ZORRO MASSONE ? UNA ANALISI CRITICA

ZORRO massone? Un’analisi critica

Fa discutere la tesi sostenuta dallo studioso Troncarelli. Ma mancano le prove.

Zorro massone? Forse – Anzi improbabile

La teoria non tiene conto delle sostanziali differenze esistenti tra le logge messicane e quelle statunitensi, molto meno anticlericali.
Non sembra che Johnston McCulley, iniziatore della fortunata serie, scrivesse per motivi politici.

di Massimo Introvigne (da “Avvenire”, Giovedi 30 Dicembre 1999)

L’opera di Fabio Troncarelli La spada e la croce. Guillén Lombardo e l’Inquisizione in Messico (da poco pubblicata dall’editrice Salerno di Roma) – lo dico subito a scanso di equivoci – costituisce un autentico quanto brillante tour de force. Con grande acribia e perfetta padronanza delle fonti, Troncarelli ricostruisce la storia di William Lamport (1615-1659), gentiluomo irlandese che coltiva nel Messico del diciassettesimo secolo (dove è noto con il nome ispanizzato di Guillén Lombardo) il sogno di sollevare le masse indigene contro gli spagnoli, prima di finire in carcere nel 1642 e di morire tragicamente sul rogo nel 1659. L’enorme lavoro di ricerca di Troncarelli lascia ammirati, tanto che gli si può perdonare un certo tono anticlericale e una retorica da “leggenda nera” sulle malvagità degli spagnoli in Messico. Si può peraltro dubitare che il libro – pubblicato in una collana di ponderose opere storiche fondata da Luigi Firpo e diretta da Giuseppe Galasso – avrebbe suscitato l’attenzione del pubblico non specializzato, se non fosse stato per una decina di paginette finali, in cui Troncarelli ipotizza – anzi, afferma con assoluta sicurezza – che William Lamport, o Guillén Lombardo, è il vero ispiratore del personaggio di Zorro. Secondo L’autore, Lamport avrebbe ispirato – tramite un romanzo del 1872 di Vicente Riva Palacio, Memorie di un impostore – la creazione del personaggio di Zorro ne La maledizione di Capistrano, la prima delle fortunate storie dell’eroe mascherato pubblicata nel 1919 da un autore di pulp (cioè di racconti e romanzi a poco prezzo) californiano, Johnston McCulley (1883-1958). Il nome “el Zorro”, “la volpe”, verrebbe a sua volta da un altro e diverso personaggio di Riva Palacio, Martin Garatuza. Riva Palacio, McCulley e anche Douglas Fairbanks (il primo Zorro dello schermo nel 1920) avrebbero avuto in comune il fatto di essere massoni, e quindi il desiderio di riabilitare un eroe anticlericale bruciato dall’Inquisizione come Lombardo. Quanto al segno di Zorro, la Z sarebbe in quanto “abbreviazione della forma semitica “Ziza” (“splendente”), simbolo dell’energia vitale”, la stessa lettera che si trova iscritta nella stella fiammeggiante o pentagramma dei massoni.
La tesi è suggestiva, ma improbabile. Alle centinaia di note che documentano i capitoli precedenti su Lamport fa da contrappunto un solo riferimento bibliografico per quanto riguarda McCulley e Zorro, all'”agile ed esauriente libretto” Sotto il segno di Zorro (Sperling & Kupfer, Milano 1998) di Sandra Curtis. L’edizione originale in inglese, che Troncarelli non cita (Zorro Unmasked: The Official History, Hyperion, New York 1998), forse meno “agile”, è però più ricca di dati, note e riferimenti bibliografici (in parte omessi nell’edizione italiana), che mettono sulla pista di una ricca letteratura, anche scientifica, relativa all’eroe mascherato. La questione delle origini di Zorro è, infatti, fra le più dibattute tra gli studiosi americani di popular culture, un campo accademico in grande espansione. In questa chiave, è stata per esempio discussa nella sessione dedicata agli eroi mascherati e dalla doppia identità nei fumetti nell’ambito del congresso accademico che accompagna la grande mostra di fumetti ComicCon a San Diego, proprio nell’edizione del 1999. E’ perlomeno curioso che nessuno degli studi relativi alle origini di Zorro faccia il minimo riferimento a Lamport. E’ più che verosimile che McCulley sia stato massone – nel mondo della letteratura e dello spettacolo californiani lo erano quasi tutti, e Troncarelli avrebbe potuto aggiungere Walt Disney, la cui società diede un contributo decisivo alla popolarità di Zorro con 78 episodi televisivi girati fra il 1957 e il 1959 – ma sarebbe stato gradito un riferimento a documenti precisi. Sandra Curtis, che è la moglie di John Gertz – figlio di quel Mitchell Gertz che aveva acquistato dal suo amico McCulley i diritti d’autore sul personaggio di Zorro – ha potuto attingere a un ricco materiale di famiglia, dove non c’è traccia di Lamport, né di un particolare interesse ideologico dietro la creazione di Zorro. A proposito delle ipotesi accademiche che portano a Salomon Pico o a Joaquim Murieta, Troncarelli scrive che “nessuno di questi banditi feroci e violenti è simile all’onesto e leale Zorro”. Ma, come ci ricorda ancora la Curtis, McCulley era uno scrittore di racconti pulp, non uno storico, e più della realtà relativa a questi banditi o briganti poteva interessargli il loro mito diffuso nell’immaginario popolare messicano e in centinaia di racconti, che ne faceva degli eroi folklorici. Troncarelli nega anche il precedente letterario più ovvio – la Primula Rossa della Baronessa Orczy (creata nel 1905, e all’apice della fama quando McCulley scrive La maledizione di Capistrano) – perché il personaggio è “profondamente reazionario” (lotta infatti contro la Rivoluzione francese in nome della nobiltà e della Corona) mentre “Zorro è animato da ideali democratici ed è soprattutto, in embrione, un capo rivoluzionario come Zapata”. Dal punto di vista letterario – giacché non ci sono, almeno per il momento, prove degli interessi politici di McCulley – i cicli non si determinano per preferenze di schieramento o di partito, ma intorno alla figura dell’eroe mascherato, o travestito, e dalla doppia identità. Da questo punto di vista, gli stessi anni (che precedono di poco la nascita di Zorro), vedono il successo mondiale della Primula Rossa e di Arsenio Lupin, il ladro gentiluomo nascosto da diverse identità segrete creato nel 1905 da Maurice Leblanc (e, a differenza della Primula Rossa, laico alla francese nonché forse a sua volta anche un po’ esoterico e massonico).
L’obiezione di Troncarelli relativa al carattere “reazionario” della Primula Rossa va peraltro al cuore del problema, e apre la strada a quello che, almeno a mio avviso, è il dubbio maggiore che si può sollevare a proposito del capitolo finale dell’opera dello studioso italiano. L’ipotesi di Zorro massone sembra dare per scontata un’equivalenza fra massoneria statunitense, messicana ed europea continentale, che non trova riscontro nei fatti. Ammettendo che McCulley fosse massone, si deve immaginare che fosse membro di una loggia californiana (dal momento che si era trasferito in California nel 1908). In quegli anni, la massoneria californiana – all’interno di un quadro massonico statunitense comunque molto diverso da quelli europeo e latino-americano – era semmai nota per la sua particolare tolleranza in materia di religione. Inoltre la massoneria messicana aveva rotto fin dal XIX secolo con le logge inglesi e statunitensi su due punti precisi: il coinvolgimento attivo e diretto in vicende politiche (contrario all’etichetta massonica secondo le logge anglo-americane), e il polemico anticlericalismo nei confronti del cattolicesimo, con cui invece negli Stati Uniti e in Inghilterra si è sempre cercato, pure tra alti e bassi, di convivere. Quanto alle polemiche sull’Inquisizione e Giordano Bruno, brevemente evocate da Troncarelli, queste avrebbero certamente portato un massone italiano del 1919 a entusiasmarsi per Lamport, che è facile presentare come un “novello Giordano Bruno”. Si deve però sottolineare come Giordano Bruno, l’Inquisizione e l’anticlericalismo non fossero temi all’ordine del giorno per la massoneria californiana negli anni di McCulley. E’ evidente che un certo anti-cattolicesimo di fondo, e un disprezzo per il Sud cattolico e “arretrato” del continente permea tutto l’establishment protestante americano, come dimostrano gli atteggiamenti assunti dalla diplomazia degli Stati Uniti durante la rivoluzione messicana, la repressione anti-cattolica del presidente Calles e la rivolta cattolica dei cristeros . Queste idee erano tuttavia prevalenti nell’opinione pubblica americana: non erano specialmente caratteristiche dei massoni, e non risulta che McCulley se ne curasse particolarmente. Anzi, secondo Sandra Curtis, un limite delle storie di Zorro è che “anche se McCulley potrebbe avere integrato elementi autentici nella sua finzione letteraria, non ha usato i suoi scritti per una critica sociale. Accettava le strutture di potere costituite nella storia, sia sociali, sia politiche”. Per esempio, secondo Sandra Curtis, Zorro avrebbe esplicitamente difeso l’ideale (razzista) della “purezza di sangue” e il modo paternalistico in cui la Chiesa cattolica trattava gli indios. Si può discutere qui se sia giustificato, per Sandra Curtis, criticare un romanzo scritto nel 1919 (quando nel Sud degli Stati Uniti, per esempio, regnava pacificamente la segregazione razziale) con i criteri di quanto è “politicamente corretto” negli Stati Uniti degli anni 1990. Ne emerge, comunque, un McCulley di idee effettivamente piuttosto “reazionarie”, il che spiega forse perché non storceva troppo il naso di fronte alla Primula Rossa. Quanto alla Z, la Curtis ne rintraccia le origini proprio nella primula della Primula Rossa, e in ogni caso si sa che le lettere dell’alfabeto – limitate di numero – sono per definizione simboli capaci di assumere la più grande varietà di significati.
L’ipotesi di Troncarelli rimane interessante, soprattutto per quanto riguarda Lamport, ma per arruolare Zorro nelle logge attendiamo, quanto meno, qualche elemento ulteriore. E sarebbe certamente sbagliato sconsigliare Zorro ai più giovani, quasi si trattasse di un precoce avviamento alle logge (diversamente, si potrebbe estendere la censura ad altre produzioni degli studi fondati da Walt Disney, il cui impegno nella massoneria è ben più documentato di quello di McCulley: ma a quale loggia, esattamente, è affiliato Topolino?). Il fatto stesso che di questi temi si discuta mostra peraltro la grande importanza che la cultura popolare – nel suo intreccio con la cultura accademica – riveste ormai nel nostro immaginario collettivo dove, fra investigatori privati e vampiri, gli eroi mascherati dalla doppia identità continuano a essere fra i nostri compagni più costanti e affezionati.

Questa voce è stata pubblicata in Lavori di Loggia. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *