Dialogo di un turista con una sopravvissuta
Agli inizi di Marzo 2020, cioè pochi giorni prima che in Italia venisse instaurato il look-down a causa del Coronavirus, sono stato in Giappone con un gruppo di turisti. Una delle nostre ultime tappe prevedeva la visita alla città di Hiroscima ed in particolare alla zona dove ci fu l’esplosione della prima bomba atomica sganciata dagli americani. Questa è la storia di un fantasioso incontro avvenuto in quello che viene chiamato il “Parco della pace” di quella città. Questo il racconto:
Mentre gli altri del gruppo andavano avanti, io ero rimasto a sedere su una panchina e controllavo le ultime foto sul piccolo schermo della macchina fotografica. Ad un certo punto, sollevato il viso, guardai con più attenzione la pianta che avevo davanti ed alla quale, prima, non avevo prestato eccessiva attenzione. Non aveva niente che si potesse definire “bello”, anzi era storta, scura, quasi nera. I suoi rami sembravano moncherini e si confondevano con i numerosi pali che erano stati messi di sostegno perché i rami stessi non si dovessero troncare. Sembrava quasi una persona vecchia, malata, deformata dai dolori, piena di problemi, pareva guardarmi. Poi mi sembrò di sentire una voce, proveniente non so bene da dove. Ma forse era solo un soffio di vento…….
- Cosa hai da guardare? Forse ti fa impressione vedere questa vecchia pianta, quasi senza rami? Di me sai praticamente tutto, basta aver letto il cartello che sta davanti a me: è scuro che sembra un manifesto funebre. Oramai c’è poco da fare, sono vecchia, troppo vecchia per pretendere qualcosa di meglio e, come capisci, ho passato momenti bruttissimi. Ma ora presentati, chi sei?
- Io sono un turista, vengo dall’Italia. Sono nato nel Maggio di 75 anni fa, pochi giorni prima che gli americani sganciassero la loro atomica proprio qui sopra. Scusami, non voglio offenderti, ma, già che ci siamo dimmi se ti posso disturbare. La mia non è semplice curiosità, mi sto chiedendo un sacco di cose e vorrei sapere, conoscere, con rispetto per quello che sei. Ho letto sul tuo “manifesto funebre” che sei una pianta sopravvissuta allo scoppio della bomba. Raccontami, ti prego, cosa mi puoi dire di quel giorno e di questi 75 anni che hai superato? C’è stata per te paura, risentimento, odio, cosa hai provato o stai provando? Ed ancora mi piacerebbe sapere da te cosa pensi del nostro futuro da umani? Vorrei saperlo, conoscere.
- Ma la tua è voglia di conoscere o semplice curiosità? Cosa ne sai, veramente, della Conoscenza?
- Hai ragione, sono solo un povero Apprendista, ma sappi che, per quanto possibile, cerco la Verità, rifiuto i dogmi e spesso mi pongo dei dubbi.
- Va bene, ti credo. Allora, cominciamo da quel giorno. La guerra, lo sai, era praticamente finita, ma agli americani occorreva una prova, una verifica sulla effettiva capacità distruttiva del loro “gioiello” che chiamarono ironicamente “Little Boy”, piccolo bambino. In pratica volevano sapere quante persone sarebbero potute morire. Così fecero la loro verifica e seppero che una sola bomba poteva uccidere almeno 200.000 persone. Non soldati, ma soprattutto donne, vecchi, bambini che in un attimo sono stati vaporizzati. Di loro è rimasto solo il segno della loro “ombra” sulle poche strutture in pietra che c’erano, altrimenti solo cenere, poca cenere. Quel giorno ho visto ciocche di capelli che venivano via al solo tocco delle mani, la pelle che non esisteva più. C’è stato chi, per calmare il fuoco che aveva dentro ha bevuto la pioggia nera per poi morire poco dopo. Quelle bottiglie d’acqua piene che hai incontrato nel vialetto, sono testimonianze che qualcuno ha voluto lasciare in ricordo di questi disperati. Non si conoscevano le radiazioni. Mi chiedo se fu davvero necessario.
- Tutto questo è orribile. Ma ti prego, continua a parlarmi.
- Continuerò, anche se è estremamente difficile raccontare l’indicibile. Quella mattina del 6 Agosto, era risuonato un allarme aereo, ma subito dopo ci fu il segnale che il pericolo era rientrato. Guardando il cielo si vedeva che era azzurro, bellissimo, dopo le nuvole dei giorni precedenti. Qui vicino c’era una scuola con 400 bambini che sognavano di diventare soldati. Quando la bomba esplose, a terra la temperatura raggiunse i 4.000 gradi centigradi. Morirono subito circa 80.000 persone, ma il totale delle vittime nei giorni a seguire fu di circa 200.000. Gli edifici erano soprattutto di legno, con pareti ad incastro, molto facili da incendiarsi Da questo punto, che dista poche centinaia di metri dal centro dello scoppio, ho visto cataste di corpi irriconoscibili, bruciati, consumati, sciolti. C’era poi chi si gettava nel fiume qui sotto, ma anche questo era bollente. Subito dopo cominciò a piovere una pioggia velenosa che portava via la pelle. Uomini che sembravano manichini, ammassi di braccia e di gambe, come i miei rami. Un’ultima cosa che potrà farti capire il dramma: se continuerai ad andare avanti per questo sentiero, troverai il monumento ad una bambina. Si chiamava Sadaco Sasaki. Dopo 11 anni dallo scoppio, avvenuto quando ne aveva solo 2, è morta di leucemia, il terribile morbo che le radiazioni ci hanno lasciato in eredità. Il monumento è dedicato a tutti i bambini morti in tutte le guerre nel mondo.
- Sentire queste cose è straziante, ma dimmi, ma come avete fatto tu e alcune delle tue amiche che sono nella zona a sopravvivere ad un evento così terrificante?
- Noi piante abbiamo tante e tali prerogative che voi umani non potete nemmeno immaginare. Quando comincerete a capire o, meglio, a sforzarvi di capire, ed avvicinarvi al nostro mondo, scoprirete quanto le piante potranno esservi utili. Siamo gli unici esseri che riescono a trasformare la materia amorfa in materia organica, viva. La trasformiamo in foglie, frutti, filtriamo tonnellate di anidride carbonica. Voi umani lo chiamate “il miracolo della vita”. Ma, cosa credi, che il tanto temuto Coronavirus sia nato per caso? No, te lo assicuro, è stata la violenza dell’uomo verso la Natura. Esiste una precisa relazione tra i virus e l’azione dell’uomo sull’ambiente, dall’inquinamento alla deforestazione. Tutto ciò che fa l’uomo di sbagliato verso la Natura rappresenta un terreno fertile per il propagarsi dei virus. Cosa credi, tutte noi piante sentiamo i boschi che bruciano, gli oceani che non hanno quasi più ossigeno e sentiamo ancora di più l’indifferenza di milioni di persone verso tutto quello che la Nostra Grande Madre ci ha donato. Sentiamo perfino l’adorazione del tecnologico da parte di tanti giovani che dimenticano in questo modo il vero amore ed il senso della vita. Vediamo la trascuratezza di tutti, per quelle che erano le vostre vere radici, che spesso vengono addirittura rinnegate. Ricordati che la Nostra Madre è poi costretta a punire i figli che non la rispettano. Ricordati che la vera Luce della Sapienza è niente altro che la Natura che vi circonda.
- Ti credo e so bene che hai perfettamente ragione. Mi piacerebbe molto continuare a parlare con te, ma purtroppo domani torno in Italia ai miei piccoli, insignificanti impegni giornalieri e spero che questo virus ci lasci presto in pace. In Giappone ho visto molte cose interessarti, ma qui intorno ho visto tante cose belle. Ti dico addio, cara pianta sopravvissuta, chissà se esiste da qualche parte un Paradiso, un Eden o qualcosa di simile. In quel caso magari un giorno ci potremo incontrare di nuovo. Io farò quello che posso per ricordarmi di te.
- Certo, vai. Tu sei un uomo fortunato, caro turista, torna alla tua “Grande Bellezza Italiana”. Ma fai un’ultima cosa per ricordarti di noi, porta con te un messaggio di speranza affinché altri capiscano che quanto accaduto 75 anni fa non debba più accadere: raccogli un po’ dei miei semi, anzi quelli che tu troverai sono quelli delle mie figlie, io, come ben capisci non sono più in grado di produrre altra vita. Portali con te e, se riuscirai a far crescere le piante, potrai dire che queste sono le nipoti di una sopravvissuta ad un terribile evento voluto dalla stupidità umana, ma che per questo sono foriere di speranza. Ricorda che io ho ancora poco da vivere, ma il messaggio che tu porterai non può, non deve, morire. Ti voglio lasciare con il racconto di un fatto che sa di coraggio e di rigenerazione. Ci fu una donna che partorì, nascosta nello scantinato di un palazzo distrutto dalla bomba, aiutata da un’anziana ostetrica che poi morì poco dopo. Il bambino che nacque il giorno dopo lo scoppio, rappresenta la stessa città Hiroshima e una speranza di pace nel mondo, nata dalle macerie, proprio come i miei semi che hanno poi generato le piante che ti circondano. E ora, addio.
La guardai di nuovo e mi sembrava ancora di più una vecchia inferma. Per fortuna aveva i suoi badanti, che ora la stavano curando, controllavano i pali di sostegno, verificavano che non ci fossero malattie. Con il corpo magrissimo, ossuto, finito, sembrava quasi una persona in croce.
Il tempo era scaduto, nessuno mi parlava più. Mi scosse una voce conosciuta dietro di me:
- Mario, perché ti sei fermato? Sai, che più avanti c’è un monumento, bello e molto toccante: è per una bambina che, dopo 11 anni dallo scoppio, è morta di leucemia. Molti, soprattutto ragazzi e adolescenti, lascano accanto al monumento degli origami di carta a forma di gru.
- Lo so, si chiamava Sadaco Sasaki. Mia moglie mi guardò perplessa:
- Ma come fai a saperlo? L’hai letto sulla guida eh !!
- No, me lo ha detto un’amica, ma questo deve restare un segreto. TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’. M. L.