I NUMERI
di E. De Ricci
Non vi è disciplina o attività umana che non sia condizionata dai numeri.
Vi sono rapporti numerici nell’architettura, nelle arti decorative, nella musica e nella metrica di ogni letteratura, per non parlare delle scienze e delle tecniche.
Il numero, ente astratto che esprime una successione ordinata, ha nella sua stessa ecceità quelle caratteristiche che lo rendono indispensabile,
potendo divenire grandezza, misura, individuare o essere un sistema, trasformarsi in simbolo. Ed è quest’ultima caratteristica, unita all’estrema esprimibilità concettuale, che lo ha visto divenire il protagonista di molte correnti e scuole esoteriche.
Il Reghini, ad esempio, ha evidenziato come i Liberi Muratori tardo-medievali ‘’identificassero l’arte architettonica con la scienza della Geometria e dessero alla conoscenza dei numeri tale importanza da giustificare la pretesa di essere i soli ad avere conoscenza dei Numeri
Sacri”.
Ma la numerologia è legata soprattutto alla scuola Pitagorica, che fiorì nel VI° sec. A.C. come una sorta di associazione a carattere religioso della quale. adire il vero, sappiamo poco.
A dar fede alle testimonianze della tarda età ellenistica sembra certo che il saggio di Samo facesse ampio ricorso alla simbologia e pensasse
al numero come all’essenza ultima di tutte le cose. L’universo era immaginato come ordine, armonia e simmetria e di questo sistema faceva parte l’uomo o meglio l’anima destinata ad incarnarsi nella materia attraverso il processo della metempsicosi. I tardi apologeti ed epigoni di Pitagora narrano, inoltre, che il Maestro aveva diviso i suoi discepoli in quattro livelli diversi per conoscenza. Si progrediva così in
modo graduale passando da una dimensione exoterica ad una epifanica nella quale il recipiendario riceveva la rivelazione della verità.
Interessante, oltre alla divisione fra numeri amicabili e perfetti, è la considerazione del numero come rapporto che permette l’armonia universale e dunque, comprendendolo astraendolo dalle valenze puramente quantitative, è possibile risalire al divino. In questo il Pitagorismo ricorda da vicino forme di gnosticismo scientifico attuale che operano lo stesso processo partendo dal concetto di energia.
Anche per Platone il numero ha una grande importanza. L’Ateniese affronta questo argomento specie nel Timeo, la bellissima opera della maturità dove esamina il problema dell’origine e della formazione del mondo, organizzato sulle interazioni fra il 2 e il 7.
L’agente, il demiurgo. può esplicare la sua opera creatrice solo avvalendosi di enti matematici.
L’epifania delle idee in modelli terreni è possibile solo attraverso le infinite opportunità offerte dalla geometria che diviene l’essenza ultima del creare, superando la dottrina presocratica dei quattro elementi.
La Massoneria eredita questa antica tradizione tanto che ogni numero acquista un suo significato importante. Ma per non dilungarci eccessivamente, ci limiteremo solo ad accennare, brevemente, ai numeri 1,2 e 3.
UNO: peri Pitagorici non è un numero. Ma “il principio di tutti i numeri”, in quanto genera una serie infinita attraverso il procedimento della replicazione di se stesso. In questo 11 è visto come simbolo del divino, è il primo e solo numero, ma raddoppiandosi crea un ente diverso il due e aggiungendosi ancora a quest’ultimo da luogo al tre. L’identico. Gemmandosi crea il differenziato. È un processo che ricorda
molto l’Uno filosofico per antonomasia, quello plotiniano che, appunto, genera per tracimazione, esondazione di se stesso, attraverso una dialettica che è articolazione geometrica e procedimento matematico.
Se poi consideriamo l’alter ego geometrico dell’uno, il punto, la simbologia del divino si rafforza. Euclide definisce il punto “ente geometrico privo di dimensioni”, postulato che implica una caratteristica tipica del divino: l’ineffabilità, l’irrapresentabilità. Pertanto VI diventa l’aleph cabalistica, l’alpha-logos, il Brahman, l’En Soph, il Tai ki. Va infine annotato come, sempre peri pitagorici, 1 1 è il generante della serie dei dispari, numeri che la maggior parte delle tradizioni considera fausti, maschili e sublimanti.
DUE: La tradizione pitagorica considera il due l’origine dei numeri pari considerati femminili in quanto divisibili e quindi generanti. La femminilità del 2 è sottolineata dal fatto che esso corrisponde alla beth che graficamente, come tutti sanno, ricorda la pianta di una casa, l’utero fecondato, ciò che protegge e che genera e se poi ci spostiamo su un piano kabalistico, abbiamo la coniugatio delle sephiroth dette “le nozze sacre”.
Altro valore simbolico del due è quello degli opposti generanti lo Yang e lo Yin, l’attivo-il passivo, lo spirito-la materia. In taluni casi gli opposti non danno luogo a sinergie masi caricano di valenze radicali implicanti
un’opposizione escludente, tesa all’eliminazione dell’antitetico. Siamo nella contrapposizione del dualismo teologico Zaratustriano, Mazdeo, Manicheo, pauliciano, bogomilico e infine cataro. Il dramma del duale, del sè e del diverso da sè, è vissuto, in questo caso, come contrapposizione fra forze inconciliabili.
Tale posizione è riscontrabile anche nel Taoismo, nel Buddismo Tantrico e, soprattutto, in tanti atteggiamenti radicaleggianti della società occidentale dove è insita e costante la tentazione di demonizzare “il diverso” sentito come opposto che ha “in fieri” apocalittiche capacità
destabilizzanti.
In Massoneria il concetto di dualità è fondamentale ed è ben rappresentato nel “quadro di Loggia”.
Ci sembra superfluo soffermarci sugli accoppiamenti di diversi “tipici” dell’Arte Latomistica: squadra-compasso, cielo-terra, sole-luna, orizzontale-verticale, mentre invece è doveroso fare un riferimento al pavimento del Tempio che trascende le sinergie delle coppie così comuni in Loggia.
Ci riferiamo al pavimento a scacchi contrapposto alla volta stellata. Se quest’ultima rappresenta una sorta di iperuranio il pavimento è la creazione demiurgica dove luci e tenebre si affrontano e si alternano.
Il dramma umano vi è mirabilmente raffigurato: l’uomo, scintilla di luce è circondato dalle tenebre, il suo isolamento dagli altri è totale e in questo stato di infelicità esistenziale attende la grande notte.
Par quasi di ascoltare, nel vedere questa simbologia del duale, le parole del massone Quasimodo “Ciascuno sta solo sul cuore della terra trafitto da un raggio di sole ed è subito sera”. Ma nel dramma della caduta e della prigionia il pavimento accenna, pure, alla via del superamento del duale in una ricomposizione catartica e salvificante dell’unità.
TRE: Dalla congiunzione fra la “monade” e la diade si ha la triade che i Pitagorici consideravano un numero perfetto in quanto conclusivo di un sistema ordinato e completo. Le caratteristiche di questi tre numeri sono tali che la loro somma è uguale al prodotto: 1+2+3=6 1.2.3=6
Teone da Smirne, riprendendo il Maestro di Samo, affermava che tale sistema era sublimante in quanto conteneva il Principio (1), il mezzo (2) ed il fine (3). Il triangolo rettangolo dei Pitagorici con i lati in progressione di 3,4.5 è la base per la costruzione del rettangolo ed in particolare del “rettangolo aureo” che i Costruttori medievali utilizzarono per l’edificazione di molte Chiese. Inoltre, se il 2 rappresenta gli opposti generanti, il tre è il generare e per traslato il generante- generato, cioè il trascendente. Non a caso il triangolo equilatero indica per i Cristiani la Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo, per gli Egizi: Osiride (causa prima), Iside (la ricettività) e Horus (il risultato), per gli Iduisti la grande Triade: Brama, Siva, Visnu o Trimurti: i tre aspetti fondamentali dello stesso principio divino.
è
Anche per il simbolismo massonico il Delta riveste un’estrema importanza e viene attentamente studiato in grado di apprendista perchè rappresenta il Grande Architetto dell’ Universo, il ternario dell’uomo (corpo, anima, spirito), il ternario animico (Anima celeste, anima vegetativa, anima istintiva), la perfezione costruttiva, la montagna sacra, l’illuminazione.
Tutti questi motivi fanno sì che la triade sia ricorrente nel Tempio: vi sono tre luminari: il Sole, la Luna ed il Delta luminoso; tre luci: il Maestro Venerabile ed i due Sorveglianti, tre pilastri, tre finestre, tre gioielli mobili: squadra, livella e perpendicolare: tre gioielli immobili: la pietra grezza, la pietra cubica a punta e la tavola da disegno.
Triplice è l’enigma al quale il recipiendario, nel Gabinetto di Riflessione, deve rispondere e subito dopo triplice è il viaggio simbolico del profano per essere ammesso a ricevere la luce, triplice è la batteria, il bacio ed il toccamento e tre sono infine i passi per entrare nel Tempio a lavori cominciati.
Il ternario ricorrente nel Grado di Apprendista ci fa comprendere come questo numero sia strettamente legato alla base della piramide latomistica.
Il perché può trovare tante risposte, come deve essere per chi lavora sui simboli, ma a nostro avviso, la soluzione va cercata nel significato trascendente del 3.
L’Apprendista è infatti colui che riceve la prima, fondamentale illuminazione, le altre saranno consequenziali.
Il viaggio inizia perchè vi è nella profanità una volontà eroica, un quid che comunque distingue e da, per forza propria, inizio al processo.
Nell’oscurità della caverna il recipiendario è riuscito a svellere i vincoli delle catene, ha compreso che le ombre non sono il vero, ha deciso di
risalire per latebre ignote, vuol vedere, sapere, comprendere, implicitamente amare. E tutto questo è scaturito da una percettività
diversa che ha generato il processo dialettico: insoddisfazione. desiderio, ricerca: processo che si articola nel lento incedere verso il Delta Sublime della piena luce dell’Oriente