PANDEMIA E RINASCITA
IL MONDO CHE VERRA’
Dibattito online sul dopo Covid 19 con Politi De Masi, Perroni, Filipponeri Pergola e il Gran Bibliotecario Fioravanti. Ha concluso il Gran Maestro Bisi con l’invito “a lavorare per migliorare se stessi”
”
oggi è il 10 aprile e dovevamo essere a Rimini
per la Gran Loggia, che si terrà in ottobre. Noi siamo fiduciosi. Torneremo a riveder le stelle… Il messaggio di Dante ci dà conforto e sostegno in questo momento complesso per l’umanità
…Un momento che dobbiamo saper trasformare in un’occasione per migliorare noi stessi e imparare comportamenti nuovi”. È l’invito che il Gran Maestro Stefano Bisi ha lanciato concludendo il convegno
“Guarire la società. Pandemia e rinascita”, che si è tenuto il 10 aprile
sulla piattaforma online del Grande Oriente, al quale hanno preso parte il vaticanista Marco Polilogo Domenico De Masi, la teologa
Marinella Perroni e lo psicoterapeuta Rocco Filipponeri Pergola, moderati dal Gran Bibliotecario e Gmo Bernardino Fioravanti che ha anche introdotto i lavori. Comune denominatore del dibattito, il cui tema è stato affrontato da punti di vista assolutamente diversi, l’esigenza da tutti sottolineata di uscire dalla catastrofe
che ci ha colpiti non come se nulla fosse accaduto, ma consapevoli
di dover ricostruire un mondo nuovo.
Il futuro indicato da Bergoglio
II dibattito ha preso il via con lapresentazione dellibro Francesco, la peste, la rinascita (Laterza) di Marco Politi, evento che erain programma per la Gran Loggia di Rimini. Un libro che analizza il modo inedito in cui il Vaticano ha reagito all’irrompere, nel febbraio 2020, dell’epidemia di Coronavirus. Per la primavolta dopo secoli, ha osservato il giornalista, la Chiesa in tempo di peste non è apparsa come protagonista.
Sottoi riflettori la scienza, sugli schermi medici, esperti, infermicrie
politici. E cosa ha fatto Francesco? Dopo un primo momento di
smarrimento, ha raccontato Politi, il papa hareagito riconquistando la
scena con la liturgia del 27 marzo e la Via Crucis del Venerdì santo.
Due cerimonie straordinarie perti, il socio impatto visivo e psicologico. Il vuoto fantasmagorico di piazza San Pietro è stato trasformato in uno spazio planetario in cui Francesco ha riaffermato il valore della fede come portatrice di speranza, alimento di solidarietà, trasmettendo la visione di un Dio che, proprio perché vicino
alle vittime e all’umanità piagata dal morbo, sollecita il giudizio e la
responsabilità di ciascuno nel decidere quale società ricostruire dopo
il disastro. Il “dopo” è il vero nodo, un “dopo” che porti alla creazione
di una società che superi le disuguaglianze, che difenda il sistema
liberaldemocratico dai linguaggi e dagli atteggiamenti totalitari che lo
minacciano.
Nessuno si salva da solo
Con lo stile che gli è proprio, ha
rimarcato il vaticanista, Jorge Mario Bergoglio non è intervenuto ‘con toni ex cathedra o con parole genericamente consolatorie. Rivolgendosi ad ogni persona, al di là dei recinti confessionali o filosofici, ha messo in evidenza che nessuno si
salva da solo e che unicamente uno sforzo solidale permetterà di contrastare la tempesta rovinosa che si è abbattuta sul mondo. A rimarcare che la grande prova cui sono sottoposte oggi tutte le società non è frutto di un medievale “giudizio di Dio” e neanche di unagenericavendetta della Natura, ma rappresenta una chiamata alla responsabilità dei contemporanei. Questo è il messaggio che arriva da Francesco, che ha creato in Vaticano, ha riferito Politi, una commissione di studio per valutare gli effetti sociali, economici e culturali della pandemia. Unavisione religiosa e sociale la sua, che viene a incontrarsi con il pensiero laico attento all’analisi degli effetti storici delle grandi crisi. Che possono provocare collassi irreversibili. Oppure aprire la strada a modelli innovatori, come accadde negli Stati Uniti dopo il 1929 con il New Deal di Franklin Delano Roosevelt e dopo la II Guerra mondiale quando l’Europa siè rialzata attraverso l’economia sociale di mercato.
L’incontro conil pensiero laico
Oggi il papa argentino pone la questione cruciale della visione a cui
ispirare la ricostruzione, ha ribadito Politi, ricordando che l’anno scorso è stata organizzata in Vaticano, per la prima volta nella sua storia, una giornatadi preghierae di riflessione aperta siaai fedeli di tuttele religioni sia ai non credenti, la “Giornata di fratellanza, digiuno e preghiera” del 14 maggio 2020. I fedeli, disse in quella occasione il cardinale Miguel Angel Ayuso Guixot, pregheranno, i non credenti sosteranno per un “pensiero spirituale, una riflessione sulla condizione umana”. Quel giorno il papa sottolineò che “siamo tutti fratelli”, mettendo il dito nelle piaghe del nostro tempo: l’inequità delle condizioni sociali esistenti, le disuguaglianze crescenti, le nuove
schiavitù, la catastrofe umanitaria del fenomeno migratorio, l’intreccio
tra degrado ambientale e degrado della situazione umana. Rinascere
dopo la pandemia, per Bergoglio ha così acquistato il significato di
costruire una società inclusiva, in cui non ci siano “scartati” ed emarginati. In cui il “noi” prevalga sull’ “io”. “O siamo fratelli o crolla tutto” ha detto. Ed è un’affermazione la sua daleader religioso, che è anche protagonista geopolitico come ha dimostrato ancora una volta il
suorecente viaggio in Iraq, convinto che la fratellanza si concretizzi
nei fatti, in un agire orientato ad un bene comune incentrato sulla
dignità umana. Non è un caso che il 2020 abbia visto la pubblicazione
dell’enciclica “Fratelli tutti” in cui l’afflato di fraternità del cristianesimo si intreccia ai principi ideali di quella rivoluzione delle menti e dei cuori che si è prodotta nel 1789: Liberté, Egalité, Fraternità. Non c’è libertà senza eguaglianza, non c’è eguaglianza senza fratellanza, ha concluso Politi.
Le Costituzioni di Anderson
Principi, che sono i pilastri della Massoneria, ne esprimono lo spirito intrinseco e le finalità, ha sottolineato, prendendo poi la parola il Gran Bibliotecario Fioravanti, che“ha ricordato anche che l’Arte Reale da sempresi propone di realizzare il bene dell’umanità come è prescritto nelle stesse Costituzioni di Anderson del 1723, ossia la Carta che detta i doveri dei liberi muratori e di cui l’attore Achille Brugnini haletto un passo significativo proprioa questo riguardo
.
La teologa attacca il clero
Molto critico nei confronti del clero e del modo in cui ha reagito
all’emergenza della pandemia l’intervento della biblista e teologa
cattolica Marinella Perroni, fondatrice del Coordinamento teologhe
italiane e docente al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma. Non
saprei dire, ha premesso, comeabbiano reagito gli ambienti religiosi
delle altre fedi del mondo a questo tsunami che ci ha investito.
Ma il contesto cattolico e italiano non si è mostrato finora in grado
di confrontarsi con il linguaggio completamente nuovo di unacrisi
planetaria enorme e capillare, che di tanto in tanto sembra possiamo
riuscire a controllare ma che poi ci sovrasta. Siamo rimasti esterrefattinel costatare che la prima risposta è stata quella di spolverare vecchi linguaggi religiosi, e a questo non si è sottratto neppure il papa, che comunque ha potuto contare sulla suaforza e sul carisma. I nostri vescovi hanno dimostrato non solo di non riuscire a entrare nel mondo nuovo in cui abbiamo vissuto in questi ultimi
decenni, ma tantomeno di essere capaci di dialogare nel linguaggio
della pandemia e abbiamo visto cose incredibili, ostensori portati su
furgoncini, crocifissi issati su piazze vuote… In un silenzio generale e
in uno sgomento generale, il nostro clero ha evidenziatola sua incapacità di rendersi conto o dimostrare che i cambiamenti del mondo sono stati recepiti dalla Chiesa. E sono inevitabilmente emersi i limiti del confronto tra scienzae religione, la difficoltà della struttura ecclesiastica di trovare un orizzonte di senso anche religioso a quello che stava succedendo. Non dico che fosse facile.
Ma non c’è stata elaborazione pubblica, non c’è stata capacità di
trasformare questo momento in un momentodi consapevolezza collettiva dei cattolici in Italia.
Bisogna mettersi all’opera
Gi si chiede allora come possa avvenire
quella rigenerazione, auspicata dal papa. Le sue due encicliche Laudato si’ (24 maggio 2015) e Fratelli tutti (3 ottobre 2020), ha sottolineato la teologa,contengono un vettore di idee che vanno realizzate, indicano unpercorso, il percorso che dobbiamo effrontare per risanare il pianeta e noi stessi, riconoscendoci fratelli. Ma c’è
qualcuno che si è messo all’opera? Chi c’è tra le indicazioni del pontefice e la Chiesa italiana? E dov’è quel laicato cattolico che oggi dovrebbe essere in grado di garantire una claborazione comprensibile anche a chi credente nonè e intervenire nel dialogoperla sanatio del mondo? Siamoin una situazione, ha concluso Perroni, in cui dovremmo cominciare a porci la questione di quali saranno i soggetti
deputati a intessere ciò che Francesco con grande slancio ci ha indicato.
Dovremmo cominciare, ha aggiunto, a studiare delle ipotesi, vie praticabili per sanare il pianeta e perché gli uomini lo abitino con relazioni fraterne,al di la dei numeri….delle statistiche, delle previsioni e dei bilanci, con un altro livello di elaborazione, che certamente non trova spazio nei mezzi di
comunicazioni, progionieri dell’informazione minuta quotidiana. Quella rigenerazione dicui parla il Papa, ha concluso, richiede ben altro motore elavoro sotterranco.
Dal caos un ordine nuovo
Dal caos possiamo configurare un nuovo ordine, possiamo trarre risorse e nuova vita, perché ogni crisi
può diventare un’opportunità di progresso. È il messaggio lanciato
da Filipponeri Pergola, docente di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione (Università di Roma Tor Vergata), che però ha avvertito che affinchè ciò possaavvenire, a livello personale occorre vivere i limiti che viviamo come soglie di attraversa mento, tendendo a nuova meta, ossia ampliare le nostre risorse di significato (capitale semiotico). A livello pratico, ha detto lo psicanalista, occorre
ridisegnare le nuove regole della casa comune, ossia rifondare
ecologia ed economia (dikos in greco antico significa “casa” e nomos
regola) basandola sulla circolazione dei Beni Relazionali, quali reciprocità, cooperazione e fiducia, che costituiscono
il capitale sociale; e questo nella convinzione che le risorse, paradossalmente, si moltiplicano nella distribuzione, come avviene nel racconto della “moltiplicazione dei pani e dei pesci” o nella teoria dei giochi di Nash. Oggi più che mai, ha osservato Filipponeri Pergola,
c’è un intreccio tra libertà, crescita e diritti, che implica la considerazione di una cittadinanza terrestre consapevole, per ricostruire un nuovo equilibrio tra le società umane e l’ambiente naturale, passando dallahybris all’intellisenza ecologica. Per
questo occorre un nuovo approccio psicologico, che è quello della “PolisAnalisi”: una clinica del sociale,utile per guarire le “patologie civili”,quali xenofobie, fondamentalismi e totalitarismi, sfruttamento ambientale…
L’intento è, ha spiegato, di contribuire a una politica della vitae della speranza, che permetta di vivere la “comunità” non come “messa
in comune di muri” ma, nel suo significato originario, come “messa
in comune di doni”.
Come cambia il lavoro
De Masi invece, da sociologo, ha affrontato la questione scottante dei cambiamenti in atto nel mondo del lavoro, che l’emergenza Covid sta accelerando e dei quali dobbiamotener conto per progettare il futuro. In pochi decenni, grazie al progresso tecnologico, allo sviluppo organizzativo, alla globalizzazione e alla scolarizzazione, il lavoro si è profondamente modificato. Un numero enorme di mansioni operaie e impiegatizie sono ormai delegate alle macchine. Ma le macchine, per quanto sofisticate e intelligenti, non riescono a produrre idee: dunque
all’uomo, ha osservato Masi, resta il monopolio della creatività, che
finora nessun progresso tecnologico è riuscito a sottrargli. Il lavoro intellettuale, ha riferito, interessa ormai il 33% in Spagna, il 39% negli Stati Uniti, il 41% in Italia, il 43% în Francia, il 48% in Germania, il 52% nel Regno. Invece, nell’immaginario
dei nostri policy maker, persiste lo stereotipo secondo cui la figura del
“lavoratore” coincide tuttora conquella del metalmeccanico taylorizzatoe del travet burocratizzato, che rappresenta invece solo un terzo degli occupati. È in attesa che questo 33 percento sia liberato da nuove macchine nel suo lavoro inumano,
non si vede altra soluzione intermedia per garantire a tutti occupazione che la riduzione dell’orario a parità di salario. Cosa possibile, ha spiegato il sociologo, se cresce la produttività
delle macchine.
Flessiblità e creatività
Poi c’è, ha proseguito, un secondotipo di lavoratori cui oggi appartiene la maggioranza, quello degli impiegati e delle casalinghe, i portieri
d’albergo, le badanti, gli infermieri, i camerieri, gli aiuto-registi,
i segretari, i front line di banca, i commessi, le suore, i vigili, le hostess. Lavoratori, cui non è richiesta vera e propria creatività ma piuttosto intelligenza emotiva, flessibilità, intuito. Lavoratori che non saranno mai sostituibili interamente dalle macchine né saranno mai intercambiabili tra di loro. Cosa che determina nei datori di lavoro la tendenza a monopolizzare la loro vita intera quando risultano intelligenti e motivati. Anche per questa tipologia di lavoratori, perciò, sarebbe opportunoridurre gli orari in modo che le loro skills, possano corroborarsi di culturae di affetti, contribuendo alla crescita propria, della famiglia e delfa società, oltre che dell’azienda. Ma oggi, ha proseguito il professore, c’è un numero crescente di lavoratori
che produce idee mobilitando, con le sue conoscenze intellettuali, i propri neuroni e il proprio computer.
Per orasi tratta di almeno un terzo di tutta la popolazione attiva. Come ho cercato di mostrare nel volume La fantasia e la concretezza (Rizzoli), hariferito, la produzione di idee originali segue regole completamente diverse dalla produzione di oggetti in serie e di servizi standardizzati.
Spesso segue pochissime regole o addirittura nessuna. Un creativo
lavora 168 ore la settimana. Anche se non è in ufficio, la sua mente assorbe, metabolizza, elabora stimoli, idec, spunti, materiali ovunque egli sia. E se un datore di lavoro non compra forza bruta ma creatività, allora, per il suo stesso bene, deve rispettare la natura propria del processo creativo. Deve convincersi che non basta essere lontani dai luoghi di lavoro per smettere di creare. Né basta la presenza fisica nei luoghi di lavoro per garantire che una persona
stia “lavorando”. Con l’irrompere del lavoro intellettuale di massa,
cadeil concetto stesso di luogoe di tempo determinati, di orario fisso, di controllo gerarchico, di lavoro straordinario, di pensionamento.
E irrompe così lo smart working, cioè la possibilità consentita dalle
moderne tecnologie informatiche, di lavorare dovunque e comunque,
lontano dall’ufficio, raggiungendo gli obiettivi concordati.
Smart working
Con lo smart working, a detta di De Masi, ci guadagnanotutti. Il lavoratore in termini di maggiore flessibilità, minore alienazione, risparmio di energie, di spese e di tempo; migliore
benessere fisico; più intensi rappor ti familiari e di buon vicinato; più
facile accessibilità. Per le aziende vi sono sicuri benefici in termini diflessibilità,produttivitàe creatività, oltre alla riduzione dell’assenteismo e del turnover. È vi sono ricadute positive anche per la collettività, dalla riduzione del traffico, alla rivitalizzazione dei quartieri, al minore inquinamento, minori spese per la manutenzione
stradale, uso più razionale degli edifici, riduzione del costo degli alloggie delle aree urbane. Fatto, dunque un bilancio tra vantaggi e svantaggi dello smart working, i primi sono infinitamente maggiori dei secondo, ha rimarcato De Masi, aggiungendo che prima della pandemia, su 14 milioni di potenziali telelavoratori,
solo 570.000 telelavoravano. E che voi, dopo il 4 marzo, sotto la sferza
del coronavirus, la cifra è scattata a 7-8 milioni. Come mai lo smart
working non è stato introdotto gradualmente
negli anni precedenti? La sua domanda? Perché i capi, magari
inconsciamente, ha spiegato, non volevano che, oltre a cambiare l’organizzazione, si riducesse il loro potere.
Quando la pandemia sarà terminata, migliaia di aziende e milioni di lavoratori avranno vissuto la rivoluzione mentale dello smart working e avranno sperimentato in prima personai molti vantaggi e i pochi disagi che nederivano. L’Osservatorio del Politecnico di Milano hacalcolato che almeno 4-5 milioni di impiegati e manager dopola pandemia continueranno a lavorare lontano dagli uffici in base
ad appositi accordi aziendali.
Tornare a stare insieme
Ha concluso il Gran Maestro che ha invitato a guardare in modo
positivo al futuro. “Abbiamo fatto la Gran Loggia 2020, che è stata
voluta da tutti noi con coraggio e determinazione e che si è svolta in
assoluta sicurezza nel rispetto delle regole, faremo — ha detto — anche la Gran Loggia 2021, a dimostrazione di quantoci sia bisogno delle associazioni, delle formazioni sociali che favoriscono le relazioni tra le persone, che sono unanecessità prevista anche dalla Costituzione”. Insieme alla pandemia, ha sottolineato,“stiamo infatti vivendo anche una fortissima emergenzadelle relazioni, forse sottovalutata, un’emergenzaindotta dal senso di insicurezza e precarietà che la pandemia porta con sé. Un’emergenza che può avere
ristoro soltanto nel tornare astare insieme…Noi del Grande Oriente
sentiamo fortemente questa mancanza, la mancanza di quel benefico
sollievo che proviamo durante i nostri lavori rituali nelle logge, che
rafforzail nostro spirito e il nostro senso di appartenenza, e che nasce
dal dialogo, dall’apprendere insieme, dall’imparare a guardare l’uno
con gli occhi dell’altro. E non appena sarà possibile torneremo nelle
nostre officine, con la speranza anche di essere uomini migliori…
Non avere paura del domani — ha conclusocitando la stella del raggac
Bob Marley — perché in fondo oggi è il giorno che ti faceva paura ieri”.
5 eventi in 6 mesi
L’evento è stato organizzato dal Servizio Biblioteca del Grande Oriente, che negli ultimi sei mesi ha tenuto ben cinque incontri online.
Si è iniziato il 17 novembre 2020 con il convegno “Da Ipazia a Filelfo,
un’antica tradizione può salvare il mondo” con Silvia Ronchey, è
seguito il 3 dicembre il seminario interno riservato ai fratelli sul Grado di Compagno Libero Muratore e successivamente l’11 dicembre
c’è stata la presentazione del volume “I Quattro maestri” del filosofo
Vito Mancuso. Il 18 febbraio è stato organizzato un altro seminario
interno sulle origini e l’evoluzione del Grado di Maestro e sabato 10
aprile, si è tenuto quest’ultimo dibattito. Gli incontri si sonorivelati
un’occasione preziosa di dialogo per comprendere meglio la realtà
DALLA RIVISTA “ERASMO” 5/2020