’umorismo è “la massima manifestazione del pensiero filosofico”. L’esordio di Formiggini come editore risale al 31 maggio 1908, quando pubblicò due volumi ispirati ad Alessandro Tassoni (1565-1635), autore nel 1614 de La secchia rapita, di cui il secondo riportava la prefazione del suo amico Giovanni Pascoli.). Interventista, partì ufficiale volontario per il fronte di guerra nel 1915 ma fu presto congedato. Nel 1916 trasferì la Casa editrice a Roma, città di origine della moglie, trovando sede nei pressi di piazza Venezia. Nel 1918 ebbe un’iniziativa particolarmente moderna e originale per il tempo: quella di segnalare le novità librarie accompagnandole con i profili degli autori. Fondò L’Italia che scrive, un periodico mensile d’informazione libraria che, nei suoi intenti, doveva occuparsi di “tutte le principali questioni inerenti alla vita del libro italiano in quanto esse sono essenziali alla vita spirituale della nazione”. Contemporaneamente costituì una biblioteca dell’umorismo, battezzata la “Casa del Ridere”, raccogliendo qualunque materiale fosse attinente, dai libri alle riviste, alle stampe, ai quadri. Nel 1921 Formiggini fondò l’“Istituto per la Propaganda della Cultura Italiana” (IPG), società della quale egli fu eletto amministratore dal consiglio direttivo formato da eminenti uomini di cultura. Il governo Mussolini trasformò l’Ipci con il Regio Decreto del 21 novembre 1921, in Ente Morale, e successivamente lo rinominò Fondazione Leonardo per la Cultura Italiana su proposta di Giovanni Gentile, ministro della Pubblica Istruzione. Fu in questo ambito che Formiggini propose di dar vita a una Grande Enciclopedia Italica in 18 volumi, un’iniziativa che fu bloccata da Gentile che costrinse Formiggini a dimettersi dalla Fondazione, rinunciando anche al controllo del suo periodico L’Italia che scrive. Il brillante editore modenese non si diede per vinto e nel 1923 pubblicò La ficozza, in dialetto romanesco, è il bernoccolo che spunta sulla testa in conseguenza di un colpo ricevuto: per lui, Gentile era il colpo e l’escrescenza cresciuta sulla testa del fascismo. Il libro fu insieme un bilancio della sua attività, una satira anti-gentiliana e uno sfogo, ironico è amaro, per la prepotenza subita. Continuò a produrre nuove collane: nel 1923 fu la volta delle Apologie, profili di dottrine filosofiche e religiose, nelle quali uscirono il Cattolicismo di Ernesto Buonaiuti, il Taoismo di Giuseppe Tucci, l’Ebraismo di Dante Lattes, l’Islamismo di Laura Veccia Vaglieri, l’Ateismo di Giuseppe Rensi e altri otto titoli. L’anno dopo fu la volta delle Medaglie, monografie di personaggi contemporanei: le pubblicazioni furono travagliate in quanto ebbero come oggetto personalità sgradite al regime, come Luigi Albertini, Giovanni Amendola, Filippo Turati e Luigi Sturzo che dovettero essere ritirate dalle librerie. Fra le Medaglie, il Mussolini di Giuseppe Prezzolini non ebbe invece problemi. Nel 1926 apparvero le Cartoline parlanti, vere e proprie cartoline con fotografie di personaggi della cultura accompagnate da un motto. Formiggini fu un vulcano d’idee: nuove collane furono le Lettere d’amore, le Polemiche, le Guide radio-liriche (12 numeri), 1’ Aneddotica (21 volumi) e il Chi è? Dizionario degli italiani d’oggi (1928-31), schede biografiche di noti personaggi viventi, che ebbero molto successo. Scritto da lui stesso fu invece il Dizionarietto rompitascabile degli editori italiani, pubblicato da Mondadori e ristampato da Formiggini in una seconda edizione ampliata nel 1928. Gli anni trenta segnano per la sua azienda di Formiggini un momento di rapido declino. La casa editrice viene trasformata nella Società Anonima Formiggini. Nel 1937, il regime gli confisca la casa éhe aveva nei pressi del Campidoglio a Roma. Il 1938 è l’anno del Manifesto della Razza e delle leggi razziali, un anno di disillusione per l’intellettuale modenese, la cui vicenda umana s’interrompe in modo tragico, dopo il volo dalla torre della cattedrale di Modena.