LEGGE DELLA LOTTA CONTRO IL VIZIO

Legge della lotta contro il vizio

Che cos’è il vizio?

” Il vizio è ogni concessione fatta all’interesse ed alla passione a spese del dovere.

E’ la soddisfazione dei cattivi desideri dell’uomo; specchio ingannatore che mostra sotto i più dolci aspetti i piaceri impuri; ostacolo odioso, ma seducente, posto innanzi alla virtù che si sforza a pervertire; pericolo contro il quale bisogna armarsi con tutte le forze della ragione, con tutta l’energia del carattere e che si perviene a distruggere con il quadro dei godimenti più puri e così dolci quali sono procurati dall’uomo da una vita di saggezza e virtù.

E’ per mettere un freno salutare alle nostre passioni, allo slancio della cupidigia; è per elevarci al di sopra dei vili interessi che tormentano la folla profana; è per imparare a calmare l’ardore delle nostre passioni antisociali che noi ci raduniamo nei nostri Templi.

Noi lavoriamo senza tregua al nostro miglioramento, noi abituiamo il nostro spirito a non dedicarsi che alle grandi affezioni, a non concepire che idee di gloria e di virtù; non è che regolando le proprie inclinazioni ed i propri costumi, che perveniamo a dare alla nostra anima quel giusto equilibrio che costituisce la saggezza, vale a dire la scienza della vita.”

Con queste parole terminano le dichiarazioni programmatiche che vengono rivolte all’iniziando, prima che egli faccia la sua scelta definitiva; tutte queste dichiarazioni hanno puntato soprattutto a illuminare l’aspetto etico della sua decisione: egli sta per fare una vera scelta di vita che richiede un’assunzione di responsabilità cruciale, che non riguarda tanto il suo legame istituzionale (non certamente irreversibile, come invece afferma chi è in malafede) quanto la fedeltà a se stessi.

Tuttavia queste ultime parole, anche se espresse ancora con accenti un po’ enfatici e romantici, come può esserlo un linguaggio ottocentesco, possono parlare molto chiaramente anche ad un lettore di fine millennio. Infatti dal completamento di un quadro etico destinato ad indirizzare e nobilitare lo scopo della vita dell’Uomo, in Loggia rappresentato, non solo simbolicamente, dal Libero Muratore, esce un indirizzo molto preciso: la saggezza.

Saggezza come scienza della vita, saggezza come risultato del cammino che si percorre, saggezza come unico valore che, nella società, può giustificare la potenziale diseguaglianza tra gli uomini, saggezza infine come la vera energia che, dalle origini della preistoria, ha spinto l’uomo a diversificarsi dagli animali per intraprendere quel viaggio, che anche noi stiamo facendo, verso il suo Creatore.

Pubblicato in Lavori di Loggia | Lascia un commento

TEMPIO – TERMINE

Tempio: Termine derivato dalla radice indoeuropea tem, che significa dividere, delimitare. Definisce un luogo sacro destinato al culto. Anticamente, in epoca arcaica, il culto ignorava la costruzione di templi, come evidenziato dal fatto che gli stessi termini che in età storica designano l’edificio sacro (templum, phanum, sacellum, aedes) in origine indicavano lo spazio naturale, il luogo segnato da caratteristiche che vi testimoniavano la presenza, la manifestazione delle divinità. Quindi il culto si esplicava a diretto contatto della natura venerata o dell’oggetto considerato sacro. È il caso del cipresso di Esculapio a Cos, del bosco di diana a Nemi, della fonte di Saint-Sauveur nella foresta di Compiègne, del dolmen Creuz-Moquem di carnac, del falò della festa celtica di Beltane, del capro del dio egizio Amon, ecc. In seguito il luogo ritenuto sacro venne delimitato nella sua perimetrazione, e segnato da cippi terminali o da recinzioni. Il T. naturale era denominato dai Greci temenoz, ovvero delimitazione del luogo adibito a culto, sul quale poteva anche sorgere un edificio (naoz) dove si conservavano i beni del T., ma spesso anche quelli dell’erario pubblico. Per i Romani il templum significava uno spazio della volta celeste o della superficie terrestre, che veniva determinato attraverso gli auspici. L’esigenza di luoghi stabili e ben definiti da adibire al culto fu avvertita soprattutto dopo le invasioni indoeuropee in Grecia e nella penisola italica. Pur continuando a sopravvivere in luoghi di culto naturali con altare all’aperto, nacque allora in Babilonia, in Egitto e presso gli Ebrei il T. inteso come vera e propria casa od abitazione di Dio. In India il T. chiuso nacque con l’avvento del buddhismo e dell’induismo. Con il cristianesimo il termine T. fu usato genericamente quale sinonimo di basilica o di cattedrale. Y (Massoneria) Il T. massonico è a forma di quadrolungo, ovvero di rettangolo, con un’unica porta d’accesso che viene simbolicamente considerata orientata ad occidente. Ai lati di questa porta si trovano due colonne di elevato valore simbolico. La sala ha una volta azzurra cosparsa di stelle, ed è simbolicamente sostenuta da dodici colonne: sei a settentrione e sei a mezzogiorno, ognuno contraddistinta da un segno zodiacale: esse ricordano le singole verità individuali, rappresentando pertanto un richiamo alla Tolleranza. Intorno alle pareti del T. corre un cordone (v.) rosso, in cui vi sono sette nodi d’Amore (profanamente noti come nodi Savoia), il mediano dei quali è situato al centro della parete orientale, e le cui estremità terminano con fiocchi avvinti alle due Colonne “J” e “B”. Il T. identifica il punto geografico, geometrico o geodetico, in cui lavorano i Liberi Muratori. É una raffigurazione del Cosmo, le cui dimensioni non sono definibili, sia in Massoneria che in tutte le religioni. Infatti per il Massone le sue dimensioni vanno da Oriente ed Occidente, dal Settentrione al Mezzogiorno, e dallo Zenit al Nadir. É quindi definito come “un punto situato nel Cosmo, noto ai soli figli della Vedova”. I Lavori che vi si svolgono presuppongono un particolare stato di coscienza da parte di tutti i Fratelli partecipanti. Questo stato di coscienza si identifica con lo stato interiore, a cui fa riferimento il rituale massonico con l’abbandono dei metalli al di fuori della Loggia; una condizione imposta al profano prima della sua iniziazione, e sempre richiesta ai Fratelli prima di accedere al T. al seguito del Maestro delle Cerimonie. Tale stato mentale è assolutamente essenziale per distinguere la Loggia da qualsiasi altra possibile forma di assemblea di uomini, riuniti per perseguire un comune ideale. Tipico ed esclusivo delle sole società iniziatiche, esso implica il totale ed assoluto distacco dal mondo profano, con i suoi tipici vizi e con le passioni che ne derivano. Quindi nel T. si è posti in una situazione interiore particolare, essendo soggetti alle energie interagenti nel Cosmo, nell’ambito della Legge del G.A.D.U. (v.). La comprensione e la padronanza di tale peculiare stato d’animo diventeranno vieppiù accessibili nel corso dell’analisi dei riferimenti e dei simboli presenti nel T., giunti fino a noi attraverso la stretta via della Tradizione Iniziatica, di cui l’Istituzione Muratoria rappresenta il filone occidentale più valido ed attivo. Il T. in sé è quindi un simbolo, sicuramente il più complesso tra tutti i moltissimi simboli muratori. Esso racchiude tutta una serie di significati operativi e sperimentali riferiti all’essere umano, e compresi nell’imperativo “Conosci Te stesso”, che la tradizione vuole leggibile all’esterno della porta d’ingresso, un monito eloquente dal significato simile al “dietro ai sensi vedi che la ragion non vale” dantesco. Secondo Freud il sogno decifrato spesso ci si rivela inconfessabile. Ma nell’inconscio non vi è solo l’infinito, ma anche il sublime. Per il Sebastiani, il T. massonico è la massima rappresentazione del simbolo magico del mondo esoterico, il dominio della via iniziatica, l’edificazione di uno smisurato ordine di vita superiore, oltre l’Universo, oltre l’infinito; il mondo dell’Ego e della coscienza umana, dell’Essere e del non Essere, quello che deve trovare il senso occulto velato dal senso, il vero senso spirituale della vita umana. Ogni particolare dell’arredo, ogni attrezzo ed ogni utensile ha in questo T. un suo significato simbolico; anche il ritmo dei colpi di Maglietto (v.) del Maestro Venerabile e dei due Sorveglianti, parla un suo proprio linguaggio spirituale. Gradualmente il Massone, un neonato sempre rinnovato, vi prosegue il suo cammino nell’Arte Reale, per raggiungere la Luce. Resta inconfutabile il fatto che nessuna Loggia, come nessun Ordine, ha la competenza e la possibilità di determinare il significato di un simbolo, particolarmente quello del G.A.D.U. e quello delle tre Grandi Luci (Squadra, Compasso e Libro Sacro o della Legge, v.). É solo individualmente che ogni massone ha il diritto, la competenza e la possibilità concreta di interpretare i simboli, determinandone il significato. Questa non è che la conseguenza della pratica della Tolleranza massonica, il che significa che ogni Fratello deve poter agire nella piena libertà della sua coscienza. Nella loro collocazione nel Silenzio del Settentrione, gli Apprendisti sono predisposti a percepire ed attivare il proprio “Sole di mezzanotte”, ovvero a conseguire la simbolica conquista interiore, anche solo sfiorandola, il che consentirà loro il passaggio all’altra Colonna. Illuminate le proprie Tenebre e conquistata la vera Libertà dai condizionamenti esteriori, il Fratello diventa Compagno d’Arte, collocandosi nella Colonna di Meridione. Ora, nella piena Luce del Sole allo Zenit, si riflette con l’operatività speculare negli altri Fratelli, negli altri uomini, di cui riconosce l’essenziale Uguaglianza. Le quattro posizioni solari agli equinozi, quando si equivalgono la durata del giorno e della notte, coincidono con le ore 6, 12, 18 e 24. É un fatto che riveste particolare importanza nell’indagine del significato profondo delle ore di apertura e di chiusura degli architettonici Lavori di Loggia. Inoltre al rappresentazione microcosmica del T. porta ad individuare equinozi e solstizi, seguendo il moto apparente del Sole, non più diurno ma annuo. Quindi ogni Fratello può seguire il corso annuale del Sole, con l’attraversamento dei 12 segni zodiacali (v. Zodiaco ed Astrologia), nell’alternarsi delle stagioni. Le 12 Colonne ricordano anche le 12 fatiche di Ercole (v.), corrispondenti ai 12 segni di cui l’Iniziato può e deve percorrere il senso reale e velato attraverso la sperimentazione su sé stesso, per divenire a sua volta un “Sole”, e lavorare veramente per il bene ed il progresso dell’Umanità. Le significanze dei quattro Elementi (Terra, Acqua, Aria e Fuoco, v.), i cui simboli sono evidenziati ripetutamente, sono riferite ai quattro tipi primordiali della manifestazione cosmica, nonché al ritmo ermetico delle manifestazioni naturali ed al ciclo biologico della vita umana. Le loro attribuzioni energetiche costituiscono il Quaternario, cioè la realtà manifesta, quindi sia l’Universo che l’uomo, che contengono tutte le potenzialità e le Leggi. Ciascun elemento conferisce la propria natura qualitativa a tre diversi segni zodiacali. Perciò l’energia di ognuno di essi si esprime attraverso una diversa modalità funzionale. A seconda della modalità espressa, detto in linguaggio astrologico, tali segni sono denominati come Cardinali, Fissi e Mutevoli, o mobili. I segni Cardinali esprimono l’essenzialità, ovvero la stretta conformità al principio informatore; i segni Fissi la stabilità, cioè la modalità realizzatrice o concretizzante, quindi un aspetto di mantenimento e di conservazione; i segni Mutevoli indicano la variabilità, la modalità trasformatrice che prepara il passignificante. una specifica modalità funzionale: quella essenziale (Cardinali), quella realizzatrice (Fissi) e quella realizzatrice (Mutevoli). Se ne possono trarre diverse analogie, espressioni del principio ermetico di dualità, di polarità positiva e negativa, opposte e complementari: Sole-Luna, Luce-tenebre, Bianco-Nero, Equinozio-Solstizio e Fuoco/Aria-Acqua/Terra. Sono contrapposizioni tutte risolvibili nel punto di equilibrio, al centro del T., in cui ogni Fratello si colloca. Nel T. sono infine evidenti i seguenti simboli: il pavimento a scacchi; i gradini; i cinque scranni dei Dignitari di loggia, con gli attrezzi operativi loro attribuiti (Squadra, Livella e Verticale) ed i tre Pilastri (Minerva, Venere ed Ercole); le tre Luci minori; il Testimone acceso; i tre candelabri dei tre primi Dignitari di Loggia; l’Ara od Altare; le tre Grandi Luci; la Menorah; il Quadro di Loggia; la Spada Fiammeggiante; gli attrezzi operativi (Regolo o Misura da 24 pollici, Cazzuola, Leva, Mazzuolo e Scalpello); la Pietra Grezza e quella Cubica; il Bastone del Maestro delle Cerimonie; la Spada e la Chiave del Copritore interno; la Stella Fiammeggiante o Pentalfa; il Delta luminoso; il Sole e la Luna; la scritta siglata all’Oriente A\ G\ D\ G\ A\ D\ U\ ; il Trinomio, di solito inciso sulla facciata dell’Ara (Libertà, Uguaglianza, Fraternità). Indagini particolareggiate su ogni simbolo elencato possono essere effettuate attraverso la consultazione di ciascuna singola voce. A livello speculativo va infine considerato che il T. è il luogo fisico in cui si svolgono i Lavori massonici. É consacrato dalla presenza rituale, dalla volontà concorde e dal Lavoro corale che lo trasformano in Loggia, cioè nell’unità Idea-Forza della Libera Muratoria universale, identificandosi così con l’intera comunione dell’istituzione massonica. La Loggia è l’uomo, e l’uomo è la Loggia. Può diventare Officina, cioè Laboratorio, Athanor alchemico, palestra di opinioni liberamente espresse, quindi fucina di idee e di Uomini, vincolati dalla memoria degli ideali e della Tradizione, proiettati nel presente e costruttori del futuro, al di là del mutevole e del contingente. La parola T. implica sacralità. Un T. può essere situato al di fuori di noi o anche trovare posto nella nostra interiorità, ma il presupposto della sacralità rimane invariato. Si deve però comprendere che il T., dal punto di vista esoterico, non rappresenta un punto di arrivo stabile che una volta raggiunto permane in noi. Esso deve essere continuamente da noi riproposto alla vita. In questo senso rappresenta un progetto. Come per l’Officina, non esistono confini netti fra T. interiore e quello esteriore. Siamo noi che facciamo la differenza, guardando dentro e guardando fuori. Si tratta sempre e comunque del T. della vita.

Tempio coperto: Espressione massonica usata dal Fratello Copritore Interno nel corso del rituale di apertura dei Lavori, per segnalare al Secondo Sorvegliante che nelle immediate vicinanze del Tempio non vi sono profani (v.). Tale condizione di sicurezza viene successivamente notificata al Primo Sorvegliante, e da questi al Maestro Venerabile, che provvede infine alla verifica della sicurezza interna (v. Copertura).

Tempio del popolo: Setta religiosa fondata da Jim Jones e fiorita negli Stati Uniti nel 1970, perseguitata dalle autorità per le sue manifestazioni di fanatismo, e perciò trasferitasi nella Guyana. Qui fondarono una cittadina che, nelle intenzioni dei seguaci, avrebbe dovuto assumere l’aspetto di un Paradiso terrestre. L’ascendenza del suo capo era tanto forte che, allorché questi ordinò il suicidio generale, novecento persone tra uomini, donne e bambini si tolsero la vita bevendo da un grosso recipiente una bevanda a base di cianuro.

Pubblicato in Lavori di Loggia | Lascia un commento

LA SPERANZA ESTERIORE E INTERIORE

 LA SPERANZA ESTERIORE

Anche per l’esteriorità la mente deve essere indirizzata verso una coerenza di comportamenti.

Il comportamento è la forma che si accompagna all’azione. Se è incoerente, allora la forma non è armonica.

I Significati spesso inducono ad agire. Poiché i Significati sono appaganti, il nostro impulso ci spinge a cercare di prolungare la loro presenza gratificante trasportandoli nel mondo esteriore delle manifestazioni, dando loro corpo e braccia e gambe. In tal modo si pensa di fissare la loro “essenza” in forme definite di azioni o di pensieri. Si cerca di dare un oggetto specifico alla Speranza che si accompagna al Significato.

Si intende tracciare in questo modo una direzione ed una meta al cammino che si percorrerà. Il “dove andiamo” viene istintivamente identificato con la rotta tracciata. dalle nostre proiezioni.

Ma attenzione : Hic sunt leones. In assenza di regole e di capacità di orientamento, il cammino tende a diventare impervio ed incerto. Non bastano, da sole, le buone intenzioni. Qui si verifica un fatto che merita di essere considerato attentamente : ognuno comprende, prima o poi, che dare un oggetto alla speranza, senza essere in grado di alimentare e dirigere i Significati delle azioni, non porta a nulla se non a fatiche interiori ed ansie. Il verbo sperare non può avere complemento oggetto: chi glielo impone fa degradare la speranza in aspettativa, compagna di viaggio di sterili euforie e subitanei abbattimenti.

LA SPERANZA INTERIORE

Dobbiamo imparare a dirigere la nostra mente per scorgere quello che si accompagna ai Significati in modo indissolubile.

Un Significato implica soprattutto una Speranza. Se viviamo un Significato viviamo anche nella Speranza e tutto diventa di grande leggerezza. Svaniscono come d’incanto le ansie e le depressioni – sembravano insuperabili ! – si riducono ad un non senso. Misteriosamente, il futuro diventa convincente, una specie di terra da esplorare, un luogo attraente.

Possiamo anche permetterci il lusso di diventare migliori.

Ma forse la cosa più importante è che non dobbiamo dare per forza un oggetto alla nostra Speranza. La forza che opera in noi consiste nella nostra identificazione con il verbo sperare: fissare la meta (sperata) fa declinare quella forza a semplice calcolo. Quello che può avvenire dopo è una conseguenza che non aggiunge valore al significato.

Allora, nella nostra Vita dobbiamo soprattutto cercare i Significati, quelli che appagano. Ma i Significati ci vengono solo dati dagli eventi esteriori, indipendentemente dalla nostra volontà ? Oppure possiamo deliberatamente agire per consentire la loro manifestazione entro la nostra coscienza ?

E infine, come possiamo agire, per mantenere in noi la loro ricchezza vivificante ?

Pubblicato in Lavori di Loggia | Lascia un commento

LA LUCE

Io vidi dei Vigilanti nella mia visione, la visione del sogno. Due uomini stavano lottando al mio riguardo e ingaggiando una grande disputa su di me. Io domandai loro: «Chi siete voi, per avere su di me un tale potere?»Essi mi risposero: «Noi abbiamo ricevuto potere e dominio su tutta l’umanità».Essi mi dissero: «Quale di noi tu scegli perché ti governi?». Io alzai i miei occhi ed  osservai: Uno di loro era d’aspetto terrificante, come un serpente, il suo manto era variopinto, ma molto scuro … Ed io osservai di nuovo, e … nel suo aspetto, il suo volto era come una vipera . Gli replicai: «Questo Vigilante, chi è?» Egli mi rispose: «Questo Vigilante è il  Principe delle Tenebre e Re del Male». Io gli dissi: «Mio Signore, quale governo ha?» e Lui rispose   « ogni sua via è oscura, ogni sua opera oscura. Nelle Tenebre egli vive.Tu vedi,  egli ha potere su tutte le Tenebre, mentre io ho potere su tutta la Luce. Dalle regioni superiori alle regioni inferiori io governo su tutta la Luce, e su tutto quello che è buono. Io governo su ogni uomo. Io ho ricevuto potere su tutti i figli della Luce». Io gli chiesi: «Quali sono i tuoi nomi» Egli mi rispose: «I miei tre nomi sono: Michele- Principe della Luce-Re della Giustizia>>  Io tutto vi farò conoscere -proseguì- certamente io vi farò sapere; che tutti i figli della Luce saranno resi Luce, mentre tutti i figli delle Tenebre saranno resi oscuri. I figli della Luce avranno accesso alla Conoscenza, e i figli delle Tenebre saranno distrutti poiché tutta la follia e il Male sarà oscurato, mentre tutta la Pace e la Verità sarà resa Luce. Tutti i figli della Luce sono destinati alla Luce, alla gioia eterna, alla letizia. Tutti i figli delle Tenebre sono destinati alle Tenebre, alla morte e alla distruzione, per lo  splendore per il popolo.

Queste 2 creature angeliche   opereranno fino alla venuta del creatore.  Il Principe della luce e l’Angelo delle tenebre, sovrintendono alla verità- giustizia-gioia-letizia e Conoscenza e al male-follia-errore-m

Pubblicato in Lavori di Loggia | Lascia un commento

PITAGORA

Pitagora nacque a Samo nel 580 a.C. circa. Dopo aver viaggiato in Egitto e Babilonia, si stabilì a Crotone (Magna Grecia), dove diede impulso alla nascita di una setta filosofico- politica, che ebbe notevole successo ma la cui conoscenza è limitata dal carattere iniziatico della stessa. La setta fu perseguitata dai governi democratici affermatisi verso la metà del V sec. a.C.; Pitagora fu costretto a rifugiarsi a Metaponto e molti dei suoi seguaci emigrarono in Grecia. Compito della filosofia è per Pitagora favorire la progressiva purificazione dell’anima, attraverso la conoscenza dell’ordine superiore dell’universo. Centrale fu nel pensiero di Pitagora la riflessione sui numeri, con la quale egli si riteneva in grado di spiegare la struttura atomica dell’universo; con tale impostazione studiò i suoni elementari e le armoniche. Così come per il pensiero cosmologico, è difficile definire i confini dell’opera matematica di Pitagora distinguendone il contributo da quello dei pitagorici (pitagorismo); gli si attribuisce il merito del teorema sui triangoli rettangoli che porta il suo nome, del teorema che afferma che la somma degli angoli interni a un triangolo è di un angolo piatto, la scoperta dell’incommensurabilità (incapacità di confrontare) tra la diagonale e il lato del quadrato, e quindi dei numeri irrazionali, i primi elementi della teoria delle proporzioni e delle similitudini, la risoluzione geometrica delle equazioni di II grado, ma soprattutto l’aver impostato una geometria razionale, operando una netta divisione tra le pratiche di calcolo (logistica) e la scienza dei numeri (aritmetica).

Codice HTML © Copyright 2000-2001 La Melagrana. Tutti i diritti riservati.

Pubblicato in Varie | Lascia un commento

LETTERA DEL 2100

Lettera dal 2100: “In Sicilia c’è il deserto, Venezia non esiste più. Il clima è cambiato inesorabile”

Lettera dal 2100: “In Sicilia c’è il deserto, Venezia non esiste più. Il clima è cambiato inesorabile”

Ormai da decenni si adoperano strumenti di previsioni degli impatti climatici molto dettagliati anche per gli scenari locali e regionali. Gli strumenti più avanzati attualmente disponibili adoperati dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico in seno all’Onu (IPCC) sono i modelli numerici General Circulation Models o GCMs.

Sebbene gli scienziati e ricercatori di tutto il mondo continuano ad elaborare dati e le istituzioni internazionali dell’Onu lancino perenni allarmi, molto poco sta cambiando. Sebbene sempre una più vasta comunità di persone è impegnata in attività ambientaliste ed ecologiche manca sul piano internazionale una vera agenda politica ecosocialista e l’agenda dei tg e dei giornali diventa quella di Confindustria e delle multinazionali. I numeri, le percentuali non fanno presa sul nostro cervello, non coinvolgono le nostre emozioni, non cambiano le nostre abitudini ed oggi non c’è una reazione e impegno individuale e collettivo che faccia la differenza.

Per questo, utilizzando le previsioni del sesto rapporto di valutazione dell’IPCC del 2022 per la regione del Mediterraneo, faccio un esperimento portandovi con un salto temporale nel 2100 alla fine di questo secolo. A scrivere questo resoconto non può essere che mio figlio.

***

“Caro papà, avevi ragione ad essere preoccupato per la devastazione ambientale che l’essere umano stava procurando da tempo, con le sue folli abitudini e il suo sistema economico. L’aumento medio complessivo della temperatura oggi è di 3 gradi centigradi in tutto il mondo. Non siamo riusciti a contenere le emissioni di anidride carbonica, né l’utilizzo folle delle risorse, né la scomparsa della biodiversità e gli obiettivi di tenere la temperatura sotto l’1,5 gradi o i 2 gradi è fallita. Nessuna nazione ha voluto fermare la sua folle corsa produttiva e consumistica, che in realtà ha prodotto solo caos e consumato la vita dell’intero pianeta. L’egoismo, l’ignoranza e l’avidità è stata la nostra rovina, il lavoro, la voglia di arricchirsi e il consumismo la nostra trappola.

L’impatto dei cambiamenti climatici è oggi una realtà che ci consegna un mondo da post-cataclisma. Le grandi regioni produttive del nostro Paese: Veneto, Lombardia e l’Emilia Romagna sono in ginocchio. Già nel 2022 si scriveva e raccontava di come Milano era invivibile durante l’estate. Quell’estate fu la più calda e meno piovosa di sempre con cinque ondate di calore tra giugno ed agosto. Oggi a Milano ci sono picchi di 43,8 gradi e sappiamo che cosa significa questo in una città di cemento e vetro, senza nessuna brezza che possa arrivare dal mare.

Nel 2015 i numeri dei decessi per ondate di calore erano risibili, Milano contava 60 decessi estivi e Napoli 70 morti a causa del caldo eccessivo, oggi nel 2100 la situazione è esplosa. Le famiglie sono state decimate. Mio fratello e mia moglie sono morti ed ho perso mia figlia, tua nipote. Restiamo io e Luigi il più piccolo, che rappresenta la mia speranza per andare avanti.

PUBBLICITÀ

Perché la mancanza di neve non riguarda solo lo sci. “Si rischia un altro anno di siccità. La politica pensi a come possiamo risparmiare acqua”

Leggi Anche

Perché la mancanza di neve non riguarda solo lo sci. “Si rischia un altro anno di siccità. La politica pensi a come possiamo risparmiare acqua”

In Sicilia e Calabria non piove più e l’Italia ha la sua prima zona desertica nella provincia di Trapani, un vero deserto che avanza ogni anno. Inaspettatamente la maggiore erosione della costa è avvenuta in Veneto che è stato letteralmente mangiata dall’acqua. Venezia non esiste più anche se ricchi turisti fanno ancora escursioni subacquee per poter vedere i resti archeologici della città.

La produzione agricola si è ridotta non solo per le alte temperature ma perché nelle zone costiere come la nostra, in provincia di Napoli (ma in Veneto è accaduto lo stesso e la situazione è molto più ampia e grave) l’intrusione dell’acqua salata ha danneggiato le terre. Pensavo che come te e nonno anche io avrei coltivato il nostro orto sotto casa per rifornirmi di frutta e ortaggi di stagione mangiati appena raccolti, come è stato per tanto tempo nella tradizione della nostra famiglia, ma anche questo è un cambiamento inesorabile da accettare. L’acqua potabile non sempre è disponibile e tutti ormai siamo forniti di autobotti per la raccolta dell’acqua piovana mentre gli incendi che hanno colpito tutti i nostri parchi in questi decenni ci consegnano dei territori abbastanza brulli e aridi.

Anche gli stock ittici sono scarsi e in Italia sono decenni che pescatori e pescherecci hanno dismesso la loro attività. Era prevedibile visto che già nel 2012 la FAO ci mostrava con i suoi freddi numeri la situazione insostenibile della pesca e del sovrasfruttamento (FAO 2020).

Ti scrivo questa lettera immaginaria non sapendo che fine farà la nostra civiltà. Scrivo a te che ormai fai parte del mio passato perché sono convinto che era durante la tua età adulta che bisognava porre rimedio. Oggi a noi tocca sopravvivere al meglio e continuo a farlo puntando sulla lungimiranza, sul senso del limite e sulla generosità che alla vostra generazione è mancata, perché noi abbiamo capito che preservare ogni forma di vita è l’unica cosa utile da fare, la cosa più importante”.

Pubblicato in Varie | Lascia un commento

ALCHIMIA

Alchimia

Zosimo, grande alchimista dell’epoca ellenistica, racconta un suo so­gno: un personaggio gli apparve all’improvviso e gli raccontò di esse­re stato trafitto da una spada, tagliato a pezzi, scorticato e decapita­to e poi bruciato sul fuoco. Gli disse di aver sopportato tutto ciò per veder trasformato il suo corpo in spirito. Zosimo interpretò il suo sogno come la rivelazione di un processo alchemico. Gli spiritualisti hanno sempre trovato difficoltà nell’esprimere a parole le loro espe­rienze spirituali. Le conoscenze, durante l’estasi mistica, possono non passare attraverso il normale processo della conoscenza per immagi­ni, per cui cercate di rendere a parole quanto si è provato, sarebbe una trasposizione indebita.

I mistici hanno cercato di tradurre la loro esperienza con la termino­logia dell’esperienza umana dell’amore e sono stati troppo spesso equi­vocati; lo stesso era successo per l’iconografia tantrica. Alla difficol­tà di espressione si aggiunge l’inconfessato proposito di mantenere, sotto un velo di segretezza, quei rituali iniziatici che portano all’e­sperienza mistica, quelle prove che gli inesperti giudicherebbero «stra­ne». Niente di più naturale quindi che si sia cercato un modo di par­lare di questi argomenti con parabole significative. Lo studio dei me­talli e delle trasformazioni della materia ha fatto trovare una di que­ste parabole, per descrivere le trasformazioni che l’anima umana su­bisce nel passaggio da un livello di coscienza a un altro. Anche le so­stanze minerali soffrono, muoiono e rinascono sotto altra forma, ve­nendo trasformate a prezzo di profondi cambiamenti. In questo mo­do e sotto questo segreto, l’alchimia ci ha conservato e trasmesso le dottrine ermetiche della tarda antichità e ha prolungato in Europa alcuni scenari iniziatici, di struttura arcaica, fino all’alba dei tempi moderni. In epoche in cui le esperienze mistiche erano malviste o ad­dirittura perseguitate (perché si sottraggono per la loro natura al con­trollo delle autorità) è naturale che gli adepti comunicassero tra loro attraverso una terminologia cifrata.

Vennero così favorite certe immagini emblematiche: antri semibui po­polati di polverosi mortai, gufi e alambicchi attorno alla grande bocca del forno magico, che rischiara i volti demoniaci dei vecchi ricer­catori.

El-Kimia (letteralmente «terra nera») è una scienza che dobbiamo alla civiltà araba. Secondo la definizione di Bacon, essa insegna a pre­parare una certa medicina o elisir che, proiettato sui metalli imper­fetti, comunica loro immediatamente la perfezione. E, in altre paro­le, la scienza della preparazione della polvere di proiezione che, con la Pietra Filosofale, trasforma tutto in oro. E naturalmente scienza sacra, intuitiva e soprasensibile, basata sulla nostra affinità con la na­tura chimica delle cose e il suo comportamento.

Le infinite possibilità della natura umana sono un mistero che si apre solo a chi accetta la vita come una lenta maturazione verso mete in­credibilmente alte. Tale capacità di maturazione la si riscontra, come in segreta parabola, nei metalli. Si parla quindi di materia trasmuta­bile, per intendere capacità evolutiva dell’uomo.

Gli elementi dell’alchimia segreta sono tre: anzitutto la materia pri­ma, la cosa più segreta: è un minerale metallico povero (per alcuni è il solfuro di metallo) e va ricercato nel segreto della miniera. Il se­condo elemento è il fuoco, o piuttosto la luce polarizzata, fuoco che lava con procedimento fisico e non chimico. Terzo elemento è il tem­po: si può lavare soltanto tra il 21 marzo e il 20 maggio, giorni in cui si può raccogliere la rugiada. Per l’operazione si possono seguire tre vie: quella umida che dura tre anni, quella secca per cui basta qual­che settimana, quella ad altissima temperatura per cui bastano tre o quattro giorni. Il calore è l’energia che congiunge ciò che è congiun­gibile, mentre il gelo può unire anche ciò che è eterogeneo.

Partendo dalla concezione che tutte le cose provengono dallo stesso seme (Omnia in urntm — di Raimondo Lullo), c’è nella materia que­sta possibilità di trasformazione indefinita; i metalli sono elementi sessuati che si attraggono e si respingono in un continuo matrimo­nio. La terra è il ventre di cui le miniere sono l’utero. I minerali sono i suoi embrioni che maturano lentamente e, se l’estrazione avviene anzitempo, si può maturarli artificialmente per mezzo della Pietra. Mercurio è l’elemento femminile, umido, freddo e incolore; lo zolfo è l’elemento maschile, secco, caldo e colorato; il loro connubio gene­ra il cinabro, che è l’oro vivo. Ogni metallo è composto, in proporzione diversa, dai tre elementi: zolfo, mercurio e sale, che sono tre qualità della materia; il sale è l’elemento di unione e di relazione tra gli altri due.

Per distinguerli dallo zolfo, mercurio e sale comuni, sono detti «dei filosofi». Oggi la teoria scientifica dei quarks ritorna praticamente sulla concezione che la materia è frutto della combinazione di soli tre elementi. La materia prima, in molti casi, si identifica con il mer­curio che può essere definito quello stato oscuro della coscienza, mal­leabile e senza irrigidimenti razionali, che può essere preso come ba­se della creazione: albero della vita, energia potenziale delle cose, forza motrice di tutti i movimenti, simboleggiato nella Vergine Madre, tutta piena di grazia. Per uscire di metafora, la nostra trasformazione av­viene soltanto se sappiamo ridurci a materia prima, sciogliendoci nel mercurio, l’acqua vitale che ringiovanisce. Dobbiamo dissolverci per presentarci allo zolfo come materiale nuovo, ricettivo. L’ostacolo piò grave è il nostro io: dobbiamo sacrificare la nostra mente individuale per aprirci alla coscienza universale. L’alchimia, quindi, con tutto il suo apparato tecnico, insegna all’uomo il «lavoro» religioso che deve eliminare gli ostacoli perché la luce si manifesti e maturi l’esperienza religiosa, fino allo stato beatificante. Nel lavoro alchemico, l’anima si congela, si ritrae verso l’interno, si scioglie al calore centrale, per poi cristallizzare diventando fissa e permeata di luce divina.

Il maestro, che ha il compito di accelerare il processo, sostituisce il tempo.

L’operazione alchemica si riduce al detto: «Solve et coagula». Biso­gna prima saper portare tutto allo stato fluido, lo stato primordiale, che è uno stato confuso, ma genuino, in cui la materia è malleabile, priva di rigidezza o di chiusure: regressus ad uterum; si può poi proce­dere o volatilizzando i minerali volatilizzabili raccogliendone il vapo­re allo stato puro, o distillando le sostanze solubili, o calcinando le sostanze insolubili per separarle dal magma; bisogna perciò sottopor­si ai quattro seguenti passaggi:

Nigtedo, significa morte, discesa agli inferi, notte profonda; viene visualizzata da Saturno in melanconica meditazione di fronte al te­schio e alla bilancia.

Albedo, cioè la resurrezione che valorizza gli aspetti positivi della realtà e fa capire quanto erano necessarie le rinunce per valorizzare la parte buona.

Citrinitas, quando la luce riveste di splendore il cristallo fissato nel­l’immobilità.

Rubedo, in cui il cristallo acquista il colore dell’oro.

Questi quattro passaggi rispecchiano quelli di una creazione a rove­scio, in cui la volontà ritorna a Dio per la stessa strada per cui Dio si è donato all’uomo. Per questa operazione è necessario il corpo uma­no, corrispondente al sale che fissa l’operazione. E necessario il reci­piente, o Athanor, la fornace in cui si prepara l’elisir; esso corrispon­de alla coscienza interiore che contiene la materia da trasmutare, ma deve essere chiuso in modo speciale: chiusura ermetica, degna dei se­greti di Ermes, chiusura segreta, iniziatica. Athanor ha tre involucri protettivi: il forno in terracotta che deve reggere il calore, il bagno di cenere che conserva il calore e infine il recipiente vitreo che con­serva il liquido. Deve essere immerso nel fuoco, forza vitale che va attizzata e nel contempo domata. Il mantice è la regolazione del respiro. La Pietra Filosofale decuplica le possibilità di purificazione. Non ha in sé il potere trasmutatorio, ma serve a preparare la polvere di proie­zione e anche l’oro potabile che è l’elisir di lunga vita. Talvolta la Pietra Filosofale è definita urina di fanciullo, spruzzo vitalizzante, per cui il «puer mingens» è fontana di giovinezza. L’adepto stesso deve trasformarsi in Pietra Filosofale. Il suo lavoro sui minerali serve alla sua purificazione. Questo diuturno lavoro deve fargli imparare quanto sia lunga la fatica per far sì che la sua coscienza acquisti la dimensione della coscienza cosmica, perché la forza divina che vuole agire su di lui possa trovare la via libera indispensabile per purificar­lo dalla ganga che lo oscura, per farla trasformare in oro puro.

L’alchimia conserva un fondamentale segreto. E sovrarazionale, spe­rimentabile, ma non dimostrabile. È facilmente equivocata: va pre­dicata con immagini, con similitudini, perché chi non afferra il se­greto profondo possa rimanere appagato dalla razionalità dell’esposto. Il sogno di ogni uomo è quello di cambiare natura, di poter volare in mondi sconosciuti, padroneggiando i vari livelli di coscienza. L’al Albedo, cioè la resurrezione che valorizza gli aspetti positivi della realtà e fa capire quanto erano necessarie le rinunce per valorizzare la parte buona.

Citrinitas, quando la luce riveste di splendore il cristallo fissato nel­l’immobilità.

Rubedo, in cui il cristallo acquista il colore dell’oro.

Questi quattro passaggi rispecchiano quelli di una creazione a rove­scio, in cui la volontà ritorna a Dio per la stessa strada per cui Dio si è donato all’uomo. Per questa operazione è necessario il corpo uma­no, corrispondente al sale che fissa l’operazione. E necessario il reci­piente, o Athanor, la fornace in cui si prepara l’elisir; esso corrispon­de alla coscienza interiore che contiene la materia da trasmutare, ma deve essere chiuso in modo speciale: chiusura ermetica, degna dei se­greti di Ermes, chiusura segreta, iniziatica. Athanor ha tre involucri protettivi: il forno in terracotta che deve reggere il calore, il bagno di cenere che conserva il calore e infine il recipiente vitreo che con­serva il liquido. Deve essere immerso nel fuoco, forza vitale che va attizzata e nel contempo domata. Il mantice è la regolazione del respiro. La Pietra Filosofale decuplica le possibilità di purificazione. Non ha in sé il potere trasmutatorio, ma serve a preparare la polvere di proie­zione e anche l’oro potabile che è l’elisir di lunga vita. Talvolta la Pietra Filosofale è definita urina di fanciullo, spruzzo vitalizzante, per cui il «puer mingens» è fontana di giovinezza. L’adepto stesso deve trasformarsi in Pietra Fiosofale. Il suo lavoro sui minerali serve alla sua purificazione. Questo diuturno lavoro deve fargli imparare quanto sia lunga la fatica per far sì che la sua coscienza acquisti la dimensione della coscienza cosmica, perché la forza divina che vuole agire su di lui possa trovare la via libera indispensabile per purificar­lo dalla ganga che lo oscura, per farla trasformare in oro puro.

L’alchimia conserva un fondamentale segreto. E sovrarazionale, spe­rimentabile, ma non dimostrabile. È facilmente equivocata: va pre­dicata con immagini, con similitudini, perché chi non afferra il se­greto profondo possa rimanere appagato dalla razionalità dell’esposto. Il sogno di ogni uomo è quello di cambiare natura, di poter volare in mondi sconosciuti, padroneggiando i vari livelli di coscienza. L’al-

Albedo, cioè la resurrezione che valorizza gli aspetti positivi della realtà e fa capire quanto erano necessarie le rinunce per valorizzare la parte buona.

Citrinitas, quando la luce riveste di splendore il cristallo fissato nel­l’immobilità.

Rubedo, in cui il cristallo acquista il colore dell’oro.

Questi quattro passaggi rispecchiano quelli di una creazione a rove­scio, in cui la volontà ritorna a Dio per la stessa strada per cui Dio si è donato all’uomo. Per questa operazione è necessario il corpo uma­no, corrispondente al sale che fissa l’operazione. E necessario il reci­piente, o Athanor, la fornace in cui si prepara l’elisir; esso corrispon­de alla coscienza interiore che contiene la materia da trasmutare, ma deve essere chiuso in modo speciale: chiusura ermetica, degna dei se­greti di Ermes, chiusura segreta, iniziatica. Athanor ha tre involucri protettivi: il forno in terracotta che deve reggere il calore, il bagno di cenere che conserva il calore e infine il recipiente vitreo che con­serva il liquido. Deve essere immerso nel fuoco, forza vitale che va attizzata e nel contempo domata. Il mantice è la regolazione del respiro. La Pietra Filosofale decuplica le possibilità di purificazione. Non ha in sé il potere trasmutatorio, ma serve a preparare la polvere di proie­zione e anche l’oro potabile che è l’elisir di lunga vita. Talvolta la Pietra Filosofale è definita urina di fanciullo, spruzzo vitalizzante, per cui il «puer mingens» è fontana di giovinezza. L’adepto stesso deve trasformarsi in Pietra Fiosofale. Il suo lavoro sui minerali serve alla sua purificazione. Questo diuturno lavoro deve fargli imparare quanto sia lunga la fatica per far sì che la sua coscienza acquisti la dimensione della coscienza cosmica, perché la forza divina che vuole agire su di lui possa trovare la via libera indispensabile per purificar­lo dalla ganga che lo oscura, per farla trasformare in oro puro.

L’alchimia conserva un fondamentale segreto. E sovrarazionale, spe­rimentabile, ma non dimostrabile. È facilmente equivocata: va pre­dicata con immagini, con similitudini, perché chi non afferra il se­greto profondo possa rimanere appagato dalla razionalità dell’esposto. Il sogno di ogni uomo è quello di cambiare natura, di poter volare in mondi sconosciuti, padroneggiando i vari livelli di coscienza. L’al chimia soddisfa questo bisogno di metamorfosi psichica e spirituale, ma richiede un lungo lavoro, fatto di preghiere, di digiuni, di segrete dottrine e soprattutto di solitudine. Deve essere protetta dalle virtù che sono simboleggiate dagli involucri di Athanor: umiltà, ascetica e obbedienza.

L’alchimia sembra una scienza appartenuta a una razza scomparsa, che insegnava a usare l’anima per riconciliare lo spirito con il corpo. I testi alchemici sembrano diari di poesia di uno che tenta di narrare la strada percorsa per raggiungere e partecipare alla coscienza cosmica. La strada è irta di ostacoli che si superano soltanto con l’aiuto della bacchetta magica: la grazia di Dio. L’ostacolo più grave è l’avarizia:

bisogna essere disposti alla completa povertà di chi rinuncia a tutto l’oro del mondo per possedere il segreto della fabbrica. Bisogna poi conservare gelosamente il segreto per evitare l’esibizionismo e il pe­ricolo di mettere in crisi chi non è ancora arrivato. Non può intra­prendere il lavoro chi teme la paura della morte, chi teme la perdita della propria integrità, chi non sa rischiare tutto. Per poter raggiun­gere una meta così alta bisogna rinunciare, almeno per un po’ di tem­po, ai rapporti sociali, per ritirarsi nel segreto di una grotta e matura­re nel silenzio quell’oro che solo in un secondo tempo potrà giovare al bene degli altri.

La storia dell’alchimia accompagna la storia dell’umanità; il fondato­re mitico sembra essere stato Ermete Trismegisto (cioè tre volte po­tente), supposto autore delle tavole smeraldine, citate in un antico papiro egiziano. Si dice che siano state trovate da Alessandro Magno nella Grande Piramide, ritenuta la tomba di Ermete, incise con pun­ta di diamante su lastra di smeraldo. Di certo sappiamo che Zòsimo Panapoletano fondò una scuola ermetica ad Alessandria, nel iv seco­lo dopo Cristo. La scuola ermetica si trasferì a Costantinopoli nel se­colo v e di là si diffuse, nel secolo vui, nelle scuole arabe.

Djabis Ibn-Hajjan parla già di acido nitrico, acqua regia e altro. Si incomincia a insegnare alchimia nelle università arabe spagnole e di là l’insegnamento entra anche nell’università di Montpellier dove èstudiata da Sant’Alberto Magno, da Bacone, da Raimondo Lullo, da Erasmo da Rotterdam e da tanti altri.

L’alchimia ha anche beneficiato dell’antica sacralità dei metalli. Non dimentichiamo che per molto tempo la lavorazione dei metalli venne accompagnata da una sorta di rituale sacro. Sacra era la scoperta di una miniera, per la quale occorreva l’indicazione di un mago o di una fata; sacra era considerata la fusione dei metalli e la costruzione di una fornace: erano operazioni rituali. Dovevano essere preparate da riti propiziatori, da digiuni e astinenze e talvolta da sacrifici umani. La fucina è luogo sacro perché vi si lavora il corpo di un dio che si immola per il bene dell’umanità. I meteoriti sono carichi di sacralità, sono le pietre del cielo, simboli dei messaggeri divini, i profeti, e l’a­scia è il simbolo dell’unione tra cielo e terra. Molto spesso la fucina è il luogo sacro, luogo dove si va a pregare. Il fabbro ne è il sacerdote che conosce i misteri dei metalli e i loro rituali, per cui diventa divul­gatore di mitologie e delle poesie epiche che ne sono il supporto na­turale. Il fabbro è anche il padrone del fuoco, il mago sciamanico che fornisce le armi degli dèi e il fulmine di Giove, anzi aiuta Dio nell’o­pera della creazione. È spesso zoppo perché deve portare nella sua carne il segno di una vocazione divina. Conosce i mantra segreti, le parole che posseggono la forza creatrice e che vanno cantate per por­tare a termine la fabbricazione di un oggetto importante.

Per questo è aureolato di magia, temuto e venerato e nei momenti difficili può essere eletto re, come successe a Sargon e a Gengis-Rhan che erano fabbri.

La scienza alchetnica non rimase prerogativa dell’occidente, anzi sem­bra abbia avuto cultori anche in India, prima della conquista araba. L’alchimia indiana tende a fornire e liberare il corpo divino, cioè Ji­vanmukta e per solidarietà tra materie e forze psichiche, interioriz­zando le operazioni che i chimici fanno sulla materia, si ottengono gli stessi risultati nello spirito.

Purusa e Prakriti sono comprincìpi di tutto l’essere, sia materiale che psichico. Il cambiare metalli in oro, il rendersi invisibili, il prolunga­re la vita sono alcune delle classiche buddhis yogiche per cui il Ra­sayana o scienza alchemica è praticamente una branca dello yoga, che insegna la liberazione dello spirito attraverso la scienza del cor­po. Lo yogi come l’alchimista tende a conquistare la libertà assoluta decondizionando l’esistenza dal tempo. Ridurre la fluidità del mer­curio è simbolo del bloccare la vivacità della coscienza, del «citta vritti­ nirodhà». Per entrambi si richiede padronanza di sé, dieta, controllo delle passioni e amore della verità.

Anche lo stesso Taoismo, che ha raccolto e rivalutato molte tradizio­ni spirituali antichissime, tra tecniche dietetiche, ginniche, respira­torie ed estatiche, fa stretto riferimento all’alchimia. Rientravano in­fatti nell’alchimia i principi della cosmologia tradizionale, le tecni­che per prolungare la vita (l’uso del cinabro, dei funghi e dell’elisir) e la ricerca della spontaneità spirituale. L’alchimista taoista è il suc­cessore del primitivo che andava in montagna, con una lunga zucca, a cercare le erbe salutari, gli gnomi e le piante magiche.

L’uso che i cinesi facevano dell’oro e della giada per le suppellettili funerarie prova che credevano alle facoltà dell’oro e della giada di favorire la longevità e la conservazione del corpo.

L’esoterismo alchemico taoista insegnava che il corpo ha il ruolo del piombo, il cuore ha il ruolo del mercurio, i campi del cinabro si trovano nelle parti più segrete del cervello e del ventre e bisogna penetrare nel cervello in cui c’è la montagna di mare in quello stato caotico o embrio­nale (precedente alla creazione) che è possibile ottenere solo nella me­ditazione. E la meditazione accompagnata dal controllo del respiro, a fornire il liquido necessario alla trasformazione, mentre l’intelligenza, con le sue scintille, fornisce il fuoco necessario. Il tempo della trasfor­mazione è di quaranta settimane, come per una normale gestazione. In Europa si continuà a parlare di alchimia ancora per secoli e nei modi più svariati. Persone tra le meno influenzabili da suggestioni magiche ci parlano delle strane «proiezioni trasmutatorie». L’impe­ratore Massimiliano Il ne vide una a Praga nel 1585, fatta da Ed­ward Relly. Sappiamo che il Cosmopolita fece strabiliare il medico van der Linden nel 1602 con una trasmutazione che ripeté davanti allo scienziato Wolfang Dienheim a Basilea e lo stesso fece nel 1600 a Strasburgo, Francoforte e Colonia. Finì in carcere perché non volle rivelare il segreto a re Cristiano Il di Sassonia. Trasmutazioni celebri sono attestate dal chimico van Helmont nel 1618, dal filosofo Spino­za nel 1666 e dal celebre chimico irlandese Robert Boyle nel 1660. Vogliamo concludere ricordando due celebri alchimisti che stimola­no ancora oggi la nostra curiosità e che da questa scienza seppero trarre tanta luce per la loro vita.

Teofrasto Bombasto von Hol-ìenheim (1493-1~41) detto Paracelso. Lavorò come alchimista nelle miniere Fugger del Tirolo e dopo la laurea in medicina continuò i suoi studi alchemici nelle miniere inglesi. E considerato il «Lutero della medicina» forse perché ha fatto bru­ciare gli antichi testi latini su cui si insegnava medicina e ha comin­ciato a insegnarla in tedesco. Dall’approfondito studio dell’alchimia ricavò luce per mettere la medicina sui binari di una vera metodolo­gia scientifica e per arricchirla con gli afrporti di una seria dietetica e addirittura di una certa omeopatia. Le sue fughe, per timore del­l’Inquisizione, i suoi nascondigli e la fama dell’assistenza demoniaca ne fecero un modello che Goethe terrà certamente presente per il Doc­tor Faust.

Michel de N6tre-Dame (1503-1566) detto Nostradamus. Nipote di due medici astrologi fu educato all’erboristeria, all’alchi­mia e a tutta quella scienza esoterica a cui poteva attingere con la conoscenza della lingua latina, greca ed ebraica. Studiò nelle varie universidì del sud della Francia e lì si rese celebre nella cura della peste. Accanto a questa autentica scienza medica coltivò anche l’al­èhimia per maturare il suo spirito profetico; ciò lo portò alla pubbli­cazione nel 1555 delle celebri «Centurie». Come profeta predisse a Caterina de’ Medici che tutti i suoi tre figli sarebbero diventati re e i fatti gli diedero ragione. Leggendo le celebri quartine ci sorpren­de la perfetta previsione della morte di Enrico Il di cui descrisse la ferita della lancia che gli trapassò il capo (1-35). Sorprendente la pre­visione della fuga di Luigi XIV e del suo arresto con i particolari del luogo e del travestimento (IX-209). Previde la decapitazione di Car­lo I d’Inghilterra (IV-39) e la morte violenta di Mussolini (IV-47). Sembra evidente che abbia potuto prevedere il moderno sommergi­bile (111-8), la locomotiva (IV-85), lo Spitfire (V-100), l’automobile (IX-25) e addirittura il missile (11-46) e la bomba atomica (V-8). Si possono leggere anche le previsioni della SocieTh delle Nazioni (1-47) e forse anche la morte di Kennedy a Dallas (1-52). Nostradamus sapeva concentrarsi guardando il riflesso di una cande­la su un ampio catino di rame, posto di sera tra il letto e la scrivania. Fissando la luce dorata e tremolante egli scorgeva una qualche scena Teofrasto Bombasto von Hol-ìenheim (1493-1~41) detto Paracelso. Lavorò come alchimista nelle miniere Fugger del Tirolo e dopo la laurea in medicina continuò i suoi studi alchemici nelle miniere inglesi. E considerato il «Lutero della medicina» forse perché ha fatto bru­ciare gli antichi testi latini su cui si insegnava medicina e ha comin­ciato a insegnarla in tedesco. Dall’approfondito studio dell’alchimia ricavò luce per mettere la medicina sui binari di una vera metodolo­gia scientifica e per arricchirla con gli afrporti di una seria dietetica e addirittura di una certa omeopatia. Le sue fughe, per timore del­l’Inquisizione, i suoi nascondigli e la fama dell’assistenza demoniaca ne fecero un modello che Goethe terrà certamente presente per il Doc­tor Faust.

Michel de N6tre-Dame (1503-1566) detto Nostradamus. Nipote di due medici astrologi fu educato all’erboristeria, all’alchi­mia e a tutta quella scienza esoterica a cui poteva attingere con la conoscenza della lingua latina, greca ed ebraica. Studiò nelle varie universidì del sud della Francia e lì si rese celebre nella cura della peste. Accanto a questa autentica scienza medica coltivò anche l’al­èhimia per maturare il suo spirito profetico; ciò lo portò alla pubbli­cazione nel 1555 delle celebri «Centurie». Come profeta predisse a Caterina de’ Medici che tutti i suoi tre figli sarebbero diventati re e i fatti gli diedero ragione. Leggendo le celebri quartine ci sorpren­de la perfetta previsione della morte di Enrico Il di cui descrisse la ferita della lancia che gli trapassò il capo (1-35). Sorprendente la pre­visione della fuga di Luigi XIV e del suo arresto con i particolari del luogo e del travestimento (IX-209). Previde la decapitazione di Car­lo I d’Inghilterra (IV-39) e la morte violenta di Mussolini (IV-47). Sembra evidente che abbia potuto prevedere il moderno sommergi­bile (111-8), la locomotiva (IV-85), lo Spitfire (V-100), l’automobile (IX-25) e addirittura il missile (11-46) e la bomba atomica (V-8). Si possono leggere anche le previsioni della SocieTh delle Nazioni (1-47) e forse anche la morte di Kennedy a Dallas (1-52). Nostradamus sapeva concentrarsi guardando il riflesso di una cande­la su un ampio catino di rame, posto di sera tra il letto e la scrivania. Fissando la luce dorata e tremolante egli scorgeva una qualche scen che poi descriveva in quella forma enigmatica e strana sulle sue cele­bri quartine.

Come ogni buon profeta l’avvenimento non gli veniva sempre rivela­to nel tempo relativo. Da qui la genericità di alcune previsioni, ma post-factum, soprattutto se i termini sono generici, ognuno può rico­noscervi episodi eccezionali della cronaca nera, anche dei nostri tempi. Ma fra tante previsioni oscure e incerte è indubitabile che egli abbia avuto effettivamente qualche previsione chiara e irrefutabile.

Certamente previde la sua morte e la predisse con un’approssimazio­ne di pochi mesi. Predisse anche la violazione della sua tomba e la terribile punizione che avrebbero avuto i malcapitati soldati. Sappia­mo che perirono il giorno dopo in un’imboscata.

Il  resto fa parte di quei diversivi che l’alchimia ci ha lasciato in eredità.

Bibliografia

T. BIJRCKHARDT, L’alchimia, Boringhieri, Torino 1961.

iVI.      ELiADE, Il mito dell’alchimia, Avanzini e Torraca, Roma 1968.

E. ZOLLA, Le meraviglie della natura, Bompiani, Milano 1973.

R. LULLO, Trattato della quinta essenza, Athanor, Roma 1972.

LU KUAN Yu, Lo yoga del Tao, Mediterranee, Roma 1976.

nuv MINGUZZI, Alchimia, in Il cammino della potenza, Armenia 1976.

E. J. HOL1vIYARIJ, Storia dell’aichimia, Sansoni 1972.

Pubblicato in Lavori di Loggia | Lascia un commento

LA STAMPA

A Torino, lo scorso 31 maggio è andata in scena la Massoneria in nome della solidarietà.
_____________________


LA STAMPA,

2 giugno 2002  MASSONERIA A TEATRO

  
Liberi muratori in scena: dalla loggia alla ribalta   Niente grembiulini, collari, squadre o compassi, in sala. Pubblico in borghese, tante coppie, qualche famiglia, con l’unico simbolo di appartenenza, indossato da qualcuno: un distintivo grande quanto un bottone. Troppo poco, per immaginare così, con un colpo d’occhio, che quella svoltasi venerdì sera al Teatro Nuovo, fosse un’adunata di massoni. Per chiarirsi le idee, occorreva sbirciare quel che accadeva in scena, dove, invece, non mancavano gli indizi e, tra soli, lune, triangoli e spade per l’iniziazione dei profani, rituali messi in burletta, s’è cantato persino l’inno del «Libero Muratore». Serata dell’autoironia massonica? Non proprio. Certo, nello spettacolo proposto dal gruppo Teatrando con l’Accademia Musicale Sabauda e intitolato «La curiosità è femmina», una commedia brillante in stile goldoniano, la Compagnia dei Liberi Muratori, con le sue logge e i suoi rituali, diventa pretesto per una divertente girandola di eventi ed equivoci, legati alla ricerca del «gran segreto» massonico. Un mistero che attira la curiosità femminile e solletica l’immaginario collettivo, tanto da indurre due personaggi, Dorante e il suo servo Sganarello a entrare tra gli iniziati, convinti che la loggia sia una specie di paese di bengodi. Non è difficile immaginare la loro comica reazione, quando scoprono che il «segreto» non riguarda luculliane mangiate o festini misteriosi, ma concetti come la fratellanza, la crescita spirituale, la libertà di pensiero e l’aiuto del prossimo. Proprio la solidarietà è la ragione che ha indotto i massoni della comunione del Grande Oriente d’Italia-Palazzo Giustinani (una delle due obbienze del «liberi muratori» italiani: l’altra, è quella di Piazza del Gesù-Palazzo Vitelleschi) a organizzare la serata al Nuovo, cui hanno partecipato oltre 500 persone. L’incasso ricavato dalla vendita dei biglietti, viene infatti destinato all’associazione «Piccolo Cosmo», iniziativa della massoneria piemontese. «Piccolo Cosmo, nato due anni fa, e dotato di tre diverse sedi cittadine, offre ospitalità gratuita a familiari dei ricoverati negli ospedali cittadini ed anche agli ammalati stessi che devono sottoporsi a cure in day hospital», ha spiegato uno dei promotori dell’iniziativa, il colonnello Riccardo Corsi, che ha raccontato pure la genesi artistica della serata. «La commedia allestita, è stata ritrovata nella biblioteca del Grande Oriente d’Italia a Roma e risulta pubblicata nel 1785 a Venezia, quando l’autore Feeling Isac Crens, pseudonimo del poligrafo Francesco Griselini, era morto da due anni». Un testo che richiama vagamente «Le donne curiose» di Goldoni e che fu messo in scena in anni critici per la massoneria, a un passo dalla rivoluzione francese e poco dopo la distruzione di una loggia massonica a Venezia. «Allestire la commedia, all’epoca, fu un tentativo di sfatare la demonizzazione, e far conoscere la realtà massonica in modo persino scherzoso» spiega ancora Corsi. E il desiderio di mostrarsi, «sfilare il cappuccio», per sfuggire, se non alla demonizzazione, perlomeno a una  fama un po’ inquietante, sembra essere un’esigenza tuttora sentita dai massoni, che al Nuovo, più che di «Grande Architetto dell’universo», han parlato di architetture d’accoglienza. Lo hanno detto chiaramente, il Gran Maestro Aggiunto, Massimo Bianchi e il presidente del Collegio dei Maestri Venerabili di Piemonte e Valle d’Aosta, Silvio Pilocane: «manifestazioni come questa servono anche per farci conoscere, al di là di riti e cerimoniali che al profano sembrano astrusi: per manifestarci come persone dedite agli studi e alla filantropia, che si proiettano nel sociale, con iniziative di fratellanza e solidarietà, seguendo i principi massonici, ai quali ci piacerebbe avvicinare anche giovani neofiti». In nome della «trasparenza», oggi, dalle 10 alle 19, il pubblico potrà visitare la sede torinese di piazza Vittorio 19, dov’è allestita pure una mostra di cartoline massoniche.

Pubblicato in Lavori di Loggia | Lascia un commento

ROSARIUM PHILOSOPHORUM

Rosarium philosophorum

a cura di Carlo Rondelli

La famosa serie di 20 incisioni del Rosarium philosophorum – che qui presentiamo in forma integrale e con breve commento descrittivo furono per la prima volta pubblicate nel secondo volume del De Alchimia opuscula complura veterum philosophorum… edito a Francocorte nel 1550.

 
Incisione 1. La fontana si regge su tre piedi; l’acqua, che fuoriesce da tre becchi, cade nella vasca sottostante. La fontana è delimitata da quattro Stelle a sei punte, poste agli estremi di due colonne verticali di fumo che si elevano alla destra e alla sinistra della fontana stessa. Una quinta Stella è posta superiormente alla fontana ed è affiancata dal Sole e dalla Luna. Sopra i tre astri si riconosce un drago o serpente a due teste che cerca di divorare le Stelle poste più in alto.      
Incisione 2. Il Re, posto a sinistra ed in piedi sopra il Sole, stende la mano sinistra e afferra la mano sinistra della Regina, posta a destra ed in piedi sopra la Luna. Il Re e la Regina tengono nella mano destra due rami frondosi che incrociano tra loro. Da una Stella a sei punte posta sopra le due figure discende un uccello che tiene nel becco un ramo che viene ad intersecarsi con quelli del Re e della Regina.    
Incisione 3. Il Re e la Regina, posti come nella precedente incisione in piedi l’uno di fronte all’altra sopra il Sole e la Luna, appaiono nudi. Il Re tiene nella mano destra un ramo che incrocia con quello tenuto dalla Regina nella mano sinistra; ciascuno dei due afferra l’estremità frondosa del ramo sorretto dall’altro rispettivamente con la mano sinistra e la mano destra. Da sopra un uccello scende verso il basso tenendo nel becco un terzo ramo.  
Incisione 4. Il Re e la Regina nudi siedono ora in una vasca di forma esagonale, sostenendo due rami frondosi mantenendo una configurazione uguale a quella della precedente incisione. Da sopra un uccello scende verso il basso tenendo nel becco un terzo ramo.   Incisione 5. L’ Unione (Coniunctio o Coitus) del Re e della Regina avviene in uno specchio d’acqua. Vicino a loro, nell’acqua, vi sono il Sole e la Luna.  
Incisione 6. Il Concepimento o Decomposizione. L’ Ermafrodito o il Re e la Regina congiunti giacciono come morti in un sepolcro ripieno d’acqua.   Incisione 7. L’Estrazione o Decomposizione dell’Anima. L’ Ermafrodito o il Re e la Regina congiunti giacciono ancora come morti nel sepolcro. Un piccolo spirito di sesso maschile sale verso le nuvole.    
Incisione 8. Il Lavaggio o Mondatura. L’ Ermafrodito o il Re e la Regina congiunti giacciono ancora come morti nel sepolcro. Gocce di pioggia scendono sui corpi dalle nuvole soprastanti.    
Incisione 9. Il Giubilo o Levarsi o Sublimazione dell’Anima. L’ Ermafrodito o il Re e la Regina congiunti giacciono ancora come morti nel sepolcro. In basso un uccello si avvicina ad un altro uccello sepolto nel terreno e di cui si vede sporgere solo la testa. Un piccolo spirito di sesso maschile scende dalle nuvole soprastanti.      
Incisione 10. L’Ermafrodito alato è posto in piedi sopra la Luna e tiene nella mano destra un calice o coppa nel cui interno vi sono tre serpenti. Nella mano sinistra regge un serpente avvolto su se stesso. Sulla sinistra vi è un albero della Luna con tredici fiori lunari. Sulla destra si riconosce un corvo.  
Incisione 11. La Fermentazione. L’ulteriore Unione (confrontare con l’incisione 5) del Re e della Regina, ora alati, avviene in uno specchio d’acqua. Incisione 12. L’Illuminazione. Il Sole alato si libra sopra un sepolcro riempito con acqua.
Incisione 13. Il Nutrimento. L’ Ermafrodito o il Re e la Regina congiunti  giacciono come morti in un sepolcro riempito con acqua. (Confrontare con l’incisione 6).
Incisione 14. Il Consolidamento. L’ Ermafrodito o il Re e la Regina congiunti (ora senza ali) giacciono come morti in un sepolcro. Un piccolo spirito di sesso femminile sale verso le nuvole. (Confrontare con l’incisione 7). Incisione 15. La Moltiplicazione. L’Ermafrodito o il Re e la Regina congiunti (senza ali) giacciono ancora come morti in un sepolcro. Gocce di pioggia scendono sui corpi dalle nuvole soprastanti. (Confrontare con l’incisione 8). Incisione 16. La Resurrezione. L’Ermafrodito o il Re e la Regina congiunti (senza ali) giacciono ancora come morti in un sepolcro.Un piccolo spirito di sesso femminile scende dalle nuvole soprastanti. Incisione 17. La Dimostrazione della Perfezione. L’Ermafrodito, con ali da pipistrello, è in piedi su una piccola montagnola di terra alla cui base tre serpenti cercano di divorarsi l’uno con l’altro. Nella mano destra tiene una coppa o calice nel cui interno vi sono tre serpenti; nella mano sinistra regge un serpente avvolto su se stesso. Dietro di lui si intravede un leone. Sulla sinistra vi è un albero del Sole con tredici fiori solari, mentre sulla destra vi è un pellicano che alimenta i suoi piccoli col proprio sangue. Incisione 18. Il Leone Verde divora il Sole. Il sangue scende sulla terra. Incisione 19. Sulla sinistra il Cristo tiene nella mano destra lo scettro; sulla destra il Padre tiene nella mano sinistra il globo; entrambi sorreggono una corona al di sopra della testa di una giovane donna. Sopra questa volteggia un uccello.
Incisione 20. Il Cristo, sostenendo uno stendardo, si leva dal sepolcro; la sua mano destra è sollevata in un gesto benedicente.

Codice HTML © Copyright 2001 La Melagrana. Tutti i diritti riservati.
{01-09-01}

Pubblicato in Lavori di Loggia | Lascia un commento

IL SEGRETO CARBONARO

: Il Segreto Carbonaro)

Queste pagine rispecchiano un lavoro in divenire di Liberi Muratori sulla Carboneria. Nell’immaginario collettivo italiano, la Carboneria è sinonimo di segretezza, di cospirazione, di fumosità ideologica usata a copertura di finalità inconfessabili. Capita anche che i riti Carbonari siano considerati nell’ ipotesi migliore ridicoli, in quella più malevola satanisti.

È un’immagine che viene da lontano: nella condanna della Carboneria si associarono un po’ tutti.  La perseguitarono i governi napoleonici prima, della Retaurazione poi, che da una associazione fuori dal loro controllo si sentivano minacciati.

Ma la ripudiarono anche i rivoluzionari, che non riuscirono a farne lo strumento “puro e duro” che avrebbero desiderato al servizio dell’insurrezione (…liberale,nazionale, comunista…). E quando, con la conquista delle civiche libertà, anche la Massoneria ritrovò diritto di cittadinanza in Italia, la Carboneria sembrò aver perduto definitivamente la ragione di esistere. In ogni modo, della Carboneria è stato studiato principalmente l’aspetto “politico”, come se questo fosse l’ unico interessante.

Ben poco in Italia si è letto sulle origini, sullo spirito del rituale, sulle affinità e i rapporti fra Carboneria italiana e Società dello stesso tipo in Europa… La concezione prevalente nella storiografia “seria” è che la Carboneria sia stata il braccio “politico” e “di massa” (…magari!…) della Libera Muratoria nel periodo in cui quest’ultima – che per “dogma” è leale verso le Istituzioni e non sussiste senza il loro assenso – era proibita.  Un approccio unilaterale che, con l’ affievolirsi dell’interesse per la storia del risorgimento, sembrava definitivamente cristallizzato.

Il risveglio dei Riti Forestali in Francia ha introdotto in questo quadro un inaspettato elemento di novità. Riti Forestali, dicevo, e non Carboneria in senso stretto, anche se la Carboneria Italiana rimane il momento di massima visibilità di queste forme associative. La “résurgence” infatti non è avvenuta ad opera di persone che hanno nella politica, nell’ impegno per la cité l’interesse prevalente.

Sono stati invece i cultori del celtismo a ricercare in essi la tradizione nella modernità di costumi e valori antichi che la Foresta ha conservato nei suoi mestieri: il taglio della legna, la fabbricazione del carbone, la raffinazione del metallo. L’interesse dei Buoni Cugini francesi è focalizzato sulle origini più che sugli ultimi giorni, e sul patrimonio simbolico più che sull’azione politica.

Inoltre, il loro studio non prescinde dalla cultura materiale dei luoghi e delle genti dai quali i Riti Forestali trassero alimento. Il fatto che lo stesso simbolismo, la stessa ritualità si sia diffusa in contesti tanto diversi quanto il Delfinato, il Salento o il Gran Sasso costituisce un ulteriore motivo di ricerca. Una pluralità di nuovi stimoli, come si vede, ai quali si aggiungono quelli “locali”, che nell’ultimo decennio hanno indotto molti Massoni a ripensare criticamente la loro esperienza nella Libera Muratoria.

Lo scopo di queste pagine è di raccogliere materiali, studi, ricerche, ma anche domande, osservazioni, valutazioni, per far sì che un patrimonio di grande valore ritorni fruibile per coloro che lo vorranno. Con la speranza che altri imparino ad amare la Foresta, e il suo lavoro.

All’avvantaggio!

Salute e Fratellanza!

Pubblicato in Lavori di Loggia | Lascia un commento